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L'abate Giuseppe Parini (Bosisio, 23 maggio 1729 – Milano, 15 agosto
1799) è stato un poeta, librettista e traduttore italiano.
Membro dell'Accademia dei Trasformati[1], fu uno dei massimi
esponenti del Neoclassicismo e dell'Illuminismo italiano.
Biografia
Terminate le scuole nel 1752, grazie ad una maggiore, anche se
modesta, sicurezza economica dovuta alla rendita della prozia (che
aveva ottenuto nel 1751 in seguito ad una causa con l'esecutore
testamentario, Antonio Rigola), il giovane chierico pubblicò
una prima raccolta di rime, dal titolo Alcune poesie di Ripano
Eupilino (Ripano è l'anagramma di Parino, Eupili è il
nome greco del lago di Pusiano: Parino da Eupili) sotto forma di
novantaquattro componimenti di carattere sacro, profano, amoroso,
pastorale e satirico, che risentono della sua prima formazione
culturale e soprattutto dello spirito bernesco.
Da questi versi semplici e non encomiastici, emerge l'immagine di un
giovane ancora socialmente e intellettualmente isolato, che non
conosce i dibattiti dell'ambiente lombardo ma che è ancora
rivolto all'ambito dell'Accademia dell'Arcadia e del classicismo
cinquecentesco.
Membro dell'Accademia dei Trasformati e precettore di casa
Serbelloni
Grazie però ad una certa fama acquisita con questa raccolta,
il Parini venne accolto nel 1753 nell'Accademia dei Trasformati che
si radunava in casa del conte Giuseppe Maria Imbonati ed era formata
dal meglio dei rappresentanti della cultura milanese, dove
troverà amici e protettori.
Dopo aver compiuto a Lodi gli studi ecclesiastici, il 14 giugno del
1754, fu ordinato sacerdote ma le risorse economiche, troppo scarse
per farlo vivere in modo dignitoso, lo costrinsero a richiedere
l'aiuto del canonico Agudio e poi dell'abate Soresi che lo
sosterrà nell'entrare al servizio del duca Gabrio Serbelloni
come ripetitore del figlio Gian Galeazzo.
Il servizio a casa Serbelloni durò dal 1754 fino al 1762 e,
pur non dandogli la sicurezza economica, lo mise a contatto con
persone di elevata condizione sociale e di idee aperte, a partire
dalla duchessa Vittoria che leggeva Rousseau e Buffon, al padre
Soresi che sosteneva con ardore le riforme in campo scolastico, al
medico di casa, Giuseppe Cicognini (in seguito direttore della
facoltà di medicina di Milano) che sosteneva il dovere morale
ad allargare le cure anche a coloro che per pregiudizio avevano mali
considerati effetto di colpa.
Intanto in casa Serbelloni il Parini osservò la vita della
nobiltà in tutti i suoi aspetti ed ebbe modo di assorbire e
rielaborare alcune nuove idee che arrivavano dalla Francia di
Voltaire, Montesquieu, Rousseau, Condillac e
dell'Encyclopédie, che influenzarono gli scritti di questo
periodo al quale risalgono, tra gli altri, il Dialogo sopra la
nobiltà (1757), le odi La vita rustica (che sarà
pubblicata solamente nel 1790 nelle Rime degli arcadi con lo
pseudonimo di Darisbo Elidonio), La salubrità dell'aria
(1759), che affronta come la precedente l'opposizione
città-campagna ma con uno stile completamente nuovo, e La
impostura (1761).
Sempre in questo periodo scrisse, per i Trasformati, una polemica
letteraria contro i Pregiudizi delle umane lettere (1756) del padre
Alessandro Bandiera con il titolo Due lettere intorno al libro
intitolato "I pregiudizi delle umane lettere" e nel 1760 una nuova
polemica letteraria contro i "Dialoghi della lingua toscana" del
padre barnabita Onofrio Branda.
Nell'ottobre del 1762, per aver difeso la figlia del compositore e
maestro di musica Giovanni Battista Sammartini che era stata
schiaffeggiata dalla duchessa in uno scatto d'ira, fu licenziato e,
abbandonata casa Serbelloni, venne presto accolto dagli Imbonati
come precettore del giovane Carlo al quale il poeta
dedicherà, nel 1764, l'ode L'educazione.
Il poemetto Il Giorno e la protezione di Firmian
Nel marzo del 1763, incoraggiato dagli amici del gruppo
dell'Accademia e dal conte Firmian, pubblicò, anonimo, presso
lo stampatore milanese Agnelli, Il Mattino che ottenne accoglienza
favorevole dalla critica e soprattutto dal Baretti che, nel primo
numero della rivista La frusta letteraria, uscito il 1º ottobre
del 1763, dedicava una critica positiva all'opera.
Nel 1765 uscì, ancora anonimo, il secondo poemetto, Il
Mezzogiorno, che ottenne dai critici un giudizio positivo, tranne
che da Pietro Verri sul «Caffè».
I due poemetti, con la satira della nobiltà decaduta e
corrotta richiamarono l'attenzione sul Parini e nel 1766 il ministro
du Tillot lo chiamò per ricoprire la cattedra di eloquenza
presso l'Università di Parma, cattedra che egli
rifiutò nella speranza di poter ottenere una cattedra a
Milano. Nel 1768 la fama acquisita gli procurò la protezione
del governo di Maria Teresa che era rappresentato in Lombardia dal
conte Carlo Giuseppe di Firmian che, intuendo le sue
potenzialità poetiche, lo nominò nel 1768 poeta
ufficiale del Regio Ducale Teatro e lo incaricò di adattare
per la scena lirica la tragedia Alceste di Ranieri de' Calzabigi.
Nello stesso anno il conte gli affidò la direzione della
«Gazzetta di Milano», organo ufficiale del governo
austriaco, e nel 1769 la cattedra di eloquenza e belle arti presso
le Scuole Palatine, cattedra che conservò fino al 1773, con
il titolo di "Principi generali di belle lettere applicati alle
belle arti", anche quando quelle scuole si trasformarono nel Regio
Ginnasio di Brera.
Tra il 1770 e il 1771 Parini scrisse il testo delle opere teatrali
l'Amorosa incostanza e l'Iside salvata, in occasione di due
cerimonie di corte, e l'opera pastorale Ascanio in Alba per le nozze
dell'arciduca Ferdinando d'Austria con Maria Beatrice d'Este, che
verrà successivamente musicata da Mozart, catalogata come
opera K 111 e rappresentata per la prima volta al Ducale di Milano
il 17 ottobre 1771.
Medaglione di Giuseppe Parini sulla casa di Cesare Beccaria a
Milano.
Tradusse dal francese la tragedia "Mitridate re del Ponto"
(Mithridate nell'originale) di Racine, che Mozart aveva musicato
precedentemente - sulla base del libretto ricavato da Vittorio
Amedeo Cigna-Santi - ricavandone l'opera omonima K87 rappresentata
per la prima (e forse unica) volta sempre a Milano il 26 dicembre
1770.
Nel 1771 tradusse, in collaborazione di alcuni "Accademici
trasformati" tra cui il Verri, una parte del poemetto La Colombiade
pubblicato da Anne Marie Du Boccage.
Nel 1774 fece parte di una commissione istituita per proporre un
piano di riforma delle scuole inferiori e dei libri di testo e
intanto si dedicò alla composizione de Il Giorno e delle Odi.
Nel 1776 gli venne concessa una pensione annua dal papa Pio VI e fu
nominato ordinario della Società patriottica istituita da
Maria Teresa per l'incremento dell'agricoltura.
La composizione delle Odi
« Va per negletta via
Ognor l'util cercando
La calda fantasïa,
Che sol felice è quando
L'utile unir può al vanto
Di lusinghevol canto. »
(Giuseppe Parini, Odi, La salubrità dell'aria)
Con il nome di Darisbo Elidonio entrò nel 1777 a far parte
dell'Arcadia di Roma proseguendo intanto nella composizione delle
odi: La salubrità dell'aria, L'educazione, L'evirazione, La
vita rustica, L'innesto del vaiuolo (dette "Odi illuministe") La
laurea (1777), Le nozze (1777), Brindisi (1778), La caduta, In morte
del maestro Sacchini, Al consigliere barone De Marini (1783-1784),
Il pericolo (1787), La magistratura (1788), Il dono (1789).
Nel 1791 il Parini venne nominato Soprintendente delle Scuole
pubbliche di Brera e scrisse l'ode La gratitudine. Nello stesso anno
vennero pubblicate ventidue delle sue odi con il titolo Odi
dell'abate Parini già divolgate. Le ultime due parti del
"Giorno", il Vespro e la Notte, pur risultando promesse in una
lettera al Goldoni, saranno invece pubblicate postume. Le "odi
illuministe" sono tra le più originali in quanto ricche di
termini appartenenti al lessico specifico della scienza; talvolta
riportano particolari anche scabrosi, con l'intento di educare i
lettori su temi di scottante attualità, come l'inquinamento
cittadino ("La salubrità dell'aria") o la prevenzione delle
epidemie grazie ai progressi della scienza ("L'innesto del
vaiuolo"). Per quanto siano argomenti tradizionalmente non
poetabili, Parini, con un'abilità tutta settecentesca, riesce
nell'intento di elevare gli argomenti più concreti a materia
d'arte, cristallizzandoli in versi di inusitata accuratezza. In
questo si riscontra l'influenza della poetica del sensismo.
Gli ultimi anni e la morte
Tra il 1793 e il 1796 ospite del suo amico marchese Febo D'Adda
scrisse altre odi (Il messaggio, Alla Musa, la Musica) e quando i
francesi di Bonaparte occuparono Milano, seppure con riluttanza,
entrò a far parte della Municipalità per tre mesi,
rappresentando, insieme a Pietro Verri, la tendenza più
moderata. Presto egli smise di partecipare alle assemblee della
Municipalità e poco dopo venne destituito dalla carica.
Come appare nel frammento dell'ode A Delia, scritta tra il 1798 e il
1799, il poeta è avverso alla guerra e alla violenza e
rifiuta la richiesta di una "ragguardevole donna" che voleva da lui
un'esaltazione poetica delle vittorie francesi perché non
poteva cantare "i tristi eroi" e "la terra lorda/ di gran sangue
plebeo".
Il poeta si spense nella sua abitazione di Brera il 15 agosto 1799,
a pochi mesi di distanza dall'entrata degli austro-russi a Milano,
dopo aver dettato il famoso sonetto Predàro i filistei l'arca
di Dio, nel quale condannava duramente i francesi, ma allo stesso
tempo, pur salutando il loro ritorno, lanciava un severo ammonimento
anche agli austriaci.
« Predàro i Filistei l'arca di Dio;
tacquero i canti e l'arpe de' leviti,
e il sacerdote innanzi a Dagon rio
fu costretto a celar gli antiqui riti.
Al fin di terebinto in sul pendio
Davidde vinse; e stimolò gli arditi
e il popol sorse; e gli empi al suol natio
de' dell'orgoglio loro andar pentiti.
Or Dio lodiamo. Il tabernacol santo
e l'arca è salva; e si dispone il tempio
che di Gerusalem fia gloria e vanto.
Ma splendan la giustizia e il retto esempio;
tal che Israel non torni a novo pianto,
a novella rapina, a novo scempio. »
(Giuseppe Parini, Predàro i filistei l'arca di Dio)
Venne sepolto a Milano nel Cimitero della Mojazza, fuori Porta
Comasina con funerali molto semplici come egli stesso aveva voluto
nel suo testamento:
« Voglio, ordino e comando che le spese funebri mi siano fatte
nel più semplice e mero necessario, ed all'uso che si costuma
per il più infimo dei cittadini »
Nel carme Dei Sepolcri, scritto nel 1806, Ugo Foscolo ricorda che il
Parini, ora giace senza tomba; le ossa del grande poeta si trovano
nella desolata campagna, forse mescolate a quelle di un ladro che ha
scontato i suoi crimini sul patibolo.
« [o bella Musa]
Forse tu fra plebei tumuli guardi
vagolando, ove dorma il sacro capo
del tuo Parini? A lui non ombre pose
tra le sue mura la città, lasciva
d'evirati cantori allettatrice,
non pietra, non parola; e forse l'ossa
col mozzo capo gl'insanguina il ladro
che lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
la derelitta cagna ramingando
su le fosse e famelica ululando;
e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
l'úpupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerëa campagna
e l'immonda accusar col luttüoso
singulto i rai di che son pie le stelle
alle obblïate sepolture. Indarno
sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti
non sorge fiore, ove non sia d'umane
lodi onorato e d'amoroso pianto. »
Critica
Nella storia della critica si è assistito ad una distinzione
nell'opera del Parini tra i contenuti civili, politici e morali
della sua letteratura (più legati agli ideali illuministici)
e gli aspetti stilistici e poetici (più legati alla
tradizione arcadica). Francesco De Sanctis insieme alla critica
romantica esalta il primo aspetto in contrasto all'edonismo della
letteratura barocca, indicando il Parini come «il primo poeta
della nuova letteratura che sia anche uomo, cioè che abbia
dentro di sé un contenuto vivace e appassionato, religioso,
politico e morale» e sentenziando: «in lui l'uomo valeva
più che l'artista». Al contrario, Giosuè
Carducci si concentra sui valori artistici e poetici dell'opera del
Parini, lodandolo come il prosecutore della tradizione letteraria
dell'Arcadia.
Gli studi successivi hanno tuttavia evidenziato come questa
apparente ambiguità dell'opera del Parini, da una parte
intenta a perseguire valori civili in ossequio all'ideale
illuminista, dall'altra attenta agli aspetti letterari della
tradizione, sia conciliabile considerando il percorso letterario
dell'autore, che dopo un primo slancio legato alla battaglia
illuministica avrebbe maturato una posizione più moderata in
direzione neoclassica, frutto in parte della delusione storica.
Anche l'atteggiamento ambiguo nei confronti del mondo nobiliare,
valutato da un lato in modo critico ma guardato con un certo
compiacimento, mostrerebbe in realtà un segreto amore per
quel mondo elegante e raffinato.
È stato definito da Leopardi il "Virgilio della moderna
Italia".
Opere
Opere poetiche
Alcune poesie di Ripano Eupilino
Dialogo sopra la nobiltà
Il Giorno
Odi
Opere teatrali
Amorosa incostanza
Iside salvata
Ascanio in Alba