Regola benedettina
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La Regola dell'Ordine di san Benedetto, o Regola benedettina,in
latino denominata Regula monachorum o Sancta Regula, dettata da San
Benedetto da Norcia nel 534, consta di un "Prologo" e di settantatré
"capitoli".
I principi ispiratori
Nella "Regola" San Benedetto fa tesoro anche di una breve esperienza
personale di vita eremitica che gli fece capire quanto le debolezze
umane allontanino di più dalla contemplazione di Dio. Per questa
ragione propone di vincere l'accidia (una certa "noia" spirituale),
con il cenobitismo, cioè una vita comunitaria che prevede un tempo
per la preghiera ed uno per il lavoro e lo studio (Ora et Labora),
lontana dalle privazioni e mortificazioni estreme imposta dalla vita
in solitudine scelta dagli asceti e, quindi, attuabile anche da
persone comuni.
L'attività primaria divenne in diversi monasteri la copiatura di
testi antichi, specie di quelli biblici. A tal proposito si è fatto
notare che «il monaco che ricopia e medita e rivolve e commenta e
diffonde la parola biblica» aperse la via alle nuove scienze
linguistiche.
In particolare, per i Benedettini la "Preghiera" è intesa come la
contemplazione del Cristo alla luce della Parola Sacra ed è
praticata sia comunitariamente attraverso i canti (loro sono i canti
gregoriani), la partecipazione a funzioni e l'ascolto delle letture
in diversi momenti della giornata (ad es. durante i pasti), sia nel
chiuso della propria cella sia attraverso lo studio. Luoghi
inospitali e disabitati dove erigevano le loro abbazie, ma anche lo
studio e, un tempo, la trascrizione di testi antichi (non solo
religiosi ma anche letterari o scientifici). Del resto per loro
un'alta forma di preghiera è anche il proprio atteggiamento verso il
lavoro.
Così San Benedetto organizza la vita monastica intorno a tre grandi
assi portanti che permettono di fare fronte alle tentazioni
impegnando continuamente ed in modo vario il monaco:
preghiera comune
preghiera personale
lavoro
Lo studio non era compreso.La maggior parte dei monaci benedettini
era analfabeta. Compito del monaco è, con l'aiuto della comunità
monastica di cui fa parte, di adempiere a questi tre obblighi con il
giusto equilibrio, perché quando uno prende il sopravvento sugli
altri il monachesimo cessa di essere benedettino. I monaci che
seguono la regola di San Benedetto, infatti, non devono essere né
dei contemplativi dediti unicamente all'orazione, né dei liturgisti
che sacrificano tutto all'Ufficio, né degli studiosi, né dei tecnici
o degli imprenditori di qualsivoglia genere di lavoro.
Il Prologo ed i Settantatré Capitoli
Il Prologo definisce i principi della vita religiosa (soprattutto la
rinuncia alla propria volontà ed il proprio affidamento a Cristo) e
paragona il monastero ad una "scuola" che insegna la scienza della
salvezza, cosicché perseverando nel monastero fino alla morte, i
discepoli possono "meritare di divenire parte del regno di Cristo".
Dei settantatré capitoli che seguono il prologo, nove trattano i
doveri dell'Abate, tredici regolano l'adorazione di Dio, ventinove
sono relative alla disciplina ed al codice penale, dieci regolano
l'amministrazione interna del monastero, i rimanenti dodici
riguardano provvedimenti diversi.
- Il Capitolo I definisce i quattro tipi principali di
monachesimo: (1) Cenobiti, cioè coloro che vivono in un
monastero sotto la guida di un Abate; (2) Anacoreti, o eremiti,
che vivono in solitudine dopo essersi messi alla prova in un
monastero; (3) Sarabaiti, che vivono in gruppi di due o tre,
senza regole prestabilite e senza un superiore; (4) Girovaghi,
monaci viandanti che vivono andando da un monastero all'altro
portando discredito alla professione monastica. La regola si
rivolge solo ai primi.
- Il Capitolo II descrive le qualità che devono caratterizzare
l'Abate, raccomandandogli di non dimostrare preferenze verso i
suoi monaci, fatti salvi meriti particolari, avvertendolo allo
stesso momento che è responsabile della salvezza delle anime che
gli sono affidate.
- Il Capitolo III decreta l'obbligo da parte dell'Abate di
convocare i confratelli per consultarli sugli affari importanti
per la comunità.
- Il Capitolo IV elenca i doveri di un Cristiano in settantadue
precetti che chiama "strumenti per il buon lavoro". Per la gran
parte fanno riferimento (o nello spirito o nella lettera) alle
Sacre Scritture.
- Il Capitolo V prescrive una obbedienza pronta, gioiosa e
assoluta al superiore e definisce l'obbedienza come il primo
grado dell'umiltà.
- Il Capitolo VI tratta del silenzio, raccomandando moderazione
nell'uso della parola, ma non proibisce la conversazione quando
è utile o necessaria.
- Il Capitolo VII tratta dell'umiltà, individuandone dodici
gradi che, come gradini di una scala, portano al paradiso: (1)
avere timore di Dio; (2) reprimere la propria volontà; (3)
sottomettersi alla volontà dei superiori; (4) obbedire anche
nelle cose più dure e difficili; (5) confessare i propri errori;
(6) riconoscere la propria pochezza; (7) preferire gli altri a
sé stessi; (8) evitare la solitudine; (9) parlare solo nei
momenti prestabiliti; (10) soffocare il riso scomposto; (11)
reprimere l'orgoglio; (12) dimostrarsi umili verso gli altri.
- I Capitoli dal IX al XVIII si occupano di regolare l'Ufficio
Divino scandite dalle Ore canoniche, sette del giorno e una di
notte. Le orazioni sono stabilite in dettaglio specificando cosa
recitare in inverno o in estate, di domenica, nei giorni
festivi,...
- Il Capitolo XIX sottolinea la reverenza che si deve tenere in
presenza di Dio.
- Il Capitolo XX stabilisce che le preghiere in comune siano
brevi.
- Il Capitolo XXI impone la nomina di un "decano" ogni dieci
monaci e prescrive anche come i decani devono essere scelti.
- Il Capitolo XXII regola tutto quanto concerne il "dormitorio".
Stabilisce, ad esempio, che ciascun monaco abbia un proprio
letto, che dorma nel proprio abito così da essere pronto ad
alzarsi senza ritardo e che una luce debba essere tenuta accesa
nel dormitorio per tutta la notte.
- I Capitoli dal XXIII al XXX trattano delle violazioni alla
Regola e stabilisce una scala graduale di pene: ammonizione
privata; reprimenda pubblica; separazione dai confratelli
durante i pasti ed in ogni altra occasione; flagellazione;
espulsione da adottare solo come ultima risorsa, quando ogni
altro mezzo per richiamare il monaco è risultato vano. In ogni
caso l'espulso deve essere nuovamente accettato su sua
richiesta. Se però è espulso per tre volte, allora ogni sua
richiesta può essere ignorata.
- I Capitoli XXXI e XXXII stabiliscono le qualità del monaco
"Cellario" e di altri responsabili per curare i beni del
monastero, da trattare con la stessa cura dei vasi sacri
dell'altare.
- Il Capitolo XXXIII proibisce ai monaci il possesso privato di
qualsiasi bene senza il permesso dell'Abate. Quest'ultimo,
inoltre, deve impegnarsi a fornire il necessario.
- Il Capitolo XXXIV prescrive la giusta distribuzione di quanto
necessario alla vita del monaco.
- Il Capitolo XXXV stabilisce che i monaci servano a turno nella
cucina.
- I Capitoli XXXVI e XXXVII ordinano che la comunità monastica
si deve prendere cura dei più deboli (malati, vecchi e giovani)
che possono godere di dispense speciali dalla Regola,
soprattutto per quanto concerne il cibo.
- Il Capitolo XXXVIII prescrive l'ascolto della lettura delle
Sacre Scritture durante i pasti. Della lettura ad alta voce è
incaricato un monaco a rotazione con turni settimanali. Per non
disturbare la lettura, durante i pasti vige la regola del
silenzio per cui ci si può esprimere solo a gesti. Il lettore,
dal canto suo, mangia insieme agli inservienti dopo che gli
altri hanno finito, ma può mangiare un po' anche prima, se
questo può aiutarlo a sopportare la fatica.
- I Capitoli XXXIX e XL regolano la quantità e qualità del cibo:
due pasti al giorno durante i quali si consumano due piatti di
cibo cotto ciascuno. Una libbra (circa 450g) di pane ed una
hemina (un'antica unità di misura romana pari a circa un quarto
di litro) di vino per ciascun monaco. La carne è proibita a
tutti eccetto che ai malati e a chi era debilitato fisicamente.
Tra le facoltà dell'Abate, inoltre, c'è anche la possibilità di
aumentare le porzioni quotidiane, se lo reputa necessario.
- Il Capitolo XLI prescrive l'orario per i pasti, che variano in
funzione delle stagioni.
- Il Capitolo XLII ordina per la sera, prima della Compieta, la
meditazione comune di Conferenze, Vite dei Padri o di qualche
altra opera di edificazione morale, dopodicché deve essere
rispettato il più stretto silenzio fino la mattino.
- I Capitoli dal XLIII al XLVI trattano degli errori veniali (ad
esempio arrivare in ritardo alle preghiere o ai pasti) e
stabilisce le relative penitenze per i trasgressori.
- Il Capitolo XLVII affida all'Abate il dovere di chiamare i
fratelli al "Mondo di Dio" e di scegliere chi deve cantare o
leggere.
- Il Capitolo XLVIII sottolinea l'importanza del lavoro manuale
e stabilisce quanto tempo dedicargli quotidianamente. Questo
varia in funzione delle stagioni ma non deve essere inferiore
alle cinque ore. Compito dell'Abate è di verificare non solo che
tutti lavorino, ma anche di assicurarsi che il compito assegnato
a ciascuno sia commisurato alle sue capacità.
- Il Capitolo XLIX stabilisce gli adempimenti per la Quaresima e
raccomanda qualche rinuncia volontaria in quel periodo, con il
permesso dell'Abate.
- I Capitoli L e LI contengono regole per i monaci che lavorano
nei campi o sono in viaggio. A loro viene chiesto, nei limiti
del possibile, di unirsi in spirito con i confratelli del
monastero nelle ore stabilite per la preghiera.
- Il Capitolo LII limita l'uso dell'"oratorio" alle sole
orazioni.
- Il Capitolo LIII parla degli ospiti che devono essere ricevuti
"come lo stesso Cristo" originando quella tradizione di
ospitalità che ha caratterizzato i Benedettini di ogni epoca. In
particolare, gli ospiti devono essere trattati dall'Abate o dai
suoi incaricati con cortesia e durante la loro permanenza devono
essere posti sotto la protezione del monaco, ma non hanno il
diritto ad unirsi con il resto della comunità monastica senza un
permesso speciale.
- Il Capitolo LIV vieta ai monaci di ricevere lettere o regali
senza il permesso dell'Abate.
- Il Capitolo LV regola l'abbigliamento dei monaci che deve
essere sufficiente sia in quantità e qualità, semplice ed
economico, adatto al clima ed alla località secondo quanto
stabilito dall'Abate. Ogni monaco, inoltre, deve avere abiti di
ricambio per permettere che siano lavati. In occasione di un
viaggio al monaco devono essere messi a disposizione abiti di
migliore qualità. Gli abiti vecchi, infine, devono essere messi
da parte per i poveri.
- Il Capitolo LVI stabilisce che l'Abate mangi con gli ospiti.
- Il Capitolo LVII ordina l'umiltà degli artigiani del monastero
ed impone che quando i loro prodotti sono venduti, lo devono
essere a prezzi inferiori a quelli di mercato.
- Il Capitolo LVIII stabilisce le regole per l'ammissione dei
"postulanti" la cui volontà deve essere posta a dura prova.
Questa materia era stata precedentemente regolata dalla Chiesa
ai cui insegnamenti si adegua anche San Benedetto; innanzitutto
il postulante deve trascorrere un breve periodo come ospite;
quindi è ammesso nel noviziato dove, sotto la guida di un
maestro, la sua vocazione è messa alla prova con severità ed è
libero di rinunciare in ogni momento; se dopo dodici mesi
persevera ancora nelle sue intenzioni, allora può essere ammesso
a pronunciare i voti che lo legano per sempre al monastero.
- Il Capitolo LIX stabilisce le condizioni per l'ammissione dei
ragazzi nel monastero.
- Il Capitolo LX regola la posizione dei sacerdoti che
desiderano unirsi ad una comunità monastica. Li esorta, inoltre,
ad essere un esempio di umiltà per tutti e stabilisce che
esercitino il loro ministero solo con il permesso dell'Abate.
- Il Capitolo LXI consente l'accoglienza di monaci esterni come
ospiti e il loro incorporamento nella comunità su richiesta.
- Il Capitolo LXII stabilisce che i privilegi nella comunità
siano determinati per la data di ammissione, meriti personali o
compiti assegnati dall'Abate.
- Il Capitolo LXIV stabilisce che l'Abate sia eletto dai suoi
monaci che lo devono scegliere per la sua carità, zelo e
discrezione.
- Il Capitolo LXV permette, se necessario, la nomina di un
Priore (il vice dell'Abate) ma avverte che sia completamente
sottomesso all'Abate che può ammonirlo, deporlo dall'incarico o
espellerlo in caso di cattiva condotta.
- Il Capitolo LXVI prevede la nomina di un "portinaio", un
monaco anziano ed assennato, e raccomanda che ciascun monastero
debba essere, nei limiti del possibile, autonomo così da
limitare le relazioni con il mondo esterno.
- Il Capitolo LXVII istruisce i monaci in viaggio.
- Il Capitolo LXVIII ordina che tutti eseguano gioiosamente
quanto viene loro comandato, per quanto difficile possa essere
il compito affidato
- Il Capitolo LXIX vieta ai monaci di prendere le difese di un
altro monaco.
- Il Capitolo LXX proibisce che lottino tra loro.
- Il Capitolo LXXI incoraggia i monaci ad essere obbedienti non
solo verso l'Abate ed i superiori ma anche reciprocamente.
- Il Capitolo LXXII è una breve esortazione allo zelo ed alla
carità fraterna
- Il Capitolo LXXIII è l'epilogo dove si dichiara che la Regola
non è proposta come un ideale di perfezione, ma solo come uno
strumento per avvicinarsi a Dio ed è intesa principalmente come
una guida per chi comincia il suo cammino spirituale.