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Patriota (Meldola 1819 - Parigi 1858). Affiliato alla Giovine
Italia, O. prese parte alla Repubblica romana (1849). Allontanatosi
da Mazzini, organizzò (14 genn. 1858) l'attentato, fallito,
contro Napoleone III, che gli costò la condanna a morte.
Vita e attività
Affidato dal padre, ex ufficiale napoleonico, alle cure di uno zio a
Imola perché attendesse agli studi, ancora giovinetto diede
prova di audacia e di disposizione alla vita avventurosa,
poiché, avuta notizia della rivoluzione del 1831, insieme con
altri suoi coetanei tentò (1832) di fuggire ad Ancona per
arruolarsi con le truppe francesi. Colpevole (1836) dell'omicidio di
un domestico, fu condannato, e liberato dopo sei mesi di reclusione,
avendo manifestato l'intenzione di entrare nella Compagnia di
Gesù. Lasciato ben presto l'istituto dei gesuiti di Chieri,
fu a Bologna, ove si laureò in legge e si iscrisse alla
Giovine Italia. Arrestato (1844) per aver fondato una nuova
società segreta, la Congiura Italiana dei figli della morte,
fu condannato alla galera a vita nel forte di Civita Castellana, da
dove uscì nel luglio del 1846 per l'amnistia di Pio IX. Prese
parte alle agitazioni politiche fiorentine (1846-47) e fu espulso
dalla Toscana. Volontario (1848), deputato alla Costituente romana
(1849) e commissario a Terracina, Ancona e Ascoli, riparò poi
a Nizza, dove strinse relazione con A. Herzen, si occupò di
studi politici e geografici, attese ad affari di commercio e
pubblicò: Memorie e documenti intorno al governo della
repubblica romana (1850). Per incarico di Mazzini (1853-54)
tentò di sollevare Sarzana e la Valtellina; arrestato dagli
Austriaci, condotto prigioniero in Italia e internato nel castello
di Mantova (28 marzo 1855) ebbe modo di corrispondere con gli amici
di Zurigo, specie con E. Herwegh, che aiutata da Cironi e da Mazzini
favorì quell'evasione (28 marzo 1856) che parve miracolosa.
Recatosi in Inghilterra, vi fu accolto festosamente e
pubblicò i Memoirs and adventures (1857; poi nel 1858
tradotti con profonde modifiche in italiano). Staccatosi da Mazzini,
concepì e mise in atto a Parigi (14 genn. 1858) un attentato
contro Napoleone III, convinto che dalla morte dell'imperatore
sarebbe scaturita una rivoluzione in Francia e, di conseguenza,
anche in Italia. Fallito il colpo, affrontò coraggiosamente
il processo e la morte (13 marzo 1858). Dal carcere aveva scritto
due lettere a Napoleone III, dove gli raccomandava le sorti
dell'Italia; lettere che furono sfruttate da Cavour per convincere
l'imperatore della necessità di togliere ai rivoluzionari
l'iniziativa per unificare l'Italia.