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L'Associazione Nazionalista Italiana - detta anche Partito
Nazionalista - è stata l'espressione politico-organizzativa
del nazionalismo italiano, sorta a Firenze nel dicembre 1910 a
seguito del primo congresso dei nazionalisti italiani che già
da alcuni anni si identificavano nel fondatore dell'Associazione
Enrico Corradini. Nel 1923
confluì nel Partito Nazionale Fascista. All'associazione
aderirono intellettuali come Gabriele D'Annunzio e Giovanni Verga.
Storia
Le origini dell'Associazione Nazionalista
Nel 1896 le ambizioni coloniali italiane furono notevolmente
ridimensionate con la battaglia di Adua, in cui i ras etiopi
sconfissero il generale italiano Oreste Baratieri. Fu in questo
contesto storico che le idee dei nazionalisti iniziarono a
diffondersi nella società italiana di fine secolo. In
quest'epoca i principali esponenti del movimento presero ad esempio
i modelli politici di Inghilterra, Francia, Giappone e Stati Uniti
che stavano ribaltando gli equilibri internazionali intervenendo in
America Latina, Sudafrica, Magreb ed Asia. Alfredo
Oriani fu uno dei precursori di questa tendenza politica:
biasimando la tradizione mazziniana del nazionalismo storico
italiano, egli auspicava per la nuova Italia un progetto di
conquista coloniale che l'avrebbe resa la nazione più
importante del Mediterraneo, ritenendo necessario l'intervento
militare nell'Adriatico e nell'Africa settentrionale. Crispi fu
preso come modello politico.
Enrico Corradini e la «nazione proletaria»
Si ricollegava alle correnti più accesamente patriottiche ed
irredentiste del Risorgimento. La svolta politica effettiva al
movimento fu però data da Enrico Corradini, fondatore
dell'Associazione Nazionalista Italiana. Aderì alle ideologie
nazionaliste dopo la sconfitta di Adua, fondando poi la rivista Il
Regno» in cui sosteneva le sue tesi politiche contro il
socialismo e la borghesia.
Dopo una serie di studi sulle condizioni dei lavoratori italiani in
Tunisia e America meridionale si impegnò a diffondere una
nuova idea di lavoro, che avrebbe dovuto arginare il fenomeno
dell'emigrazione e il pessimo stato delle attività italiane
all'estero. Nel suo programma egli proponeva ancora una volta un
intervento militare per colonizzare l'Africa e così lo
«spirito migratorio» dell'italiano si sarebbe mutato in
«spirito coloniale, imperialista».
Riprese poi il concetto marxista del proletariato e formulò
l'idea di «nazione proletaria», secondo cui l'Italia
avrebbe dovuto fondare la propria ricchezza sul lavoro e non sul
capitale, come succedeva in Francia ed Inghilterra. Se in Europa
prevaleva il sistema plutocratico, l'Italia sarebbe stata la nazione
proletaria per eccellenza, con un uso proprio delle ideologie
socialiste in senso antirivoluzionario.
Dall'interventismo allo scioglimento
Alle Elezioni politiche italiane del 1913 presentò proprie
liste e ottenne 5 deputati.
Si pose fra le forze politiche più radicalmente interventiste
rispetto alla prima guerra mondiale e si ritrovò, dopo
la Grande Guerra, con le proprie camicie azzurre, accanto alle
camicie nere del fascismo. Fra i postulati che trasferirà nel
fascismo, oltre a quelli citati, v'erano anche l'imperialismo, il
colonialismo, lo statalismo etico e politico oltre che economico e
l'autoritarismo. Nel 1919 suoi aderenti si candidarono nel Partito
dei Combattenti, che ottenne 20 deputati. Alle Elezioni politiche
italiane del 1921 insieme ai Fasci di combattimento e altre forze di
destra formarono la lista Blocchi Nazionali, che ottenne 105
deputati. Suoi esponenti entrarono dopo la marcia su Roma nel I
governo Mussolini.
Nel 1923, insieme ai Fasci Italiani di Combattimento fondati da
Mussolini nel 1919, confluì nel Partito Nazionale Fascista.
Tra i principali dirigenti dell'Associazione Nazionalista, destinati
a diventare ministri del fascismo, vi furono Luigi Federzoni,
Costanzo Ciano ed il grande giurista Alfredo Rocco, principale
autore della versione originale del codice penale del 1931 detto,
appunto, Codice Rocco.
Corradini e pochi altri cosiddetti nazionalisti ortodossi aderiranno
con meno convinzione al movimento mussoliniano, rimanendo ai margini
della politica del regime.