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Moràvia, Alberto (propr. Alberto Pincherle Moravia). -
Pseud. di Alberto Pincherle, scrittore (Roma 1907 - ivi 1990).
Esordì con il realismo provocatorio de Gli indifferenti
(1929), romanzo capitale nella letteratura italiana del Novecento
che illustra, attraverso la storia di una famiglia, la decadenza
morale della classe borghese sotto il fascismo. Il rapporto tra
purezza e corruzione e l'osservazione delle trasformazioni sociali
tornano nei suoi romanzi migliori: Agostino (1944), L'amore
coniugale (1949), La ciociara (1957), La noia (1960), L'uomo che
guarda (1985).
Vita e attività
Collaboratore del Corriere della sera (dal 1948) e di varî
periodici (tra cui L'Espresso, dove ha redatto la rubrica
cinematografica), è stato tra i fondatori della rivista Nuovi
argomenti (1953), che ha diretto con altri fino alla morte. È
stato deputato al Parlamento europeo (1984-89). Pubblicò
giovanissimo il suo primo romanzo, Gli indifferenti (1929),
tempestivamente segnalato dalla critica, osteggiato dal regime
fascista e considerato poi un libro capitale nella letteratura
italiana, alla quale riuscì a imprimere una svolta in senso
realista, in anticipo sugli esiti più avanzati del decennio
successivo. Si trattava tuttavia di un realismo singolare, della
provocatoria oggettività con cui un osservatore distaccato
rappresentava la degenerazione di un'umanità incapace di
slanci ideali, ma inevitabilmente delusa dal sesso e dal denaro che
ne sono i surrogati, e che per giunta risultano reciprocamente
convertibili.
Basandosi su questo nucleo tematico, che si sarebbe riproposto
pressoché inalterato in un'operosità letteraria durata
oltre sessant'anni, e applicando al dramma della purezza tradita
l'impietosa diagnosi di una patologia morale ogni volta diversa, lo
scrittore ha rappresentato la trasformazione della società
italiana dal conformismo fascista (Il conformista, 1951)
all'alienazione neocapitalista (La noia, 1960), con tutta una serie
di libri memorabili.
C'è stata così una prima fase in cui purezza e
corruzione si sono fronteggiate forse alludendo davvero al torpore
intellettuale e morale introdotto dal fascismo (Le ambizioni
sbagliate, 1935, e i racconti di La bella vita, 1935; L'imbroglio,
1937; I sogni del pigro, 1940), come risulta dall'esplicita
secchezza dell'apologo satirico La mascherata (1941). E c'è
stata soprattutto la migliore stagione di M., in cui, con una
sobrietà di scrittura addirittura proverbiale e una
affabulazione robusta e ingegnosa, il continuo attentato
all'innocenza era registrato su personaggi socialmente deboli
(Agostino, 1944; La Romana, 1947; La disubbidienza, 1948; L'amore
coniugale, 1949; Il disprezzo, 1954; La ciociara, 1957), estranei
alla logica del compromesso o del cinismo. L'effiacia della
rappresentazione era poi massima quando, anziché sulla
condizione individuale, M. puntava senz'altro sulla deprivazione
morale e culturale di un'intera società (Racconti romani,
1954; Nuovi racconti romani, 1959). In seguito, erano le
velleità intellettuali della borghesia neocapitalista e le
suggestioni inevitabili del marxismo e della psicanalisi che
fornivano allo scrittore il pretesto per mettere in scena la crisi
d'identità alla quale fin dall'inizio aveva alluso
l'innocenza perseguitata e senza speranze di riscatto (i romanzi
L'attenzione, 1965; Io e lui, 1971; La vita interiore, 1978; 1934,
1982; L'uomo che guarda, 1985; i racconti di L'automa, 1962; Una
cosa è una cosa, 1967; Il paradiso, 1970; Un'altra vita,
1973; Boh, 1976; La cosa, 1983).
I protagonisti di queste opere, in cui spesso il magistero del
narratore ha cessato di perseguire la varietà dei casi per
illustrare virtuosisticamente penetranti intuizioni, sono ormai
consapevoli di essere i persecutori di sé stessi, ma sanno
anche che non troverebbero nessun interesse in un vita priva delle
complicazioni intellettuali che trasformano gli ideali in teoremi da
dimostrare e l'amore in erotismo. La natura intimamente dialettica
di questa ispirazione non poteva non essere tentata dal teatro
(Beatrice Cenci, 1958; Il mondo è quello che è, 1966;
Il dio Kurt, 1968, raccolti insieme ad altri testi in Teatro, 1976;
L'angelo dell'informazione e altri scritti teatrali, 1986).
Parallelamente, il suo costante bisogno di confrontarsi con i
problemi contemporanei ha trovato naturale quanto felice esito nelle
prose giornalistiche e saggistiche raccolte in volumi che hanno
avuto un successo pari a quello dei romanzi (Un mese in URSS, 1958;
Un'idea dell'India, 1962; L'uomo come fine e altri saggi, 1964; Al
cinema, 1965; La rivoluzione culturale in Cina, 1968; A quale
tribù appartieni?, 1972; Impegno controvoglia, 1980; Lettere
dal Sahara, 1981; Inverno nucleare, 1986).
Le opere di M. hanno avuto varie trasposizioni cinematografiche e
sono state tradotte in molte lingue. Postumi sono usciti il romanzo
La donna leopardo (1991), la raccolta di articoli Diario europeo
(1992) e il volume di racconti Romildo (1994).