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Luigi XIV re di Francia, detto il Grande (fr. le Grand) o il Re Sole
(fr. le Roi Soleil). - Tra 17° e 18° sec. la Francia di L.,
il Re Sole, divenne la maggiore potenza europea. Sue grandi
ambizioni furono di fare della Francia un paese fortemente unito
sotto il controllo della Corona e di ridurre l'Europa sotto la sua
egemonia: riuscì parzialmente nel primo scopo e fallì
nel secondo.
Vita e attività
Figlio (Saint-Germain-en-Laye 1638 - Versailles 1715) di Luigi XIII
e di Anna d'Austria; re dal 1643, rimase sotto la tutela della madre
e del cardinale Mazzarino sino alla morte di quest'ultimo (1661),
allorché annunciò alla corte che nulla si sarebbe
più fatto senza il suo ordine. La celebre espressione
L'état c'est moi indicava i chiari intenti assolutistici del
suo programma di governo: tutti i suoi sforzi, all'interno, furono
rivolti a compiere il processo di accentramento della vita politica
della nazione, che la sconfitta della Fronda aveva reso
ineluttabile; scelse i suoi collaboratori tra i borghesi, ridusse
l'antica feudalità a "nobiltà di corte", obbligandola
a fare da brillante comparsa a Versailles, mentre nelle province,
già da essa governate, il potere passò nelle mani
dell'intendente regio. Da questo punto di vista il coronamento della
politica di L. è costituito dalla creazione di Versailles e
dalla estrema cura che regolava la vita di corte. Furono creati
istituti per rendere più organico e preciso il funzionamento
dell'amministrazione (eliminazione di antiche franchigie e
privilegi; esautoramento dei parlamenti; nessuna convocazione degli
Stati Generali; istituzione degli intendenti). Intensissima fu, per
merito di J.-B. Colbert, l'attività del governo nel campo
economico e finanziario: grandi lavori pubblici; vigoroso impulso
dato all'agricoltura, ma soprattutto all'industria e al commercio;
marina mercantile e conseguente espansione coloniale e commerciale.
Una radicale riforma dell'esercito fu operata da F.-M. Louvois;
più tardi, con S. Vauban, l'organizzazione di un sistema di
difesa del paese mediante linee fortificate di protezione e places
de frontière diede vita a un complesso di opere di vasto
valore strategico e politico, destinato a esercitare profondo
influsso sulla situazione della Francia, anche nell'avvenire.
iddette libertà gallicane del 1682), sia nel senso di volere
l'assoluta dipendenza del clero dal re; vigorosi furono i suoi
contrasti politico-giurisdizionali con Roma (affare Créqui a
Roma, e occupazione di Avignone e del contado Venassino, 1662-64;
affare del diritto di asilo a Roma e nuova occupazione di Avignone,
1687-88). Ortodosso però all'interno, non tollerò la
fronda religiosa e perseguitò i giansenisti prima (1664), i
quietisti poi; verso i calvinisti adottò una politica di
sempre maggior rigore che culminò, con grave danno della
Francia stessa, nella revoca (1685) dell'editto di Nantes.
La grande opera interna di L. fu completata dal favore accordato
alle arti e alle lettere: la corte fu allora, veramente, al centro
dell'intensissima vita culturale francese. L. trasportò a
Versailles la collezione di dipinti (circa 100) raccolta dai
predecessori a Fontainebleau e l'arricchì grandemente: il
"Cabinet du roi" ammontò a 1500 opere; incremento simile
ebbero le raccolte di pietre incise, di medaglie, di libri, di
disegni e d'incisioni; L. assicurò così alla Francia
il possesso di inestimabili tesori d'arte.
La figura di L. è circondata, però, da fama europea
soprattutto per la sua politica estera, e il suo regno fu il periodo
di massima potenza francese in Europa, tale da legittimare il
volterriano appellativo di "secolo di Luigi XIV" dato al sec.
17°. Iniziata efficacemente con la guerra di devoluzione
(1667-68), la lotta per il predominio europeo continuò con la
guerra contro i Paesi Bassi (1672-78) e vide, negli anni successivi
alla pace di Nimega, il culmine della potenza del re, che
poté, mediante le camere di riunione, procedere alla presa di
possesso delle città alsaziane, in particolare Strasburgo
(1681), e, mediante un accordo col duca di Mantova, occupare anche
Casale. Da una parte, dunque, L. risolveva il problema delle
frontiere sul Reno, dall'altra metteva più saldo piede in
Italia. Ma la potenza francese, esercitata spesso con durezza di
forme (bombardamento di Genova, 1684; pressione continua sul ducato
di Savoia e sul Brandeburgo), accentuò la reazione delle
potenze europee sotto la direzione di Guglielmo d'Orange (dal 1688
re d'Inghilterra): se la guerra della Grande Alleanza (1688-97) ebbe
fine nella pace di compromesso di Rijswijk, la lunga guerra di
successione di Spagna (durata dal 1701 al 1713-14, pace di Utrecht e
di Rastatt), si concluse con la perdita dell'egemonia politica, che
dalla Francia passò all'Inghilterra.
L'azione di L., dunque, se per certi riguardi è in linea con
le tendenze dell'epoca, che portavano all'accentramento statale e
all'erosione del potere nobiliare, proprio in politica estera sembra
legata ai vecchi schemi delle guerre per l'egemonia in Europa;
sostanzialmente indifferente egli rimase, infatti, di fronte alle
nuove prospettive di espansione coloniale e commerciale, allora
felicemente adottate dall'Inghilterra. Anche all'interno gli ultimi
quindici anni di regno segnarono una grave crisi del "sistema";
malcontento in Francia per l'assolutismo, le continue guerre, la
pressione fiscale; formazione di un nucleo d'opposizione ai metodi
del re (Fénelon, Saint-Simon, Boulainvilliers).
L'atmosfera di crisi avvolse la stessa vita privata del re. Questi,
dopo l'amore giovanile per Maria Mancini, aveva sposato (1659)
l'infanta spagnola Maria Teresa d'Asburgo, avendo come favorite
prima la duchessa di La Vallière, poi la marchesa di
Montespan, dalla quale ebbe parecchi figli, e infine Madame de
Maintenon, che, dopo la morte della regina (1683), sposò
segretamente; sotto l'influsso di quest'ultima la vecchiaia di L. fu
ossessionata da continui scrupoli religiosi, sui quali esercitarono
il loro peso anche i lutti familiari (1711, morte del delfino; 1712,
del figlio ed erede di quest'ultimo, il duca di Borgogna). ▭ Stile
Luigi XIV: stile del mobile francese nella seconda metà del
Seicento che risente molto del gusto barocco romano. Ha carattere
severo, forme massicce, linee diritte; usa generalmente legni
pesanti come la quercia, il noce, ecc., decorati con incrostazioni
di tartaruga o di bronzo. Come rivestimento impiega di preferenza il
velluto e la tappezzeria pesante dai colori decisi e scuri. J. Le
Pautre è il più importante disegnatore di ornati per i
mobili eseguiti nel laboratorio di A.-C. Boulle.