Protestantesimo

 

www.treccani.it

di Gianni Long

I protestantesimi

Elementi comuni dei vari protestantesimi storici. Sin dall’età della Riforma il protestantesimo è stato plurale: ogni Chiesa nazionale fu riformata dai re, dai principi o dai consigli cittadini con modalità diverse, pur facendo parte di un movimento comune. Per es., le Chiese luterane scandinave hanno una concezione dell’episcopato «storico» molto diversa da quella dei luterani tedeschi e simile piuttosto a quella degli anglicani. Nei secoli successivi molte altre Chiese sono state create, spesso in polemica con le confessioni della riforma, e ciò autorizza a parlare di «protestantesimi» al plurale.

Va per altro sottolineato che tra tutte queste formazioni esistono profonde analogie, che costituiscono altrettante differenze con i cattolici e gli ortodossi. Gli elementi comuni a tutti i diversi protestantesimi sono riassumibili nella formula del 16° sec.: solus Christus (cioè il sacrificio di Cristo si è compiuto una sola volta nella storia e non deve essere rinnovato sempre di nuovo nella messa; inoltre Cristo è il solo mediatore tra Dio e gli uomini e non ne servono altri, come Maria o i santi); sola gratia (la salvezza è dono divino e non servono le opere buone, che sono semmai un atto di riconoscenza da parte di chi si sente salvato); sola scriptura (nessuna affermazione non basata sulla Bibbia è normativa per i cristiani, da qualsiasi autorità provenga). A questi principi sono da aggiungere almeno altri due elementi comuni a tutti i protestanti: il riconoscimento di due soli sacramenti, quelli istituiti direttamente da Cristo: il battesimo e l’eucaristia (che si preferisce chiamare santa cena o simili); e il sacerdozio universale dei credenti, che impedisce la formazione di uno speciale ordine sacerdotale.

Un altro principio fondamentale della Riforma è che la Chiesa deve essere continuamente rinnovata, Ecclesia semper reformanda. Ciò implica che nessuna istituzione ecclesiastica sia stabilita una volta per tutte, ma debba sempre essere rinnovata alla luce della Scrittura. Questo elemento, unito a fattori teologici, ma anche storico-politici, ha portato al nascere continuo di nuove formazioni protestanti.

Ecclesia semper reformanda. Dopo il nascere di nuovi movimenti religiosi nel Seicento, dissenzienti anche rispetto alle Chiese ufficiali, con la fine delle guerre di religione in Europa, la situazione delle Chiese protestanti muta. Il tema principale non è più quello della tolleranza, ma il risveglio di una pietà individuale, da coltivare con metodo in gruppi ristretti, non essendo possibile farlo nelle Chiese di massa. Il primo di questi movimenti fu il pietismo, che tra Seicento e Settecento influenzò profondamente diverse Chiese, pur senza mai separarsi formalmente dal luteranesimo in cui era nato. Altrettanto interna alla Chiesa d’Inghilterra fu dapprima l’esperienza del metodismo di J. Wesley. Esso divenne una confessione autonoma non per scelta teologica, ma per fattori politici esterni (la rivoluzione americana e più tardi un mutamento della legislazione inglese). Sia il pietismo sia il metodismo lavoravano con piccoli gruppi («conventicole» o «classi»), ma non erano settari: si ponevano come elemento di rinnovamento delle Chiese protestanti esistenti, dal punto di vista spirituale, liturgico e innologico. Fu proprio con questi movimenti che si attenuò il rigido confessionismo dei tempi della Riforma: si cominciò a vedere i diversi movimenti come parte di un’unica Chiesa, chiamandoli «denominazioni». Solo il nome differenziava gruppi che avevano la stessa fede e analoghe strutture. Soprattutto fuori dall’Europa, resa più conservatrice dalle proprie vicende storiche, costituire una «propria» Chiesa o aderire a una già esistente era spesso derivante da fatti esterni, come l’indipendenza di una ex colonia.

Se i termini «pietismo» e «metodismo» si riferiscono a esperienze storiche specifiche, la parola «risveglio» (revival o awakening in ingl., réveil in fr., Erweckung in ted.) contrassegna una pluralità di esperienze che si rinnovano continuamente dal Settecento a oggi nei più diversi Paesi. Spesso si tratta di movimenti che restano interni alle Chiese esistenti. Ma numerose nuove Chiese sono sorte proprio da questi risvegli. Il réveil franco-svizzero nella prima metà del 19° sec. portò alla creazione di «Chiese libere» (cioè dissidenti rispetto al calvinismo ufficiale) nella stessa Ginevra e in Scozia. Tra l’altro da questa esperienza proveniva A.R. Vinet, che con la sua formula «libere Chiese in libero Stato» influenzò profondamente il Risorgimento italiano.

Da risvegli anglosassoni dello stesso sec. 19° sono nati le Chiese dei fratelli, l’Esercito della salvezza (che a rigore non è una Chiesa perché non pratica sacramenti, che gli aderenti possono ricevere in altre Chiese protestanti), il movimento evangelicale.

Ma il fenomeno probabilmente più importante, anche per la portata numerica che ha raggiunto, è stato il movimento pentecostale, nato da risvegli più o meno contemporanei in Gran Bretagna e in America tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. La diffusione che esso ha avuto è tale da farne in tutto il mondo la più forte confessione «protestante». La caratteristica organizzativa dei pentecostali è l’estremo congregazionalismo: la Chiesa di Cristo vive nella comunità, o congregazione, locale e raggruppamenti a livello nazionale o mondiale sono visti con diffidenza. L’appartenenza dei pentecostali al protestantesimo storico è quindi affermata da una parte del movimento, mentre altri ne prendono le distanze.

Il protestantesimo fuori dall’Europa e il movimento ecumenico. Se in Europa le barriere confessionali rimasero salde sino alla metà del 20° sec., l’esperienza delle missioni portò a risultati diversi. L’espansione coloniale europea dal 17° sec. stabilì missioni nei nuovi territori. Ma è da notare che, molto più che le Chiese ufficiali dei Paesi coloniali, sono i vari movimenti di pietà e di risveglio a essere attivi in questo settore. Del resto, molte missioni protestanti provengono da Paesi (come quelli scandinavi,