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di Franco Contorbia
Nacque a Genova il 12 ott. 1896 da Domenico, detto Domingo, e da
Giuseppina Ricci, ultimo di sei fratelli: gli altri cinque
(Salvatore, Ugo, Ernesto, morto poco dopo la nascita, Alberto e
Marianna) avevano visto la luce tra il 1885 e il 1894. Il 25
novembre ricevette il battesimo nella chiesa parrocchiale di S.
Tomaso Apostolo da don F. Dellacasa.
La Genova dei suoi anni infantili è stata così
commemorata dal M. nel 1968, a quarant’anni dal definitivo congedo
dalla città, nella importante prosa Genova nei ricordi di un
esule: «Quando io venni al mondo Genova era una delle
più belle e tipiche città italiane. Aveva un centro
storico ben conservato e tale da conferirle un posto di privilegio
tra le villes d’art del mondo; una circonvallazione più
moderna dalla quale il mare dei tetti grigi d’ardesia lasciava allo
scoperto incomparabili giardini pensili; e a partire dalla regale
via del centro una ragnatela di caruggi che giungeva fino al
porto» (cfr. E. Montale, Il secondo mestiere (d'ora in poi
ISM), Prose 1920-1979, II, a cura di G. Zampa, Milano 1996, p.
2873).
Nell’ottobre 1902 venne iscritto alla scuola elementare maschile
Ambrogio Spinola, che frequentò fino alla quarta classe
trascorrendo le vacanze estive nella villa di Monterosso, fatta
costruire dal padre Domenico, insieme con altri parenti, in
località Fegina (la «casa delle due palme» cui si
intitolerà una delle prose di Farfalla di Dinard primamente
apparsa nel Corriere d’informazione il 9-10 febbr. 1948). All’inizio
dell’anno scolastico 1906-07 si trasferì alla scuola Giano
Grillo, dove conseguì la licenza elementare. Dal 17 genn.
1908 frequentò come convittore la prima tecnica presso
l’istituto Vittorino da Feltre gestito dai barnabiti (rettore padre
R. Trabattoni, vicerettore padre G. Semeria, in odore di modernismo
non diversamente da padre G. Trinchero, amico di famiglia dei
Montale). Il 21 maggio 1908 ricevette la cresima dall’arcivescovo di
Genova mons. E. Pulciano, il 5 maggio 1910 la prima comunione.
Respinto, ripeté la terza tecnica nell’anno scolastico
1910-11. Conseguita la licenza delle scuole tecniche il 9 luglio
1911, si iscrisse all’istituto tecnico Vittorio Emanuele II.
Il 25 giugno 1915 ottenne il diploma di ragioniere e
incominciò a svolgere una discontinua attività
impiegatizia presso la ditta G.G. Montale e C., che il padre
conduceva insieme con i cugini Domenico e Lorenzo: l’azienda, che
aveva sede in piazza Pellicceria, 5/10, si occupava del commercio di
colori e altri prodotti chimici.
Nel corso degli ultimi anni della scuola media superiore divenne
più stretto il rapporto di complicità intellettuale
stabilito con la sorella Marianna, studentessa di filosofia
all’Università di Genova: «la prima – ha scritto
Gianfranco Contini nella bandella editoriale del Diario del '71 e
del '72 (Milano 1973) – delle tante figure protettive di donna che
si chinarono su questo introverso»; certo la prima e la
più congeniale lettrice delle più remote prove
poetiche del Montale.
Firmandolo con il nome dell’amico Vittorio Guerriero, il 28 apr.
1916 il M. pubblicò nel quotidiano genovese Il Piccolo il suo
articolo di data più alta: una recensione alla prima
rappresentazione del Mameli di R. Leoncavallo, andata in scena la
sera precedente al teatro Carlo Felice. Tra il febbraio e l’agosto
1917 tenne un diario (trascritto e pubblicato postumo da L. Barile
con il titolo Quaderno genovese, Milano 1983): superstite documento
di una sua consuetudine con le varie forme delle scritture dell’io
della quale non sono purtroppo rimaste altre attestazioni. Strinse
amicizia con lo scrittore e critico d’arte M. Bonzi, occasionalmente
presente sulle pagine della rivista di M. Novaro La Riviera ligure
(che il M. leggeva abitualmente senza tuttavia collaborarvi).
Dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, «mandato
rivedibile» tre volte (il 19 ott. 1915, il 12 luglio 1916 e il
12 febbr. 1917) e infine arruolato il 31 ag. 1917 come
«Soldato di leva 1ª categoria classe 1899 distretto
Genova quale rivedibile per debolezza di costituzione delle classi
1896-97-98 in seguito a visita d’osservazione all’Ospedale militare
principale di Genova» (così lo stato di servizio), fu
chiamato alle armi l’8 settembre presso il 23° reggimento
fanteria (distaccamento di Oleggio). «Allievo aspirante
ufficiale di complemento nella Scuola d’applicazione
fant.[eria]» di Parma, vi frequentò un corso accelerato
come allievo ufficiale e incontrò S. Solmi, F. Meriano, C.
Cerati, E.L. Crovella, M. Manni. «Giunto in territorio
dichiarato in istato di guerra» il 14 apr. 1918, sottotenente
di complemento dal 1° luglio, combatté in Vallarsa nel
158° reggimento fanteria (che con il 157° formava la brigata
Liguria) ed entrò a Rovereto il 3 nov. 1918. Dopo un primo
trasferimento a Kiens, in Val Pusteria, e un secondo presso il
distaccamento prigionieri di guerra di Eremo di Lanzo (Torino),
venne mandato al deposito di Genova e il 26 maggio 1920 fu congedato
con il grado di tenente conferitogli il 22 sett. 1919 con
anzianità 16 maggio.
La partecipazione alla Grande Guerra sarà sottoposta dal M. a
un pressoché ininterrotto processo di rimozione, o
preterizione: non più che labili indizî offrono in tal
senso l’osso «breve» Valmorbia, discorrevano il tuo
fondo… (callidamente parafrasato in una intervista rilasciata dal M.
a M. Cancogni, che la pubblicò su La Fiera letteraria il 7
nov. 1968, nel cinquantesimo anniversario della fine del conflitto)
e alcune sparse «conversazioni» degli anni tardi.
Tornato alla vita civile, il M. frequentò scrittori e artisti
operanti a Genova o in Liguria (A. Barile, A. Grande, C. Sbarbaro,
F. Messina, O. Saccorotti) e studiò privatamente canto con
l'ex baritono E. Sivori. Nel corso dell’estate 1920 incontrò
a Monterosso la sedicenne Anna degli Uberti, che con la famiglia
trascorreva le vacanze nella villa di proprietà del cugino
del M., Lorenzo (quella del 1923 sarebbe stata l’ultima estate
passata da Anna a Monterosso; a far data dal 1926 la costruzione del
mito di Arletta-Annetta avrebbe indotto il M. ad alterarne lo stato
civile collocandone la scomparsa all’uscita dall’adolescenza; Anna
degli Uberti morì, in realtà, nel 1959). Nel
quotidiano L’Azione di Genova, diretto da O. Raimondo, il 10
novembre recensì Trucioli di Sbarbaro. Il 15 giugno 1922
pubblicò sul n. 2 di Primo Tempo, la rivista torinese di G.
Debenedetti, la poesia Riviere e la suite Accordi (sensi e fantasmi
di una adolescente). Ancora in Primo Tempo (n. 4-5,
agosto-settembre) uscirono, con il titolo L’agave su lo scoglio, le
composizioni Scirocco, Tramontana e Maestrale. Dal 1923 occuparono
uno spazio molto rilevato nella vita e nell’opera del M. due donne
meno giovani di Anna degli Uberti: Bianca Fochessati, già
allora legata allo scultore F. Messina, e Paola Nicoli. La morte di
E. Sivori (25 luglio 1923) pose fine all'apprendistato musicale del
Montale. A dicembre stampò nel n. 9-10 di Primo Tempo un
saggio su E. Cecchi. Nell’inverno 1923-24 incontrò a Genova
il triestino Roberto (Bobi) Bazlen, che sottotraccia fu per
più di quarant’anni uno dei suoi capitali interlocutori. A
partire dal 1° maggio 1924 entrò a far parte tra le firme
della terza pagina de Il Cittadino, giornale cattolico di Genova.
Con il titolo Ossi di seppia, il 31 maggio pubblicò cinque
poesie (Meriggiare pallido e assorto…; Non rifugiarti nell’ombra…;
Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida…; Mia
vita, a te non chiedo lineamenti…; Portami il girasole ch’io lo
trapianti…) nella rivista milanese Il Convegno di E. Ferrieri.
Conobbe a Viareggio lo scrittore E. Pea, a Carrara il drammaturgo
C.V. Lodovici.
Nel gennaio 1925 il M. scrisse per Il Baretti di P. Gobetti
l’articolo Stile e tradizione; dal 28 marzo collaborò al
quotidiano Il Lavoro di Genova, dal febbraio-aprile a La Rassegna,
dall’aprile a L’Esame. Il 10 maggio 1925 il nome del M. apparve su
Il Mondo di A. Cianca e G. Amendola nel secondo elenco dei
sottoscrittori del «contromanifesto» redatto da B. Croce
in risposta al manifesto gentiliano degli intellettuali fascisti.
Nella seconda metà di giugno, grazie alla mediazione di
Lodovici e Solmi, nelle edizioni Gobetti vide la luce la prima
raccolta poetica del M., con un titolo, Ossi di seppia, che
sostituiva l’originario Rottami: nel quadro dell’accoglienza
complessivamente tiepida riservata al libro dalla critica spicca
l’apertura di credito concessagli da C. Linati (Il Convegno, 30
giugno-30 luglio 1925), da A. Grande (Il Giornale di Genova, 15
agosto) e da E. Cecchi (Il Secolo, 31 ottobre; Il Secolo XX,
novembre).
A vent’anni dalla prima edizione di Ossi di seppia, il M. avrebbe
chiarito il senso profondo del suo libro d’esordio
nell’«intervista immaginaria» Intenzioni, ospitata nel
gennaio 1946 in La Rassegna d’Italia di F. Flora: «Ubbidii a
un bisogno di espressione musicale. Volevo che la mia parola fosse
più aderente di quella degli altri poeti che avevo
conosciuto. Più aderente a che? Mi pareva di vivere sotto a
una campana di vetro, eppure sentivo di essere vicino a qualcosa di
essenziale. Un velo sottile, un filo appena mi separava dal quid
definitivo. L’espressione assoluta sarebbe stata la rottura di quel
velo, di quel filo: una esplosione, la fine dell’inganno del mondo
come rappresentazione. Ma questo era un limite irraggiungibile. E la
mia volontà di aderenza restava musicale, istintiva, non
programmatica. All’eloquenza della nostra vecchia lingua aulica
volevo torcere il collo, magari a rischio di una
controeloquenza» (ISM, Arte, musica, società, a cura di
G. Zampa, Milano 1996, p. 1480).
Intorno alle implicazioni «filosofiche» della propria
poesia il M. aveva osservato poco prima: «forse negli anni in
cui composi gli Ossi di seppia (tra il ’20 e il ’25) agì in
me la filosofia dei contingentisti francesi, del Boutroux
soprattutto, che conobbi meglio del Bergson, Il miracolo era per me
evidente come le necessità» (ibid., p. 1479). Di tale
dialettica tra «miracolo» e
«necessità», trascendenza e immanenza, che
governa l’intera opera del M. la prima silloge poetica fornisce un
sintomatico referto, coniugando «musica» e
«idee» su una linea non immemore della lezione del
simbolismo francese e dei modelli italiani cronologicamente e talora
topograficamente finitimi, o meno distanti (G. Pascoli, G.
D’Annunzio, G. Gozzano, C. Govoni, G. Boine, Sbarbaro…).
Specialmente l’«attraversamento» di D’Annunzio (e,
specificamente, del D’Annunzio di Alcione) appare come la stella
polare di un esercizio poetico che, a specchio dell’aspro paesaggio
della Liguria di Levante, sembra aspirare a rovesciare il paradigma
dannunziano dando corso a un ininterrotto dialogo con i morti alla
cui radicalizzazione nelle composizioni aggiunte alla seconda
edizione del libro (Torino 1928), introdotta da A. Gargiulo,
cospireranno anche le letture di L. Šestov e del J. Joyce di
Dubliners.
Il numero di novembre-dicembre dell’Esame accolse l’Omaggio a Italo
Svevo che, firmato dal M., proiettava su uno scenario internazionale
l’autore de La coscienza di Zeno anticipando di poco la parallela
«promozione» del grande scrittore triestino condotta in
Francia da B. Crémieux. Dal 30 genn. 1926 lavorò per
Il Quindicinale, da giugno per L’Italia che scrive, dal 19 settembre
per La Fiera letteraria, da dicembre per Solaria. Il 17 genn. 1927
incominciò a scrivere per il giornale milanese L’Ambrosiano.
Assunto come impiegato dall'editrice E. Bemporad, a febbraio si
trasferì a Firenze nella pensione Colombini di via del
Pratellino, 7. A una prima faticosa approche al mondo culturale
fiorentino seguì molto presto la stabile conquista, da parte
del M., di una speciale, e per certi versi inopinata, autorevolezza,
che gli conferì un «ruolo» centrale nel mondo
letterario e artistico che faceva riferimento a Solaria. Dal 27 apr.
1928 ebbe inizio la corrispondenza del M. con l’amica Lucia
Morpurgo, triestina, dal 1930 moglie del pittore ligure di origine
greca P.S. Rodocanachi. Il 26 marzo 1929 il M. fu nominato direttore
del Gabinetto scientifico-letterario G.P. Vieusseux, in sostituzione
di B. Tecchi, che lasciò la direzione un mese più
tardi, il 30 aprile. A partire da giugno collaborò alla
rivista mensile Pègaso diretta da U. Ojetti (sull’altro
periodico di Ojetti, Pan, il M. avrebbe scritto dal 1° dic.
1933). Si trasferì quale ospite pagante nella casa del
critico d’arte M. Marangoni e della moglie Drusilla Tanzi. Nel mese
di agosto si recò a Chamonix, a settembre a Parigi. Tra il
1929 e il 1930 conobbe Maria Rosa Solari, la «giovane pantera
peruviana» che il 9 luglio 1938 avrebbe sposato il segretario
federale di Genova del Partito nazionale fascista (PNF), G. Molfino.
Nel 1931 pubblicò a Lanciano la terza edizione di Ossi di
seppia, con una copertina del pittore Scipione (G. Bonichi). Con la
poesia La casa dei doganieri il 27 maggio vinse il premio
dell’Antico Fattore. Il 9 giugno morì a Genova il padre del
M., Domenico. Nel 1932 stampò a Firenze La casa dei doganieri
e altri versi. Ad agosto viaggiò tra Germania e Austria. Reca
la data dell’8 giugno 1933 la prima lettera, che inaugurò
un’amicizia di lunghissimo corso (quasi mezzo secolo), indirizzata
dal M. a G. Contini per ringraziarlo del saggio Introduzione a E.
M., apparso nella Rivista rosminiana del gennaio-marzo 1933.
Trascorse in Inghilterra il mese di agosto del 1933 insieme con
Drusilla Tanzi: qualche giorno prima della partenza, il 15 luglio,
aveva incontrato nel palazzo di Parte Guelfa, allora sede del
Gabinetto Vieusseux, la giovane studiosa statunitense Irma Brandeis,
destinata a occupare uno spazio decisivo nella sua vita e nei suoi
versi. Si rividero ancora, per brevissimi periodi, nel corso
dell’estate del 1934 e, infine, del 1938.
Dal gennaio 1937 collaborò alla nuova rivista Letteratura,
fondata e diretta da A. Bonsanti, dal 1° ott. 1938 a Campo di
Marte di A. Gatto e V. Pratolini. A pochi giorni dal definitivo
distacco del M. da Irma Brandeis, ripartita alla volta degli Stati
Uniti, il 15 ott. 1938 morì di cancro a Genova, a
quarantaquattro anni, la sorella Marianna, evocata a sei anni di
distanza nel secondo (11 agosto 1944) dei Due madrigali fiorentini
poi accolti in La bufera e altro. Il 1° dicembre il consiglio di
amministrazione del Gabinetto Vieusseux deliberò di
dispensare il M. dal ruolo di direttore. Nell’aprile 1939 si
trasferì con Drusilla Tanzi in un appartamento all’ultimo
piano di viale Duca di Genova (oggi viale Giovanni Amendola), 38/A.
Tra maggio e giugno era intanto irreparabilmente fallito il progetto
di raggiungere Irma Brandeis: si fonda anche su quello scacco
esistenziale la straordinaria operazione mitopoietica che ha
consentito al M. di «convertire» Irma in Clizia
promovendola a protagonista assoluta delle Occasioni (la seconda
raccolta poetica del M., pubblicata a Torino il 14 ott. 1939) e, in
larga misura, della Bufera.
Le occasioni segnarono per il M. la fuoruscita dal simbolismo degli
anni di formazione e l’approdo a una poesia allegorica mediato da
Dante e da T.S. Eliot: il quale ultimo non è senza rapporto
con l’attenzione sempre più viva rivolta dal M. a W. Blake, a
R. Browning, a D.G. Rossetti, a G.M. Hopkins. Di là dalla
trama foltissima dei riferimenti culturali, d’ordine
iconico-figurale non meno che letterario, «la maggior
novità del libro – ha scritto Mengaldo – è certo nel
personaggio di Clizia: donna, molto più che angelica,
numinosa, del nume concentra in sé i predicati opposti:
luminosità, pulsione celestiale a salvare, estraneità
al mondo, ma anche assenza, freddezza, durezza, tratti demoniaci. In
questo personaggio Montale sviluppa potentemente il motivo,
già accennato negli Ossi, della donna salvifica, ma senza
alcun retrogusto neostilnovista o preraffaellita: sensibilità
a parte, il fatto che Clizia non dispensa salvezza, è
salvezza oltremondana che i mondani possono solo intravvedere e
inseguire; la distanza dal mondo e dallo stesso deuteragonista,
l’indeterminatezza – che può essere, letteralmente,
fulminante – delle apparizioni e degli incontri, la chiusura in
sé ecc., che la caratterizzano, significano anche
questo» (P.V. Mengaldo, La tradizione del Novecento. Quarta
serie, Torino 2000, p. 85).
Tra il 1939 e il 1943 il M. collaborò a Domus, Corrente,
Oggi, Tempo, La Ruota, Primato, Prospettive, Lettere d’oggi,
Parallelo, svolgendo una assidua attività di traduttore
dall’inglese e dallo spagnolo inaugurata da La battaglia di J.
Steinbeck (1940) e in parte confluita nelle antologie Teatro
spagnolo di E. Vittorini, Narratori spagnoli di C. Bo (1941),
Americana di E. Vittorini (1942). Tra il 1941 e il 1947 apparvero
anche le versioni di Il mio mondo è qui di Dorothy Parker, La
storia di Billy Budd di H. Melville, Strano interludio di E. O’Neill
(che avrebbe procurato al M. una lunga vertenza giudiziaria con una
traduttrice rivale, Bice Chiappelli), Al dio sconosciuto di
Steinbeck, Il volto di pietra di N. Hawthorne Nel 1941, sottoposto a
visita medica nell’ospedale militare di Firenze, era stato, intanto,
congedato per «sindrome neuropsicastenica
costituzionale». Il 25 ott. 1942 morì a Monterosso la
madre, che nella casa sul mare si era trasferita per mettersi al
riparo dai bombardamenti che colpivano Genova (a pochi giorni dalla
scomparsa il M. le dedicò la poesia A mia madre). Il 24
giugno 1943, giorno di S. Giovanni, per iniziativa dell’amico
Contini, dal 1938 professore di filologia romanza
all’Università di Friburgo, e dell’avvocato svizzero Pino
Bernasconi, uscì a Lugano Finisterre.
Nell’autointervista Intenzioni il M. ha nitidamente fissato
l’orizzonte storico di Finisterre 1943: «Il libricino, con
quell’epigrafe di d’Aubigné, che flagella i prìncipi
sanguinarii, era impubblicabile in Italia, nel ’43. Lo stampai
perciò in Svizzera e uscì poco prima del 25
luglio» (ISM, Arte…, cit., p. 1483), anche se non va
dimenticato che quattordici delle quindici composizioni di
Finisterre avevano visto la luce, tra il 1940 e il 1943, nei
maggiori periodici italiani, Primato di G. Bottai non escluso.
È, paradossalmente, la «somma» degli addendi a
rendere potenzialmente trasgressiva la compagine del libretto dopo
che la prima stampa dei singoli membri era stata tollerata senza
problemi dalla censura fascista.
Di Intenzioni non dovrà comunque essere perduta di vista
l’anticipata illuminazione del retroterra della terza raccolta La
bufera e altro (Venezia 1956), che proprio le quindici poesie di
Finisterre apriranno: «Le Occasioni erano un’arancia, o meglio
un limone a cui mancava uno spicchio: non proprio quello della
poesia pura nel senso che ho indicato prima, ma in quello del
pedale, della musica profonda e della contemplazione. Ho completato
il mio lavoro con le poesie di Finisterre, che rappresentano la mia
esperienza, diciamo così, petrarchesca. Ho proiettato la
Selvaggia o la Mandetta o la Delia (la chiami come vuole) dei
Mottetti sullo sfondo di una guerra cosmica e terrestre, senza scopo
e senza ragione, e mi sono affidato a lei, donna o nube, angelo o
procellaria. Il motivo era già contenuto e anticipato nelle
Nuove Stanze, scritte prima della guerra. Non ci voleva molto a
essere profeti. Si tratta di poche poesie, nate nell’incubo degli
anni ’40/’42, forse le più libere che io abbia mai scritte, e
pensavo che il loro rapporto col motivo centrale delle Occasioni
fosse evidente. Se avessi orchestrato e annacquato il mio tema sarei
stato capito meglio. Ma io non vado alla ricerca della poesia,
attendo di esserne visitato. Scrivo poco, con pochi ritocchi, quando
mi pare di non poterne fare a meno. Se neppur così si evita
la retorica vuol dire ch’essa è (almeno da me)
inevitabile» (ibid., pp. 1482 s.).
Nel terribile inverno 1943-44 il M. incontrò a Firenze e fu
fraternamente vicino a U. Saba e a C. Levi, che nella casa-pensione
di Anna Maria Ichino in piazza Pitti, 14 attendevano,
rispettivamente, alla prima redazione del grande saggio autocritico
che sarebbe stato Storia e cronistoria del Canzoniere e alla stesura
di Cristo si è fermato a Eboli. Nei giorni
dell’«emergenza», alla vigilia della liberazione di
Firenze (10-11 ag. 1944), partecipò alla lotta antifascista
clandestina e fu nascosto da Pompeo Biondi nella sua abitazione di
via Cavour, 81. Nel settembre 1944 Drusilla Tanzi venne colpita da
una grave forma di spondilite che l’avrebbe costretta a ricoverarsi
presso la clinica Palumbo (l’episodio è al centro di Ballata
scritta in una clinica, compresa in La bufera e altro). Il 19-20
sett. 1944 ebbe inizio la collaborazione del M. a La Nazione del
Popolo, quotidiano del Comitato toscano di liberazione nazionale, e,
successivamente, ad altri giornali e periodici fiorentini come il
Corriere del mattino, La Patria, il Corriere della radio. Il CLN
toscano lo chiamò a far parte del Comitato per la cultura e
l’arte. La sua domanda di iscrizione alla sezione fiorentina del
Partito d’azione (PdA; garanti R. Ramat ed Eleonora Turziani) venne
accolta il 29 novembre e registrata il 1° dic. 1944. Insieme con
Bonsanti, A. Loria, L. Scaravelli (segretario di redazione G. Zampa)
fondò a Firenze il quindicinale politico-letterario Il Mondo
(7 apr. 1945), il cui primo numero riprodusse la conversazione dal
titolo Il fascismo e la letteratura tenuta dal M. a Radio Firenze il
15 marzo; tra il 1944 e il 1946 ne accolsero versi e prose le
riviste Mercurio di Alba de Céspedes, Poesia di E. Falqui, Il
Ponte di P. Calamandrei e i settimanali Il Politecnico di E.
Vittorini e La Lettura di F. Sacchi. Nell’aprile 1945 uscì a
Firenze, per cura di G. Zampa, la seconda edizione aumentata di
Finisterre.
Durante le vacanze estive trascorse a Vittoria Apuana (Forte dei
Marmi) riprese insieme con i pittori milanesi R. De Grada ed E.
Treccani un’attività grafica e pittorica iniziata prima della
guerra. Sfumato l’incarico di condirettore dell’edizione milanese
del quotidiano del PdA, L’Italia libera (analogo esito ebbe
l'ipotesi di affiancare a Roma il direttore dell'edizione nazionale
del giornale C. Levi), il M. intervenne nel dibattito sulla
Costituente con un editoriale (A proposito di referendum) apparso il
1° nov. 1945 su L'Italia libera romana. Dal 2 genn. 1946
cominciò a scrivere sul Corriere d’informazione (nuova
denominazione assunta dal Corriere della sera, in coincidenza con la
ripresa delle pubblicazioni, il 22 maggio 1945, poi cambiata, il 7
maggio 1946, in Il Nuovo Corriere della sera). Nel gennaio 1946
destinò a La Rassegna d’Italia la citata «intervista
immaginaria» Intenzioni. Dopo il congresso di Roma del PdA
(4-8 febbr. 1946) il M. si dimise dal partito (19 febbraio) e
aderì all’effimero Movimento della democrazia repubblicana;
nell’imminenza del referendum del 2 giugno sostenne con nettezza le
ragioni della Repubblica. Nel settembre 1947 (e ancora nel settembre
1948 e nel settembre 1949) partecipò alle Rencontres
internationales di Ginevra. In occasione della morte di Gandhi,
scrisse, per incarico del direttore del Nuovo Corriere della sera G.
Emanuel, l’anonimo editoriale Missione interrotta (31 genn. 1948).
La lettera del 30 aprile che formalizzava la proposta di assunzione
del M. come redattore del giornale («a far tempo dal 1°
aprile» con anzianità lavorativa a decorrere dal 1°
ott. 1947) lo indusse a rinunciare definitivamente al progetto, a
lungo coltivato, di diventare direttore della sezione lettere e arti
dell’UNESCO.
Trasferitosi da Firenze a Milano, durante il 1948 risiedette per
qualche mese all’albergo Ambasciatori. A marzo e a giugno si
recò in Inghilterra con una delegazione di scrittori che
comprendeva tra gli altri A. Moravia ed Elsa Morante. A settembre
vide la luce a Milano il Quaderno di traduzioni. In dicembre il M.
fu a Beirut, sede della seconda conferenza dell’UNESCO. Il 14 genn.
1949, al termine della conferenza-autopresentazione dal titolo Poeta
suo malgrado tenuta al teatro Carignano di Torino, incontrò
Maria Luisa Spaziani (Volpe), alla quale in La bufera e altro sono
dedicati i Madrigali privati. Dell'originario progetto della terza
opera poetica, che si sarebbe dovuta intitolare Romanzo (1940-1950),
è traccia in una lettera a G. Macchia del 4 nov. 1949 alla
quale è allegato l’indice. Nel luglio 1950 il M. venne
inviato dal Nuovo Corriere della sera all’inaugurazione della linea
aerea Roma-New York-Roma. Ad agosto seguì a Strasburgo i
lavori del Consiglio d’Europa. A settembre soggiornò in
Bretagna. L’ultimo giorno di quel mese la giuria attribuì il
premio San Marino 1950 al dattiloscritto del M. 47 poesie
(1940-1950), principalissimo tra gli incunabuli della Bufera solo di
recente riemerso dalle carte di E. Falqui per merito di Silvia
Morgani (se ne veda il saggio Di un archetipo della
«Bufera» nel numero monografico a cura di U. Fracassa,
dal titolo Mezzo secolo di «Bufera», della rivista
Trasparenze, 2007, 30, pp. 7-28). Nell’autunno 1951 il M. si
stabilì in via Bigli, 11. Nel corso del Congresso
internazionale per la libertà della cultura, compreso nella
serie di manifestazioni dedicate a «L’opera del XX
secolo», il 21 maggio 1952 tenne al Centre des relations
internationales di Parigi la conferenza La solitudine dell’artista
(in opuscolo, Roma 1952). Ritornò a Parigi nel marzo-aprile
1953. Nel corso del convegno Romanzo e poesia di ieri e di oggi:
incontro di due generazioni, organizzato da G. Ravegnani a San
Pellegrino Terme dal 16 al 19 luglio 1954, presentò la figura
e l’opera poetica di L. Piccolo. Dal 15-16 sett. 1954 assunse
l’incarico di critico musicale del Corriere d’informazione che
avrebbe assolto fino all’11-12 marzo 1967. Nell’agosto 1955 si
recò in Normandia.
Il 15 giugno 1956 pubblicò a Venezia il suo terzo libro di
versi, La bufera e altro, e il 29 settembre ricevette il premio
Marzotto per la poesia. Il 20 dic. 1956, ancora a Venezia,
uscì la raccolta di prose Farfalla di Dinard, poi
significativamente ampliata nella seconda (Milano 1960) e nella
quarta edizione (ibid. 1969).
In una notevole intervista apparsa nel primo numero (autunno 1960)
della rivista Quaderni milanesi il M. avrebbe rivendicato da una
parte la novità costituita dal suo terzo volume di versi
(«Il mio libro del ’56, La bufera e altro, non ripete i
precedenti») e insistito, dall’altra, su una frustrata
aspirazione alla forma-romanzo della quale i «racconti»
di Farfalla di Dinard costituirebbero una sorta di versione tra
ridotta e vicaria: «È vero che avrei voluto scrivere un
romanzo: ma non l’ho mai neppure incominciato. Avrei bisogno di
molto tempo libero, di molta meditazione e anche di molte ricerche
(d’ambiente). Ho in me la cellula iniziale, ancora troppo oscura.
Qualche approssimazione a pagine di ciò che potrebbe essere
un mio romanzo (mai un antiromanzo) si potranno trovare nella mia
Farfalla di Dinard, di cui uscirà presto da Mondadori
un’edizione raddoppiata» (ISM, Arte…, p. 1604).
Il 9 nov. 1959 a Milano il ministro plenipotenziario di Francia
J.-M. Soutou consegnò al M. la Legion d’onore. Nel maggio
1962 fu invitato in Grecia dall’Istituto italiano di cultura. Il 23
luglio sposò con rito religioso Drusilla Tanzi, sua compagna
da oltre trent’anni, nella parrocchia di Sant’Ilario a Montereggi
(Fiesole). Il 7 dicembre alla Piccola Scala di Milano gli venne
consegnato il Premio internazionale Antonio Feltrinelli
dell’Accademia nazionale dei Lincei. Cinque composizioni poetiche
apparvero a Verona sotto il titolo Satura (con il volume del 1971
l’edizione non venale stampata per le nozze di Alessandra Fagiuoli e
Gabriele Crespi, celebrate a Formia il 22 dic. 1962, condivide
soltanto il titolo). In occasione del Natale 1962-Capodanno 1963 il
M. stampò a Milano Accordi & Pastelli. Il 30 apr. 1963
sposò a Firenze con rito civile Drusilla Tanzi, che in agosto
a causa di una caduta si fratturò il femore e il 20 ottobre
morì al policlinico di Milano. Rimase accanto al M. fino alla
sua morte la fedele governante Gina Tiossi. Nei primi giorni del
gennaio 1964 fu inviato dal Corriere della sera al seguito di Paolo
VI in Terrasanta. Il 24 apr. 1965 tenne la relazione finale al
Congresso internazionale di studi danteschi nel salone dei
Cinquecento del fiorentino Palazzo Vecchio. Il 28 ottobre
celebrò il centenario di Dante a Parigi presso la Maison de
l’UNESCO. Nel 1966 pubblicò a Milano il racconto
autobiografico Il colpevole (già uscito nel 1947, con il
sottotitolo Quasi una fantasia, sul numero unico triestino
Ponterosso); a Bari le lettere inviate a e ricevute da Svevo
(ristampate a Milano nel 1976); a Milano la raccolta di saggi e
articoli sparsi di argomento etico-politico Auto da fé.
Cronache in due tempi; a San Severino Marche, in cinquanta
esemplari, Xenia, la serie di composizioni poetiche dedicate alla
moglie morta successivamente riprese in Satura (all’allestimento del
carteggio M.-Svevo, ad Auto da fé e a Xenia collaborò
semisegretamente G. Zampa).
Il 17 genn. 1967 il M. fu festeggiato a Parigi all’Istituto italiano
di cultura in occasione dell’edizione francese delle sue poesie. Il
13 giugno venne nominato senatore a vita dal presidente della
Repubblica G. Saragat. A settembre traslocò dal civico 11 al
15 di via Bigli. Nel 1969 diede alle stampe una selezione di
corrispondenze di viaggio intitolata Fuori di casa (Milano-Napoli ).
Nel gennaio 1971 a Milano apparve Satura.
In un’intervista concessa a M. Miccinesi per il periodico Uomini e
libri dell’aprile 1971 il M. indicò con la consueta
autoironica intelligenza la differenza specifica della sua quarta
raccolta di versi: «Se il poeta Montale fosse morto dopo La
bufera nessuno avrebbe parlato di immatura scomparsa. Ma non
è morto, e quando ha ripreso a scriver versi, dopo molti anni
di prosa-prosa la necessità di mostrare l’envers du
décor gli si è imposta inesorabilmente. Così
faceva Fregoli quando rivelava ciò che accadeva nel
retroscena. Debbo però aggiungere che io non ero del tutto
conscio di ciò che mi stava accadendo. Nel caso di Satura si
può ben affermare che lo stile è stato “la cosa”
intendendo per tale l’urgenza di una materia irriducibile a un
colore unico, a un ritmo uniforme. Qualcuno noterà nel libro
una composizione “diaristica”, l’urgenza di non trascurare alcun
particolare. Tuttavia questa osservazione non esaurisce il libro. In
un certo senso la spinta che mi sostenne nei pochi mesi di
composizione (pochi anche se distribuiti in quattro anni) fu di
ordine musicale. Volevo buttar fuori una costellazione di
“armoniche” tale da rendere inutili gli alti e i bassi della lirica
tradizionalmente alta. Ciò è presente anche in qualche
lirica più fedele alla musica della Bufera e delle Occasioni.
Ma si sente che anche queste poesie non sono quelle di ieri»
(ISM, Arte…, pp. 1702 s.).
Sempre nel 1971 videro la luce a Milano La poesia non esiste,
Seconda maniera di Marmeladov, Diario del ’71; nel 1972 a Milano Nel
nostro tempo, a Verona Il poeta. Diario; nel 1973 a Milano Trentadue
variazioni e Diario del ’71 e del ’72.
Il 23 ott. 1975 venne diffusa la notizia dell’assegnazione al M. del
Nobel per la letteratura. Il 10 dicembre fu insignito del premio a
Stoccolma. Il 12 dicembre pronunciò all’Accademia di Svezia
il discorso È ancora possibile la poesia? (Stockholm-Roma
1975). Per il Natale 1975-Capodanno 1976 fece uscire a Milano 8
poesie. Nel 1976 furono stampati a Bologna, a cura di A. Brissoni,
il saggio Michelangelo poeta e a Milano, per cura di G. Zampa, gli
scritti Sulla poesia. Il 28 apr. 1977 il M. incontrò a Milano
J.L. Borges. Dello stesso anno, ancora impressi a Milano, sono
Quaderno di quattro anni e Tutte le poesie. Il 29 ottobre al M. fu
conferita la cittadinanza onoraria di Firenze. Il 29 marzo 1978 a
Milano nella sede dell’USIS (United States Information Service)
ricevette dall’ambasciatore degli Stati Uniti R.N. Gardner la nomina
a membro onorario della American Academy and Institute of art and
letters. Trascorse l’estate del 1980 a Forte dei Marmi. Il 29
novembre è la data dell’Opera in versi, edizione critica
delle poesie e traduzioni poetiche del M. varata a Torino dalla
Einaudi per la cura di Rosanna Bettarini e G. Contini: in assoluto
la prima che a un autore vivente sia stata consacrata. Cinque anni
avanti, ricorrendo il cinquantesimo anniversario di Ossi di seppia,
il M. aveva in un certo senso prefigurato l’explicit della storia
confidando all’amico G. Zampa: «ho scritto un solo libro, di
cui prima ho dato il recto, ora do il verso» (Il Giornale
nuovo, 27 giugno 1975). A Firenze nel 1981 G. Spadolini raccolse,
del M., I miei scritti sul «Mondo» (Da Bonsanti a
Pannunzio); a Milano G. Zampa organizzò Altri versi e poesie
disperse.
Ricoverato ai primi di agosto 1981 nella casa di cura S. Pio X di
Milano, il M. vi morì il 12 settembre.