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I teorici del marxismo usano questo termine per indicare un
atteggiamento molto generale sviluppato intorno alle tesi della
priorità della materia sul pensiero.
Contrariamente all'idealismo, che privilegia il soggetto
conoscente sull'oggetto conosciuto o, come anche si suol dire, il
pensiero sull'essere, o la coscienza sul reale, presuppone che la
realtà materiale venga prima di ogni conoscenza e sia, in
sostanza, indipendente da questa.
La scelta di questa posizione, compiuta da Marx fin dal tempo
delle sue prime opere, non ha un significato puramente filosofico:
essa costituisce la premessa indispensabile per un'indagine sulla
realtà che solo a questo patto può ricollegare le
idee degli uomini con le loro attività pratiche; solo un
atteggiamento materialistico poteva infatti permettere il
passaggio da una critica ancora «filosofica» dalla
filosofia idealistica di Hegel a una critica dell'ideologia in
generale, in quanto mistificazione di fatti reali, cioè di
fatti socio-economici relativi alla produzione materiale
(Struttura).
L'adesione di Marx e di Engels a questo modo generale di concepire
il rapporto tra pensiero ed essere non vuol dire adesione a questa
o a quella forma di materialismo puramente filosofico; filosofi
materialisti non erano mancati nella storia, ma non si trattava di
riprendere le loro particolari riflessioni, bensì di dare
al pensiero un termine di confronto nella realtà e di
considerarlo come un fatto che accade nel mondo, non sopra di
esso. Le idee, in altre parole, dovevano essere spiegate a partire
dalla «prassi materiale» e non questa da quelle. Del
resto proprio un fatto molto pratico com'era quello della
separazione del lavoro materiale da quello intellettuale aveva
permesso che le idee acquistassero la loro autonomia dal terreno
reale nel quale erano cresciute.
Il materialismo appare perciò a Marx come l'unica
prospettiva nella quale sia possibile comprendere che la soluzione
delle «opposizioni teoretiche» - cioè le
contraddizioni - passate dalla realtà nel pensiero, non
è soltanto «un compito della conoscenza» ma un
«compito reale della vita» che la filosofia non poteva
risolvere nonostante i grandiosi sforzi compiuti. Esattamente a
questo si riferiva Engels quando, non senza orgoglio, dichiarava
che il proletariato era l'erede della filosofia classica tedesca,
colui che avrebbe risolto i problemi nei quali essa si era
dibattuta mutando la realtà che li aveva prodotti.
Il materialismo filosofico, di cui Marx traccia una breve storia
ne La Sacra famiglia, è stato per lungo tempo un indirizzo
di pensiero molto spesso progressista sia per il suo legame con le
scienze della natura (Scienza) che ne facevano un duro critico
delle varie forme di irrazionalismo, sia per la considerazione
della vita materiale degli individui che altre correnti
filosofiche escludevano dai propri interessi. Ciò non vuol
dire che sia stato sempre e in ogni caso all'avanguardia contro un
idealismo sempre e comunque conservatore; anche in questa grande
corrente di pensiero non sono certo mancati i filosofi che hanno
svolto un efficace ruolo progressivo, specialmente nel sostenere
il diritto della ragione contro chi tendeva a limitarlo.
E' ben nota, a questo proposito, la critica di Marx e di Engels al
materialismo volgare e
meccanicistico (Meccanicismo) che è in sostanza
una critica al modo unilaterale e puramente filosofico, né
storico, né dialettico, di giudicare le cose sia pure da un
punto di vista materialistico. Così Feuerbach, per esempio,
non collegò mai il momento storico con quello teorico: fino
a che egli è materialista «per lui la storia non
appare, e fin che prende in considerazione la storia, non è
un materialista»; di conseguenza per lui materialismo e
storia «sono del tutto divergenti».
Così, per Engels, «i volgarizzatori ambulanti che
smerciavano il materialismo in Germania tra il '50 e il '60»
non riuscirono mai ad andare più in là dei
materialisti del secolo precedente, incapaci cioè di
«concepire il mondo come un processo, come una sostanza
soggetta a un'evoluzione storica»; con la differenza che
quello che era stato avanzato e progressivo un secolo prima
diventava antiquato e conservatore nel secolo seguente.
L'opposizione di Marx e di Engels a questo materialismo aveva la
sua ragion d'essere nel fatto che, proprio per non essere
né storico né dialettico, si riproponeva non come il
corretto punto di partenza per l'analisi della realtà ma di
nuovo come una filosofia, vale a dire come un'attività
puramente teorica. Al contrario «per il materialista
pratico, cioè per il comunista, si tratta di rivoluzionare
il mondo esistente, di mettere mano allo stato di cose incontrato
e di trasformarlo».
La concezione materialistica della realtà, che comprende
ovviamente anche la natura, non può essere ridotta a una
specie di privilegio concesso agli oggetti materiali, alle
«cose» nel senso stretto del termine, trascurando le
loro relazioni e le loro attività, cioè i
«fatti».