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di Nunzio Dell'Erba
Nacque a Crema (Cremona) il 15 dic. 1866 da
Cesare e da Giuseppa Caldaroli, agiati proprietari terrieri.
Il padre, cancelliere di tribunale in pensione, lo avviò agli
studi giuridici e, dopo la licenza liceale, lo mandò a Pisa,
dove si laureò in giurisprudenza nel 1889. Proprio nella
città toscana la conoscenza di P. Gori e la lettura dei suoi
Pensieri ribelli (Pisa 1889) portarono il giovane M. su posizioni
nettamente anarchiche, che ricevettero un’impronta ben definita per
l’influenza del vecchio internazionalista O. Falleri. Al III
congresso del Partito operaio italiano, che si tenne a Pavia il
18-19 sett. 1887, il M. avanzò la proposta di trasformare
questo partito in senso anarchico rivoluzionario, tenendo viva per
parecchi mesi la possibilità di promuovere un movimento
socialista antilegalitario e astensionista.
Trasferitosi a Mantova per esercitare la professione di avvocato, il
M. fece le prime esperienze lavorative nello studio di A. e G.
Finzi, che alcuni anni dopo avrebbe assunto la sua difesa nel
celebre processo di Massa. Nel 1889 diresse La Favilla, un foglio
internazionalista fondato da P. Suzzara Verdi con lo scopo di
sostenere le prime lotte dei contadini mantovani e favorire la loro
organizzazione in cooperative sociali. Due anni dopo fondò e
diresse, sempre a Mantova, il settimanale Il Grido dell’operaio, che
nel periodo 19 febbraio - 10 maggio 1891 professò un
indirizzo anarchico ostile a quello che definiva il
«socialismo alla tedesca». Nel 1892 il M. svolse
un’intensa propaganda anarchica, facendo un giro di conferenze in
Lombardia e in Romagna: il 3 luglio tenne un discorso a Mantova sul
comunismo anarchico di P. A. Kropotkin, che poi pubblicò come
opuscolo (Comunismo anarchico. Conquista del pane di P. Kropotkine,
Prato 1892).
Il 20 apr. 1893 subì una condanna per «aver tenuto una
pubblica conferenza a S. Giorgio Mantovano senza averne dato
avviso» (Codello, 2004, p. 201). Il mese successivo, poi,
durante il processo a P. Schicchi nell’Assise di Viterbo venne
arrestato e condannato «a tre giorni di reclusione per
ingiurie ai magistrati» (ibid., p. 202). Dal 6 al 12 agosto
dello stesso anno – insieme con A. Cipriani e A. Panizza –
partecipò al congresso socialista internazionale di Zurigo
come delegato dei gruppi anarchici italiani, ma fu espulso per la
critica rivolta ad A. Bebel e alla sua proposta di rendere
prioritario l’uso «dei diritti politici e dei congegni
legislativi» nella lotta del proletariato «per la
conquista del potere» (Masini, 1981, p. 13).
Nel dicembre 1893 il M. tenne alcune conferenze a Carrara e nelle
zone limitrofe, che furono il preludio dei moti insurrezionali in
Lunigiana, per i quali venne arrestato il 16 genn. 1894 come il
maggiore ispiratore della rivolta. Processato il 31 gennaio davanti
al tribunale militare di Massa, fu condannato a ventitré anni
di carcere, che furono ridotti nel nuovo processo del 19 aprile a
sette anni e mezzo. Tuttavia, dopo aver trascorso circa due anni nel
carcere di Oneglia, fu rimesso in libertà il 27 sett. 1895
per l’indulto concesso una settimana prima durante il terzo
ministero Crispi.
Ritornato a Mantova, il M. si stabilì a Marmirolo, dove fu
sottoposto per due anni alla sorveglianza speciale di pubblica
sicurezza, dedicandosi alla cura del padre malato e alla
professione, in seguito alla revoca dell’interdizione dai pubblici
uffici che gli fu concessa nel marzo 1896.
Con il nuovo secolo il M. collaborò ai numeri unici 29 luglio
e Pro Calcagno e contro il domicilio coatto, l’uno edito il 29
luglio 1901 a New York per commemorare «il primo anniversario
della caduta del tiranno d’Italia» e l’altro a Messina il 30
genn. 1902 per protestare contro il domicilio coatto. Ma il suo nome
fu legato soprattutto al quindicinale L’Università popolare
che pubblicò prima a Mantova e poi a Milano dal febbraio 1901
al maggio 1918 come «organo ufficiale di tutte le istituzioni
libertarie di educazione del popolo», con lo scopo di
affiancare la sua attività a quella delle istituzioni omonime
sorte anche in Italia sull’esempio di quelle danesi e scandinave.
In quest’ambito il M. si propose una «volgarizzazione
scientifica» delle opere di C. Darwin, di E.H. Haeckel e di
altri scrittori del positivismo europeo, ma concesse largo spazio
alla letteratura anarchica con la pubblicazione dei testi di M.
Bakunin, di P.A. Kropotkin e di altri teorici. Accanto a una
varietà di argomenti trattati secondo canoni positivisti
ormai esausti, il M. tenne vivo il dibattito su temi come
l’istruzione popolare, la scuola laica, la cremazione, il divorzio,
l’emancipazione femminile e l’antimilitarismo. Nel settembre 1904
pubblicò a Mantova il saggio Il tramonto del diritto penale,
con il quale prese le distanze dall’ordinamento giudiziario vigente,
che definì «una assurda vendetta sociale» per il
carattere costrittivo delle norme e la natura diseducativa della
pena. A tale riguardo sollevò il tema scottante del rapporto
tra istruzione e criminalità, condannando la politica
autoritaria dello Stato e ponendo l’accento sulla diffusione del
sapere scientifico e dell’istruzione popolare come strumento per la
prevenzione dei reati. Rivolse anche un’aspra critica alla secolare
educazione confessionale della Chiesa, su cui intervenne più
volte per dimostrare l’inanità della sua azione volta a
rinsaldare il sentimento religioso più che a educare la
coscienza civile.
Nel dicembre 1906 il M. trasferì il periodico e la sua
azienda editoriale da Mantova a Milano, dove impresse al suo
programma libertario un indirizzo pedagogico per una scuola libera.
Sulla base dell’esperimento scolastico messo in atto da F. Ferrer
con la «Escuela moderna», egli polemizzò con i
fautori della scuola di Stato e si scontrò più volte
con A. Cabrini e L. Friso, l’uno deputato socialista e l’altro
rettore del collegio universitario Ghislieri di Pavia. Dal 1906 al
1909 rivolse il suo impegno politico alla propaganda di questa
concezione pedagogica, assumendo come preciso riferimento la scuola
istituita in Spagna da Ferrer. Dopo la fucilazione di Ferrer (13
ott. 1909), il M. pubblicò il volumetto La vita e le opere di
F. Ferrer, dedicandogli anche l’intero fascicolo de
L’Università popolare dell’1-15 novembre con la riproduzione
del testamento, di diversi scritti e lettere. Nel corso del 1910
continuò a tenere conferenze in molte città italiane e
svizzere per diffondere la concezione di Ferrer: una sua conferenza
fu pubblicata nel numero unico 13 ottobre, che riportò il
testo del discorso tenuto nello stesso giorno a Ginevra su La Scuola
moderna e le idealità di Francisco Ferrer.
Nel 1910 il M. pubblicò a Milano un Compendio di storia
universale dalle origini del mondo alla caduta dell’Impero Romano,
in cui espose una sintetica storia dell’umanità per
ridimensionare alcuni personaggi dell’antichità e liberare la
narrazione degli avvenimenti da ogni «favola religiosa»
e mitica. Più tardi diede alle stampe il volumetto La teoria
Darwiniana spiegata popolarmente (Milano 1912) dove ripropose il
valore euristico delle dottrine evoluzioniste di C. Darwin, mettendo
in evidenza il contrasto tra le false verità delle religioni
rivelate e quelle acquisite dall’indagine scientifica.
Dopo l’inizio della guerra di Libia il M. pubblicò l’opuscolo
Per la pace (Romagnano Sesia 1911) e condusse un’intensa campagna
antimilitarista in una frenetica attività che lo portò
da Aosta a Genova e a Marsala per diffondere il suo programma
pedagogico e pacifista.
Il 1° maggio 1912 promosse la manifestazione dei lavoratori a
Clivio (Varese), dove venne interrotto da un funzionario di polizia
per il suo discorso accesamente antimilitarista. E proprio in questa
cittadina, dove fin dal 1909 esisteva una scuola razionalista e dove
gli operai guardarono con favore alle sue iniziative laiche e
libertarie, fu costituita la «Scuola moderna» che,
insieme a quella di Bologna, cercò di dare concreta
attuazione al suo progetto pedagogico. Nel novembre 1912 il M.
lanciò una sottoscrizione per costituire la società
cooperativa La scuola moderna «Francisco Ferrer» in
Milano, rivolgendo un appello ai partiti laici e alle società
operaie per dare vita a una «nuova istituzione», che
fosse in grado di «strappare la gioventù all’educazione
deleteria e dogmatica ovunque trionfante» dei
«gesuiti» e dei «militaristi dei collegi
nazionali» (La scuola moderna a Milano, in L’Università
popolare XII [1912], 21-22, p. 321; XIII [1913], 5, p. 65).
Nel congresso massonico di Milano (16 marzo 1913) la commissione
istruzione, su iniziativa di G. Mariani e di L. Lucattini,
appoggiò il progetto della «scuola moderna»
presentato dal M., le cui finalità laiche e anticlericali
coincidevano con quelle della libera muratoria (M. L., La massoneria
e la scuola moderna F. Ferrer di Milano, ibid., XIII [1913], 15, p.
230). La cospicua raccolta di fondi, offerti anche dalla massoneria
e dal sindacato ferrovieri, portò alla costituzione della
cooperativa e permise l’acquisto di un terreno di 3608 m2 nella zona
denominata Forcella di Lambrate a Milano, dove istituì una
scuola intitolata all’educatore spagnolo (Il terreno per la Scuola
moderna a Milano c’è! Il primo passo è fatto!, ibid.,
XIV [1914], 10-11, pp. 145 s.). Ma lo scoppio della guerra e le
crescenti difficoltà imposero la chiusura della scuola
«F. Ferrer», che fu liquidata con un decreto del 21 ag.
1915 dal commissario civile.
Nel corso del primo conflitto mondiale il M. assunse una posizione
antibellicista: il 22 sett. 1914 inviò una lettera
all’Avanti!, diretto da B. Mussolini, per precisare che il movimento
anarchico, a parte alcune defezioni, si riconosceva in un programma
di lotta rivoluzionaria contro la guerra. Una tesi che espresse
anche al convegno anarchico di Pisa (gennaio 1915), durante il quale
propose un’azione rivoluzionaria e una coalizione internazionale
contro la guerra. Nella rubrica intitolata Dal mio diario della
guerra, il M. criticò aspramente gli interventisti
democratici «allo scopo [ …] di aiutare il sorgere di una
alleanza collettiva della morale dei popoli contro le intemperanze
dell’imperialismo militaristico ed affaristico moderno» (La
Università popolare di Milano, ibid., XV, [1915], 10, p.
149). Ma il suo impegno antibellicista fu rivolto soprattutto contro
i fautori anarchici della guerra come P. A. Kropotkin, C.
Cornelissen e C. Malato, favorevoli alle potenze dell’Intesa. Con i
suoi interventi su L’Università popolare e i numerosi
articoli apparsi su periodici anarchici come Il Ribelle (24 ottobre
- 20 marzo 1915) e Coerenza (25 febbraio - 6 maggio 1915), sorti con
il precipuo scopo di contrastare un eventuale intervento dell’Italia
nel conflitto europeo, il M. contribuì a smorzare le poche
voci dell’anarchismo che in Italia si espressero a favore della
guerra (L. M., Guerra alla guerra, in Contro la guerra, numero
unico, 6 febbr. 1915).
Tra il marzo e l’ottobre 1917 tenne alcune conferenze sulla Comune
di Parigi, che pubblicò in un opuscolo intitolato Il dramma
della Comune: Parigi 18 marzo - 28 maggio 1871 (Milano 1918) e
presentato come un lavoro di denuncia sociale per esigenze
esclusivamente propagandistiche. Il saggio, criticato aspramente da
A. Gramsci sul giornale torinese Il Grido del popolo (16 marzo, 15
giugno 1918) per la sua visione agiografica e retorica, fu l’ultimo
lavoro impegnativo del M., che reagì amareggiato alla
critica, rilevando in essa la «grande malevolenza» di un
«critico inesperto» predisposto più a demolire
che a costruire su solide basi il difficile cammino
dell’emancipazione umana. Lo scopo di «quel popolare
riassunto» della Comune di Parigi fu indicato dal M. come un
tentativo incompleto di renderne note le vicende tramite un
«racconto epico» apologetico e di coglierne le
somiglianze con la Rivoluzione russa (Per una maligna recensione, in
L’Università popolare, XVIII [1918], 4-5, pp. 46 s.).
L’11 luglio 1918, mentre si trovava nella libreria di P. Valera
intento a difendere l’insurrezione russa come una vendetta postuma
della Comune, fu colpito da un ictus cerebrale che lo condusse alla
morte il giorno successivo nella sua abitazione di Milano. L’ultimo
fascicolo de L’Università popolare, dedicato alla memoria del
M., portò la data del 30 sett. 1918 con varie testimonianze e
ricordi di U. Buzzi, G.V. Callegari, V. Fabrizioli, P. Schicchi, P.
Valera, F. Vezzani.