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Il Proclama di Moncalieri, quello più celebre, pronunciato
il 20 novembre 1849, è il manifesto con il quale Vittorio
Emanuele II, succeduto al padre Carlo Alberto di Savoia in seguito
alla sconfitta durante la prima guerra d'indipendenza, si rivolse
agli elettori del Regno di Sardegna affinché si rendessero
inclini a portare in parlamento una maggioranza favorevole alla
ratifica del trattato di pace con l'Impero austriaco (alla quale
la camera si opponeva ritenendolo eccessivamente draconiano). Il
re con il discorso, avendo riaffermato l'importanza dello statuto
sabaudo, di fatto poneva una garanzia sulla sopravvivenza del
regime liberale, in un periodo di forte reazionarismo seguito alla
soppressione dei moti del 1848.
Il primo proclama
Secondo quanto prestabiliva lo Statuto da poco varato, il Re aveva
la facoltà di intavolare trattative diplomatiche attraverso
il suo governo e pure di firmare un armistizio o un trattato di
pace, benché l'approvazione di questi fossero sospesi fino
all’approvazione definitiva di entrambe le Camere. La
contrarietà della Camera dei deputati a ratificare
l’armistizio indusse il Re a scioglierla e, il 3 luglio 1849, ad
emanare un primo Proclama da Moncalieri, più noto come
"Proclama della convalescenza", nel quale dichiarava la
necessità di accettare il male minore e si rivolgeva ai
sudditi per salvare le istituzioni costituzionali volute dal
padre. Il risultato fu tuttavia deludente: neanche la metà
dell’elettorato si recò a votare e il nuovo Parlamento fu
ancora meno disponibile del precedente, a causa della mancanza di
moderati, a trovare una soluzione negoziata alla sconfitta
militare con l'Austria.
Il secondo proclama
Anche dopo la conclusione del trattato di pace, siglato a Milano
il 6 agosto 1849, che prevedeva una parziale occupazione del
Piemonte orientale da parte degli Austriaci e un forte disarmo
dell'esercito piemontese, la tensione con la Camera rimase alta.
Rifiutata l'idea, fomentata da alcuni moderati, di attuare un
colpo di mano e di sopprimere la costituzione e il parlamento
(grazie all'intervento di D'Azeglio), Vittorio Emanuele
pronunziò in novembre un testo scritto dallo stesso
D'Azeglio, passato alla storia come "Proclama di Moncalieri", con
il quale il re affermava la primarietà dello statuto e
rimarcava le garanzie di libertà assegnate dalla carta
piemontese, avendo egli stesso "salvato la Nazione dalla tirannia
dei partiti".
Questa volta riuscì nel suo intento di rendere docile la Camera riottosa e le elezioni del 9 dicembre videro una buon affluenza e, malgrado le ingerenze del governo, l’affermarsi dei candidati fedeli alla maggioranza.