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Luigi XVIII di Borbone (Versailles, 17 novembre 1755 – Parigi, 16
settembre 1824) fu re di Francia dal 1814 al 1824.
Biografia
Dapprima conte di Provenza, Louis Stanislas Xavier sposò nel
1771 Maria Giuseppina di Savoia, figlia del re di Sardegna Vittorio
Amedeo III dalla quale non ebbe figli.
Sin da giovanissimo iniziò a interessarsi agli affari di
stato. Nel 1789, dopo la presa della Bastiglia aspirò, in
quanto primo dei fratelli di Luigi XVI, alla luogotenenza generale
del regno, che non ottenne a causa dell'opposizione di Maria
Antonietta.
Il 20 giugno 1791 fuggì da Parigi a Bruxelles per raggiungere
a Coblenza il fratello minore, il conte d'Artois (futuro Carlo X di
Francia). Lasciata Coblenza si ritirò in Vestfalia dove, alla
morte di Luigi XVI (21 gennaio 1793), assunse il titolo di reggente,
proclamò il Delfino suo nipote re Luigi XVII e luogotenente
generale del regno il fratello conte d'Artois.
Alla morte di Luigi XVII (8 giugno 1795) assunse il nome di Luigi
XVIII e lavorò tenacemente al proprio ritorno. Dal 1809 al
1814 fu in più luoghi d'Europa, specie in Inghilterra, e
finalmente il 2 maggio 1814, con la caduta di Napoleone, poté
ascendere al trono, in un momento difficile della storia francese.
Alla sua entrata in Parigi, vestito secondo la moda settecentesca,
con la tipica parrucca, fu accolto da salve di cannoni, dalle
campane battenti e dalla folla che si riversò in strada per
accoglierlo. Nonostante i suoi 59 anni, il suo aspetto era deforme e
la sua camminata era resa difficoltosa dalla gotta.
Dopo la pausa dei Cento giorni (che costrinse Luigi a rifugiarsi a
Gand) e la sconfitta di Napoleone a Waterloo (1815) poté
riprendere il suo posto di monarca. Toccò a lui rafforzare il
movimento monarchico con le garanzie della libertà, in
particolare dopo il Terrore bianco (1815) e dopo le reazioni per
l'uccisione di Carlo Ferdinando, duca di Berry, erede al trono
(1820).
Contro le rivendicazioni estreme del legittimismo sostenute da suo
fratello, il futuro Carlo X, passato alla storia come un gran
reazionario, e del duca di Blacas, concesse, nel 1814, una 'Carta
costituzionale', ispirata, sia pur con limiti, a motivi liberali e,
nel 1816, sciolse la reazionaria cosiddetta Camera introvabile.
Resosi conto dell'impossibilità e dell'inopportunità
di una pura e semplice restaurazione in un paese che la rivoluzione
e il periodo napoleonico avevano profondamente mutato, concesse una
carta costituzionale (legittimista) che istituiva una monarchia
parlamentare e riaffermava le riforme sociali contenute nei codici
napoleonici. Il regime era rappresentativo, ma non democratico,
essendo il diritto di voto limitato a meno di 100.000 grandi
possidenti. Il paese aveva accettato il ritorno di Napoleone senza
entusiasmo e, dopo la sua sconfitta a Waterloo, accettò Luigi
XVIII senza proteste. Egli fece in modo di conservare una netta
posizione predominante (Il Re era “Re di Francia e Navarra” a
sottolineare il diritto di origine divina del potere sovrano) in
ognuno dei tre poteri: detiene quello esecutivo (con la nomina di un
Gabinetto di ministri), ha il potere di iniziativa legislativa (che
sarà poi discussa dai due rami del Parlamento, la Camera dei
Pari, di nomina regia senza limiti di numero e dalla Camera dei
deputati, elettiva ogni cinque anni con suffragio censitario che dal
1820 attribuirà ai maggiori censiti ben due voti) di sanzione
(la volontà del Parlamento doveva conformarsi alla sua) e di
ordinanza, nonché di controllo del potere giudiziario con la
nomina dei giudici. Nonostante il forte tradizionalismo monarchico
che connotava questa Charte octroyée, v'era comunque ampio
spazio per quel moderatismo e senso del compromesso che uscivano dal
Congresso di Vienna (si pensi all'articolo 1 dove si diceva che “I
francesi sono eguali di fronte alla Legge, quali che siano i loro
titoli e il loro rango”).
Abile amministratore e diplomatico, cercò di limitare le
conseguenze delle guerre sostenute dalla Francia contro gli alleati
gli fu prezioso l'aiuto prima del Talleyrand, al Congresso di
Vienna, poi del duca di Richelieu, al Congresso di Aquisgrana.
Quest'ultimo iniziò il rientro della Francia nel concerto
delle potenze europee, sancito definitivamente al Congresso di
Verona (1822), che permise al regno di Luigi XVIII di guidare, nel
1823, la brillante e vittoriosa spedizione di Spagna, punto
culminante della politica estera della restaurata dinastia.
In una società stanca di guerre e di avventure operò
per favorire un ritorno all'ordine e alla religione, ma non seppe
vedere nell'opera di liberali schietti come Benjamin Constant, il
generale Foy e il marchese di La Fayette, il cammino verso cui
volgere risolutamente la nuova politica e lasciò corso a
vecchie tendenze che si acuirono con la cacciata del primo ministro
Decazes e il secondo governo Richelieu. La successiva vittoria degli
'ultrarealisti' alle elezioni della Camera dei deputati
comportò l'incarico al Villèle, nel 1821, che
segnò l'inizio di una politica più esposta verso
destra che, condotta con maggior vigore e imperizia da Carlo X
condusse, nel 1830, alla rivoluzione di luglio e alla caduta della
millenaria monarchia francese.