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Dalla Restaurazione e fino alla presa di Roma, lo Stato Pontificio
fu suddiviso amministrativamente in delegazioni apostoliche,
individuate come circoscrizioni territoriali dalla riforma di Pio
VII il 6 luglio 1816 (motu proprio «Quando per ammirabile
disposizione»). Abbandonando la precedente ripartizione in 11
province, lo Stato fu articolato in 17 delegazioni, cui si
aggiungeva quella speciale della comarca di Roma. La riforma fu
influenzata dal modello francese di Stato amministrativo, che
l'Italia aveva conosciuto durante il dominio napoleonico. La
delegazione equivaleva grossomodo alla provincia repubblicana e
aveva poteri esecutivi.
Le delegazioni assumevano il nome di Legazioni quando erano
governate da un cardinale. Poiché ciò avveniva
regolarmente nelle delegazioni romagnole, il termine Legazione usato
in senso assoluto si riferiva alle 4 circoscrizioni che componevano
quel territorio (Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna). Nel
1850, tuttavia, la riforma amministrativa di Pio IX riservò
il titolo di Legazioni alle 5 grandi regioni nelle quali divise
l'intero Stato avendo raggruppato le delegazioni preesistenti.
Classificazione e struttura
Il Moto proprio della Santità di Nostro Signore papa Pio VII
in data de' 6 luglio 1816 sulla organizzazione dell'amministrazione
pubblica, istitutivo delle delegazioni apostoliche, distinse le
nuove circoscrizioni in tre classi, riservando loro trattamenti e
onorificenze diversificate.
A capo di ogni delegazione era posto un prelato (delegato), nominato
dal papa tramite un provvedimento della Segreteria di Stato. Nel
caso si trattasse di un cardinale, assumeva il titolo di legato.
Ciò era solitamente possibile nelle sole delegazioni di
1ª classe. Al delegato (o legato secondo i casi) erano
affiancati due assessori, sempre di nomina papale, con funzioni
ausiliarie di natura giudiziaria (l'uno nel civile, l'altro nel
penale).
A fianco del delegato e degli assessori era prevista una
Congregazione governativa composta:
da quattro membri, due del capoluogo e due del circondario, nelle
delegazioni di 1ª classe;
da tre membri, due del capoluogo e una del circondario, nelle
delegazioni di 2ª classe;
da due membri, una del capoluogo e una del circondario, nelle
delegazioni di 3ª classe.
In ogni delegazione l'amministrazione della giustizia era devoluta a
un tribunale di prima istanza per le cause civili e a un tribunale
criminale per le cause penali.
[...]
Riforme successive
Leone XII
Il successore immediato di Pio VII, papa Leone XII, ordinò
una profonda riforma del sistema delle delegazioni con il motu
proprio del 5 ottobre 1825, riducendone il numero a 13 mediante
l'accorpamento di Fermo e Ascoli, Macerata e Camerino, Spoleto e
Rieti, Viterbo e Civitavecchia.
Gregorio XVI
Il nuovo assetto sopravvisse al pontefice, ma sei anni dopo la sua
attuazione Gregorio XVI lo mise nel nulla, ripristinando le
delegazioni soppresse e istituendo la nuova delegazione di Orvieto
(per distacco da Viterbo) con l'editto del 5 luglio 1831. La riforma
gregoriana fu completata dall'istituzione della delegazione di
Velletri (per distacco da Frosinone) con il motu proprio “Luminose
prove” del 1º febbraio 1832. La delegazione di Velletri,
pur essendo di 3ª classe, aveva titolo di legazione
perché retta dal Decano del Sacro Collegio. Questa
caratteristica fu ereditata dalla Legazione di Marittima e Campagna
che ebbe Velletri per capoluogo.
Pio IX
Il 22 novembre 1850 Pio IX, rientrando dall'esilio di Gaeta e Napoli
dopo la parentesi della Repubblica Romana, promulgò un editto
sul governo delle province e sull'amministrazione provinciale, modificando ancora l'assetto territoriale dello Stato della Chiesa.
Il pontefice raggruppò infatti le delegazioni originarie in
quattro grandi legazioni, tranne la Comarca e il Patrimonio che
confluirono nel circondario di Roma. Ciascuna legazione fu affidata
al governo di un cardinale.
[...]