​«QUADERNI DAL CARCERE» DI ANTONIO GRAMSCI

di Raul Mordenti
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1. ​Genesi e storia.


    1.1 «È questa una macchina mostruosa che schiaccia e livella [...]. Certo io resisterò».

Alle 22,30 dell’8 novembre 1926 il deputato comunista Antonio Gramsci, segretario del suo partito, venne arrestato nella casa dove aveva affittato una camera, in via Giovan Battista Morgagni 25 a Roma, e rinchiuso in stretto isolamento presso il carcere di Regina Coeli.
Già nella prima lettera dal carcere che di lui si conservi1, dopo essersi scusato
con la sua padrona di casa «per i disturbi e i fastidi [...] i quali non entravano, in verità, nell’accordo di inquilinato», Gramsci chiede immediatamente di poter ricevere tre libri:

Vorrei avere questi libri:
1° la Grammatica tedesca che era nello scaffale accanto all’ingresso;
2° il Breviario di linguistica di Bertoni e Bartoli2 che era nell’armadio di fronte al letto; 3° gratissimo le sarei se mi inviasse una Divina Commedia di pochi soldi, perché il mio testo lo avevo imprestato.
Se i libri sono rilegati, occorre strappare il cartone, badando che i fogli non si stacchino [...]3.

Antonio Gramsci ha insomma ben chiara, fin dai primi giorni della sua detenzione, la necessità di rendere il tempo che lo attende in carcere essenzialmente un tempo di studio...


Se volessimo (utilizzando anche noi il metodo di studio a cui Gramsci fu costretto)8 percorrere fino in fondo le labili tracce ed i riposti significati di quella primissima lettera scritta dal carcere alla sua padrona di casa, allora si potrebbe sottolineare che lo studio a cui Gramsci si dispone presenta già dei connotati precisi: esso riguarda argomenti di alta cultura, für ewig (per sempre) come lo stesso Gramsci scriverà più tardi, cioè non limitati o troppo immediatamente legati alla contingenza politica; ed entro quest’ambito o livello unificante Gramsci allude a tre direttrici: lo studio delle lingue straniere (qui il tedesco) per potere tradurre; gli interrotti (ma sempre presenti) studi universitari di linguistica; la Divina Commedia, cioè il testo letterario per antonomasia della nostra tradizione culturale. Tutte e tre queste direttrici qui subito accennate nei primissimi giorni della detenzione saranno peraltro percorse, in varia misura, nel corso del lungo lavoro dei Quaderni.


[…]

1.2 . «Rendre la vie impossible».

[…]

Poco dopo essere giunto a Turi, 30 luglio 1928, Gramsci scrive a Tania:

Non mi sono ancora abituato alla vita promiscua del camerone (siamo 6 in compagnia); e soffro molto d’insonnia. Dopo una più lunga esperienza, vedrò se sia necessario fare pratiche speciali presso il Ministero e presso il Tribunale Speciale per ottenere di avere una cella da solo, ciò che renderebbe più facile ottenere di poter avere il necessario per scrivere e quindi per poter studiare organicamente. Forse lo farò […].

Gramsci si riferisce qui ad un’esigenza apparentemente trascurabile ma in realtà davvero fondamentale per lui: disporre costantemente, nella sua cella, di penna calamaio e carta, tutte cose proibite dal regolamento carcerario ma assolutamente necessarie per poter «studiare ordinatamente e con profitto». Così già nella lettera successiva (del 13 agosto 1928 che, secondo il prefissato ritmo alternato fra Tania e la famiglia sarda, invia al fratello Carlo), Gramsci chiede con decisione:

Ti devi [...] occupare di una pratica per me di grande importanza. Bisogna che tu domandi al ministero competente [...] che siano prese disposizioni perché io possa essere messo in una cella da solo […]. Ora sono in una camerata con altri quattro, anch’essi condannati per reato politico, ma che hanno malattie ai bronchi e ai polmoni. [...] il Tribunale speciale mi ha condannato alla reclusione ma non ha specificato che essa debba essere aggravata dalla tubercolosi. [...] Aggiungi che io sono affetto da grave depressione nervosa e da insonnia, puoi immaginare quali notti io passi. Nella domanda aggiungi che il mio passato lavoro di intellettuale mi fa sentire fortemente la difficoltà allo studio e alla lettura che si trova quando si è in una camerata ditali ammalati e chiedi che andando da solo mi sia concesso di poter avere carta e inchiostro per dedicarmi a qualche lavoro di carattere letterario e allo studio delle lingue.

Ma ancora cinque mesi dovranno passare perché la richiesta di Gramsci di essere messo in condizione di scrivere (cioè di studiare) nella sua cella sia accolta. Solo il 9 febbraio 1929, cioè ben due anni e tre mesi dopo il suo arresto, Gramsci può finalmente annunciare (a Tania):

Ora che posso scrivere in cella, prenderò delle note dei libri che mi servono e ogni tanto le invierò alla Libreria. Adesso che posso prendere degli appunti di quaderno, voglio leggere secondo un piano e approfondire determinati argomenti e non più «divorare» i libri. [...] Scrivo già in cella. Per adesso faccio solo delle traduzioni per rifarmi la mano: intanto metto ordine nei miei pensieri.

La scrittura dei Quaderni comincia esattamente da qui: la data «8 febbraio 1929» si legge, fra parentesi, dopo il titolo «Primo quaderno» (scritto non senza solennità da Gramsci ad inaugurare il Quaderno I); dopo qualche mese, certo dopo il giugno 1929-30, iniziano le prime annotazioni.

[...]


    1.3.    L’avventura dei «Quaderni»: dal carcere all’Oriente (e ritorno).

Nel necrologio di Gramsci del Comitato Centrale del Partito Comunista d’Italia40, si definisce Gramsci «uomo di alto intelletto, di immensa cultura», e lo si considera senz’altro come «il più grande italiano del secolo» tuttavia non si fa cenno all’esistenza dei Quaderni; non si parla dei Quaderni neppure nel saggio di Togliatti che segue, in cui Gramsci è definito «il primo marxista d’Italia» e si sottolinea la grandezza intellettuale dello scomparso:

Gli omaggi che si rendono alla grandezza dell’ingegno e dell’animo del nostro compagno e capo sono omaggi dovuti. Abbiamo però il dovere di dire alto e forte che Gramsci non è stato l’«intellettuale», lo «studioso», lo «scrittore» nel senso che questi postumi elogiatori vorrebbero far credere. Prima di tutto Gramsci è stato ed è uomo di partito.

Assai notevole il fatto che, dopo le necrologie, la rivista comunista dell’esilio pubblichi una serie di giudizi di Gramsci su Croce, tratti dalle lettere: l’occhiello avverte che Gramsci «dà in queste poche pagine una critica magistrale di Croce come filosofo della borghesia e una delle «figure centrali» della reazione in Italia». Evidentemente, già allora, non sfugge a Togliatti il carattere cruciale dell’«Anti-Croce» svolto da Gramsci. Infine un corsivo annuncia: «Il Partito Comunista d’Italia sta preparando la edizione di un volume di scritti scelti di Antonio Gramsci ed un altro di lettere di Antonio Gramsci dal carcere».

I Quaderni erano stati sottratti al possibile sequestro nel momento del trasferimento di Gramsci da Turi a Formia; così ricorda Gustavo Trombetti:

La sera antecedente la partenza per Formia, Gramsci fu chiamato dal capoguardia che gli ordinò di andare in magazzino a riordinare le sue valigie. Andai anch’io in magazzino. E – ci eravamo già accordati su questo – mentre lui intratteneva la guardia, che era un sardo e lo stimava molto, e mi faceva da schermo con la sua persona, io infilai i quaderni in un baule. Gramsci temeva molto che i quaderni gli fossero sequestrati, anche se per un semplice controllo; sapeva che sarebbero andati a finire al ministero e che in seguito sarebbe stato molto difficile recuperarli. Il baule fu poi spedito non so bene a chi, forse alla cognata, che abitava a Roma [...].

Così i Quaderni poterono uscire dal carcere fascista mescolati ai libri del detenuto e al momento della morte di Gramsci rimasero a Tatiana Schucht; questa provvide a numerarli provvisoriamente, con una cura che rivela non solo la piena coscienza del valore culturale di quei poveri quaderni di scuola ma anche la più viva preoccupazione per la loro possibile perdita o manomissione.

Al salvataggio dei Quaderni contribuì anche Piero Sraffa e, secondo una leggenda ripetutamente  smentita,  Raffaele Mattioli  che  li  avrebbe conservati  in  uno dei Sancta Sanctorum del capitalismo italiano, cioè nella cassaforte della Banca Commerciale da lui diretta. Certo è che, ancora nel maggio del ’37, scrivendo a Sraffa da Mosca, Togliatti dimostra di non conoscere affatto i Quaderni (ma di saperli al sicuro):

Per quanto io so, gli scritti del carcere sarebbero in luogo sicuro e verrebbero a poco a poco trasmessi qui. Non ho però nessuna idea, nemmeno approssimativa di essi. Di che si tratta. Sono essi redatti in modo che sia possibile una pubblicazione entro un termine relativamente breve. Che lavoro vi sarà da fare su di essi ecc. Su tutte queste cose desidererei avere da te dei chiarimenti.

Nel frattempo Tania compie l’incarico affidatole da Gramsci di trasmettere tutte le sue cose a Giulia e ai figli che si trovavano a Mosca. Abbiamo la testimonianza del figlio Giuliano in merito all’arrivo di questa straordinaria cassa dall’Italia nella casa moscovita (probabilmente nel luglio del 1938):

Nella cassa c’erano tanti libri, i quaderni del carcere, le lettere, ed anche alcuni oggetti appartenuti a mio padre durante la detenzione: posate di legno, gli occhiali, le pantofole e tutti gli altri oggetti che oggi si trovano alla Casa Museo di Ghilarza. Per qualche anno, fino allo scoppio della guerra, tutto restò in casa nostra [...].

Più tardi, di fronte all’avanzata delle truppe nazifasciste su Mosca, si porrà di nuovo il problema di salvare quei quaderni di scuola italiani, che probabilmente nessuno (tranne Tania) ha ancora letto ma in cui vive intera l’eredità di un rivoluzionario morto; e i quaderni di Gramsci seguiranno il gruppo dirigente del Comintern ancora più a Oriente, nelle repubbliche asiatiche dell’Unione Sovietica. Come ricorda Giuliano Gramsci: «mia madre consegnò gli scritti e la maschera [si tratta della maschera mortuaria fatta fare da Tania Schucht al momento del decesso] a Togliatti che li portò a Ufa, capitale della Repubblica autonoma di Baskiria, dove in quel periodo risiedeva il Comintern».

​Togliatti aveva nel frattempo preso visione delle fotocopie dei Quaderni mentre si trovava in Spagna impegnato nell’estrema difesa della Repubblica. Ambrogio Donini, che al tempo dirigeva a Parigi «La Voce degli italiani», ricorda di essere stato convocato con urgenza da Togliatti a Barcellona nel novembre del 1938:

In un modesto appartamento del centro di Barcellona, a lume di candela, continuamente interrotti dagli allarmi aerei, ma senza discendere nei rifugi, esaminammo insieme, per alcune sere, le fotocopie appena arrivate da Mosca e tracciammo un primo piano per l’edizione integrale delle Lettere dal carcere e per un’antologia dei Quaderni, la cui riproduzione fotostatica non era ancora ultimata. Togliatti intendeva farmi dare inizio alla pubblicazione non appena la guerra di Spagna fosse finita ed egli avesse potuto far ritorno a Parigi. Le cose andarono invece in modo assai diverso.

Secondo Giuliano Gramsci, lo stesso Togliatti avrebbe posto termine all’avventura dei Quaderni attraverso «il mondo grande e terribile» (secondo il Leitmotiv ricorrente nella corrispondenza amorosa di Gramsci con Giulia Schucht) riportandoli con sé in Italia a suo ritorno: «Togliatti tenne dunque presso di sé tutti gli scritti di Antonio Gramsci per tutta la durata della guerra e fu lui a portarli in Italia quando rientrò nel 1944».


In realtà sembra impossibile che Togliatti possa avere portato con sé i preziosi manoscritti dei Quaderni nel corso dell’avventuroso viaggio che nel febbraiomarzo 1944 (dunque mentre ancora durava la guerra) lo condusse da Mosca a Napoli, passando per Baku, Teheran, Il Cairo, Algeri.

    1.3.    La pubblicazione e la prima fortuna: il «Gramsci di Togliatti».

Sull’edizione napoletana dell’«Unità» compare il 30 aprile 1944 il primo annuncio all’Italia dell’esistenza dei Quaderni, in un articolo intitolato L’eredità letteraria di Gramsci; l’articolo, non firmato ricorda che «le condizioni di salute avevano limitato grandemente le possibilità di un lavoro intellettuale sistematico» di Gramsci, il quale però negli anni precedenti «e cioè approssimativamente dal 1928 al 1934» aveva potuto produrre «una trentina di quaderni coperti di fittissima scrittura a penna che pure sono conservati a Mosca». Si annuncia come imminente la pubblicazione delle lettere («non appena sarà possibile far arrivare da Mosca l’originale») mentre a proposito dei Quaderni si informa che «sono stati tutti fotografati a cura del nostro partito, per garantire dalle ingiurie del tempo questo materiale preziosissimo, di cui presto dovrà iniziarsi la pubblicazione».

Nell’aprile del 1946 un articolo di Felice Platone su «Rinascita», il mensile voluto e diretto da Togliatti, descrive per la prima volta analiticamente i Quaderni e ne illustra la straordinaria importanza annunciandone la pubblicazione.

I Quaderni del carcere vengono pubblicati dall’editore Einaudi in sei volumi, a cominciare dal 1948 (ma già nel 1947 aveva visto la luce una prima edizione di Lettere dal carcere, primo volume della serie «Opere di Antonio Gramsci»), essendo suddivisi per argomento; l’edizione è priva del nome del curatore, ma vi svolse un ruolo fondamentale Felice Platone, sotto la guida diretta di Palmiro Togliatti.

Questi i titoli dei volumi e le date della prima edizione: Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce (1948); Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura (1949); Il Risorgimento (1949); Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno (1949); Letteratura e vita nazionale (1950), comprendente anche le Cronache teatrali pubblicate su «L’Avanti!» dal 1916 al 1920; Passato e presente (1951): quest’ultimo volume contiene, in Appendice, un «Indice delle materie dei “Quaderni  del  carcere”».

Non devono sfuggire il significato politico, né l’originalità e l’efficacia di queste scelte editoriali: anzitutto Gramsci non viene pubblicato presso una casa editrice di partito, ma presso quella che si avvia già allora ad essere la più importante casa editrice di cultura dell’Italia repubblicana; il ruolo svolto dagli uomini del Pci, e da Togliatti in prima persona, nell’apprestare l’edizione è assai attenuato, se non vogliamo dire occultato, dato che l’edizione si presenta senza i nomi dei curatori; deve risultare chiaro anche nella tipologia editoriale dei volumi einaudiani, così sobri ed eleganti nella loro veste tipografica (copertina grigia, carta giallina, filigranata ed intonsa, stampa accuratissima: tutti elementi che ricordano assai da vicino, e quasi imitano, gli «Scrittori d’Italia» laterziani di Benedetto Croce) che ci si trova di fronte ad un patrimonio culturale di alto profilo che riguarda tutta intera la cultura italiana e non solo i comunisti; si può anzi ben dire che i primi destinatari dell’edizione (più ancora degli stessi quadri di partito e dei militanti) siano gli intellettuali italiani in quanto tali (dunque, gramscianamente: «gli intellet​tuali tradizionali»).

Si può veramente dire che Togliatti utilizzò proprio l’edizione dei Quaderni per realizzare quella politica verso gli intellettuali che Gramsci aveva delineato negli stessi Quaderni (e prima ancora nella Questione meridionale):

È certo importante e utile per il proletariato che uno o più intellettuali, individualmente, aderiscano al suo programma e alla sua dottrina, si confondano nel proletariato, ne diventino e se ne sentano parte integrante. Il proletariato, come classe, è povero di elementi organizzativi, non ha e non può formarsi un proprio strato di intellettuali che molto lentamente, molto faticosamente, e solo dopo la conquista del potere statale. Ma è anche importante e utile che nella massa degli intellettuali si determini una frattura di carattere organico, storicamente caratterizzata: che si formi, come formazione di massa, una tendenza di sinistra, nel significato moderno della parola, cioè orientata verso il proletariato rivoluzionario.

    1.3.    L’edizione critica dei «Quaderni» e la sua fortuna (all’estero).

Dovrà passare un altro venticinquennio perché, nel 1975, veda la luce ancora presso Einaudi la prima edizione critica dei Quaderni, dovuta all’Istituto Gramsci e alla cura di Valentino Gerratana. L’edizione Gerratana abbandona senz’altro ogni tentativo di riorganizzazione dei Quaderni per raggruppamenti tematici e riproduce invece lo svolgersi reale della scrittura gramsciana e la sua successione; ma per questo essa deve misurarsi con la complessa stratificazione del testo, ed in particolare con il problema della riscrittura che lo caratterizza. Gramsci infatti riscrive di propria mano una gran parte delle sue note, a volte rielaborandole profondamente, altre volte limitandosi ad una mera ricopiatura; poi egli depenna con un fitto reticolo (che lascia tuttavia ben leggibile la scrittura sottostante) le righe che ha ricopiato o riscritto altrove.

Gerratana definisce «testi A» i testi fatti oggetto di una successiva copiatura o rielaborazione, «testi B» quelli rimasti in un’unica stesura, «testi C» quelli risultanti da una seconda stesura dei «testi A»; tutti questi testi (o stati del testo) sono pubblicati criticamente e con reciproco rinvio, ma per i «testi A» (non pubblicati dalla princeps) l’edizione critica fa ricorso ad un corpo tipografico minore.

Inoltre l’edizione fornisce al lettore anche un imponente quanto utile apparato (a cui è dedicato un intero volume) fatto di descrizione analitica dei Quaderni, di indici delle opere citate (e di quelle conservate nel Fondo Gramsci anche se non citate nei Quaderni), di indici ragionati degli argomenti e dei nomi, infine di tavole delle concordanze con le precedenti edizioni.

E tuttavia non sembra che al grandioso sforzo ecdotico di Gerratana e della sua équipe sia corrisposta quella generale rilettura di Gramsci da parte della cultura italiana che sarebbe stato lecito attendersi: i venticinque anni che separano la princeps einaudiana (e togliattiana) dall’edizione critica rappresentano, dal punto di vista della storia della cultura, lo spazio di una generazione, e né la generazione della Resistenza e dell’immediato dopoguerra che si era formata sul «Gramsci di Togliatti» né quella successiva, del ’68 e dintorni, che se ne era faticosamente e confusamente liberata, furono in grado di rimettere in discussione quel tornante decisivo e dolente della propria storia, neppure ora che tale messa in questione diventava finalmente filologicamente possibile (intendo dire: testi di Gramsci alla mano) e dunque doverosa.

D’altra parte troppo stretto e soffocante si era fatto il nodo che legava Gramsci al suo partito perché anche e perfino la lettura di Gramsci non risentisse del «compromesso storico» e dell’«unità nazionale» e del terrorismo e del «farsi Stato» del Pci e del sindacato, insomma delle contingenze politiche italiane di quella metà degli anni Settanta in cui i Quaderni di Gramsci vedevano (in un certo senso: per la prima volta) la luce.

Minora premebant, in tutti i sensi: il «pensiero debole», i nouveaux philosophes, il post-moderno, insomma il grande freddo degli anni Ottanta italiani. Non c’era né tempo, né modo, né, soprattutto, motivo, per leggere (o rileggere) i Quaderni di Gramsci. A conferma di tutto ciò (cioè che anche la nostra stessa miseria culturale ha cause piccole e locali, a loro volta misere) sta e contrario la straordinaria fortuna dei Quaderni fuori d’Italia, negli Stati Uniti e nel Terzo  Mondo soprattutto; così, le bibliografie gramsciane degli anni Novanta potranno annoverare oltre diecimila titoli in trentatré lingue e Antonio Gramsci sarà uno dei pochissimi italiani moderni (cinque) presenti fra i duecentocinquanta autori più citati nel mondo.

    2.    ​Struttura.

[...]

2.1. Il progetto e la sua continua evoluzione: il sorgere dell’idea dei «Quaderni».

Se, come abbiamo visto, l’intenzione di fare del tempo carcerario tempo di studio si era presentata alla mente di Gramsci fin dal momento dell’arresto, il progetto di procedere ad un lavoro sistematico di scrittura matura successivamente e per successive approssimazioni. Il 9 dicembre 1926 Gramsci scrive dal confino di Ustica:

Qui ho stabilito questo programma: 1° star bene per stare sempre meglio di salute; 2° studiare la lingua tedesca e russa con metodo e continuità; 3° studiare economia e storia. Tra noi faremo della ginnastica razionale

[...].

L’idea dei Quaderni, cioè di uno studio originale e sistematico, sembra dunque non essersi ancora affacciata alla mente di Gramsci, forse anche per le possibilità che Ustica può offrirgli di un’esperienza collettiva di studio con gli altri confinati, ed anzi di una vera e propria «scuola quadri». Ma la situazione di Gramsci è già cambiata radicalmente quando scrive, ancora a Tania dal carcere milanese di San Vittore il 19 marzo 1927, avanzando per la prima volta l’idea di ciò che saranno i Quaderni:

Sono assillato (è questo fenomeno proprio dei carcerati, penso) da questa idea: che bisognerebbe far qualcosa «für ewig», secondo una complessa concezione di Goethe, che ricordo aver tormentato molto il nostro Pascoli. Insomma, vorrei, secondo un piano prestabilito, occuparmi intensamente e sistematicamente di qualche soggetto che mi assorbisse e centralizzasse la mia vita interiore. Ho pensato a quattro soggetti finora, e già questo è un indice che non riesco a raccogliermi, e cioè: 1° una ricerca sulla formazione dello spirito pubblico in Italia nel secolo scorso; in altre parole, una ricerca sugli intellettuali italiani, le loro origini, i loro raggruppamenti secondo le correnti della cultura, i loro diversi modi di pensare ecc. ecc. [...]. 2° Uno studio di linguistica comparata! Niente meno. Ma che cosa potrebbe essere più «disinteressato» e für ewig di ciò? [...]. 3° Uno studio sul teatro di Pirandello e sulla trasformazione del gusto teatrale italiano che il Pirandello ha rappresentato e ha contribuito a determinare. [...] 4° Un saggio sui romanzi di appendice e il gusto popolare in letteratura. [...]

In fondo, a chi bene osservi, tra questi quattro argomenti esiste omogeneità: lo spirito popolare creativo, nelle sue diverse fasi e gradi di sviluppo, è alla base di essi in misura uguale.

Di questi quattro temi, solo il terzo (che aveva impegnato il giovane Gramsci in qualità di critico teatrale dell’«Avanti!»  (e che avrebbe potuto dare vita ad un autonomo volume) sembra essere presto abbandonato (ma «il teatro italiano» ricomparirà, come vedremo, nel 1931 in un progetto diventi Saggi principali steso all’inizio del Quaderno 8).

[…]

2.4. Dal primo progetto del febbraio 1929 alla crisi del 1931.

Quando nel febbraio 1929 Gramsci può finalmente dare inizio al suo lavoro, egli traccia, all’inizio del Quaderno I, un elenco di sedici «Argomenti principali»:

1.1) Teoria della storia e della storiografia.

1.2) Sviluppo della borghesia italiana fino al 1870.

1.3) Formazione dei gruppi intellettuali italiani: svolgimento, atteggiamenti.

1.4) La letteratura popolare dei «romanzi d’appendice» e le ragioni della sua persistente fortuna.

1.5) Cavalcante Cavalcanti: la sua posizione nella struttura e nell’arte della Divina Commedia.

1.6) Origini e svolgimento dell’Azione Cattolica in Italia e in Europa.

1.7) Il concetto di folklore.

1.8) Esperienze della vita in carcere.

1.9) La «quistione meridionale» e la quistione delle isole.

1.10) Osservazioni sulla popolazione italiana: sua composizione, funzione dell’emigrazione.

1.1) Americanismo e fordismo.

1.2) La quistione della lingua in Italia: Manzoni e G. I. Ascoli.

1.3) Il «senso comune» (cfr. 7).

1.4) Riviste tipo: teorica, critico-storica, di cultura generale (divulgazione).

1.5) Neo-grammatici e neo-linguisti («questa tavola rotonda è quadrata»).

1.6) I nipotini di padre Bresciani74.

La struttura dei Quaderni è così fissata fin dall’inizio con notevole approssimazione; si tratta tuttavia di un progetto in continuo movimento, che evolve insieme alla scrittura che lo realizza.

Già nella lettera a Tania del 25 marzo 1929 (dunque in una data che, secondo il Gerratana, precede la stesura delle prime note gramsciane) i sedici «Argomenti principali» enunciati all’inizio del Quaderno I sembrano quasi concentrarsi ed unificarsi (senza però essere negati), e i temi sono ricondotti a tre:

Ho deciso di occuparmi prevalentemente e di prendere note su questi tre argomenti: – 1° la storia italiana nel secolo XIX, con speciale riguardo della formazione e dello sviluppo dei gruppi intellettuali; – 2° La teoria della storia e della storiografia; – 3° L’americanismo e il fordismo.

L’apertura verso il problema del cosmopolitismo degli intellettuali italiani e, più in generale, verso la loro storia, si riflette, il 17 novembre 1930, in una lettera ancora a Tania Schucht:

Mi sono fissato su tre o quattro argomenti principali, uno dei quali è quello della funzione cosmopolita che hanno avuto gli intellettuali italiani fino ai Settecento, che poi si scinde in tante sezioni: il Rinascimento e Machiavelli, ecc..

Ha fatto così la sua comparsa il tema di Niccolò Machiavelli, destinato ad assumere importanza crescente nello svolgimento dei Quaderni.

È questa la fase più intensamente creativa del lavoro di Gramsci, in cui evidentemente trovano spazio non solo le letture accanite dei primi anni di carcere trascorsi senza scrittura, ma anche e soprattutto i temi della sua esperienza culturale e politica precedente alla detenzione. Appartengono a questo periodo, secondo Gerratana: il Quaderno I, 1929-30 (che Gramsci intitola Primo quaderno, Note e appunti), che rappresenta la vera e propria radice dei Quaderni e le cui note sono destinate a riflettersi su tutto il resto dell’opera, dando spunto a infinite successive rielaborazioni, riscritture, copiature, ecc.; il Quaderno 2, 1929-33 (intitolato dall’autore Miscellanea I) in sostanza dedicato ad uno spoglio di riviste e libri che Gramsci aveva ricevuto in carcere prima di potere scrivere (ad esempio, nella prima parte, «La Nuova Antologia» a partire dal marzo 1927); il Quaderno 3, 1930 (miscellaneo, che prosegue ed estende i temi del Quaderno I); il Quaderno 4, 1930-32, che contiene quattro blocchi di note: Il Canto decimo dell’Inferno, alcune note miscellanee, altre unificate sotto il titolo Gli intellettuali, ed infine quarantotto note sotto il titolo Appunti di filosofia. Materialismo e idealismo. Prima serie (queste nell’edizione critica vengono anticipate, benché nel manoscritto seguano materialmente le altre); il Quaderno 5, datato 1930-32, (che prosegue direttamente i Quaderni 3 e 4) arricchendo il problema degli intellettuali con una serie di specifiche ed originali riflessioni sul mondo cattolico79; il Quaderno 6, 1930-32, anch’esso miscellaneo; il Quaderno 7, 1930-31, che è diviso in tre blocchi: una prima parte di traduzioni, una seconda miscellanea, una terza che Gramsci intitola Appunti di filosofia. Materialismo e idealismo. Seconda serie (prosegue cosi, dal Quaderno 4, l’impegnativo discorso filosofico di Gramsci, che esten​de di molto il progetto iniziale).

Questa prima fase, di intenso e fecondo lavoro, si interrompe, secondo Gerratana, già nel corso del 1931. Alla fine di luglio di quell’anno, Gramsci denuncia in una lettera a Tania un preoccupante aggravarsi delle sue condizioni fisiche e (quel che ci sembra ancora più tragico) mentali:

È vero che da qualche mese soffro molto di smemoratezza. Non ho più avuto da un pezzo delle forti emicranie come nei passato (emicranie che chiamerei «assolute»), ma in contraccambio mi risento di più, relativamente, di uno stato permanente che può essere indicato riassuntivamente come uno svaporamento di cervello: stanchezza diffusa, sbalordimento, incapacità di concentrare l’attenzione, rilassatezza della memoria ecc..

2.5. Dalla crisi dell’agosto 1931 al progetto dei «quaderni speciali».

Sono i prodromi, quasi i sinistri scricchiolii, di una grave crisi che lo coglie nell’agosto del 1931. Il 3 agosto (dunque alla vigilia della crisi) Gramsci aveva scritto p. 482) a Tania, in una delle più drammatiche lettere (anche sotto il profilo personale) del suo epistolario, denunciando l’impasse dei Quaderni:

Si può dire che ormai non ho più un vero programma di studi e di lavoro e naturalmente ciò doveva avvenire. Io mi ero proposto di riflettere su una certa serie di quistioni, ma doveva avvenire che a un certo punto queste riflessioni avrebbero dovuto passare alla fase di una documentazione e quindi ad una fase di lavoro e di elaborazione che domanda grandi biblioteche.

Ancora il 9 novembre del 1931 («nel quinto anniversario del mio incarceramento», come scrive), Gramsci sembra del tutto impossibilitato a riprendere il lavoro, dato che confessa a Tania: «leggo poco e penso meno [...]. Non riesco a concentrare l’attenzione su un argomento; mi sento spappolato intellettualmente così come lo sono fisicamente».


Proprio l’emottisi del 3 agosto e la grave indisposizione che la segui spingono Gramsci (secondo Gerratana) a riformulare il suo piano di lavoro, cioè ad abbandonare del tutto gli esercizi di traduzione e a concentrarsi sugli aspetti prioritari del suo progetto per il quale, ormai, sente probabilmente mancare le forze ed il tempo.


Il nuovo piano di lavoro compare all’inizio del Quaderno 8 (inaugurato, per il Gerratana, alla fine del 1931) che rappresenterebbe dunque quasi un nuovo e secondo inizio dei Quaderni. Non a caso Gramsci formula qui (sotto quello che sembra un nuovo titolo complessivo: Note sparse e appunti per una storia degli intellettuali italiani) una sorta di avvertenza generale in cinque punti a proposito della sua stessa scrittura e dei suoi limiti:

1° Carattere provvisorio – di pro-memoria – di tali note e appunti; 2° Da essi potranno risultare dei saggi indipendenti, non un lavoro organico d’insieme; 3° Non può esserci ancora una distinzione tra la parte principale e quelle secondarie dell’esposizione, tra ciò che sarebbe il «testo» e ciò che dovrebbero essere le «note»; 4° Si tratta spesso di affermazioni non controllate, che potrebbero dirsi di «prima approssimazione»: qualcuna di esse nelle ulteriori ricerche potrebbe essere abbandonata e magari l’affermazione opposta potrebbe dimostrarsi quella esatta; 5° Non deve fare una cattiva impressione la vastità e l’incertezza di limiti del tema, per le cose sopra dette: non ha affatto l’intenzione di compilare uno zibaldone farraginoso sugli intellettuali, una compilazione enciclopedica che voglia colmar tutte le «lacune» possibili e immaginabili.

Certo colpisce qui l’atteggiamento antidogmatico e la piena consapevolezza del carattere aperto, provvisorio, in fieri della ricerca, ma (a ben vedere) queste avvertenze significano ben di più: è come se Gramsci avvertisse la necessità di fornire ai suoi lettori ideali istruzioni intorno al modo di leggere i Quaderni, nel momento stesso m cui si rende conto che non riuscirà mai a portarli a termine in forma compiuta e definitiva.

A questo secondo inizio segue un nuovo elenco di Saggi principali (ora sono venti) a cui si aggiunge, fra le possibili Appendici,  Americanismo e fordismo):

Saggi principali. Introduzione generale. [a] Sviluppo degli intellettuali italiani fino al 1870: diversi periodi. – [b] La letteratura popolare dei romanzi di appendice. – [c] Folclore e senso comune. – [d] La quistione della lingua letteraria e dei dialetti. – [e] I nipotini di padre Bresciani. – [f] Riforma e Rinascimento. – [g] Machiavelli. – [h] La scuola e l’educazione nazionale. – [i] La posizione di B. Croce nella cultura italiana fino alla guerra mondiale. – [l] Il Risorgimento e il partito d’azione. – [m] Ugo Foscolo nella formazione della retorica nazionale. – [n] Il teatro italiano. – [o] Storia dell’Azione Cattolica: Cattolici integrali, gesuiti, modernisti. – [p] Il Comune medioevale, fase economico-corporativa dello Stato. – [q] Funzione cosmopolitica degli intellettuali italiani fino al secolo XVIII. – [r] Reazione all’assenza di un carattere popolare-nazionale della cultura in Italia: i futuristi. – [s] La scuola unica e cosa essa significa per tutta l’organizzazione della cultura nazionale. – [t] Il «lorianesimo» come uno dei caratteri degli intellettuali italiani. – [u] L’assenza di «giacobinismo» nel Risorgimento italiano. – [v] Machiavelli come tecnico della politica e come politico integrale o in atto.

È interessante confrontare questo nuovo sommario di saggi del Quaderno 8 con quello degli «Argomenti principali» formulato all’inizio del Quaderno I (benché tale confronto fra due progetti, entrambi realizzati solo in parte,  sia sempre esposto al rischio dell’arbitrarietà). Pochi titoli del ’29 vengono, almeno in apparenza, abbandonati: fra questi Cavalcanti e la Divina Commedia (che Gramsci, a quest’altezza cronologica, ha già affrontato, ed esaurito, nel Quaderno 4) e i problemi della vita in carcere; in generale sembra però che l’evoluzione dell’organizzazione delle materie di ricerca si svolga lungo due direzioni: da una parte alcuni temi vengono articolati, dall’altra parte altri temi vengono come accentrati intorno al tema principale che li contiene.


Più analiticamente, si consideri come si presentano nel nuovo piano di lavoro del 1931 alcuni temi che già figuravano nel precedente: il concetto di folclore ora viene riproposto collegato direttamente al problema del «senso comune» (peraltro sviluppando lo stesso rinvio interno già presente nell’indice del 1929); la questione della lingua letteraria e dei dialetti chiarisce il senso del binomio Manzoni-Ascoli contenuto nel primo elenco (e probabilmente è destinata a riassorbire il primitivo argomento della neo-grammatica); il tema della letteratura popolare nei romanzi d’appendice si scinde ora in due, germogliando un’originale ipotesi contrastiva sul futurismo come «reazione» al carattere non popolare-nazionale della nostra cultura; la rubrica dedicata ai «nipotini di padre Bresciani» si accompagna ora con un’altra serie intitolata al «lorianesimo», inteso come il secondo vizio congenito dell’intellettualità italiana (che corrisponde simmetricamente, sul versante laico e socialista, al brescianismo clericale); la riflessione sull’Azione Cattolica ora si articola e si precisa nel riferimento all’integralismo, al gesuitismo, al modernismo.


Altri titoli del ’29 invece vengono, almeno in apparenza, abbandonati: fra questi Cavalcanti e la Divina Commedia (che Gramsci, a quest’altezza cronologica, ha già affrontato, ed esaurito, nel Quaderno 4), e i problemi della vita in carcere.


Sono però il secondo e il terzo degli «Argomenti principali» del febbraio 1929 («Sviluppo della borghesia italiana fino al 1870» e «Formazione dei gruppi intellettuali italiani: svolgimento, atteggiamenti») che ora si vengono rafforzando e precisando, addensandosi intorno ai due nodi storici (per il desanctisiano Gramsci cruciali) del Rinascimento e del Risorgimento ([a] «Sviluppo degli intellettuali italiani fino al 1870: diversi periodi»; [f] «Riforma e Rinascimento»; [i] «Il Risorgimento e il partito d’azione»; [m] «Ugo Foscolo nella formazione della retorica nazionale»; [u] «L’assenza di «giacobinismo» nel Risorgimento italiano»), e inoltre connettendosi al tema del cosmopolitismo degli intellettuali italiani, proposto già come centrale nella lettera a Tania del 17 novembre 1930 ([q] «Funzione cosmopolitica degli intellettuali italiani fino al secolo XVIII»).


Attraverso soprattutto la figura di Machiavelli (l’unica che compaia in due diversi titoli di progettati saggi) la storia nazionale viene riletta alla luce del problema dello Stato, che significa per Gramsci (non lo si dimentichi) il problema delle forme politiche della rivoluzione ([g] «Machiavelli»; [p] «Il Comune medioevale, fase economico-corporativa dello Stato»; [v] «Machiavelli come tecnico della politica e come politico integrale o in atto»). Infine, mentre torna l’attenzione al teatro ([n] «Il teatro italiano»), compare ex novo la questione della scuola, assente finora ma evidentemente portata all’attenzione di Gramsci dalla riforma di Gentile ([h] «La scuola e l’educazione nazionale»; [s] «La scuola unica e cosa essa significa per tutta l’organizzazione della cultura nazionale»).

2.1. L’ultimo sommario e la struttura dei «Quaderni».

Mentre la carta I verso del Quaderno 8 è lasciata bianca da Gramsci per ospitare eventuali altre «Appendici» all’elenco dei Saggi principali (ma vi compare solo, aggiunto successivamente, «Americanismo e fordismo»), sulla carta 2 recto dello stesso quaderno, Gramsci può ora tracciare un nuovo complessivo sommario di «Raggruppamenti di materia» dei Quaderni, in dieci punti:

1° Intellettuali. Quistioni scolastiche.

  Machiavelli

  Nozioni enciclopediche e argomenti di cultura.

4° Introduzione allo studio della filosofia e note critiche ad un Saggio popolare di sociologia.

  Storia dell’Azione Cattolica. Cattolici integrali – gesuiti – modernisti.

  Miscellanea di note varie di erudizione (Passato e presente).

7° Risorgimento italiano (nel senso dell’Età del Risorgimento italiano dell’Omodeo, ma insistendo sui motivi più strettamente italiani).

  I nipotini di padre Bresciani. La letteratura popolare (Note di letteratura). 9°  Lorianesimo.

10°  Appunti sul giornalismo.

«Rimarrà questo – scrive Gerratana – in sostanza il piano definitivo dei Quaderni». Si tratta dell’ultimo (e dunque del più vero) sommario generale dei Quaderni per materia, tracciato dal loro stesso autore. Possiamo considerarlo il vero indice dei Quaderni, la loro struttura compositiva secondo le intenzioni di Gramsci, a cui dunque ispirare (se non adeguare) anche l’edizione? Sembra a noi che non si possa forzare eccessivamente la razionalità a posteriori dei Quaderni; in realtà la coerenza interna dei Quaderni (in effetti fortissima) è da ricercare più nel filo rosso tematico che tutti li percorre e li unifica che non nella perfetta corrispondenza fra la scrittura di Gramsci e i progetti, o indici o sommari, che via via si susseguono; questi sono piuttosto la testimonianza delle torsioni che il tema di ricerca subisce nel concreto avanzamento (o impedimento) del lavoro.

Così fra la scrittura dei Quaderni ed i progetti che aspirano ad organizzarla non si dà un rapporto di corrispondenza, ma piuttosto un movimentò di reciproco adeguamento, e come la scrittura tenta di riflettere e rispettare il progetto (in verità specialmente nei periodi che seguono immediatamente la stesura di ciascun progetto), così anche i progetti si adeguano di fatto alla scrittura e si modificano in base al suo svolgimento, aggiungendo o riformulando alcuni temi, altri lasciandoli cadere, sdoppiando o unificando altri ancora94.

Certo è, tuttavia, che esiste una certa (non perfetta) corrispondenza fra l’ultimo progetto di «Raggruppamenti di materia» dell’inizio del Quaderno 8 ed i «quaderni speciali», cioè monografici e suddivisi per materia, a cui Gramsci mette mano a partire (grosso modo) da quel momento. Su questi Gramsci ricopia, rielaborando, le sue note fino al trasferimento a Formia alla fine del 1933; e tutti i Quaderni del periodo di Formia saranno ancora «speciali». Ma ormai l’attività di copiatura meccanica sembra prevalere sulla rielaborazione creativa:

Il lavoro prevalente consiste [...] nel riprendere le note sparse nei diversi quaderni miscellanei per raggrupparle secondo l’argomento nei nuovi «quaderni speciali». Nella nuova stesura le note sono a volte rielaborate, con qualche aggiornamento, sul la base di nuove letture e di nuovi dati acquisiti, ma più spesso sono soltanto riprese alla lettera, come in una semplice copiatura meccanica.

Sono di questo periodo (sempre stando alla datazione proposta dall’edizione Gerratana) molte intitolazioni autografe dei Quaderni da parte di Gramsci: il Quaderno 9 (1932), Note sul Risorgimento italiano; il Quaderno 10 (1932-35), III La filosofia di Benedetto Croce; il Quaderno 12 (1932), intitolato Appunti e note ​sparse per un gruppo di saggi sulla storia degli intellettuali e della cultura in Italia; il Quaderno 13 (1932-34), Noterelle sulla politica del Machiavelli; il Quaderno 15 (1933) che Gramsci intesta «Quaderno iniziato nel 1933 e scritto senza tener conto delle divisioni di materia e dei raggruppamenti di note in quaderni speciali» (dunque un nuovo miscellaneo); il Quaderno 16 (1933-34), Argomenti di cultura. 1°; il Quaderno 17 (1933-35), Miscellanea; il Quaderno 18 (1934), Niccolò Machiavelli. II; il Quaderno 20 (1934-35), Azione Cattolica – Cattolici integrali– gesuiti– modernisti; il Quaderno 21 (1934-35), Problemi della cultura nazionale italiana. 1° Letteratura popolare; il Quaderno 22 (1934), Americanismo e Fordismo; il Quaderno 23 (1934), Critica letteraria; il Quaderno 24 (1934), Giornalismo; il Quaderno 25 (1934), Ai margini della storia (storia dei gruppi sociali subalterni); il Quaderno 26 (1935), Argomenti di cultura. 2°; il Quaderno 27 (1935), Osservazioni sul «Folclore»; il Quaderno 28 (1935), Lorianismo; infine il Quaderno 29 (1935), Note per una introduzione allo studio della grammatica.


Con questo ultimo Quaderno (peraltro lasciato incompiuto) è come se il cerchio si chiudesse perfettamente: Gramsci smette di scrivere, affrontando l’argomento di cui si era occupato da studente.