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Scrittore e poeta italiano (Faenza 1852 - presso Casola Valsenio
1909). Autore di romanzi, opere di polemica politico-sociale e
scritti d'arte e di storia, O. elaborò una concezione etica
dello Stato e della storia, ispirata al nazionalismo. In tutta la
sua opera, da Memorie inutili a Rivolta ideale, esiste
continuità ideale: l'artista e il pensatore, il filosofo e il
sociologo si fondono e si esprimono in indivisibile unità.
VITA E OPERE.
O. ebbe una fanciullezza vuota d'affetti. Studiò a Bologna
nel collegio di San Luigi, condotto dai barnabiti, dove trascorse
gli anni dell'adolescenza taciturno, altero, solo. Passato poi
all'università di Roma e laureatosi nel 1872 in
giurisprudenza, non esercitò l'avvocatura. Esordì
giovanissimo a 21 anni col romanzo Memorie inutili, pubblicato
(1876) sotto lo pseudonimo di Ottone di Bànzole, al quale
tennero dietro, rapidamente scritti, altri romanzi: Al di là
(1877), Monotonie (1878), Gramigne (1879), No (1881), opere non
prive di un'aspra veemenza, ma nel complesso torbide, informi e
caotiche, rappresentanti un mondo di passioni oscure che non riesce
mai a decantarsi in racconto chiaro e armonioso.
Dal 1883 la sua vena narrativa e polemica tende a effigiare il
travaglio dell'umanità moderna, l'opera dei popoli e delle
nazioni, lo sforzo dell'uomo che si dà una patria e una
missione; e nascono, accanto a romanzi, opere di polemica
politico-sociale, prose d'arte, scritti storici, nei quali peraltro
fa quasi costantemente difetto una problematica storica sicura e
serena: Quartetto (1883); Matrimonio e divorzio (1886), vigorosa
difesa della famiglia, concepita come nucleo fondamentale della
nazione; Fino a Dogali (1889), in cui sono prospettate le cause
della duplice crisi dell'Italia risorta - crisi religiosa e crisi di
sviluppo - con le pagine su don Giovanni Verità, che
nitidamente e su nuove basi lumeggiano il problema dei rapporti tra
fede cattolica e sentimento patriottico, e con la lirica
rievocazione dei primi eroi d'Africa, che addita alla patria
unificata le vie di Roma imperiale; La lotta politica in Italia
(1892), dove vengono additate le ragioni storiche della formazione
unitaria italiana; Il nemico (1894), tumulto di passioni crudeli e
di ostentati cinismi, ma anche fatidico preannuncio del
dissolvimento del mondo russo; Gelosia (1894); La disfatta (1896);
Vortice (1899); Olocausto (1902), che esprimono l'essenza stessa
della gretta vita di provincia, quell'impossibilità di
viverci «grande» che fu il perenne tormento dell'O.
Dal 1892 al 1902 trascorre per O. un decennio di formidabile
attività che non valse a rallentare né dissensi
familiari, né il dissesto finanziario in parte dovuto ai
sacrifici fatti per pubblicare Lotta politica, né lo
straziante dolore per l'ostinato silenzio che avvolgeva la sua
opera. Meglio egli riuscì nelle ultime opere, dove la
stanchezza di una polemica condotta con indiscriminato fervore
dà luogo a pagine di più intima spiritualità,
però troppo spesso compromesse da un velleitario
«titanismo» spirituale: La rivolta ideale (1908); Punte
secche (post., 1921); Sì (post., 1923). Scrisse anche per il
teatro, componendo dieci fra tragedie e drammi.
O. fu indicato da Mussolini fra gli ispiratori del fascismo, e in
effetti egli espresse il fermento attivistico diffuso presso vari
settori della società italiana al principio del secolo,
individuando chiaramente la crisi di una certa borghesia di fine
sec. 19º. Scrittore non privo di una personale
sensibilità postromantica e di energia rappresentativa,
riprese miti politici (il nazionalismo, l'imperialismo) già
affermati in Europa, inserendoli in una cultura d'impronta
hegeliana.
Al Cardello, presso Casola Valsenio, che il governo fascista
dichiarò monumento nazionale nel 1924 e volle degnamente
restaurato, esiste un'importante raccolta bibliografica, che
contiene la collezione dei manoscritti autografi di O., le sue opere
nelle successive edizioni, i libri e gli opuscoli che lo riguardano,
un'ampia raccolta di riviste e giornali che parlano di lui, e
inoltre l'epistolario, oggi ancora inedito, dello scrittore.
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Alfredo Oriani nacque a Faenza nel 1852 da una famiglia
aristocratica e molto ricca; nel 1872 si laureò in
giurisprudenza a Napoli, cominciando subito dopo la pratica in uno
studio notarile di Bologna.
Al 1875 risale il suo primo testo pubblicato, Memorie inutili,
un'autobiografia che richiamava da vicino lo stile di Byron; nel
giro di qualche anno furono pubblicati i romanzi Al di là
(1877), No (1881) e le raccolte di racconti Gramigna (1879) e
Quartetto (1883).
Accanto alla produzione narrativa, i cui toni spregiudicati gli
valsero la fama di scrittore osceno, Oriani si dedicò alla
stesura di pamphlet e saggi storici, prendendo posizione sulle
vicende dell'attualità: in Matrimonio (1886) diede una
risposta a La questione del divorzio di A. Dumas figlio e al disegno
di legge presentato da Zanardelli; nei saggi Fino a Dogali (1889) e
La lotta politica in Italia (1892) ricapitolò invece le
vicende italiane passate e prossime.
A partire dal 1894 la produzione narrativa ebbe un nuovo impulso; in
questi anni nacquero le opere migliori, che caddero nel più
assoluto silenzio del pubblico e della critica: Il nemico (1894),
Gelosia (1894), La disfatta (1896), Vortice (1899), Olocausto (1902)
e la raccolta di racconti Bicicletta (1902). L'ultima opera di
Oriani è un imponente saggio di natura
storico-filosofico-politica, La rivolta ideale (1908), in cui con
toni nietzschiani si auspica l'avvento di un leader carismatico che
possa risollevare i destini italiani.
L'Opera omnia (1923-33) fu curata postuma da Benito Mussolini che
strumentalizzò soprattutto La rivolta ideale, facendo di
Oriani un precursore del fascismo.
Oriani morì nel 1909 a Casola Valsenio, Ravenna.
Note biografiche a cura di Daniela Gangale