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Giuseppe Manfroni (Mortara, 18 genn. 1835 - Roma 1917), funzionario
di polizia, dopo una lunga esperienza nelle sedi più
disparate e disagiate della penisola, dalla Sardegna all'Abruzzo,
dalla Romagna alle Marche, nel 1870 aveva coronato la carriera
iniziata nel 1852 con il trasferimento a Roma, chiamato dal governo
Lanza-Sella a reggere prima il commissariato di Trastevere e, dal
dicembre 1870, quello di Borgo. Nella città appena liberata
dal potere temporale dei papi era, il suo, un posto che la
prossimità del rione di Borgo alla Città del Vaticano
rendeva di grande responsabilità. Manfroni lo resse fino al
1901 con una serietà professionale da impiegato modello, e le
relazioni informali ma assai strette che in oltre trent'anni di
servizio ebbe modo di coltivare con gli ambienti della Curia fecero
di lui il rappresentante ufficioso del Regno d'Italia presso la S.
Sede, in pratica l'unico punto di osservazione e, talvolta, anche il
solo canale di comunicazione attivo con l'altra sponda del Tevere in
un periodo in cui non erano rari gli episodi di intolleranza, i
rapporti erano molto tesi, e la parola d'ordine era quella di
evitare con la prevenzione e il tatto ogni possibile disordine che
suonasse offesa alla persona del papa; di modo che passarono
attraverso il suo ufficio rappresentanti dell'uno e dell'altro
Stato, trattando materie anche delicatissime di cui Manfroni
informò scrupolosamente i suoi superiori senza che peraltro
nulla trapelasse all'esterno o che gli facessero velo i suoi
sentimenti di cattolico. Prese però nota dei tanti episodi di
cui era stato testimone e, collocato a riposo con il grado onorifico
di questore, ne fece l'argomento di 19 voluminosi quaderni
manoscritti dai quali il M. trasse, dopo la sua morte, l'ampia
selezione che egli stesso pubblicò - nei due volumi editi nel
1920 a Bologna per Zanichelli - con il titolo Sulla soglia del
Vaticano. Memorie di un commissario di Borgo (nuova ed., con
introduzione di A.C. Jemolo, Milano 1971).