Manifesto degli intellettuali fascisti

 

Wikipedia

Il Manifesto degli intellettuali fascisti fu il primo documento ideologico della parte della cultura italiana che aderì al regime fascista.

Storia

Il Manifesto degli intellettuali fascisti agli intellettuali di tutte le Nazioni, venne redatto nel corso del Convegno per la cultura fascista tenutosi a Bologna il 29 e 30 marzo del 1925 e fu pubblicato su quasi tutta la stampa italiana, in primis "il Popolo d'Italia", organo del Partito Nazionale Fascista, il 21 aprile (Natale di Roma) dello stesso anno.

Alla base del testo una conferenza su Libertà e liberalismo tenuta poco prima dal filosofo e ministro dell'Istruzione Giovanni Gentile. La segreteria del convegno comunicò alla stampa che erano presenti oltre quattrocento intellettuali; coloro i quali comunicarono la loro adesione furono però solo duecentocinquanta.

Il Manifesto, infatti, costituisce, da un lato, un tentativo di indicare le basi politico-culturali dell'ideologia fascista e, dall'altro, di giustificare, in chiave liberale, gli atti e gli atteggiamenti illiberali e violenti, operati del movimento fascista e proseguiti dal governo Mussolini.

In risposta al Manifesto di Gentile, Benedetto Croce - su invito di Giovanni Amendola - redasse il Manifesto degli intellettuali antifascisti, che pubblicato il 1º maggio 1925 su "Il Mondo" raccolse un folto ed autorevole gruppo di firmatari.

Il testo del Manifesto

    Le Origini

   
« Il Fascismo è un movimento recente ed antico dello spirito italiano, intimamente connesso alla storia della Nazione italiana, ma non privo di significato e interesse per tutte le altre.

Le sue origini prossime risalgono al 1919, quando intorno a Benito Mussolini si raccolse un manipolo di uomini reduci dalle trincee e risoluti a combattere energicamente la politica demosocialista allora imperante. La quale della grande guerra, da cui il popolo italiano era uscito vittorioso ma spossato, vedeva soltanto le immediate conseguenze materiali e lasciava disperdere se non lo negava apertamente il valore morale rappresentandola agli italiani da un punto di vista grettamente individualistico e utilitaristico come somma di sacrifici, di cui ognuno per parte sua doveva essere compensato in proporzione del danno sofferto, donde una presuntuosa e minacciosa contrapposizione dei privati allo Stato, un disconoscimento della sua autorità, un abbassamento del prestigio del Re e dell'Esercito, simboli della Nazione soprastanti agli individui e alle categorie particolari dei cittadini e un disfrenarsi delle passioni e degl'istinti inferiori, fomento di disgregazione sociale, di degenerazione morale, di egoistico e incosciente spirito di rivolta a ogni legge e disciplina.

L'individuo contro lo Stato; espressione tipica dell'aspetto politico della corruttela degli anni insofferenti di ogni superiore norma di vita umana che vigorosamente regga e contenga i sentimenti e i pensieri dei singoli.
Il Fascismo pertanto alle sue origini fu un movimento politico e morale. La politica sentì e propugnò come palestra di abnegazione e sacrificio dell'individuo a un'idea in cui l'individuo possa trovare la sua ragione di vita, la sua libertà e ogni suo diritto; idea che è Patria, come ideale che si viene realizzando storicamente senza mai esaurirsi, tradizione storica determinata e individuata di civiltà ma tradizione che nella coscienza del cittadino, lungi dal restare morta memoria del passato, si fa personalità consapevole di un fine da attuare, tradizione perciò e missione. »

    Il Fascismo e lo Stato

« Di qui il carattere religioso del Fascismo.

Questo carattere religioso e perciò intransigente, spiega il metodo di lotta seguito dal Fascismo nei quattro anni dal '19 al '22.

I fascisti erano minoranza, nel Paese e in Parlamento, dove entrarono, piccolo nucleo, con le elezioni del 1921. Lo Stato costituzionale era perciò, e doveva essere, antifascista, poiché era lo Stato della maggioranza, e il fascismo aveva contro di sé appunto questo Stato che si diceva liberale; ed era liberale, ma del liberalismo agnostico e abdicatorio, che non conosce se non la libertà esteriore.

Lo Stato che è liberale perché si ritiene estraneo alla coscienza del libero cittadino, quasi meccanico sistema di fronte all'attività dei singoli.

Non era perciò, evidentemente, lo Stato vagheggiato dai socialisti, quantunque i rappresentanti dell'ibrido socialismo democratizzante e parlamentaristico, si fossero, anche in Italia, venuti adattando a codesta concezione individualistica della concezione politica.
Ma non era neanche lo Stato, la cui idea aveva potentemente operato nel periodo eroico italiano del nostro Risorgimento, quando lo Stato era sorto dall'opera di ristrette minoranze, forti della forza di una idea alla quale gl'individui si erano in diversi modi piegati e si era fondato col grande programma di fare gli italiani, dopo aver dato loro l'indipendenza e l'unità ».

    Gioventù e squadrismo

« Contro tale Stato il Fascismo si accampò anch'esso con la forza della sua idea la quale, grazie al fascino che esercita sempre ogni idea religiosa che inviti al sacrificio, attrasse intorno a sé un numero rapidamente crescente di giovani e fu il partito dei giovani (come dopo i moti del '31 da analogo bisogno politico e morale era sorta la "Giovane Italia" di Giuseppe Mazzini).

Questo partito ebbe anche il suo inno della giovinezza che venne cantato dai fascisti con gioia di cuore esultante!

E cominciò a essere, come la "Giovane Italia" mazziniana, la fede di tutti gli Italiani sdegnosi del passato e bramosi del rinnovamento.

Fede, come ogni fede che urti contro una realtà costituita da infrangere e fondere nel crogiolo delle nuove energie e riplasmare in conformità del nuovo ideale ardente e intransigente.

Era la fede stessa maturatasi nelle trincee e nel ripensamento intenso del sacrificio consumatosi nei campi di battaglia pel solo fine che potesse giustificarlo: la vita e la grandezza della Patria.

Fede energica, violenta, non disposta a nulla rispettare che opponesse alla vita, alla grandezza della Patria. Sorse così lo squadrismo. Giovani risoluti, armati, indossanti la camicia nera, ordinati militarmente, si misero contro la legge per instaurare una nuova legge, forza armata contro lo Stato per fondare il nuovo Stato.

Lo squadrismo agì contro le forze disgregatrici antinazionali, la cui attività culminò nello sciopero generale del luglio 1922 e finalmente osò l'insurrezione del 28 ottobre 1922, quando colonne armate di fascisti, dopo avere occupato gli edifici pubblici delle province, marciarono su Roma.

La Marcia su Roma, nei giorni in cui fu compiuta e prima, ebbe i suoi morti, soprattutto nella Valle Padana. Essa, come in tutti i fatti audaci di alto contenuto morale, si compì dapprima fra la meraviglia e poi l'ammirazione e infine il plauso universale.
Onde parve che a un tratto il popolo italiano avesse ritrovato la sua unanimità entusiastica della vigilia della guerra, ma più vibrante per la coscienza della vittoria già riportata e della nuova onda di fede ristoratrice venuta a rianimare la Nazione vittoriosa sulla nuova via faticosa della urgente restaurazione della sue forze finanziarie e morali ».

    Il governo fascista
   
« Lo squadrismo e l’illegalismo cessavano e si delineavano gli elementi del regime voluto dal Fascismo. Tra il 29 e il 30 ottobre ripartirono da Roma nel massimo ordine le cinquantamila camicie nere che dalle provincie avevano marciato sulla Capitale, partirono, dopo aver sfilato innanzi a S. M. il Re, partirono ad un cenno del loro Duce, divenuto Capo del Governo e anima della nuova Italia auspicata dal Fascismo.

La rivoluzione era finita? In un certo senso: lo squadrismo non aveva pi‡ ragione d’essere. Fu creata la Milizia volontaria nazionale per inquadrare nelle forze armate dello Stato gli antichi squadristi. Ma lo Stato non € il Governo, ed il Governo attende tuttavia, tra il consenso della grande maggioranza degli italiani, che nel fascismo vedono la forza politica pi‡ possente e capace di esprimere dal seno della, Nazione e disciplinare tutte le sue forze, alla trasformazione della legislazione, in cui lo Stato deve trovare oggi la forma pi‡ adeguata alle correnti sociali e alle esigenze spirituali del popolo italiano. [...]

Il Fascismo viene accusato di essere un movimento reazionario, antiliberale e antioperaio, ma l’accusa €falsa. Il Fascismo € spirito di progresso e di propulsione di tutte le forze nazionali. Intende piuttosto a rompere la crosta che il vecchio ordinamento politico aveva creato, attraverso apparenza fallace del vecchio liberalismo democratico, intorno alla effettiva attivit individuale del cittadino. Mediante l’atomismo del suffragio universale polverizzatore degli interessi reali, onde ogni individuo € portato a sentirsi impegnato nel sistema delle forze economiche, quell’ordinamento dava il popolo in mano ai politicanti di professione, dominati dalla coalizione sempre pi‡ potente di interessi particolari e perciòƒ antitetici all’interesse comune della Nazione.

Il Fascismo, i cui Capi - a cominciare dal supremo - hanno tutti vissuto l’esperienza socialista, intendono conciliare due termini finora sembrati irriducibilmente contrari: Stato e sindacato. Stato, come forza giuridica della Nazione nella sua unit organica e funzionale; sindacato, come forza giuridica dell’individuo quale attività economica, che nel diritto possa avere la su garanzia: attività quindi specificata socialmente e appartenente ad una categoria sociale. Stato come organizzazione di tutte le attività individuali, nel loro ordine organico e concreto. Non regresso, perciòƒ, rispetto allo Stato costituzionale, anzi sviluppo, maggiore determinazione intrinseca e realizzazione del suo principio di effettiva rappresentanza popolare nel potere legislativo.

Insomma, al Governo fascista si imputano misure di polizia lesive della libertà di stampa. Questione di fatto più‡ che di principio. Tutte le libertà costituzionali negli Stati pi‡ liberali sono state sospese, quando particolari ragioni ne abbiano dimostrata la necessità e tutti i teorici difensori del liberalismo hanno sempre riconosciuto la legittimità di simili sospensioni. Si tratta di vedere quando il Governo ha fatto uso di queste misure di polizia, se € vero o non € vero che certa stampa (di proposito o no poco importa) facesse correre alla Nazione il rischio dei più‡ gravi turbamenti dell’ordine pubblico; e se perciƒò il Governo non abbia bene meritato dal Paese e dalla libertà che quei turbamenti avrebbero compromessa, operando come ha operato. La verità€, e la grande massa del popolo italiano lo sente, e ne dà prova, con la tranquilla indifferenza con cui assiste alle calorose proteste e querimonie delle opposizioni, che chi lavora oggi in Italia per la libertà, per una libertà durevole, sicura, per la libertà di tutti della Nazione nel mondo, non € l’antifascismo, ma il fascismo, il quale faticosamente attende a costruire sopra solide fondamenta l’edificio nel quale possono infatti esplicarsi le libere attività dei cittadini, garantiti da una legge che sia veramente l’espressione della loro reale, organica, concreta volontà.

Oggi in Italia gli animi sono schierati in due opposti campi. Da una parte i fascisti, dall’altra i loro avversari, democratici di tutte le tinte e tendenze, due mondi che si escludono reciprocamente Ma la grandissima maggioranza degli italiani rimane estranea, e sente che la materia del contrasto, scelta dalle opposizioni, non ha una consistenza politica apprezzabile e atta a interessare l’anima popolare. Quanti sono estranei personalmente al contrasto, sanno bene che l’invocata libertà, una parola di significato elasticissimo, se puƒò essere in bocca a cos‚ì diversi partiti. In secondo luogo, questa piccola opposizione al Fascismo, formata dai detriti del vecchio politicantismo italiano (democratico, razionalistico, radicale, massonico) € irriducibile e dovrà finire a grado a grado per interno logorio e inazione, restando sempre al margine delle forze politiche effettivamente operanti nella nuova Italia. E ciòƒ perchéˆ essa non ha propriamente un principio opposto, ma soltanto inferiore al principio del Fascismo, ed € legge storica che non ammette eccezioni che di due principi opposti nessuno vinca, ma trionfi un più‡ alto principio, che sia la sintesi di due diversi elementi vitali, a cui l’uno e l’altro separatamente si ispirano; ma di due principi uno inferiore e l’altro superiore, uno parziale e l’altro totale, il primo deve necessariamente soccombere, perch€ esso € contenuto nel secondo, e il motivo della sua opposizione € semplicemente negativo, campato nel vuoto.

Questo sentono i fascisti di fronte ai loro avversari, e perciòƒ hanno una fede inconcussa nel trionfo della loro parte, e non transigono; e non possono ormai con pazienza longanime attendere che le opposizioni, come hanno abbandonato il terreno legale della lotta in Parlamento, finiscano col persuadersi della necessità ineluttabile di abbandonare anche quello illegale, per riconoscere che il residuo di vita e di verità dei loro programmi €compreso nel programma fascista, ma in una forma pi‡ alta, pi‡ complessa, pi‡ rispondente alla realtà storica e ai bisogni dello spirito umano. Allora la presente crisi spirituale italiana verr superata. Allora nel seno stesso dell’Italia fascista e fascistizzata matureranno lentamente e potranno in fine venire alla luce nuove idee, nuovi programmi, nuovi partiti politici. Gli intellettuali italiani aderenti al Fascismo, convenuti a Bologna per la prima volta a Congresso (29-30 marzo), hanno voluto formulare questi loro concetti, e ne vogliono rendere testimonianza a quanti, in Italia e fuori d’Italia, desiderino rendersi conto della dottrina e dell’azione del Partito Nazionale Fascista.

Codesta Patria è pure riconsacrazione delle tradizioni e degli istituti che sono la costanza della civiltà, nel flusso e nella perennità delle tradizioni.

Ed è scintilla di subordinazione di ciò che è particolare ed inferiore a ciò che è universale ed immortale, è rispetto della legge e disciplina, è libertà ma libertà da conquistare attraverso la legge, che si instaura con la rinuncia a tutto ciò che è piccolo arbitrio e velleità irragionevole e dissipatrice.

È concezione austera della vita, è serietà religiosa, che non distingue la teoria dalla pratica, il dire dal fare, e non dipinge ideali magnifici per relegarli fuori di questo mondo, dove intanto si possa continuare a vivere vilmente e miseramente, ma è duro sforzo di idealizzare la vita ed esprimere i propri convincimenti nella stessa azione o con parole che siano esse stesse azioni. »

I firmatari

Tra i firmatari più noti si ricordano:

    Bruno Barilli
    Luigi Barzini senior
    Antonio Beltramelli
    Vittorio Cian
    Guelfo Civinini
    Ernesto Codignola
    Gabriele D'Annunzio
    Salvatore Di Giacomo
    Pericle Ducati
    Francesco Ercole
    Luigi Federzoni
    Giovanni Gentile
    Curzio Malaparte
    Filippo Tommaso Marinetti
    Ferdinando Martini
    Ernesto Murolo
    Ugo Ojetti
    Alfredo Panzini
    Salvatore Pincherle
    Luigi Pirandello
    Ildebrando Pizzetti
    Corrado Ricci
    Vittorio G. Rossi
    Margherita Sarfatti
    Ardengo Soffici
    Arrigo Solmi
    Ugo Spirito
    Giuseppe Ungaretti
    Gioacchino Volpe
    Guido da Verona