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La via cinese al comunismo
Mao fu promotore di una "cinesizzazione" del marxismo, in ambito
ideologico e pratico, che avvenne in due momenti principali: nella
prima guerra civile cinese (prima e durante la Lunga Marcia del
1935) e nella seconda metà degli anni Cinquanta, con la
Campagna dei cento fiori e il Grande balzo in avanti che segnarono
l'inizio della scissione nel blocco comunista.
Negli anni Venti e Trenta (periodo della prima guerra civile, delle
esperienze dei soviet nel sud della Cina e della costruzione del
partito comunista) Mao sostenne il ruolo della classe contadina
nella rivoluzione, in contrasto con il marxismo classico e con gli
agenti del Comintern, che volevano appoggiarsi al proletariato
cittadino. La riforma agraria e la ridistribuzione delle terre erano
considerate il punto principale della rivoluzione. Di fatto, il
proletariato urbano era molto esiguo, al contrario dell'enorme massa
di contadini oppressi dai proprietari terrieri e dai signori della
guerra. La teoria maoista era strettamente connessa alla pratica
militare: una sua massima recitava "Il potere politico viene dalla
canna del fucile".
Mentre Mosca promuoveva una guerra di posizione classica, Mao
puntava sulla guerra di popolo e la guerriglia di movimento, secondo
una strategia in tre fasi: mobilitazione e organizzazione dei
contadini, creazione di basi rurali (soviet) e truppe di
guerriglieri, transizione verso una guerra più convenzionale.
L'alternarsi di successi e soprattutto di sconfitte, che portarono
alla ritirata della Lunga Marcia nel 1935, alimentarono i contrasti
fra Mao e Mosca. Durante la Lunga Marcia, Mao conquistò la
leadership a scapito dei sostenitori di Mosca (i "28 bolscevichi",
Li Li San, Wang Meng, Otto Braun, Borodin). Nella seconda guerra
civile, la strategia militare maoista si rivelò vincente e
assicurò a Mao la presa del potere nel 1949.
Dopo una prima fase di collaborazione con l'URSS negli anni
Cinquanta, la destalinizzazione segnò l'inizio della rottura
con Mosca. Mao non rinnegò mai Stalin, considerandolo un
marxista-leninista genuino, ma accusò Nikita Kruscev, in
qualità di revisionista, di ripristinare il capitalismo
attraverso la "coesistenza pacifica" fra le classi sociali
(proletariato e borghesia) e fra il blocco comunista e l'Occidente.
Mao si propose come erede e continuatore teorico dell'ideologia
marxista-leninista, al seguito di Marx, Engels, Lenin e Stalin. Mao
Zedong definisce contraddizioni antagoniste le contraddizioni di
classe del marxismo classico fra proletariato e borghesia da cui
origina la Rivoluzione proletaria e afferma che, dopo la rivoluzione
socialista, permangono ancora contraddizioni non antagoniste o
contraddizioni in seno al popolo. Queste sarebbero in grado di
restaurare il capitalismo e possono essere risolte attraverso il
dialogo e la lotta di classe non violenta. I russi negano
l'esistenza di contraddizioni di classe nella società
transitoria socialista. In altre parole, Mao riteneva che nella
società socialista e all'interno dello stesso partito,
esistessero forze di natura borghese capaci di minacciare la
rivoluzione e restaurare il sistema di corruzione e nepotismo,
tradizionalmente cinese.
Anche dal punto di vista economico Mao cercò un percorso
originale, che portò alla politica del Grande balzo in
avanti, caratterizzato dalla mobilitazione delle masse contadine a
scopi produttivi e militari, onde creare un tessuto di forze
autosufficienti e dislocate impermeabile agli attacchi delle grandi
potenze (la Cina si sentiva minacciata sia dagli Stati Uniti
d'America che dall'URSS, entrambi i paesi dotati di enormi arsenali
nucleari). Questa manovra economica portò a risultati
fallimentari e fu uno dei motivi che spinse l'apparato di partito a
esautorare progressivamente il presidente Mao della sua posizione
dirigenziale.
L'evento politico che portò più di tutti il maoismo a
crescere in tutto il mondo fu la Grande rivoluzione culturale
proletaria, un periodo di intenso conflitto interno alla Cina
iniziato nel 1966 e definitivamente concluso con la morte di Mao
dieci anni dopo. La Rivoluzione culturale consistette in un'enorme
mobilitazione di masse popolari guidate dalle avanguardie degli
studenti che aveva come obiettivo quello di combattere i
controrivoluzionari presenti nella burocrazia del partito, rea in
particolare di aver estromesso Mao dal potere politico. Questo
evento portò il maoismo a diventare punto di riferimento
politico e ideologico nel mondo, grazie soprattutto alla spinta
della contestazione globale del Sessantotto che prese la Rivoluzione
culturale come modello dell'antirevisionismo e dell'antimperialismo.
Interpretazioni
Gran parte dei partiti maoisti di oggi aderisce all'interpretazione
di Lin Biao:
«Il pensiero di Mao Zedong è il marxismo-leninismo
dell'epoca in cui l'imperialismo va incontro alla disfatta totale e
il socialismo avanza verso la vittoria di tutto il mondo.»
Alcuni partiti come Sendero Luminoso ritengono che sia applicabile
universalmente la teoria maoista della guerra popolare. Altri, come
il Partito Marxista-Leninista Italiano o il Partito Comunista
Marxista-Leninista di Grecia, ritengono invece che tale teoria possa
essere applicata solo in determinate condizioni storiche, economiche
e sociali. Tuttavia, al di là della patina "sovietica", tale
dottrina, definita a suo tempo "Mao Zedong pensiero", è un
corpo a sé stante. Lo si potrebbe definire eclettismo
ultrarivoluzionario infuso nella tradizione cinese.
In Cina
Dopo la morte di Mao (1976) e l'inizio delle riforme di Deng
Xiaoping (1978), il ruolo del maoismo in Cina è radicalmente
cambiato e, sebbene sia ancora formalmente l'ideologia di stato, la
sua influenza sulla prassi politica è fortemente ridotta. Mao
è oggi considerato fallibile e criticabile e non più
una guida indiscussa. La politica del Partito Comunista è
giudicata in base alle sue conseguenze pratiche e agli effetti
economici invece che su base ideologica. I gruppi maoisti esterni
accusano la Cina di aver ripudiato il maoismo e abbracciato il
capitalismo. Comunque, in Cina le critiche a Mao non sono libere ma
limitate agli eccessi di alcuni eventi particolari come la
Rivoluzione Culturale e non è possibile mettere in
discussione il maoismo in quanto tale.
Anche il ruolo storico di Mao è stato ridimensionato: egli
è considerato positivamente per la liberazione della Cina dal
passato "feudale" ma ha condotto ai gravi errori del Grande balzo in
avanti (pur mantenendo una corretta posizione ideologica) ed
è criticato soprattutto per la Rivoluzione Culturale (sebbene
le colpe di questa siano attribuite per lo più alla Banda dei
Quattro). Egli è considerato positivamente dal 1921 al 1959 e
negativamente dal 1959 al 1976. Le soluzioni proposte da Mao sono
considerate inadeguate alle moderne condizioni economiche del paese.
Tali rapporti fra il Partito Comunista e Mao hanno oggi scarsa
importanza ma furono determinanti negli anni Ottanta, quando il
partito dovette seguire le riforme di Deng conservando al tempo
stesso il potere e la legittimità.
Per quanto riguarda il numero di vittime, è possibile citare
solo le stime di autori soprattutto occidentali, perché gli
archivi di stato non sono consultabili. Tali stime variano da 20 a
80 milioni di morti e comprendono lo sterminio dei proprietari
terrieri nel periodo di terrore del 1951-1953, la carestia del
1959-1962 provocata dal Grande balzo in avanti, i massacri della
Rivoluzione Culturale e le vittime dei campi di lavoro forzato (vedi
Laogai) e delle repressioni. Anche la crescita economica durante il
periodo maoista è messa in dubbio. Il forte incremento
demografico ha compensato gran parte della crescita, in particolare
quella della produzione agricola (la razione pro-capite è
cresciuta in modo modesto). A causa del Grande balzo in avanti e
della carestia, solo nel 1965 è stato possibile recuperare il
livello produttivo agricolo del 1957. La Rivoluzione Culturale
è stata indicata come "i dieci anni perduti della Cina" ed ha
compromesso un'intera generazione di giovani a causa della chiusura
di scuole e università per oltre tre anni e della successiva
dislocazione nelle campagne di almeno dieci milioni di studenti come
lavoratori agricoli. Enormi sono stati i danni al patrimonio
artistico a causa delle distruzioni delle Guardie Rosse.
Nel mondo
A partire dal 1959, il contrasto Cino-sovietico causò
divisioni fra i partiti comunisti di tutto il mondo. A favore della
Cina si schierarono il Partito del Lavoro Albanese (al potere) e i
partiti comunisti di Birmania, Thailandia, Indonesia e Nuova
Zelanda. Il Partito Comunista del Vietnam e il Partito del Lavoro di
Corea scelsero una posizione intermedia. Numerosi partiti e
organizzazioni politiche di secondo piano si schierarono con la
Cina, assumendo nomi come Partito marxista-leninista o Partito
comunista rivoluzionario per distinguersi dai partiti tradizionali
filo-sovietici e spesso seguendo i movimenti radicali studenteschi
che animarono gli anni Sessanta e Settanta. Si sviluppò un
movimento internazionale comunista parallelo a quello sovietico, pur
non avendo lo stesso grado di formalità e organizzazione.
Dopo la morte di Mao, il movimento maoista internazionale si divise
in tre campi: un gruppo di organizzazioni non allineate e debolmente
supportate dalla nuova leadership cinese di Deng Xiaoping; un gruppo
che denunciò tale leadership come traditrice del maoismo e un
terzo gruppo guidato dall'Albania che rinnegò la posizione
terzomondista cinese. Il gruppo albanese riuscì a coinvolgere
molti partiti comunisti dell'America Latina. Deng Xiaoping
mostrò scarso interesse verso i partiti internazionali, che
finirono per separarsi o abbandonare il comunismo. Il movimento
maoista attuale deriva dal secondo gruppo, ostile a Deng Xiaoping, e
proclama la propria fedeltà a Mao.
In Perù, Sendero Luminoso durante gli anni Ottanta ha
condotto una guerriglia particolarmente intensa che è stata
definita "polpottista" in quanto "fondata sullo sterminio degli
avversari politici". Il conflitto armato ha portato a circa 70.000
vittime sia nelle file dei guerriglieri che nelle forze dello Stato
peruviano. Dopo la cattura del leader Gonzalo e di altri membri nel
1992, il partito ha diminuito l'intensità delle azioni
militari.
In Italia
Prima degli anni sessanta, Mao era poco conosciuto a livello
internazionale e ancor meno in Italia. Il famoso libro Stella rossa
sulla Cina di Edgar Snow, che per molto tempo fu considerato la
fonte principale per conoscere la figura di Mao, fu pubblicato nel
1938 negli Stati Uniti, ma solo nel 1965 in Italia. Il noto libro di
Edward Hunter del 1951 Brain-washing in red China (Lavaggio del
cervello nella Cina rossa), un'icona del maccartismo, non fu
tradotto in Italia. Vi fu comunque un certo numero di libri,
compresa una discreta serie di testimonianze[3] molto negative
redatte da missionari cattolici perseguitati, sottoposti alla
Riforma del pensiero (conosciuta anche come "lavaggio del cervello")
e cacciati dalla Cina all'inizio degli anni '50 (in alcuni libri[6]
i missionari riferiscono di persecuzioni, torture e massacri, e
stimano in milioni i morti per la riforma agraria del 1950-52[7]).
Nel 1957, Renata Pisu, Edoarda Masi, Filippo Coccia furono i primi
studenti italiani a recarsi in Cina, dove frequentarono
l'università Beida a Pechino. I tre autori hanno poi
pubblicato diversi libri, articoli in periodici e quotidiani, hanno
redatto le prefazioni di altri libri e tradotto opere di letteratura
dal cinese. Renata Pisu e Edoarda Masi ebbero inizialmente posizioni
filomaoiste per passare poi, alla fine degli anni Settanta, a
posizioni decisamente critiche.
Negli anni Sessanta, l'interesse per la Cina crebbe a causa della
sua natura politica, coinvolgendo numerosi intellettuali, autori,
giornalisti e alcune università (Venezia, Milano, Roma e
Napoli). La delusione per l'adeguamento del Partito Comunista
Italiano alla destalinizzazione, spinse molti a vedere in Mao (e in
Stalin) il continuatore genuino del marxismo-leninismo, ruolo
rivendicato dallo stesso Mao, e nella Cina la speranza di una nuova
rivoluzione correlata al movimento terzomondista e alle passioni
dell'epoca, prime fra tutte la Rivoluzione cubana di Fidel Castro,
la figura di Che Guevara e l'opposizione alla Guerra del Vietnam.
Nel n.1 del marzo 1964 di Nuova Unità, giornale che
già nel titolo rivendicava una purezza di posizioni
politico-ideologiche e di critica serrata al ‘revisionismo’ del PCI,
vengono pubblicate le ‘Proposte per una piattaforma dei
marxisti-leninisti d’Italia’, che avranno lo scopo di organizzare
sistematicamente la nuova elaborazione sul partito dei comunisti e
della classe operaia, nonché inizieranno a mettere a fuoco le
nuove suggestioni internazionaliste, prime fra tutte la cinese e
l’albanese.
Il primo gruppo in assoluto che si costituì coscientemente
come raggruppamento marxista-leninista fu quello padovano raccolto
intorno al giornale Viva il leninismo! già nel settembre
1962, guidato da Vincenzo Calò, Ugo Duse, A. Bucco ed altri.
Proprio il richiamo all’esperienza maoista fu il carattere
distintivo del marxismo-leninismo italiano, che divenne tout-court
maoismo e fu fattore di critica asperrima nei confronti della
realtà sovietica e dei paesi dell’Est, accusati di
degenerazione ‘burocratico-revisionista’, accelerata poderosamente
dalle cosiddette riforme kruscioviane dopo il XX Congresso del PCUS
del 1956. Fu la stessa interpretazione del maoismo (liturgia da
‘libretto rosso’ o azione politica concreta con la ‘linea di massa’)
che divise in modo verticale il movimento, divisione aggravata dalle
modalità con cui Brandirali organizzò il
raggruppamento di Servire il popolo!, un'organizzazione con rituali
settari e molto chiusa all'esterno.
Numerosi visitatori stranieri furono accolti in Cina e scrissero
altrettanti libri di tendenza. Dopo il 1965, l'Einaudi tradusse e
pubblicò le principali opere di Edgar Snow e di William
Hinton, che divennero classici del giornalismo sulla Cina. Furono
tradotti anche i testi fondamentali dei nordamericani Stuart Schram
e Franz Schurmann. Fra gli italiani, oltre alle già
menzionate Renata Pisu e Edoarda Masi, le opere più influenti
furono quelle di Franco Fortini, Carlo Bernari, Enzo Biagi, Alberto
Cavallari, K. S. Karol, Maria Antonietta Macciocchi, Alberto
Moravia, Goffredo Parise e Sandro Paternostro.
Le visite erano organizzate dal governo cinese sotto lo stretto
controllo di guide e interpreti locali, che svolgevano opera di
propaganda conducendo l'ospite in fabbriche modello e comuni
popolari. La maggior parte della relativa letteratura era d'impronta
filomaoista, talvolta con manifestazioni di fanatismo. Non mancarono
tuttavia gli autori scettici e critici o le testimonianze di reclusi
nelle prigioni. Edoarda Masi (Per la Cina, 1978) e Tiziano Terzani
(La porta proibita, 1984) criticarono la falsità delle visite
guidate, vissute in prima persona. Degno di nota è il caso di
Claudie Broyelle, che fece scalpore in Francia attraverso due libri
pubblicati anche in Italia: nel primo (La metà del cielo,
1973), l'autrice esaltò in maniera fanatica il maoismo e il
femminismo, nel secondo (Secondo ritorno dalla Cina, 1977) ammise di
"aver bluffato" ed espresse una forte critica sia al regime cinese,
sia all'atteggiamento degli scrittori filomaoisti. Tuttavia, diverse
opere di detrattori disponibili in quegli anni non furono pubblicate
in Italia. Altre pubblicazioni invece non criticarono il regime
cinese.
L'informazione sulla Cina disponibile in Italia fu in buona parte
simpatizzante per il maoismo: