L'Orlando Furioso

 

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L'Orlando Furioso è un poema cavalleresco di Ludovico Ariosto pubblicato nella sua edizione definitiva nel 1532.

Il poema, composto da 46 canti in ottave (38.736 versi in totale), ruota attorno al personaggio di Orlando, a cui è dedicato il titolo, e a numerosi altri personaggi. L'opera, riprendendo la tradizione del ciclo carolingio e in parte del ciclo bretone, si pone a continuazione dell'incompiuto Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo. Caratteristica fondamentale dell'opera è il continuo intrecciarsi delle vicende dei diversi personaggi che vanno a costituire molteplici fili narrativi, tutti armonicamente tessuti insieme. La trama ruota intorno a tre vicende principali: l'aspetto epico è dato dalla guerra tra musulmani e cristiani che fa da sfondo all'intera narrazione e si conclude con la vittoria cristiana in seguito allo scontro tra gli eroi avversari. La vicenda amorosa si incentra invece sulla bellissima Angelica, in fuga da numerosi spasimanti, tra i quali è protagonista per l'Ariosto il paladino Orlando; tuttavia Angelica incontrerà il musulmano Medoro e lo sposerà felicemente, causando l'ira e la conseguente follia di Orlando (risanata solo in conclusione). Il terzo motivo, quello encomiastico o celebrativo, consiste nel difficile amore tra Ruggero, guerriero pagano, e Bradamante, guerriera cristiana, che riusciranno a congiungersi solo dopo la conversione di Ruggero, al termine della guerra: da questa unione discenderà infatti la Casa d'Este.

Composizione dell'opera

Le vicende di Orlando e dei paladini di Carlo Magno erano già molto note alla corte estense di Ferrara grazie all'Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo quando l'intellettuale cortigiano Ariosto comincia a scrivere il nuovo romanzo attorno al 1505. Il poema, pur essendo concepito come gionta (continuazione) dell'Orlando Innamorato del Boiardo, non fu mai un vero e proprio seguito del poema boiardesco: infatti, in quello che Alberto Casadei definisce «finale epico», Ariosto non richiuse il "cerchio" con l'opera del Boiardo.

La trama infatti si sviluppa a partire dalla rotta cristiana anziché dall'assedio di Parigi dove Boiardo interruppe la sua opera. La materia cavalleresca, i luoghi e i personaggi principali sono gli stessi, ma l'elaborazione di tutti gli elementi risponde a una ricerca letteraria molto più profonda. I personaggi acquistano una dimensione psicologica potente, il racconto diviene un insieme organico di vicende intrecciate in un'architettura di complessità grandiosa. La veste linguistica – specialmente dalla terza edizione – è completamente rivista, dando vita ad una forma di comunicazione letteraria del tutto nuova.

Il nuovo poema di Ariosto differiva dalle opere letterarie precedenti: non è più definibile, in senso stretto, un poema di corte, ma è la prima opera letteraria di intrattenimento ad essere pensata e curata per la pubblicazione a stampa, cioè per la diffusione presso un pubblico più vasto possibile. Si tratta perciò della prima grande opera di letteratura moderna nella cultura occidentale.

Edizioni e revisioni

    Ariosto iniziò la prima stesura dell'opera tra il 1504 ed il 1506. Tuttavia la prima edizione dell'Orlando Furioso, che conteneva solo 40 canti (e non 46, come nell'edizione definitiva), fu pubblicata dopo 10 anni, a Ferrara, nell'aprile 1516, per l'editore Giovanni Mazocco: questa portava una dedica al cardinale Ippolito d'Este - per il quale lavorava Ariosto in quel momento - il quale, poco interessato alla letteratura, non mostrò alcun apprezzamento.
    La seconda edizione fu pubblicata a Ferrara nel 1521. La necessità di questa prima revisione nasce dal fatto che l'edizione del 1516 aveva molte imperfezioni secondo il parere dello stesso autore: questi, infatti, si impegnò subito in una lunga revisione, soprattutto per quanto riguardava le scelte linguistiche, prima orientate fortemente verso un plurilinguismo basato su una ricca fusione di termini toscani, padani e latineggianti, sostituiti con questa revisione da una parziale toscanizzazione del linguaggio. Infine, bisogna ricordare che questa prima edizione era stata pensata quasi esclusivamente per divertire la corte e per celebrare la famiglia estense. Non ci sono tuttavia altre modifiche di rilievo, nonostante fra il 1518 e il 1519 l'autore avesse ideato cinque nuovi canti, che per volontà dell'autore, probabilmente per la loro eccessiva dissonanza con il resto del poema, non vennero mai inseriti nell'opera.
    Queste due edizioni erano però ancora molto diverse da quella finale. Nel frattempo Ariosto si rese conto che l'opera aveva la portata di un capolavoro: prima della terza edizione l'opera aveva già avuto, a seguito della grande richiesta, ben 17 ristampe.
    Una terza edizione fu pubblicata nel 1532. Ariosto aveva rielaborato il testo in maniera più ampia. La differenza è subito evidente sul piano linguistico: le prime due edizioni rimanevano comunque rivolte prevalentemente a un pubblico ferrarese o padano, scritte in una lingua che teneva comunque conto delle espressività popolari soprattutto lombarde e toscane. La seconda revisione invece mira a ricreare un modello linguistico italiano e nazionale secondo i canoni teorizzati da Pietro Bembo (che nelle sue Prose della volgar lingua, pubblicate dal Bembo 4 anni dopo la seconda edizione del Furioso, riformula il suo ideale di petrarchismo).
    Inoltre viene modificata la struttura e vengono inseriti nuovi canti (i canti IX-XI, XXXII-XXXIII, XXXVII, XLIV-XLVI) e gruppi di ottave distribuiti in parti diverse dell'opera. Le dimensioni cambiano, il poema viene quindi portato a 46 canti, modificandone la suddivisione e l'architettura. Vengono aggiunti diversi episodi e scene, che risultano tra quelli di maggiore intensità (anticipando in un certo grado anche la futura teatralità shakespeariana).[2] Infine compaiono i molti riferimenti alla storia contemporanea, con numerosi richiami alla grave crisi politica italiana del Cinquecento.

Contenuto

Nella complessa trama di questo poema epico-cavalleresco si possono identificare tre nuclei narrativi: la guerra tra Cristiani e Saraceni; la pazzia di Orlando dopo la scoperta dell'amore tra l'amata Angelica e Medoro; la storia genealogico-encomiastica di Ruggiero e Bradamante, capostipiti della casata degli Estensi che così viene celebrata.

Trama

Alla vigilia della battaglia tra i Mori, che assediano Parigi, ed i cristiani, Carlo Magno affida Angelica al vecchio Namo di Baviera, per evitare la contesa tra Orlando e Rinaldo che ne sono entrambi innamorati, e la promette a chi si dimostrerà più valoroso in battaglia.

I cristiani sono messi in rotta e Angelica ne approfitta per fuggire ancora ed incontra un vecchio eremita. Durante il viaggio, il perfido Pinabello scopre che Bradamante appartiene alla casata dei Chiaramontesi, nemica di quelli di Maganza, a cui egli appartiene: allora a tradimento getta la fanciulla in una profonda caverna. Qui però Bradamante è salvata dalla maga Melissa, che la guida alla tomba di Merlino, dove la guerriera viene a conoscere tutta la sua illustre discendenza, la casata estense. Melissa informa Bradamante che, per poter liberare Ruggiero, dovrà impadronirsi dell'anello magico di Angelica, ora in possesso del nano Brunello; l'anello infatti ha un doppio potere: portandolo al dito dissolve gli incantesimi, mettendolo in bocca rende invisibili o tramortiti.

Orlando, in seguito a un sogno, parte da Parigi alla ricerca di Angelica, seguito dal fedele amico Brandimarte. A sua volta la sposa di questo, dopo un mese, parte alla sua ricerca. Orlando salva Olimpia dagli intrighi di Cimosco, re della Frigia, e libera il suo promesso sposo, Bireno. Il giovane però si innamora della figlia di Cimosco, sua prigioniera, e abbandona Olimpia su una spiaggia deserta.

Intanto Ruggiero, che ha appreso da Logistilla a mettere le redini all'ippogrifo, giunge in Occidente, salva Angelica dall'orca ed è affascinato dalla sua bellezza; ma la fanciulla, che è tornata in possesso del suo anello fatato, si dilegua.

Orlando giunge anch'egli all'isola di Ebuda e salva Olimpia da una sorte analoga a quella di Angelica. Proseguendo nella ricerca della donna amata, resta prigioniero in un palazzo fatato di Atlante, insieme a Ruggero, Gradasso, Ferraù, Bradamante. Vi giunge anche Angelica, che libera Sacripante per farsi da lui scortare, ma per errore anche Orlando e Ferraù la inseguono.

Mentre questi combattono, Angelica si dilegua portando via l'elmo di Orlando. Il paladino libera la pagana Isabella, che, innamorata del cristiano Zerbino, è stata rapita dai briganti mentre cercava di raggiungerlo. Nel palazzo fatato di Atlante cade prigioniera anche Bradamante, sempre alla ricerca di Ruggero. Intanto i Mori scatenano l'assalto a Parigi, e il re saraceno Rodomonte riesce a penetrare nella città, compiendo imprese straordinarie.

In soccorso a Parigi è giunto Rinaldo con le truppe inglesi e scozzesi, e con l'aiuto dell'arcangelo Michele. Il paladino uccide il re Dardinello; nella notte due giovani guerrieri saraceni, Cloridano e Medoro, cercano il cadavere del loro signore sul campo di battaglia e alfine lo trovano, ma vengono sorpresi dai cristiani; Cloridano viene ucciso e Medoro resta gravemente ferito sul terreno. Viene trovato da Angelica, che si innamora di lui, anche se è un umile fante; i due si uniscono in matrimonio e partono per raggiungere il Catai.

Orlando intanto ricongiunge Isabella a Zerbino e insegue il re tartaro Mandricardo. Per caso capita sul luogo degli amori di Angelica e Medoro e vede incisi i loro nomi ovunque. Dal pastore che li aveva ospitati apprende la loro storia d'amore, e per il dolore diviene pazzo. Trasformatosi in una sorta di essere bestiale, compie folli imprese distruttive. Per difendere le armi che Orlando ha disperso, Zerbino si batte con Mandricardo e viene ucciso. A Parigi i cristiani sono di nuovo sconfitti in battaglia. Ma l'arcangelo Michele scatena la discordia nel campo pagano e i vari guerrieri entrano in contesa fra di loro.

Rodomonte apprende che la sua promessa sposa, Doralice, gli ha preferito Mandricardo e, quasi folle, lascia il campo saraceno, proclamando il suo disprezzo per tutte le donne. Invece, incontrata Isabella, si innamora di lei. La fanciulla, per serbarsi fedele alla memoria di Zerbino e per sottrarsi alla violenza del pagano, si fa uccidere da lui con un inganno.

Rodomonte si imbatte in Orlando folle, e i due ingaggiano una lotta. Poi Orlando, sempre fuori di sé, passa a nuoto fino in Africa. I Saraceni sono di nuovo sconfitti, e devono ripiegare nel Sud della Francia, ad Arles. Astolfo, venuto in possesso dell'ippogrifo, vaga per varie regioni, giunge in Etiopia, dove libera il re Senapo dalla persecuzione delle Arpie, discende nell'Inferno, sale al paradiso terrestre, poi sulla Luna dove recupera il senno perduto da Orlando. Bradamante cade in preda ad una folle gelosia, perché crede che Ruggiero ami Marfisa. Tra le due donne inizia un violento duello che provoca un nuovo scontro tra cristiani e pagani. Bradamante prima sbaraglia due mori, poi Ferraù, che la riconosce e rivela la sua identità a Ruggiero. Questi la convince ad appartarsi presso un sepolcro eretto in mezzo ad un bosco dove poter discutere. Vi arriva quindi anche Marfisa ed il combattimento riprende, coinvolgendo il cavaliere saraceno. Ad interrompere il triplo duello interviene l'anima del mago Atlante (il sepolcro è la sua tomba) che svela a Ruggiero e Marfisa di essere fratelli gemelli. Venuta a sapere che il loro padre era stato ucciso dal padre del re d'Africa Agramante, Marfisa si dichiara cristiana ed invita il fratello a fare altrettanto, strappando però solo una promessa. Nel frattempo udito il pianto di una donna, i tre guerrieri intervengono per punire il malvagio Marganorre, il quale aveva in odio tutte le donne. Ruggiero torna infine ad Arles e le due donne si recano all'accampamento cristiano, dove Marfisa viene battezzata e si mette al servizio di re Carlo.

Astolfo torna nuovamente in Etiopia e guida l'esercito etiope per l'intera Africa facendo guerra ai pagani rimasti in patria. In breve i Saraceni sono costretti a rifugiarsi nella città di Biserta.

Venuto a conoscenza delle vittorie dei cristiani, re Agramante cerca di concludere al più presto alla guerra in Europa, attraverso un unico duello tra Ruggiero e Rinaldo. I due cavalieri giurano di passare all'esercito avversario se qualcuno appartenente al proprio esercito fosse intervenuto nel combattimento. Durante il loro duello Melissa assume le sembianze di Rodomonte e convince re Agramante ad intervenire rompendo i patti. La feroce battaglia che ne scaturisce si conclude con la fuga dell'esercito saraceno che si imbarca ed abbandona l'Europa. Prima di raggiungere l'Africa, la flotta viene abbordata dalle navi cristiane comandate da Dudone. Solo re Agramante e re Sobrino si salvano su di una scialuppa.

Nel frattempo in Africa i cavalieri cristiani fatti prigionieri da Rodomonte vengono liberati. Tra di essi ci sono Oliviero, Sansonetto e Brandimarte che può così riabbracciare Fiordiligi. Durante i festeggiamenti per la liberazione, arriva Orlando e semina il panico nell'accampamento. Una volta immobilizzato, Astolfo può restituirgli il senno.

L'imbarcazione che conduce in salvo re Agramante e re Sobrino è costretta a fermarsi sull'isola di Lipadusa (Lampedusa), dove ritrovano re Gradasso.

Intanto Ruggiero, in viaggio verso la Francia, viene a conoscenza che è stato Agramante a interrompere il suo duello con Rinaldo, ma non mantiene il giuramento fatto e si imbarca per raggiungere in Africa il re pagano. Durante la navigazione si trova di fronte ad una tempesta e il cavaliere abbandona le sue armi sull'imbarcazione, riescendo a salvarsi su di uno scoglio. Nell'isola incontra un eremita che gli insegna le basi della religione e lo battezza.

La nave abbandonata da Ruggiero giunge a Biserta ed Orlando, Brandimarte ed Oliviero si dividono le armi del cavaliere. I tre raggiungono quindi Lampedusa dove si scontrano con i tre re saraceni. Re Gradasso uccide Brandimarte e Oliviero viene gravemente ferito, ma Orlando uccide subito dopo re Agramante e re Gradasso. Re Sobrino gravemente ferito viene invece graziato. In Francia, Rinaldo è ancora tormentato dall'amore per Angelica e decide di raggiungere la donna mettendosi in viaggio verso Oriente. Grazie alla magia di Malagigi, Rinaldo, arrivato nelle Ardenne, beve alla fonte del disamore e, riacquistato il suo senno, si congiunge con gli altri paladini a Lampedusa. Durante il viaggio di ritorno in Francia, i paladini si fermano presso lo scoglio dell'eremita dove incontrano Ruggiero. Saputo della conversione dell'uomo, Rinaldo gli promette in sposa la sorella Bradamante.

Una volta giunti a Parigi, Ruggiero viene a sapere che Amone, padre di Bradamante, ha già promesso a Costantino, imperatore dell'Impero Romano d'Oriente, di dare in sposa la figlia al suo successore Leone. Il cavaliere parte allora per la Bulgaria con l'intenzione di uccidere il suo rivale, ma viene fatto prigioniero. Bradamante convince Carlo Magno a indire un torneo: lei si darà in sposa solo a chi saprà resisterle dall'alba al tramonto. Crede di combattere contro Leone, in realtà si tratta di Ruggiero, nel frattempo liberato dal figlio dell'imperatore, che vince a favore del rivale. Ma quando Leone scopre la verità, diventa grande amico di Ruggiero e accetta di rinunciare a Bradamante.

Il matrimonio tra Ruggiero e Bradamante viene finalmente celebrato, ma dopo nove giorni di banchetto arriva Rodomonte, accusa il novello sposo di infedeltà verso re Agramante e lo sfida a duello. Il combattimento si trasforma quasi subito in una lotta corpo a corpo, finché Ruggiero uccide con una pugnalata Rodomonte.

[...]

Caratteristiche dell'opera
   
« Il Furioso è un libro unico nel suo genere e può essere letto senza far riferimento a nessun altro libro precedente o seguente; è un universo a sé in cui si può viaggiare in un lungo e in largo, entrare, uscire, perdercisi. »
    (Italo Calvino, Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino)

Il poema si presenta molto esplicitamente come una "gionta", ossia continuazione dell'Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, in una prospettiva però largamente diversa. Mentre nel poema boiardesco è possibile cogliere il rimpianto per l'età cavalleresca, ricreata con la fantasia, nell'opera dell'Ariosto si rispecchiano con pienezza i caratteri della concezione rinascimentale dell'uomo e della vita.

Anche se una delle linee portanti dell'ampio intreccio narrativo è la guerra tra i cristiani di Carlo Magno e i musulmani di Agramante, il tema della fede, o delle fedi, non compare se non in modo esteriore e marginale. I valori ai quali si ispirano i guerrieri di entrambe le parti sono pienamente terreni, e sono gli stessi, al punto che, nel gran numero di personaggi che percorrono il poema, è a volte difficile riconoscere il campo al quale appartengono.

I cavalieri cercano sempre qualcosa: la donna amata, l'avversario da battere, il cavallo perduto, l'oggetto rubato; e in questa perenne ricerca, di volta in volta favorita o frustrata dal caso o dalla magia, si vede agire l'uomo del Rinascimento proteso alla realizzazione delle proprie capacità (o "virtù" nel senso che Machiavelli dà alla parola).

In un aggirarsi incessante su sentieri labirintici, i personaggi permettono al poeta di sviluppare i temi della fortuna, dell'amore (nelle sue più diverse manifestazioni), dell'inganno, della follia. Quando il lettore sta per immedesimarsi in un personaggio, o per partecipare con emozione alla vicenda narrata, l'Ariosto interviene con sapienti accenni di ironia, a volte anche di autoironia, a cominciare dalle ottave del Proemio, in cui accenna alla propria "follia amorosa" accostandola a quella di Orlando.

L'Orlando Furioso ha tre caratteristiche particolari: la sapiente tecnica narrativa "ad incastro" (anche detto entrelacement), con cui il poeta ama interrompere un episodio, giunto al suo momento di massima tensione; la straordinaria varietà di toni, in cui l'utopistica serenità del narratore è presente in tutto il poema; la pluralità di motivi di ispirazione, tra i quali preminente è l'amore, seguito poi dal senso dell'avventura, l'eroismo, le magie, il sentimento della natura. Il mondo dell'Orlando Furioso è un mondo dominato da forze incontrollate che sfuggono al controllo della logica e della ragione. La razionalità ordinatrice spetta alla mente dell'autore che osserva dall'alto il mondo che ha creato e si diverte ad intrecciare e manipolare i destini dei personaggi. Bisogna inoltre notare che le azioni dei personaggi sono spesso caratterizzate dal motivo dell' inchiesta (quête), cioè della ricerca di qualcuno o di qualcosa: si tratta di una ricerca mondana, priva però delle motivazioni religiose dei romanzi cavallereschi del Basso Medioevo dove essa era frequentemente presente. Tale ricerca è per lo più destinata al fallimento. Sono poi una metafora del mondo caotico sia la "selva" sia il castello di Atlante che si contrappongono all'accampamento dell'esercito cristiano e a Parigi, centro simbolico della moralità cavalleresca.

Alcuni critici hanno però notato come gli episodi inseriti per l'edizione del 1532 siano pervasi da un realismo crudo ed amaro, forse frutto di uno stato d'animo pessimistico del poeta verso la realtà che lo circonda. L'amore è presentato nelle sue varie sfaccettature: appassionato e tragico (Orlando e Isabella), tenero e patetico (Olimpia e Fiordiligi), impetuoso in Rinaldo. Accanto all'amore sono presenti il culto dell'amicizia salda fino alla morte (Orlando e Brandimarte; Cloridano e Medoro), la gentilezza cavalleresca votata al sacrificio (Zerbino) la violenza rovinosa (Rodomonte).[3] Il senno di Orlando va sulla luna con tutte le altre cose che gli uomini smarriscono: fama, gloria terrene, voti e preghiere, amori, vani desideri e vani progetti. Ciò significa che è vano l'affidarsi solo a questi desideri e sentimenti al fine di realizzarli. Una civiltà- come quella del Rinascimento- che ha raggiunto un pieno equilibrio spirituale sorride con saggezza agli abbandoni dell'animo umano ed alle sue debolezze.. Tuttavia, come le opere di Machiavelli e Guicciardini, l'Orlando Furioso, con la sua trama "labirintica" e la presenza costante dell'imponderabile Fortuna (il "caso"), rappresenta anche "la crisi della concezione rinascimentale di una realtà naturalmente armoniosa e dominabile dall'intelligenza e dall'azione umana". Nel verso "Ecco il giudicio uman come spesso erra!" (I, 7) il verbo "errare" significa sia "sbagliare" sia " perdere l'orientamento" ed esprime evidentemente la sfiducia dell'Ariosto nella capacità dell'uomo di essere artefice del proprio destino (concezione propria del Rinascimento), dato che la Fortuna condiziona le vicende umane in modo imprevedibile e casuale.

L'ironia ariostesca

Nel poema le vicende, l'ambiente, i personaggi appartengono al mondo della fantasia. Il contatto con la realtà degli uomini, dei sentimenti, della società rinascimentale avviene attraverso un uso sapiente dell'ironia. Essa, da semplice figura retorica che comunica il contrario di ciò che superficialmente dice, diventa strumento per la scoperta della contraddittorietà del reale e dei limiti dell'uomo. Già nelle ottave del Proemio emerge in due modi, come autoironia (il poeta si dichiara pazzo per amore come Orlando, e capace solo di offrire al suo signore una povera «opera d'inchiostro») e come velata critica al cardinale Ippolito d'Este, presentato come mente elevata occupata in «alti pensieri».

All'avviarsi della narrazione, sono subito riconoscibili (canto primo) esempi di "ironia delle cose" o ironia oggettiva; il più evidente è forse dato dall'inaspettata sconfitta del prode guerriero Sacripante per opera dell'«alto valor/ d'una gentil donzella» (Bradamante). Ma, nello stesso canto, si riconosce un altro uso assai importante dell'ironia: Angelica, per farsi aiutare da Sacripante, dichiara di aver conservato intatta la propria verginità. E subito interviene l'Ariosto a commentare: «Forse era ver, ma non però credibile / a chi del senso suo fosse signore [...]». In questo modo, il poeta induce il lettore a prendere le distanze e a collocarsi criticamente rispetto a ciò che i personaggi dicono o fanno. Una terza forma d'ironia si può identificare nei vari modi in cui i personaggi, paladini, principesse, e così via, si ritrovano in situazioni tutt'altro che eroiche o nobili, anzi decisamente "basse" o comiche: il culmine è raggiunto dalle azioni bestiali e grottesche di Orlando impazzito, trasformato in una furia cieca, al punto che, incontrandola per caso, non riesce a riconoscere Angelica (che tanto aveva desiderato di ritrovare).

La fortuna dell'opera

Prima grande opera della letteratura moderna a essere pensata per la stampa, l'Orlando Furioso ebbe immediatamente un grande successo e fu tradotta nello stesso Cinquecento e nei secoli successivi in numerose lingue.

Per diversi secoli l'Orlando Furioso fu letto come opera prevalentemente di evasione. Dobbiamo a Hegel, nell'Ottocento, l'interpretazione del Furioso in chiave di critica dei valori della cavalleria, come opera perciò che segna l'analisi e la consapevolezza della fine di un'epoca storica, il Medioevo, con tutto ciò che esso significava. In questo secolo il filosofo e critico Benedetto Croce ne ha dato una lettura nuova, rifiutando anche lui l'idea di un poema d'evasione e sottolineando la sua funzione di grande affresco di un'epoca, vista nei suoi aspetti positivi e negativi.

L'ultimo grande omaggio all'Orlando Furioso lo si deve a Italo Calvino, che non solo ne curò una versione da lui in parte sintetizzata, ma che ai temi e alle vicende degli eroi di Ariosto rese indirettamente omaggio nel ciclo di romanzi I nostri antenati.

Pio Rajna ha scritto un libro, "Le fonti dell'Orlando Furioso", che studia la discendenza dell'opera dai molti poemi cavallereschi del tempo.