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L'Orlando Furioso è un poema cavalleresco di Ludovico Ariosto
pubblicato nella sua edizione definitiva nel 1532.
Il poema, composto da 46 canti in ottave (38.736 versi in totale),
ruota attorno al personaggio di Orlando, a cui è dedicato il
titolo, e a numerosi altri personaggi. L'opera, riprendendo la
tradizione del ciclo carolingio e in parte del ciclo bretone, si
pone a continuazione dell'incompiuto Orlando innamorato di Matteo
Maria Boiardo. Caratteristica fondamentale dell'opera è il
continuo intrecciarsi delle vicende dei diversi personaggi che vanno
a costituire molteplici fili narrativi, tutti armonicamente tessuti
insieme. La trama ruota intorno a tre vicende principali: l'aspetto
epico è dato dalla guerra tra musulmani e cristiani che fa da
sfondo all'intera narrazione e si conclude con la vittoria cristiana
in seguito allo scontro tra gli eroi avversari. La vicenda amorosa
si incentra invece sulla bellissima Angelica, in fuga da numerosi
spasimanti, tra i quali è protagonista per l'Ariosto il
paladino Orlando; tuttavia Angelica incontrerà il musulmano
Medoro e lo sposerà felicemente, causando l'ira e la
conseguente follia di Orlando (risanata solo in conclusione). Il
terzo motivo, quello encomiastico o celebrativo, consiste nel
difficile amore tra Ruggero, guerriero pagano, e Bradamante,
guerriera cristiana, che riusciranno a congiungersi solo dopo la
conversione di Ruggero, al termine della guerra: da questa unione
discenderà infatti la Casa d'Este.
Composizione dell'opera
Le vicende di Orlando e dei paladini di Carlo Magno erano già
molto note alla corte estense di Ferrara grazie all'Orlando
innamorato di Matteo Maria Boiardo quando l'intellettuale cortigiano
Ariosto comincia a scrivere il nuovo romanzo attorno al 1505. Il
poema, pur essendo concepito come gionta (continuazione)
dell'Orlando Innamorato del Boiardo, non fu mai un vero e proprio
seguito del poema boiardesco: infatti, in quello che Alberto Casadei
definisce «finale epico», Ariosto non richiuse il
"cerchio" con l'opera del Boiardo.
La trama infatti si sviluppa a partire dalla rotta cristiana
anziché dall'assedio di Parigi dove Boiardo interruppe la sua
opera. La materia cavalleresca, i luoghi e i personaggi principali
sono gli stessi, ma l'elaborazione di tutti gli elementi risponde a
una ricerca letteraria molto più profonda. I personaggi
acquistano una dimensione psicologica potente, il racconto diviene
un insieme organico di vicende intrecciate in un'architettura di
complessità grandiosa. La veste linguistica – specialmente
dalla terza edizione – è completamente rivista, dando vita ad
una forma di comunicazione letteraria del tutto nuova.
Il nuovo poema di Ariosto differiva dalle opere letterarie
precedenti: non è più definibile, in senso stretto, un
poema di corte, ma è la prima opera letteraria di
intrattenimento ad essere pensata e curata per la pubblicazione a
stampa, cioè per la diffusione presso un pubblico più
vasto possibile. Si tratta perciò della prima grande opera di
letteratura moderna nella cultura occidentale.
Edizioni e revisioni
Ariosto iniziò la prima stesura dell'opera
tra il 1504 ed il 1506. Tuttavia la prima edizione dell'Orlando
Furioso, che conteneva solo 40 canti (e non 46, come nell'edizione
definitiva), fu pubblicata dopo 10 anni, a Ferrara, nell'aprile
1516, per l'editore Giovanni Mazocco: questa portava una dedica al
cardinale Ippolito d'Este - per il quale lavorava Ariosto in quel
momento - il quale, poco interessato alla letteratura, non
mostrò alcun apprezzamento.
La seconda edizione fu pubblicata a Ferrara nel
1521. La necessità di questa prima revisione nasce dal fatto
che l'edizione del 1516 aveva molte imperfezioni secondo il parere
dello stesso autore: questi, infatti, si impegnò subito in
una lunga revisione, soprattutto per quanto riguardava le scelte
linguistiche, prima orientate fortemente verso un plurilinguismo
basato su una ricca fusione di termini toscani, padani e
latineggianti, sostituiti con questa revisione da una parziale
toscanizzazione del linguaggio. Infine, bisogna ricordare che questa
prima edizione era stata pensata quasi esclusivamente per divertire
la corte e per celebrare la famiglia estense. Non ci sono tuttavia
altre modifiche di rilievo, nonostante fra il 1518 e il 1519
l'autore avesse ideato cinque nuovi canti, che per volontà
dell'autore, probabilmente per la loro eccessiva dissonanza con il
resto del poema, non vennero mai inseriti nell'opera.
Queste due edizioni erano però ancora
molto diverse da quella finale. Nel frattempo Ariosto si rese conto
che l'opera aveva la portata di un capolavoro: prima della terza
edizione l'opera aveva già avuto, a seguito della grande
richiesta, ben 17 ristampe.
Una terza edizione fu pubblicata nel 1532.
Ariosto aveva rielaborato il testo in maniera più ampia. La
differenza è subito evidente sul piano linguistico: le prime
due edizioni rimanevano comunque rivolte prevalentemente a un
pubblico ferrarese o padano, scritte in una lingua che teneva
comunque conto delle espressività popolari soprattutto
lombarde e toscane. La seconda revisione invece mira a ricreare un
modello linguistico italiano e nazionale secondo i canoni teorizzati
da Pietro Bembo (che nelle sue Prose della volgar lingua, pubblicate
dal Bembo 4 anni dopo la seconda edizione del Furioso, riformula il
suo ideale di petrarchismo).
Inoltre viene modificata la struttura e vengono
inseriti nuovi canti (i canti IX-XI, XXXII-XXXIII, XXXVII,
XLIV-XLVI) e gruppi di ottave distribuiti in parti diverse
dell'opera. Le dimensioni cambiano, il poema viene quindi portato a
46 canti, modificandone la suddivisione e l'architettura. Vengono
aggiunti diversi episodi e scene, che risultano tra quelli di
maggiore intensità (anticipando in un certo grado anche la
futura teatralità shakespeariana).[2] Infine compaiono i
molti riferimenti alla storia contemporanea, con numerosi richiami
alla grave crisi politica italiana del Cinquecento.
Contenuto
Nella complessa trama di questo poema epico-cavalleresco si possono
identificare tre nuclei narrativi: la guerra tra Cristiani e
Saraceni; la pazzia di Orlando dopo la scoperta dell'amore tra
l'amata Angelica e Medoro; la storia genealogico-encomiastica di
Ruggiero e Bradamante, capostipiti della casata degli Estensi che
così viene celebrata.
Trama
Alla vigilia della battaglia tra i Mori, che assediano Parigi, ed i
cristiani, Carlo Magno affida Angelica al vecchio Namo di Baviera,
per evitare la contesa tra Orlando e Rinaldo che ne sono entrambi
innamorati, e la promette a chi si dimostrerà più
valoroso in battaglia.
I cristiani sono messi in rotta e Angelica ne approfitta per fuggire
ancora ed incontra un vecchio eremita. Durante il viaggio, il
perfido Pinabello scopre che Bradamante appartiene alla casata dei
Chiaramontesi, nemica di quelli di Maganza, a cui egli appartiene:
allora a tradimento getta la fanciulla in una profonda caverna. Qui
però Bradamante è salvata dalla maga Melissa, che la
guida alla tomba di Merlino, dove la guerriera viene a conoscere
tutta la sua illustre discendenza, la casata estense. Melissa
informa Bradamante che, per poter liberare Ruggiero, dovrà
impadronirsi dell'anello magico di Angelica, ora in possesso del
nano Brunello; l'anello infatti ha un doppio potere: portandolo al
dito dissolve gli incantesimi, mettendolo in bocca rende invisibili
o tramortiti.
Orlando, in seguito a un sogno, parte da Parigi alla ricerca di
Angelica, seguito dal fedele amico Brandimarte. A sua volta la sposa
di questo, dopo un mese, parte alla sua ricerca. Orlando salva
Olimpia dagli intrighi di Cimosco, re della Frigia, e libera il suo
promesso sposo, Bireno. Il giovane però si innamora della
figlia di Cimosco, sua prigioniera, e abbandona Olimpia su una
spiaggia deserta.
Intanto Ruggiero, che ha appreso da Logistilla a mettere le redini
all'ippogrifo, giunge in Occidente, salva Angelica dall'orca ed
è affascinato dalla sua bellezza; ma la fanciulla, che
è tornata in possesso del suo anello fatato, si dilegua.
Orlando giunge anch'egli all'isola di Ebuda e salva Olimpia da una
sorte analoga a quella di Angelica. Proseguendo nella ricerca della
donna amata, resta prigioniero in un palazzo fatato di Atlante,
insieme a Ruggero, Gradasso, Ferraù, Bradamante. Vi giunge
anche Angelica, che libera Sacripante per farsi da lui scortare, ma
per errore anche Orlando e Ferraù la inseguono.
Mentre questi combattono, Angelica si dilegua portando via l'elmo di
Orlando. Il paladino libera la pagana Isabella, che, innamorata del
cristiano Zerbino, è stata rapita dai briganti mentre cercava
di raggiungerlo. Nel palazzo fatato di Atlante cade prigioniera
anche Bradamante, sempre alla ricerca di Ruggero. Intanto i Mori
scatenano l'assalto a Parigi, e il re saraceno Rodomonte riesce a
penetrare nella città, compiendo imprese straordinarie.
In soccorso a Parigi è giunto Rinaldo con le truppe inglesi e
scozzesi, e con l'aiuto dell'arcangelo Michele. Il paladino uccide
il re Dardinello; nella notte due giovani guerrieri saraceni,
Cloridano e Medoro, cercano il cadavere del loro signore sul campo
di battaglia e alfine lo trovano, ma vengono sorpresi dai cristiani;
Cloridano viene ucciso e Medoro resta gravemente ferito sul terreno.
Viene trovato da Angelica, che si innamora di lui, anche se è
un umile fante; i due si uniscono in matrimonio e partono per
raggiungere il Catai.
Orlando intanto ricongiunge Isabella a Zerbino e insegue il re
tartaro Mandricardo. Per caso capita sul luogo degli amori di
Angelica e Medoro e vede incisi i loro nomi ovunque. Dal pastore che
li aveva ospitati apprende la loro storia d'amore, e per il dolore
diviene pazzo. Trasformatosi in una sorta di essere bestiale, compie
folli imprese distruttive. Per difendere le armi che Orlando ha
disperso, Zerbino si batte con Mandricardo e viene ucciso. A Parigi
i cristiani sono di nuovo sconfitti in battaglia. Ma l'arcangelo
Michele scatena la discordia nel campo pagano e i vari guerrieri
entrano in contesa fra di loro.
Rodomonte apprende che la sua promessa sposa, Doralice, gli ha
preferito Mandricardo e, quasi folle, lascia il campo saraceno,
proclamando il suo disprezzo per tutte le donne. Invece, incontrata
Isabella, si innamora di lei. La fanciulla, per serbarsi fedele alla
memoria di Zerbino e per sottrarsi alla violenza del pagano, si fa
uccidere da lui con un inganno.
Rodomonte si imbatte in Orlando folle, e i due ingaggiano una lotta.
Poi Orlando, sempre fuori di sé, passa a nuoto fino in
Africa. I Saraceni sono di nuovo sconfitti, e devono ripiegare nel
Sud della Francia, ad Arles. Astolfo, venuto in possesso
dell'ippogrifo, vaga per varie regioni, giunge in Etiopia, dove
libera il re Senapo dalla persecuzione delle Arpie, discende
nell'Inferno, sale al paradiso terrestre, poi sulla Luna dove
recupera il senno perduto da Orlando. Bradamante cade in preda ad
una folle gelosia, perché crede che Ruggiero ami Marfisa. Tra
le due donne inizia un violento duello che provoca un nuovo scontro
tra cristiani e pagani. Bradamante prima sbaraglia due mori, poi
Ferraù, che la riconosce e rivela la sua identità a
Ruggiero. Questi la convince ad appartarsi presso un sepolcro eretto
in mezzo ad un bosco dove poter discutere. Vi arriva quindi anche
Marfisa ed il combattimento riprende, coinvolgendo il cavaliere
saraceno. Ad interrompere il triplo duello interviene l'anima del
mago Atlante (il sepolcro è la sua tomba) che svela a
Ruggiero e Marfisa di essere fratelli gemelli. Venuta a sapere che
il loro padre era stato ucciso dal padre del re d'Africa Agramante,
Marfisa si dichiara cristiana ed invita il fratello a fare
altrettanto, strappando però solo una promessa. Nel frattempo
udito il pianto di una donna, i tre guerrieri intervengono per
punire il malvagio Marganorre, il quale aveva in odio tutte le
donne. Ruggiero torna infine ad Arles e le due donne si recano
all'accampamento cristiano, dove Marfisa viene battezzata e si mette
al servizio di re Carlo.
Astolfo torna nuovamente in Etiopia e guida l'esercito etiope per
l'intera Africa facendo guerra ai pagani rimasti in patria. In breve
i Saraceni sono costretti a rifugiarsi nella città di
Biserta.
Venuto a conoscenza delle vittorie dei cristiani, re Agramante cerca
di concludere al più presto alla guerra in Europa, attraverso
un unico duello tra Ruggiero e Rinaldo. I due cavalieri giurano di
passare all'esercito avversario se qualcuno appartenente al proprio
esercito fosse intervenuto nel combattimento. Durante il loro duello
Melissa assume le sembianze di Rodomonte e convince re Agramante ad
intervenire rompendo i patti. La feroce battaglia che ne scaturisce
si conclude con la fuga dell'esercito saraceno che si imbarca ed
abbandona l'Europa. Prima di raggiungere l'Africa, la flotta viene
abbordata dalle navi cristiane comandate da Dudone. Solo re
Agramante e re Sobrino si salvano su di una scialuppa.
Nel frattempo in Africa i cavalieri cristiani fatti prigionieri da
Rodomonte vengono liberati. Tra di essi ci sono Oliviero, Sansonetto
e Brandimarte che può così riabbracciare Fiordiligi.
Durante i festeggiamenti per la liberazione, arriva Orlando e semina
il panico nell'accampamento. Una volta immobilizzato, Astolfo
può restituirgli il senno.
L'imbarcazione che conduce in salvo re Agramante e re Sobrino
è costretta a fermarsi sull'isola di Lipadusa (Lampedusa),
dove ritrovano re Gradasso.
Intanto Ruggiero, in viaggio verso la Francia, viene a conoscenza
che è stato Agramante a interrompere il suo duello con
Rinaldo, ma non mantiene il giuramento fatto e si imbarca per
raggiungere in Africa il re pagano. Durante la navigazione si trova
di fronte ad una tempesta e il cavaliere abbandona le sue armi
sull'imbarcazione, riescendo a salvarsi su di uno scoglio.
Nell'isola incontra un eremita che gli insegna le basi della
religione e lo battezza.
La nave abbandonata da Ruggiero giunge a Biserta ed Orlando,
Brandimarte ed Oliviero si dividono le armi del cavaliere. I tre
raggiungono quindi Lampedusa dove si scontrano con i tre re
saraceni. Re Gradasso uccide Brandimarte e Oliviero viene gravemente
ferito, ma Orlando uccide subito dopo re Agramante e re Gradasso. Re
Sobrino gravemente ferito viene invece graziato. In Francia, Rinaldo
è ancora tormentato dall'amore per Angelica e decide di
raggiungere la donna mettendosi in viaggio verso Oriente. Grazie
alla magia di Malagigi, Rinaldo, arrivato nelle Ardenne, beve alla
fonte del disamore e, riacquistato il suo senno, si congiunge con
gli altri paladini a Lampedusa. Durante il viaggio di ritorno in
Francia, i paladini si fermano presso lo scoglio dell'eremita dove
incontrano Ruggiero. Saputo della conversione dell'uomo, Rinaldo gli
promette in sposa la sorella Bradamante.
Una volta giunti a Parigi, Ruggiero viene a sapere che Amone, padre
di Bradamante, ha già promesso a Costantino, imperatore
dell'Impero Romano d'Oriente, di dare in sposa la figlia al suo
successore Leone. Il cavaliere parte allora per la Bulgaria con
l'intenzione di uccidere il suo rivale, ma viene fatto prigioniero.
Bradamante convince Carlo Magno a indire un torneo: lei si
darà in sposa solo a chi saprà resisterle dall'alba al
tramonto. Crede di combattere contro Leone, in realtà si
tratta di Ruggiero, nel frattempo liberato dal figlio
dell'imperatore, che vince a favore del rivale. Ma quando Leone
scopre la verità, diventa grande amico di Ruggiero e accetta
di rinunciare a Bradamante.
Il matrimonio tra Ruggiero e Bradamante viene finalmente celebrato,
ma dopo nove giorni di banchetto arriva Rodomonte, accusa il novello
sposo di infedeltà verso re Agramante e lo sfida a duello. Il
combattimento si trasforma quasi subito in una lotta corpo a corpo,
finché Ruggiero uccide con una pugnalata Rodomonte.
[...]
Caratteristiche dell'opera
« Il Furioso è un libro unico nel suo genere e
può essere letto senza far riferimento a nessun altro libro
precedente o seguente; è un universo a sé in cui si
può viaggiare in un lungo e in largo, entrare, uscire,
perdercisi. »
(Italo Calvino, Orlando furioso di Ludovico
Ariosto raccontato da Italo Calvino)
Il poema si presenta molto esplicitamente come una "gionta", ossia
continuazione dell'Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, in
una prospettiva però largamente diversa. Mentre nel poema
boiardesco è possibile cogliere il rimpianto per l'età
cavalleresca, ricreata con la fantasia, nell'opera dell'Ariosto si
rispecchiano con pienezza i caratteri della concezione
rinascimentale dell'uomo e della vita.
Anche se una delle linee portanti dell'ampio intreccio narrativo
è la guerra tra i cristiani di Carlo Magno e i musulmani di
Agramante, il tema della fede, o delle fedi, non compare se non in
modo esteriore e marginale. I valori ai quali si ispirano i
guerrieri di entrambe le parti sono pienamente terreni, e sono gli
stessi, al punto che, nel gran numero di personaggi che percorrono
il poema, è a volte difficile riconoscere il campo al quale
appartengono.
I cavalieri cercano sempre qualcosa: la donna amata, l'avversario da
battere, il cavallo perduto, l'oggetto rubato; e in questa perenne
ricerca, di volta in volta favorita o frustrata dal caso o dalla
magia, si vede agire l'uomo del Rinascimento proteso alla
realizzazione delle proprie capacità (o "virtù" nel
senso che Machiavelli dà alla parola).
In un aggirarsi incessante su sentieri labirintici, i personaggi
permettono al poeta di sviluppare i temi della fortuna, dell'amore
(nelle sue più diverse manifestazioni), dell'inganno, della
follia. Quando il lettore sta per immedesimarsi in un personaggio, o
per partecipare con emozione alla vicenda narrata, l'Ariosto
interviene con sapienti accenni di ironia, a volte anche di
autoironia, a cominciare dalle ottave del Proemio, in cui accenna
alla propria "follia amorosa" accostandola a quella di Orlando.
L'Orlando Furioso ha tre caratteristiche particolari: la sapiente
tecnica narrativa "ad incastro" (anche detto entrelacement), con cui
il poeta ama interrompere un episodio, giunto al suo momento di
massima tensione; la straordinaria varietà di toni, in cui
l'utopistica serenità del narratore è presente in
tutto il poema; la pluralità di motivi di ispirazione, tra i
quali preminente è l'amore, seguito poi dal senso
dell'avventura, l'eroismo, le magie, il sentimento della natura. Il
mondo dell'Orlando Furioso è un mondo dominato da forze
incontrollate che sfuggono al controllo della logica e della
ragione. La razionalità ordinatrice spetta alla mente
dell'autore che osserva dall'alto il mondo che ha creato e si
diverte ad intrecciare e manipolare i destini dei personaggi.
Bisogna inoltre notare che le azioni dei personaggi sono spesso
caratterizzate dal motivo dell' inchiesta (quête), cioè
della ricerca di qualcuno o di qualcosa: si tratta di una ricerca
mondana, priva però delle motivazioni religiose dei romanzi
cavallereschi del Basso Medioevo dove essa era frequentemente
presente. Tale ricerca è per lo più destinata al
fallimento. Sono poi una metafora del mondo caotico sia la "selva"
sia il castello di Atlante che si contrappongono all'accampamento
dell'esercito cristiano e a Parigi, centro simbolico della
moralità cavalleresca.
Alcuni critici hanno però notato come gli episodi inseriti
per l'edizione del 1532 siano pervasi da un realismo crudo ed amaro,
forse frutto di uno stato d'animo pessimistico del poeta verso la
realtà che lo circonda. L'amore è presentato nelle sue
varie sfaccettature: appassionato e tragico (Orlando e Isabella),
tenero e patetico (Olimpia e Fiordiligi), impetuoso in Rinaldo.
Accanto all'amore sono presenti il culto dell'amicizia salda fino
alla morte (Orlando e Brandimarte; Cloridano e Medoro), la
gentilezza cavalleresca votata al sacrificio (Zerbino) la violenza
rovinosa (Rodomonte).[3] Il senno di Orlando va sulla luna con tutte
le altre cose che gli uomini smarriscono: fama, gloria terrene, voti
e preghiere, amori, vani desideri e vani progetti. Ciò
significa che è vano l'affidarsi solo a questi desideri e
sentimenti al fine di realizzarli. Una civiltà- come quella
del Rinascimento- che ha raggiunto un pieno equilibrio spirituale
sorride con saggezza agli abbandoni dell'animo umano ed alle sue
debolezze.. Tuttavia, come le opere di Machiavelli e Guicciardini,
l'Orlando Furioso, con la sua trama "labirintica" e la presenza
costante dell'imponderabile Fortuna (il "caso"), rappresenta anche
"la crisi della concezione rinascimentale di una realtà
naturalmente armoniosa e dominabile dall'intelligenza e dall'azione
umana". Nel verso "Ecco il giudicio uman come spesso erra!" (I, 7)
il verbo "errare" significa sia "sbagliare" sia " perdere
l'orientamento" ed esprime evidentemente la sfiducia dell'Ariosto
nella capacità dell'uomo di essere artefice del proprio
destino (concezione propria del Rinascimento), dato che la Fortuna
condiziona le vicende umane in modo imprevedibile e casuale.
L'ironia ariostesca
Nel poema le vicende, l'ambiente, i personaggi appartengono al mondo
della fantasia. Il contatto con la realtà degli uomini, dei
sentimenti, della società rinascimentale avviene attraverso
un uso sapiente dell'ironia. Essa, da semplice figura retorica che
comunica il contrario di ciò che superficialmente dice,
diventa strumento per la scoperta della contraddittorietà del
reale e dei limiti dell'uomo. Già nelle ottave del Proemio
emerge in due modi, come autoironia (il poeta si dichiara pazzo per
amore come Orlando, e capace solo di offrire al suo signore una
povera «opera d'inchiostro») e come velata critica al
cardinale Ippolito d'Este, presentato come mente elevata occupata in
«alti pensieri».
All'avviarsi della narrazione, sono subito riconoscibili (canto
primo) esempi di "ironia delle cose" o ironia oggettiva; il
più evidente è forse dato dall'inaspettata sconfitta
del prode guerriero Sacripante per opera dell'«alto valor/
d'una gentil donzella» (Bradamante). Ma, nello stesso canto,
si riconosce un altro uso assai importante dell'ironia: Angelica,
per farsi aiutare da Sacripante, dichiara di aver conservato intatta
la propria verginità. E subito interviene l'Ariosto a
commentare: «Forse era ver, ma non però credibile / a
chi del senso suo fosse signore [...]». In questo modo, il
poeta induce il lettore a prendere le distanze e a collocarsi
criticamente rispetto a ciò che i personaggi dicono o fanno.
Una terza forma d'ironia si può identificare nei vari modi in
cui i personaggi, paladini, principesse, e così via, si
ritrovano in situazioni tutt'altro che eroiche o nobili, anzi
decisamente "basse" o comiche: il culmine è raggiunto dalle
azioni bestiali e grottesche di Orlando impazzito, trasformato in
una furia cieca, al punto che, incontrandola per caso, non riesce a
riconoscere Angelica (che tanto aveva desiderato di ritrovare).
La fortuna dell'opera
Prima grande opera della letteratura moderna a essere pensata per la
stampa, l'Orlando Furioso ebbe immediatamente un grande successo e
fu tradotta nello stesso Cinquecento e nei secoli successivi in
numerose lingue.
Per diversi secoli l'Orlando Furioso fu letto come opera
prevalentemente di evasione. Dobbiamo a Hegel, nell'Ottocento,
l'interpretazione del Furioso in chiave di critica dei valori della
cavalleria, come opera perciò che segna l'analisi e la
consapevolezza della fine di un'epoca storica, il Medioevo, con
tutto ciò che esso significava. In questo secolo il filosofo
e critico Benedetto Croce ne ha dato una lettura nuova, rifiutando
anche lui l'idea di un poema d'evasione e sottolineando la sua
funzione di grande affresco di un'epoca, vista nei suoi aspetti
positivi e negativi.
L'ultimo grande omaggio all'Orlando Furioso lo si deve a Italo
Calvino, che non solo ne curò una versione da lui in parte
sintetizzata, ma che ai temi e alle vicende degli eroi di Ariosto
rese indirettamente omaggio nel ciclo di romanzi I nostri antenati.
Pio Rajna ha scritto un libro, "Le fonti dell'Orlando Furioso", che
studia la discendenza dell'opera dai molti poemi cavallereschi del
tempo.