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Gottfried Wilhelm von Leibniz (in lat. Leibnitius, in passato
francesizz. in Leibnitz; Lipsia, 1º luglio 1646 – Hannover, 14
novembre 1716) è stato un matematico, filosofo, scienziato,
logico, glottoteta, diplomatico, giurista, storico, magistrato e
bibliotecario tedesco.
A lui si deve il termine "funzione" (coniato nel 1694) che egli
usò per individuare varie quantità associate ad una
curva, tra cui il suo valore, la pendenza, la perpendicolare e la
corda in un punto. A Leibniz, assieme a Isaac Newton, vengono
generalmente attribuiti l'introduzione e i primi sviluppi del
calcolo infinitesimale, in particolare del concetto di integrale,
per il quale si usano ancora oggi molte delle sue notazioni.
È considerato un precursore dell'informatica e del calcolo
automatico: fu inventore di una calcolatrice meccanica detta appunto
Macchina di Leibniz.
Cenni biografici e sintesi del pensiero
Dotato di notevole intelligenza, a soli sei anni aveva già
imparato il latino, grazie alla lettura di Tito Livio. A quindici
entrò all'Università di Lipsia: conseguì poi la
laurea in filosofia a diciassette anni all'università di
Altdorf e nel 1666 il dottorato in giurisprudenza sempre ad
Altdorf[1].
Nel 1673 Leibniz presenta alla Royal Society di Londra la
calcolatrice meccanica realmente in grado di moltiplicare e
dividere. L'innovazione principale rispetto alla pascalina e alla
calcolatrice di Schickard (peraltro ignota all'epoca), che erano
essenzialmente delle addizionatrici, fu l'introduzione del
traspositore che permetteva di memorizzare un numero per sommarlo
ripetutamente. L'invenzione gli fruttò l'ammissione alla
Royal Society, ma non ebbe immediata applicazione per le
difficoltà costruttive, all'epoca insormontabili. Solo nel
1820 Xavier Thomas de Colmar riuscì a produrre l'aritmometro
(la prima calcolatrice commerciale) basato su un progetto quasi
identico. Il cilindro traspositore di Leibniz, sia pure modificato,
fu poi l'elemento principale di molte calcolatrici successive, fino
alla Curta.
Un'altra grande intuizione di Leibniz fu il primo tentativo di
costruire una calcolatrice che utilizzava il sistema numerico
binario, per altro già introdotto da Caramuel. La macchina
funzionava con delle biglie. La presenza o meno di una biglia in una
posizione determinava il valore 1 o 0. Anche questa idea non ebbe un
seguito immediato e si dovette attendere George Boole nell'Ottocento
e lo sviluppo dei calcolatori elettronici perché venisse
ripresa e sviluppata. Intorno al 1670 fu tra i due pionieri del
calcolo infinitesimale: in base ai suoi appunti, un importante punto
di svolta nel suo lavoro avvenne il 17 aprile 1675, quando
riuscì ad utilizzare per la prima volta l'integrale per
trovare l'area dell'insieme di punti delimitato dalla funzione y=x e
l'asse delle ascisse. Ebbe quindi una celebre disputa con Newton in
merito all'attribuzione della scoperta.
Egli introdusse diverse notazioni usate nel calcolo fino ai giorni
nostri, ad esempio il segno dell'integrale ∫ che rappresenta una S
allungata (dal latino summa) e la d usata per i differenziali (dal
latino differentia). Leibniz pensava che i simboli fossero molto
importanti per la comprensione delle cose. Egli cercò di
sviluppare un "alfabeto del pensiero umano" (da lui chiamato
mathesis universalis), nel quale cercò di rappresentare tutti
i concetti fondamentali usando simboli, e combinando questi simboli
per rappresentare pensieri più complessi, senza però
mai giungere ad una conclusione di questo ambizioso programma.
Il suo contributo filosofico alla metafisica è basato sulla
Monadologia, che introduce le Monadi come "forme sostanziali
dell'essere". Le Monadi sono delle specie di atomi spirituali,
eterne, non scomponibili, individuali, seguono delle leggi proprie,
non interagiscono, ma ognuna di esse riflette l'intero universo in
un'armonia prestabilita. Dio e l'uomo sono anche monade: le monadi
differiscono tra loro per la diversa quantità di coscienza
che ogni monade ha di sé e di Dio al suo interno.
Nel modo abbozzato in precedenza, il concetto di monade risolve il
problema dell'interazione tra mente e materia che sorge nel sistema
di Cartesio, così come l'individuazione all'apparenza
problematica nel sistema di Baruch Spinoza, che rappresenta le
creature individuali come semplici modificazioni accidentali di
un'unica sostanza. La Theodicee tenta di giustificare le
imperfezioni apparenti del mondo sostenendo che esso è il
migliore tra i mondi possibili. Il mondo deve essere il migliore e
più equilibrato dei mondi, perché è stato
creato da un Dio perfetto. In questo modo, è risolto a priori
il problema del male; non a posteriori con un premio ultraterreno
per i giusti, che Kant userà per argomentare
l'immortalità dell'anima. Le idee non sono incompatibili;
l'affermazione "è il migliore dei mondi possibili" è
un tipico giudizio sintetico a priori.
Mentre la "soluzione a posteriori" è una verità di
fatto, una ragion pratica (direbbe Kant); la soluzione "a priori"
è una verità di ragione, una ragion pura (direbbe
Kant) cui è tenuto il filosofo. La critica di Voltaire rimane
filosofica perché mossa non su un piano metafisico, ma sul
lato pratico delle esperienze umane, l'unico in cui è debole
(come notava lo stesso Leibniz). Leibniz in nome della metafisica
sosteneva la prima verità. Leibniz ha scoperto la matematica
dei limiti ed il principio degli indiscernibili, utilizzato nelle
scienze, secondo il quale due cose che appaiono uguali - e fra le
quali quindi la ragione non trova differenze - sono in realtà
la stessa cosa, poiché due cose identiche non possono
esistere. Da questo principio deduce il principio di ragion
sufficiente per il quale ogni cosa che è, ha una causa.
Questo principio implica il primo, nel senso che per parlare di
differenza deve esserci un motivo (vedere delle differenze,
appunto), rendendo inutile operare "distinguo" a tutti i costi.
Il principio di ragion sufficiente lo obbligava davanti ai mali del
mondo a trovarvi una giustificazione, senza negarne l'esistenza a
differenza della posizione di Sant'Agostino e di altri filosofi. La
frase "Viviamo nel migliore dei mondi possibili", molto spesso
decontestualizzata, fu guardata con scherno e malignità da
alcuni suoi contemporanei, soprattutto Voltaire, che parodiò
Leibniz nella sua novella Candide, dove il filosofo tedesco appare
sotto le spoglie di un certo Dottor Pangloss. Secondo altri critici,
tuttavia, Pangloss non rappresenterebbe una maligna e superficiale
caricatura di Leibniz, ma di Maupertuis, celebre scienziato e
presidente dell'Accademia delle Scienze di Berlino, nei riguardi del
quale Voltaire nutriva una pubblica inimicizia, e che aveva
già attaccato in Micromégas e nell'Histoire du Docteur
Akakia. Questo nome deriva dalla ricerca di Leibniz, quasi disperata
(e mai conclusa), di creare un linguaggio universale, basato su
degli elementi minimi comuni a tutte le lingue. Da quest'opera il
termine panglossismo si riferisce a persone che sostengono di vivere
nel miglior mondo possibile.
La concezione di Leibniz era contrapposta alla tesi di Newton di un
universo costituito da un moto casuale di particelle che
interagiscono secondo la sola legge di gravità. Tale legge,
infatti, secondo Leibniz era insufficiente a spiegare l'ordine, la
presenza di strutture organizzate e della vita nell'universo e
più razionale del continuo intervento dell'"Orologiaio"
creatore dell'universo ipotizzato da Newton. Leibniz è
ritenuto la prima persona ad aver suggerito che il concetto di
retroazione fosse utile per spiegare molti fenomeni in diversi campi
di studio.
L'idea di sistema economico secondo Leibniz
Leibniz scrisse un Piano di creazione di una società delle
Arti e delle Scienze in Germania il cui primo obiettivo è di
«produrre abbastanza nutrimento per la nazione al fine […] di
migliorare le industrie, di facilitare la sorte della mano d'opera
manuale […] attraverso il progresso tecnologico, di rendere sempre
ad un prezzo abbordabile le macchine termiche, motore di base
dell'azione meccanica, al fine che tutti possano costantemente
sperimentare tutti i tipi di pensieri ed idee innovatrici, proprie a
loro stessi e agli altri, senza perdere tempo prezioso».
Leibniz considera che la schiavitù non migliora la
produttività: è uno spreco perché la vera
ricchezza risiede nelle capacità dei cittadini di inventare.
Ne La Società e l'Economia, Leibniz aggiunge: «E
perché tanta gente [i lavoratori] dovrebbe essere ridotta a
tanta povertà per il bene di così pochi? La
Società avrà dunque per scopo puntuale quello di
liberare il lavoratore dalla sua miseria».
L'utopia, come in questo caso, anche se non può essere
raggiunta, vale come limite a cui tendere. Lo scritto nasce
all'interno di una disputa con il filosofo liberista John Locke.
Leibniz riteneva che uno Stato dovesse favorire la creazione di
invenzioni, di macchine e di manifatture, al fine di liberare l'uomo
dal lavoro fisico più alienante e di dare alla società
più pensatori e più capacità. Nel saggio
politico Sulla legge naturale, Leibniz affermò che la
società perfetta è quella il cui obiettivo è la
felicità suprema e generale.
Dal suo enorme epistolario, risulta che Leibniz ebbe influenza
presso molte corti europee, fino alla Russia di Pietro il Grande del
quale fu consigliere personale; nell'arco di anni di attività
diplomatica riuscì a tessere una rete di amicizie con
pensatori repubblicani nel mondo. Anche queste rientravano nel
programma politico che Benjamin Franklin e Alexander Hamilton
avevano in mente per l'America.
Il suo pensiero economico mosse una critica "ante litteram" sia a
Karl Marx che ad Adam Smith. Secondo Leibniz la ricchezza di una
nazione non risiede né nelle ore di lavoro incorporate nei
beni (e "nel sudore" necessario a produrli) né
nell'abbondanza di oro che corrisponde ad un attivo della bilancia
commerciale (più esportazioni che importazioni); per il
filosofo la ricchezza è in primo luogo la capacità di
una nazione di produrre beni, il principale prodotto di una
società sono le persone, e la ricchezza consiste nella
disponibilità di un capitale umano di conoscenza e di
un'industria manifatturiera in grado di garantire un futuro alla
crescita economica. Perciò ogni repubblica secondo Leibniz
avrebbe dovuto investire nell'istruzione e mantenere una propria
industria manifatturiera. In un certo senso alle nazioni (come ad
ogni individuo cosciente) era applicata la nozione di monade.