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Educatore (Livorno 1802 - ivi 1877). Nacque da padre tedesco e da
madre francese, ma nel 1860 chiese e ottenne la cittadinanza
italiana. Fece lunghi viaggi come precettore dei figli del re del
Württemberg e poi di quelli di Girolamo Napoleone, avendo agio
di conoscere da vicino le più vitali innovazioni didattiche e
metodiche straniere, che diffuse poi largamente nel nostro paese con
gli scritti e con l'esempio. Fu tra i primi a diffondere in Italia
la conoscenza di J. H. Pestalozzi e di J.-B. Girard. Dapprima a
Livorno, poi a Firenze, dove collaborò all'Antologia di G.-P.
Vieusseux, strinse amicizia con gli spiriti più illuminati
del suo tempo, da F. Aporti a Lambruschini, da Mazzini a P. Thouar.
Fu anche perseguitato dalla polizia romana (1840). Nel 1848
partecipò alla guerra di indipendenza italiana come
volontario. A Livorno prese parte attivissima ai lavori della
Società per le scuole di mutuo insegnamento; più
tardi, insieme con altri, vi promosse l'istituzione degli asili
infantili. I suoi scritti educativi sono raccolti nel volume
Frammenti di un viaggio pedagogico (1867).
*
DBI
di Alessandro Volpi
MAYER, Enrico.
Nacque a Livorno il 3 maggio 1802 da Benedetto Giacomo e da Carolina
Masson.
La famiglia Mayer, di religione evangelica e originaria di Augusta,
in Baviera, dove gestiva un’attività commerciale in
società con la ditta Rauner, si era stabilita a Livorno nel
1778. Qui erano nati, prima del M., la sorella Sofia e i fratelli
Edoardo ed Eugenio. Anche a Livorno il padre fondò una casa
commerciale, messa in crisi tuttavia da un furto destinato ad avere
pesanti conseguenze sul patrimonio familiare.
Ricevuta la prima educazione dal padre e da insegnanti privati, dal
1813 il M. frequentò le scuole dei barnabiti, proseguendo gli
studi presso le scuole di S. Bastiano. Poiché, a causa della
sua fede protestante, gli era preclusa l’iscrizione ai corsi
dell’Università di Pisa il M. continuò la propria
formazione in modo episodico ascoltando le lezioni di tema giuridico
di E. Guerrieri, quelle matematiche di G. Doveri e quelle di
astronomia di F.X. von Zach.
Di tale periodo restano tre saggi accademici composti sotto la
direzione di Doveri: Saggio di algebra e geometria… (Livorno 1817;
in collaborazione con G. Squarci); Saggio accademico che dà
nelle pubbliche scuole di Livorno il di 22 ag. 1818 sull’analisi
applicata alla geometria il sig. Enrico Mayer (ibid. 1818) e Saggio
accademico che dà nelle pubbliche scuole di Livorno il di 22
ag. 1818 il sig. Enrico Mayer sulla teoria della navigazione (ibid.
1819); e inoltre La dinamica: saggio fisico-matematico… (ibid. 1819;
composto sotto la supervisione del p. P. Malipiero nelle scuole dei
barnabiti).
Nell’aprile del 1820 assunse per tre anni l’incarico di istitutore
della figlia di G. Webb, di cui fu anche segretario per gli affari
commerciali. Nel novembre dello stesso anno pubblicò a
proprie spese e in forma anonima il Ragionamento sopra il Tieste,
tragedia di Angelica Palli (ibid.), che conobbe nel gennaio
successivo. Attraverso Webb entrò poi in contatto con G.G.
Byron, per il quale tradusse alcune lettere speditegli da W. Goethe
e con cui condivise la passione per la causa dell’indipendenza della
Grecia.
Con lo pseudonimo di Ellenofilo, nel 1823, si cimentò con la
sua prima esperienza poetica dall’eloquente titolo Ditirambo sulla
Grecia. Utilizzando il medesimo pseudonimo, il M. aveva iniziato
anche la collaborazione con l’Antologia di G.P. Vieusseux con un
articolo dal titolo Ragionamento sulla lingua greca moderna (1821,
vol. 4, dicembre, pp. 438-446); quindi aveva proseguito con uno
Studio della letteratura straniera edito in forma di lettera ad A.
Benci (1822, vol. 5, febbraio, pp. 326-328). Si trattava dell’avvio
di un’intensa collaborazione destinata a protrarsi nel tempo e che
il M. svolse adoperando gli pseudonimi di Ellenofilo e Filogine e le
sigle E. M. ed E. (assai più raro fu il ricorso alla firma
per esteso); le tematiche affrontate riservavano una particolare
attenzione alla situazione politica e culturale della Grecia
contemporanea, alle principali esperienze pedagogiche allora poste
in essere nel panorama europeo e alle diverse correnti letterarie
del tempo.
Tra il 1822 e il 1823, grazie a una discreta notorietà
acquisita negli ambienti scientifici toscani, fu nominato membro
dell’Accademia Labronica di Livorno, socio dell’Accademia dei Tegei
di Siena e socio corrispondente della Società di mutuo
insegnamento di Firenze. Ancora nel 1823 portò a termine la
tragedia Il Dione che inviò a C. Lucchesini e G.B. Niccolini,
con cui strinse un’intensa amicizia. Nello stesso periodo ebbe
l’incarico di precettore del secondo figlio del duca Guglielmo di
Württemberg. Nel contempo il M., che fu sempre molto attento
alla specifica natura commerciale della realtà labronica e
delle sue molteplici componenti religiose e sociali, si adoperava
per realizzare anche a Livorno un istituto dove fosse praticato il
metodo del mutuo insegnamento, ma allora non riuscì nel suo
intento.
Nell’aprile del 1823, al seguito del duca del Württemberg,
lasciò Livorno per trasferirsi a Stoccarda dove rimase fino
all’estate del 1826, approfittandone per frequentare le principali
città tedesche e studiare in maniera approfondita la
letteratura germanica. Durante tale permanenza Vieusseux gli chiese
in più occasioni contributi che avessero a oggetto appunto
tematiche legate alla Germania. In quest’ottica presero forma le
Lettere dalla Germania dirette all’Accademia Labronica, la prima
delle quali fu pubblicata nell’Antologia (1825, vol. 19, agosto, pp.
1-16) mentre una seconda vide la luce quattro anni più tardi
(1829, vol. 33, febbraio, pp. 33-45), con l’intento di
«stabilire una più intima comunicazione letteraria fra
i tedeschi e gli italiani», così da favorire, secondo
il M., una precisa messa a fuoco delle culture nazionali e della
loro reciproca dipendenza. Oltre a contributi di natura letteraria,
quali la presentazione dell’autobiografia di Goethe e la traduzione
di un articolo dello stesso autore uscito nel 1818 a Stoccarda, il
M. preparò per l’Antologia vari interventi aventi per oggetto
le istituzioni scolastiche, le società scientifiche e i
consessi artistici di diverse zone della Germania.
Nella tarda primavera del 1828, in seguito alla morte del padre,
avvenuta nel dicembre 1827, tornò a Livorno passando per
Milano, dove, accompagnato da T. Grossi, conobbe A. Manzoni, e
proprio alla seconda edizione dei Promessi sposi, fresca ancora di
stampa, riservò la prima recensione nell’Antologia dopo il
rientro in Toscana. A Livorno frequentò P. Colletta mentre
divennero più assidui gli incontri fiorentini con G. Capponi
e R. Lambruschini.
In questo periodo l’Antologia ospitò alcuni importanti
interventi in cui il M. sosteneva la necessità di fare della
letteratura lo strumento attraverso cui consolidare
«l’esistenza morale della nazione» (Lettera intorno allo
studio degli antichi, 1827, vol. 26, luglio, pp. 38-46, con
riferimento a p. 43) e dell’educazione nazionale il mezzo per
impedire l’esplosione di caotiche rivolte sociali (Dell’educazione
popolare ne’ suoi rapporti con la società, 1828, vol. 29,
ottobre, pp. 69-81, con riferimento a p. 78).
Nel corso del 1828 il M. riprese la sua idea di dar vita a una
scuola di mutuo insegnamento che fu finalmente aperta nel quartiere
livornese di S. Marco (febbraio 1829) con il contributo di 61 soci
fondatori. Fin dal dicembre del 1828, tuttavia, aveva accettato
l’incarico di segretario di R. Finch che lo portò con
sé a Roma; qui nel palazzo di Finch, ai piedi del
Campidoglio, poté godere della ricca biblioteca che aveva il
compito di riordinare. Anche a Roma proseguì la
frequentazione di Capponi che vi trascorreva lunghi periodi in
compagnia di Fr.-R. de Chateaubriand. Durante il soggiorno romano il
M. inviò contributi al neonato Indicatore livornese, fondato
agli inizi del 1829 da F.D. Guerrazzi, G. Doveri e C. Bini.
Il rapporto con questa testata però non fu facile
perché il M. non condivideva la linea editoriale voluta da
Guerrazzi: «Un buon giornale di scienze e statistica
commerciale, il quale ammettesse insieme quanto dalle scienze
storiche, morali ed economiche può trarsi a vantaggio del
commercio medesimo – scriveva a Vieusseux – sarebbe la vera
intrapresa conveniente a Livorno e utile all’Italia tutta, ma
l’Indicatore non risponde a questo desiderio» (Linaker, 1898,
I, p. 13). Risale a questo periodo anche la polemica con G.
Salvagnoli in relazione agli Inni sacri manzoniani che il M. difese
con convinzione dalle pagine dell’Antologia.
Alla sua morte, nel settembre del 1830, R. Finch lasciò a
favore del M. un legato testamentario con una rendita annua di 600
sterline. Durante il soggiorno romano il M. stabilì anche
contatti con alcuni rivoluzionari romani, come P. Sterbini,
coinvolti a diverso titolo nelle agitazioni del 1831. Occasione di
visite a cospiratori democratici furono le innumerevoli
«gite» che il M. conduceva in Umbria e nelle Marche: la
cosa non sfuggì alla polizia papale che nel novembre 1832 lo
spinse a lasciare Roma e fare rientro in Toscana. Qui, durante un
soggiorno pisano, nel dicembre 1833, concepì l’idea di un
giornale finanziato con la raccolta di sottoscrizioni; di tale
ipotesi il M. discusse con I. Rosellini e G. Montanelli, insieme con
i quali diede vita all’Educatore del povero, stampato dalla
tipografia Capurro e C. con un prezzo di copertina di 4 lire. Il
primo numero uscì nel gennaio del 1834 ma l’iniziativa non
ebbe ulteriore seguito anche perché nel marzo il M.
intraprese un lungo viaggio con l’obiettivo di visitare i principali
istituti di beneficenza ed educativi esistenti in Europa. A
Marsiglia frequentò gli ambienti sansimoniani e soprattutto
conobbe G. Mazzini con cui stabilì nel tempo un’intensa
amicizia.
L’itinerario proseguì passando per Montpellier, Nîmes,
Avignone, Lione, Losanna e Ginevra; in quest’ultima città
ebbe modo di incontrare S. de Sismondi. Da Ginevra si recò a
Parigi, in compagnia di A. Carrel, e nella capitale francese conobbe
Mme de Staël (Germaine Necker) e il generale M.-J. Lafayette.
La tappa successiva fu l’Inghilterra che lasciò nel M. una
pessima impressione, così come emerge nelle numerose lettere
da Londra in cui rimarcava il preoccupante stato di «degrado
morale delle masse». La permanenza inglese gli consentì
tuttavia di apprezzare le qualità dell’Università di
Cambridge e del sistema ospedaliero anglosassone. A Londra
frequentò lord H. Brougham, J.S. Mill, C. Bell e il livornese
P. Bastogi, giunto allora nella capitale inglese. Il viaggio si
snodò infine attraverso Rotterdam, Dordrecht, Nimega,
Colonia, Heidelberg, Norimberga fino al Tirolo.
Nell’ottobre del 1834, dopo qualche mese trascorso a Lari, nei
pressi di Pisa, il M. accettò l’ufficio di precettore del
figlio di Girolamo Bonaparte, appena trasferitosi a Livorno;
tuttavia, spaventati dal diffondersi di un’epidemia di colera, la
famiglia Bonaparte e il M. lasciarono precipitosamente la
città nell’agosto del 1835. Recatosi in Svizzera, dove
seguì il suo giovane allievo nell’Istituto di Champel, vi
restò fino al gennaio 1836, allorché decise di
ritornare nel Granducato. Tale decisione incontrò notevoli
ostacoli: le sempre più strette relazioni del M. con gli
ambienti democratici francesi e con lo stesso Mazzini, in gran parte
coltivate in forma epistolare, nonché il fatto di provenire
da una destinazione divenuta pericolosa come la Svizzera,
accrescevano infatti i sospetti nei suoi confronti. Il rientro in
Toscana fu possibile soltanto sul finire del febbraio 1836, quando
il M. prese casa a Firenze presso S. Maria Novella, continuando a
essere attentamente sorvegliato dalle autorità di polizia che
lo ritenevano affiliato alla Giovine Italia. In quel mese
avviò una serrata collaborazione con la Guida dell’educatore,
la rivista appena fondata da Lambruschini; il suo primo contributo,
dedicato a due bambini particolarmente dotati nel calcolo, vi
apparve sotto forma di lettera nell’ottobre 1836. Lo stesso
periodico ospitò in più articoli i Frammenti di un
viaggio pedagogico che illustravano le diverse istituzioni educative
visitate dal M. nelle sue peregrinazioni europee, un articolo
sull’Istituto di Meleto aperto dal marchese C. Ridolfi, il profilo
biografico di L. Frassi e di G. Girard, che aveva conosciuto a
Friburgo, e soprattutto il punto di vista del M. sugli asili
presentati come «un’istituzione sociale collegata con quelle
già contemplate dall’economia sociale e più e
più destinata coll’andare del tempo a risentirne l’influenza
e a loro reciprocamente sentire la propria» (Guida
dell’educatore, IV [1839], p. 323).
Nel 1837, mentre collaborava alla rivista mazziniana L’Italiano, il
M. pubblicò a Firenze e sotto la direzione di Vieusseux un
libretto di letture popolari titolato Il Salvadenaro che avrebbe
dovuto spiegare i benefici del risparmio e le opportunità
garantite dalle nuove Casse di risparmio. L’opera che inizialmente
circolò con molte difficoltà divenne negli anni
seguenti un testo molto letto, venduto in qualche migliaio di
esemplari.
Nell’aprile 1839 il M. intraprese un nuovo viaggio, sbarcando a
Marsiglia, per trasferirsi poi a Parigi e a Londra. Nell’ottobre
dello stesso anno rientrò in Toscana per partecipare al I
Congresso degli scienziati italiani che si tenne a Pisa.
Sul piano politico maturava intanto il progressivo distacco dalle
posizioni di Mazzini per accostarsi a quelle di T. Mamiani;
ciò malgrado continuava a essere sorvegliato dalla polizia e
in particolare dalla direzione generale della polizia romana che
agli inizi del giugno 1840, durante un suo breve soggiorno a Roma,
decise di arrestarlo e tradurlo in carcere a Castel Sant’Angelo,
trattenendovelo fino ad agosto. Rientrato a Firenze e ancora colpito
da misure restrittive, iniziò a collaborare con G.A.
Franceschi alla riforma delle scuole leopoldine, ma nell’aprile del
1842 lasciò l’Italia per avviare un soggiorno in vari Stati
della Germania, da cui tornò all’inizio del 1843. Dopo pochi
mesi trascorsi a Livorno, si diresse nuovamente a Parigi e a Londra
per restare più a lungo in Irlanda, dove conobbe D.
O’Connell.
Dopo aver pubblicato un Corso di disegno lineare, stampato a proprie
spese e con il contributo di Vieusseux (Firenze 1843), dai primi
mesi del 1844 il M. decise di stabilirsi con maggiore
continuità a Firenze e riservò grande cura alla
collaborazione con la Guida dell’educatore, la cui pubblicazione – a
causa di una malattia di Lambruschini – nel 1843 era stata sospesa:
il M. ne assunse la direzione insieme con P. Thouar, mantenendo
frequenti rapporti con Lambruschini. Al contempo diveniva intimo
amico di G. Giusti. Sempre in quell’anno, mentre usciva il volume
degli Scritti politici di U. Foscolo curato da Mazzini che aveva in
apertura una dedica al M. e a Bastogi, collaborava con la rivista
torinese Letture di famiglia, che riunì i suoi contributi
intitolandoli Appunti sul giuoco del lotto (Torino 1844), efficace
sintesi dei principali danni arrecati ai ceti popolari dal gioco
d’azzardo.
Nel gennaio 1845 si sposò con la ginevrina Vittoria Romieux
con cui un anno dopo si stabilì a Fiesole; sempre più
vicino al mondo moderato (dopo l’elezione di Pio IX nutrì
anche simpatie neoguelfe), intensificò i rapporti con i
piemontesi M. d’Azeglio e C.I. Petitti di Roreto cui l’accomunava
l’auspicio di una prossima liberazione della Lombardia dal dominio
asburgico. A Fiesole riceveva le frequenti visite dell’editore F. Le
Monnier, interessato alla stampa dei manoscritti foscoliani (poi
passati all’Accademia Labronica) che il M. aveva iniziato a
raccogliere fin dal 1837, durante il soggiorno londinese, insieme
con Bastogi, H. Guerney e Mazzini.
Nel 1846 ebbe un vivace scontro con F.D. Guerrazzi, avvocato di due
azionisti che avevano promosso una causa contro gli amministratori
della Banca di sconto di Livorno, di cui il fratello del M.,
Edoardo, era direttore.
Nel giugno del 1847, dopo il varo della legge toscana che consentiva
una parziale libertà di stampa, usciva a Firenze il primo
numero del giornale L’Alba, del quale il M. fu uno dei principali
collaboratori con articoli di tema foscoliano e altri dedicati
all’attualità politica, come l’amnistia concessa da Pio IX.
Seguì, nel gennaio 1848, nel Corriere livornese, un breve
scritto intitolato Una parola al popolo livornese, in cui esortava
la popolazione a non cedere alle facili illusioni dei rivoluzionari
che riteneva deleterie per la causa italiana. Tale intervento
provocò un opuscolo anonimo siglato «gli amici della
verità e degli arrestati» che criticava in modo aspro
l’eccessiva cautela politica del M. definito sprezzantemente
«straniero». Fin dal 1847, peraltro, avevano visto la
luce per i tipi della Galileiana di Firenze i suoi Cenni comparativi
sulla polizia inglese e toscana in cui già emergevano alcuni
tratti della riflessione sui rischi di eventi
«rivoluzionari». La posizione del M. di fronte alle
vicende del 1848-49 si rivelò infatti molto vicina a quella
dei moderati fiorentini e si tradusse nel sostegno al governatorato
di C. Ridolfi e poi nella richiesta di una carta costituzionale; e,
quando Leopoldo II concesse la costituzione, il M. non mancò
di esprimere la propria soddisfazione e la convinta adesione ai
contenuti del nuovo testo statutario. Allo scoppio della guerra
partì con i volontari livornesi alla volta dei campi di
Lombardia con le funzioni di commissario ai viveri e di addetto allo
stato maggiore, al servizio del generale C. De Laugier. Prese parte
alla battaglia di Curtatone ma dopo la firma dell’armistizio Salasco
manifestò a più corrispondenti, a cominciare da N.
Tommaseo, la sua profonda delusione per il «tradimento»
di Pio IX e per l’eccessiva debolezza di Carlo Alberto: «Se
qualche popolazione generosa tuttora si difende e se
continuerà a farlo – scriveva a Vieusseux – in modo che
l’esempio magnanimo susciti imitatori, lega e confederazione potran
nascere fra i popoli italici, ma fra i prìncipi e i popoli
non è più da sognarsi e allora mancherà
all’Italia la transizione costituzionale, che pareva dovesse essere
per lei bella ed efficace scuola morale e politica» (Linaker,
1898, I, p. 380). Ad acuire il suo scoramento intervennero poi i
continui tumulti scoppiati a Livorno, gli attacchi dei Livornesi al
governo Capponi nell’autunno del 1848 e i timori circa
l’impossibilità per il nuovo governatore G. Montanelli di
frenare le tensioni. Nei suoi riguardi e in quelli di Guerrazzi che
con lui era subentrato a Capponi alla guida dell’esecutivo, il M. fu
assai critico; in tale clima decise di allontanarsi dalla
discussione politica per dedicarsi alla stesura delle Memorie sulla
campagna di Lombardia, preparate in seguito a una fitta
corrispondenza con De Laugier. Ancora più aspre furono le
accuse rivolte all’azione dittatoriale di Guerrazzi, tanto che non
gli restò che sperare in un nuovo intervento militare di
Carlo Alberto. Quando il 21 maggio 1849 si formò il governo
del restaurato Leopoldo II, De Laugier, nominato ministro della
Guerra, gli propose invano un impiego presso il suo dicastero. In
questa fase l’occupazione principale del M., che si era stabilmente
trasferito a Pisa, consistette nella preparazione della
pubblicazione dei manoscritti foscoliani e nella stesura di una
serie di interventi in materia di educazione popolare.
Così, nelle pagine delle Letture di famiglia, nel settembre
1850, prendeva in esame il progetto di legge sull’istruzione
primaria, del quale criticava vari aspetti, in particolare il
livello troppo basso delle retribuzioni dei maestri. Nel corso del
1850 uscì a puntate nello Statuto di Firenze (nn. 159, 161,
164) la lettera sull’Educazione degli antichi, con cui il M.
confutava la tesi, cara a Capponi, secondo cui Greci e Latini non
avevano lasciato testi che trattassero in maniera esplicita di
educazione. Nello stesso anno il M. ebbe una parte decisiva
nell’edizione dei tre volumi di Prose letterarie di Foscolo, usciti
per i tipi di Le Monnier (il quarto volume apparve nel 1851, con
prefazione di F.S. Orlandini). Nel 1852, ancora con l’ausilio di
Orlandini, diede alle stampe il primo volume dell’Epistolario
foscoliano (Firenze), al quale seguirono il secondo nel 1853 e il
terzo nel 1854. Nel 1859 gli stessi curatori prepararono l’edizione
del primo volume dei Saggi di critica letteraria di Foscolo nella
traduzione dall’inglese di C. Ugoni, mentre il secondo volume vide
la luce, sempre per Le Monnier, nel 1862.
Al di là di queste iniziative editoriali, gli anni Cinquanta
trascorsero per il M. senza troppe scosse e sul piano politico si
rinsaldò in lui il convincimento che l’unica strada per
attuare il processo di unificazione passasse attraverso un’intesa
fra la monarchia sabauda e la Francia di Napoleone III. Nella
primavera del 1860 ricevette l’offerta di candidarsi alla Camera per
il collegio di Livorno ma preferì declinarla. Una delle poche
uscite pubbliche fu rappresentata dalla partecipazione nel 1865 alle
celebrazioni dantesche che si svolsero a Firenze. L’impegno maggiore
di questi anni fu costituito dalla stampa del volume Frammenti di un
viaggio pedagogico (Firenze 1867), in cui era raccolta una serie di
articoli comparsi nella Guida dell’educatore e nell’Antologia,
insieme con vari scritti sparsi. L’opera non ebbe però la
fortuna che il M. si attendeva ricevendo ben poche segnalazioni
sulla stampa, tra cui una fugace presentazione nella Nuova
Antologia. Sempre nel 1867 il M. compì insieme con la
famiglia un viaggio a Ginevra dove incontrò E. Faville; di
ritorno in Italia, accompagnato da G. Carcano, fece visita a Milano
a Manzoni.
Nel 1874 si trasferì nuovamente a Livorno, dove morì
il 29 maggio 1877.