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Predicatore e scrittore (Firenze 1300 circa - ivi 1357). Scrittore
ascetico, compose lo Specchio di vera penitenza,
ragionamenti semplici, umani, persuasivi, che spesso, secondo l'uso
della predicazione medievale, s'infiorano di «esempi», che il frate
deriva da Elinando, da Cesario o da altre fonti. E qui si ha il
maggior P., il novellatore di razza, che fa vedere le cose che egli
descrive, con un'arte che è sobria e misurata, e insieme incisiva.
Famosa quella pagina che, in gara col Decameron, rappresenta il
purgatorio sulla terra. Oltre al valore letterario, l'opera di P. è
una preziosa fonte per la storia dello spirito religioso e del
costume di quel secolo.
VITA
Entrò giovane nell'ordine domenicano, che nel 1330 lo mandò a
studiare a Parigi. Fu poi lettore di filosofia a Pisa, di teologia a
Siena e a Roma. Fatto priore di S. Maria Novella, di cui curò il
compimento, divenne vicario della diocesi di Firenze.
OPERE
Scrisse lo Specchio di vera penitenza (1ª ed. a stampa
1495), vasta raccolta di considerazioni, consigli, nozioni sul
peccato e sulla penitenza, illustrati da esempi, ammirata nel
Cinquecento come testo di lingua, dai romantici per la compresenza,
negli «esempi», di drammaticità e realismo, dai critici novecentisti
per una certa capacità psicologica, mentre l'opera appare ora anche
degna di forte interesse come espressione di un importante momento
storico-letterario. Premesso che soltanto la prima parte dello
Specchio deriva dalla rifusione organica degli argomenti trattati da
P. specialmente nelle prediche di quaresima del 1354, mentre per il
resto l'opera è una summa sui peccati e sulle virtù osservate dal
punto di vista non soltanto del fedele ma anche del sacerdote (una
summa aderente in modo talora letterale a testi latini del tempo,
soprattutto a quello di Guglielmo Peyrault), occorre dire che per la
prima parte, fittissima di esempi, il rapporto di solito istituito
con le novelle del Decameron va fatto non tanto per un confronto tra
singoli racconti, quanto per rilevare una probabile emulazione (dopo
che il libro di Boccaccio aveva mostrato l'efficacia del volgare
nella letteratura narrativa), dando prova P., per parte sua, di
saper trasformare la sottigliezza teologica in sottigliezza
narrativa, accompagnata da gusto e intuizione.
Negli «esempi» è da osservare soprattutto la costante subordinazione
della narrazione agli intenti edificanti, nei confronti di un
pubblico popolare, subordinazione dimostrata dalla parte di gran
lunga prevalente data al sentimento della paura, più di ogni altro
comprensibile al lettore comune; dal far convergere sull'effetto
terrificante tutti gli elementi strutturali; dalla immissione non di
sottili serie di stati d'animo, ma di rapide intuizioni
psicologiche; dall'interruzione sconcertante dell'azione narrativa
quando occorra, per dar luogo alla didascalia chiarificatrice.
La parte didattica mostra la preoccupazione del teologo per i
caratteri espressivi delle volgarizzazioni e dei libri edificanti in
volgare (il cui numero si infittiva), e in modo più particolare per
una resa precisa, indispensabile all'uomo di Chiesa, dei concetti
tradotti, gettando luce così su un clima letterario, quello della
Firenze a metà del Trecento, che si pone problemi di una certa
complessità nei riguardi del volgare, in un impulso che l'Umanesimo
in parte sta per frenare.
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Scrittore italiano (Firenze 1302-1357).
Entrato ancor giovane nell'ordine domenicano, ebbe fama come
predicatore. Fu priore del convento di S. Maria Novella, poi vicario
generale della diocesi di Firenze. Nello Specchio di vera
penitenza raccolse la materia di un quaresimale tenuto a
Firenze nel 1354. La trattazione, arida ma sorretta da una robusta
dottrina scolastica, è intramezzata da una serie di “esempi”, cioè
di racconti che traducono in forma sensibile le verità enunciate
nelle prediche. Un'atmosfera cupa e fosca pervade queste narrazioni,
centrate sulla paura della dannazione e sul gusto del tenebroso e
del terribile; ma il tetro pessimismo di Passavanti si risolve in
preciso realismo: lo stile è asciutto e rapido, privo di
compiacimenti esornativi ed efficacissimo nel sondaggio psicologico
dei personaggi. Famosi sono in particolare gli “esempi”, come quello
del “carbonaio di Niversa”, avvolti in un clima stupito e
allucinato, con visioni arcane delle pene infernali: merito di
Passavanti è quello di aver conferito dignità di arte a questo mondo
di oscuri terrori medievali.