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[...] Nel periodo che precedette la prima guerra mondiale, l’Italgas
consolidò la sua posizione
nell’ambito della distribuzione del gas, acquisendo nuove
tecnologie, e investì nel settore
immobiliare. Lo scoppio del conflitto non colse impreparata la
Società che, però, a partire dal 1916,
accusò gravi disagi per i ritardi nei rifornimenti dei
carboni, per la diminuzione dei consumi di gas e
per l’andamento negativo della Società Italiana per
l’Industria del Gas, di cui la Società Italiana
aveva acquisito il controllo, e di officine minori, in particolare
quella di Ferrara. In quegli anni,
l’Italgas accentuò il ricorso a politiche di integrazione
verticale e iniziò pratiche di diversificazione,
tra cui la fabbricazione di eliche di legno per aeroplani.
Nel corso del 1917 entrò nella compagine societaria
l’avvocato novarese Rinaldo Panzarasa, che
ne divenne nel 1923 presidente. Nei primi anni Venti la
società si occupava direttamente della
produzione e commercializzazione del gas non solo in diverse zone
del Piemonte, ma era
presente anche in Lombardia, Liguria, Toscana, Emilia Romagna,
Abruzzo e Sicilia; il mercato di
Torino rimaneva però il più importante: nel capoluogo
piemontese erano distribuiti 12.700.000
metri cubi di gas annui, su un totale di 19 milioni di metri cubi;
nel 1923 il numero di abbonati a
Torino era pari a 61.000. Durante la gestione Panzarasa, grazie al
sostegno finanziario accordato
dal Credito Italiano, l’Italgas mutò completamente
fisionomia. La Società venne trasformata in una
holding che, per mezzo di società controllate, non solo
riuscì ad intensificare la sua presenza nel
settore del gas, approfittando delle sempre più frequenti
privatizzazioni, ma anche ad impegnarsi
in ambiti industriali strettamente connessi al core business: dal
settore minerario al chimico
(lavorazione del catrame, produzione di esplosivi, coloranti,
farmaci e fertilizzanti) grazie
all’impiego di gas e derivati del carbon fossile, al terziario
legato sempre all’acquisizione e
trasporto delle materie prime. Dal 1924 Panzarasa si
interessò all’industria elettrica, acquisendo un
consistente pacchetto di azioni preferenziali della SIP di Gian
Giacomo Ponti, con cui iniziò un
sodalizio duraturo. L’anno successivo, entrò a far parte del
gruppo Italgas la concorrente
Consumatori, che nel frattempo aveva mutato denominazione in
Società Torinese Industrie Gas
Elettricità (STIGE).
Per realizzare il suo ambizioso programma industriale-finanziario,
Panzarasa fece ricorso in misura
crescente all’indebitamento bancario, ottenendo prestiti anche negli
Stati Uniti, mentre le vendite di
gas e sottoprodotti subirono un netto ridimensionamento a causa
delle ripercussioni della “quota
Novanta” prima e della crisi del 1929 poi. A nulla valse il
tentativo di razionalizzare le attività nel
settore chimico realizzato nel 1928 con la costituzione dell’ACNA e
di concentrare in organismi
maggiori la presenza nel settore d’origine; nel corso del 1930 il
titolo Italgas perse sempre più
valore sul mercato borsistico e il 18 ottobre di quell’anno il
finanziere novarese, oramai privato
dell’appoggio del governo, fu costretto a dimettersi dalla
presidenza. La sistemazione della Società
venne curata dalla Sofindit, finanziaria legata alla Banca
Commerciale Italiana, e a guidarla venne
chiamato Alfredo Frassati, in precedenza proprietario del quotidiano
“La Stampa”, che vi rimase
per oltre trent’anni. Dal 1931 vennero liquidate numerose
partecipazioni estranee al settore del
gas, tra cui quelle nella Società Anonima Gestione
Amministrazione Compartecipazioni Industriali
Azionarie (SAGACIA), superholding costituita nel 1928 cui era stato
ceduto il pacchetto azionario
di controllo dell’Italgas, e nell’ACNA; furono stimati 455 milioni
di lire di debiti, coperti anche grazie
al reintegro, quasi interamente sottoscritto da parte della
Sofindit, del capitale sociale a 260 milioni
di lire, dopo una prima svalutazione da 260 a 26 milioni di lire.