KULTURKAMPF

 

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di Carlo Antoni

KULTURKAMPF (ted. "lotta per la civiltà").

È noto con questa denominazione il conflitto fra Stato e Chiesa cattolica, determinatosi in Germania e specialmente in Prussia nel 1871, all'indomani della fondazione dell'impero tedesco.

La sconfitta dell'Austria nel 1866 e quella dell'impero francese, campione del potere temporale, nel '70, erano apparse altrettante disfatte dell'idea cattolica. Proprio allora il concilio vaticano aveva perfezionato l'ordinamento unitario e centralistico della Chiesa con la proclamazione dell'infallibilità pontificia. Più che mai quindi, nel clima politico creato in Germania dalle recenti vittorie, il cattolicismo appariva un corpo estraneo, dannoso alla nuova coscienza nazionale e statale; era considerato come ultramontanismo, asservimento cioè alla Curia romana.

I più accesi fautori del Kulturkampf non furono però i protestanti, che anzi deplorarono la lotta temendo per le sorti della stessa Chiesa evangelica e della vita religiosa in genere, ma i liberali, eredi, nella difesa delle prerogative dello Stato sovrano, dei giuristi dell'assolutismo, e anticlericali per effetto del concetto laico e positivistico della Kultur come somma di nozioni scientifiche. La Chiesa, che poco prima aveva condannato nel Sillabo le idee liberali, era per loro il simbolo della reazione e dell'oscurantismo. Si spiega così la fortuna del nome di "lotta per la civiltà" coniato da R. Virchow nel 1873 e accettato, in senso ironico, anche dai cattolici.

Protagonista del Kulturkampf fu Bismarck, per quanto egli abbia cercato più tardi di attenuare le proprie responsabilità. Egli si proponeva di saldare all'interno quel Reich che aveva creato, ma non condivideva il dottrinarismo giuridico dei liberali e meno che mai i loro ideali politici. Considerò semplici mosse tattiche molti dei provvedimenti che costoro volevano definitivi. Già l'insincerità di quest'alleanza e la poco chiara dimostrazione del programma segnano in anticipo l'esito del conflitto. Bismarck s'illuse inoltre sulla consistenza del cattolicismo tedesco, che giudicava stremata perché il dogma dell'infallibilità aveva provocata una scissione tra i cattolici tedeschi, originando il movimento dei Vecchi Cattolici e aveva trovato avversari nello stesso episcopato, mentre le simpatie di una parte dell'opinione pubblica erano per i vecchi cattolici, rifiutanti di accettare la proclamazione del nuovo dogma. Un conflitto con la S. Sede rispondeva inoltre ai piani di politica estera di Bismarck, che mirava a legare a sé l'Italia e a isolare la Francia, dove, dopo la comune, si preannunciava una ripresa cattolica.

Quando nel marzo del 1871 si riunì il primo Reichstag e i cattolici vi costituirono la frazione del Centro, Bismarck credette d'interpretare questa mossa come una sfida. Egli sentiva riaffiorare nel Centro, sotto la bandiera della Chiesa, le tendenze che avevano osteggiato la formazione del Reich, tanto più che intorno a quel gruppo si stringevano i particolaristi bavaresi, i Renani avversi al prussianismo, o addirittura elementi estranei all'idea nazionale, i Polacchi, i Guelfi, gli Alsaziani. Alla testa del gruppo erano alcuni suoi antichi nemici, Carlo Savigny, Mallinckrodt e soprattutto Ludovico Windthorst, già ministro di quel Hannover che la Prussia aveva assorbito nel 1866.

Bismarck aveva già fatto respingere dal Reichstag, durante la discussione sull'indirizzo di risposta all'imperatore, la proposta del Centro di togliere il passo in cui s' invitava il governo a non favorire il ristabilimento del potere temporale. Ma l'ostilità tra Centro e governo si manifestò nettamente quando fu respinta la richiesta dei cattolici che s'inserisse nella costituzione del Reich l'articolo dello statuto prussiano che garantiva la libertà delle Chiese. Frattanto la questione dei vecchi cattolici si faceva sempre più acuta. Bismarck pensò di profittare di queste correnti antiromane per far pressione sulla Curia e indurla a sconfessare il Centro, ma, fallito il tentativo, si lanciò nella lotta. Il primo colpo fu, l'8 luglio, la soppressione della sezione cattolica del ministero prussiano del culto.

Bismarck aveva sperato di aver con sé i conservatori. Mancatogli quest'appoggio si rivolse ai liberali. La lotta ebbe allora carattere decisamente anticlericale: su proposta di Bennigsen, capo dei liberali-nazionali, fu inserito nel codice penale del Reich un paragrafo contro "l'abuso del pulpito", contro cioè le proteste del clero. Iniziata l'offensiva, Bismarck preferì lasciare l'iniziativa degli attacchi ai liberali e la responsabilità al ministro prussiano del culto, Adalberto Falk. Il primo provvedimento legislativo promosso dal Falk fu una legge del marzo 1872, che attribuiva allo stato la vigilanza su tutto l'insegnamento, anche religioso. Contemporaneamente il ministro prendeva posizione contro i vescovi nella questione dei vecchi cattolici. La prepositura militare, che aveva escluso questi dal servizio religioso nell'esercito, era soppressa.

Avveniva frattanto la rottura con Roma. Il cardinale Hohenlohe, scelto da Bismarck come ambasciatore tedesco presso il Vaticano, non ottenne il gradimento della Curia. Bismarck dichiarò allora di "non volere andare a Canossa" e soppresse l'ambasciata. Nel luglio del 1872 il Reichstag decretava l'espulsione dei gesuiti e poco dopo di alcuni ordini affini. I cattolici fondarono allora un' "Associazione dei cattolici tedeschi" (Mainzer Verein) che portò l'agitazione tra il popolo. Pio IX stigmatizzò con asprezza coloro che pretendevano di limitare i dogmi e i diritti della Chiesa.

Si giunse così nel 1873 alle cosiddette "leggi di maggio". S'inserì nello statuto prussiano il principio che la Chiesa era sottoposta alle leggi e alla vigilanza dello Stato e che spettava a questo regolare la preparazione, la nomina e il licenziamento degli ecclesiastici. La nuova legislazione stabilì un "esame di cultura" per gli studenti in teologia; sottopose a ispezione gli istituti d'istruzione religiosa e vietò i convitti ecclesiastici; impose ai vescovi di notificare le nomine del clero all'autorità politica; limitò il potere disciplinare delle autorità ecclesiastiche e ammise la deposizione di ecclesiastici solo in via giudiziaria; consentì l'uscita da una Chiesa mediante la semplice dichiarazione dinnanzi al giudice. L'episcopato prussiano si rifiutò di riconoscere le leggi. Questa resistenza provocò ulteriori misure, tanto più che la compagine cattolica non sembrava salda. Nel marzo 1874 era introdotto in Prussia, e l'anno seguente in tutto l'impero, il matrimonio civile. Pene e confische furono comminate per la violazione delle leggi ecclesiastiche e finalmente si autorizzarono le autorità di polizia ad applicare l'interdizione di soggiorno e il confino agli ecclesiastici deposti da una sentenza del tribunale.

La tensione divenne estrema nel luglio 1874 in seguito all'attentato contro Bismarck compiuto da un garzone bottaio, Eufrido Kullmann. Lo stesso cancelliere non esitò a denunciare la responsabililà del Centro. Su proposta di Windthorst, i cattolici deliberarono allora la resistenza passiva", mentre un'enciclica papale designava "irrite" le nuove leggi. Bismarck rispose con una legge dell'aprile 1875 che sospendeva gli assegni a quei vescovi e parroci, che non avevano ottemperato alle recenti norme. Nel maggio si scioglievano in Prussia tutti gli ordini e le congregazioni religiose che non si dedicavano alla cura degli ammalati. Il patrimonio delle chiese fu attribuito alle comunità parrocchiali e la sua amministrazione fu affidata a collegi eletti dalle comunità.

Nei tre anni seguenti Falk perfezionò la sua opera, ma le pene pecuniarie non piegarono la resistenza passiva né conseguirono effetto le deposizioni e le condanne al carcere di numerosi arcivescovi e vescovi e di centinaia di parroci. Si ricorse pure a misure amministrative, negando l'esenzione dal servizio militare agli studenti in teologia, vietando le congregazioni di studenti, vigilando le associazioni e la stampa cattolica, trasferendo nelle regioni orientali i funzionari "clericali".

Bismarck non tardò ad accorgersi d'essersi messo in un ginepraio. La legislazione di Falk, penetrata ormai nel vivo della struttura della Chiesa, si rivelava insostenibile. Le sedi vescovili e le parrocchie erano deserte, ma il popolo non seguiva i "parroci di stato" nominati dalle autorità politiche. Invano governo e maggioranza ripetevano che non volevano toccare la fede: i cattolici parlavano di persecuzione "dioclezianea". La posizione di Bismarck s'indeboliva. Lo stesso imperatore era poco entusiasta, e la corte era ostile. L'accordo con i liberali era mantenuto solo a prezzo di compromessi. Perciò, quando nelle elezioni del 1877 i conservatori ebbero qualche vantaggio e i liberali perdettero terreno dinnanzi all'avanzata della social-democrazia, il cancelliere ritenne giunto il momento di sbarazzarsi dei suoi alleati.

L'occasione gli fu offerta dalla sua nuova politica economica. Nel 1878 lanciava la nuova parola d'ordine: protezione di tutta la produzione nazionale, industriale e agraria. Proprio allora moriva Pio IX e saliva al pontificato Leone XIII. La lettera con cui il nuovo papa comunicava la sua elezione all'imperatore conteneva un invito alla pace ed ebbe una risposta conciliante. La crisi si sviluppò allora con rapidità. I ministri liberali, contrari al protezionismo, si dimisero e al loro posto subentrarono i conservatori. Poche settimane dopo, due attentati socialisti contro Guglielmo I provocarono un'ondata di sdegno nell'opinione pubblica. Bismarck sciolse fulmineamente il Reichstag. I liberali, che si erano opposti a misure d'eccezione, furono travolti: le nuove elezioni segnarono la disfatta del partito che si spezzò in due.

Cessavano pure per Bismarck le ragioni di politica estera che avevano suggerito la lotta, ché in Francia ormai prevalevano le sinistre. Tuttavia il riavvicinamento con la Chiesa si operò lentamente. Se il papa mostrava di desiderare un'intesa, il Centro era ancora troppo acceso. Il cancelliere si limitò a mostrarsi conciliante nei singoli casi e a congedare il ministro Falk, iniziando trattative col nunzio a Monaco, Masella, e col nunzio a Vienna, Jacobini. Deciso a liquidare la questione, egli non volle però apparire un vinto. La strada migliore era quella di Roma: perciò, contro il Centro e d'accordo con Roma, si fece conferire nel luglio 1880 i pieni poteri per il ristabilimento di un'ordinata amministrazione delle diocesi. Una serie di misure restrittive fu subito lasciata cadere, sicché già nel 1881 fu possibile accordarsi con la Curia sulla nomina di alcuni vescovi e vicari. Bismarck cercò anche appoggi nell'alto clero, rivolgendosi a quegli ecclesiastici non politici ai quali stava a cuore la cura delle anime in Prussia, dove ben 1125 parrocchie su 4627 erano prive di titolare. Giorgio Kopp, uno dei vescovi di recente nomina, fu il mediatore tra governo e Curia e, agendo in diretto contatto con Roma, fece passare in seconda linea il Centro. Nominato membro del Consiglio di stato e della Camera alta prussiana, Kopp collaborò a un modus vivendi tra Stato e Chiesa, attirandosi gli attacchi del Centro.

Nel 1882 veniva istituita una legazione prussiana presso la S. Sede. Tuttavia le trattative si protraevano oltre il previsto. Se in pratica continuava la demolizione delle leggi, se si richiamavano i vescovi deposti e si restituiva piena libertà all'esercizio del culto, Bismarck rinviava la revisione generale di tutta la legislazione sperando che la popolazione e il clero finissero con l'adattarsi alla situazione e che le agevolazioni concesse provocassero un'incrinatura nella compagine dell'alto clero. Solo quando nel 1885 il papa ebbe provveduto alla sostituzione degli arcivescovi di Colonia e di Posen (Poznam) invisi al governo, si giunse alla fine della contesa. Bismarck abbandonò le leggi di maggio e la Curia riconobbe l'obbligo della notifica delle collazioni. Anche allora però si preferì procedere passo per passo con provvedimenti parziali che si protrassero fino al 1891.

Bismarck uscì dalla lotta senza che né lui né lo Stato perdessero il loro prestigio. In ciò fu involontariamente aiutato dal Centro, che insisteva per una soppressione totale della legislazione del Kulturkampf e si piegava a stento agli ordini della Curia.

Comunemente si giudica il Kulturkampf come un errore di Bismarck. In realtà esso fu, più che una questione di politica e legislazione ecclesiastica, l'urto di due civiltà, di due spiriti diversi. Il Reich bismarckiano, creazione prussiana e protestante, poteva giungere a una sistemazione dei suoi rapporti con la Chiesa solo attraverso un conflitto. Certamente il Cancelliere di ferro era poco adatto a muoversi sul terreno dei rapporti con la Chiesa e non seppe distinguere il limite tra quello che la Chiesa è disposta a concedere e quello che non concede a nessun prezzo. D'altra parte l'articolo dello statuto prussiano non fu ristabilito; il matrimonio civile e l'obbligo della notifica delle collazioni sono rimasti nella legislazione tedesca, la legge poi contro i gesuiti rimase fino al 1917. Ma quello che più importa è che il partito cattolico fu condotto a collaborare al programma economico-sociale e quindi a rafforzare quel Reich contro cui aveva combattuto.

La lotta giovò anche alla parte cattolica, eliminando in essa le contese interne provocate dal concilio vaticano e rafforzando il suo senso di solidarietà. L'affermazione politica del Centro ha avuto nella storia successiva della Germania conseguenze che durarono fino a che il Centro non si sciolse.

Nella storia generale della Chiesa la resistenza fortunata contro Bismarck e lo Stato prussiano è stata la prima grande manifestazione della ripresa del cattolicismo dopo la perdita del potere temporale. Chi pagò le spese della lotta fu il partito liberale. E anche questa disfatta del liberalismo tedesco ha avuto le sue conseguenze nella storia della Germania.

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Wikipedia

Il Kulturkampf (in italiano: battaglia culturale o, in un senso più aggressivo, battaglia di civiltà) è il nome con il quale fu definita la accesa lotta politica e culturale che vide coinvolti la Chiesa cattolica e gli Stati tedeschi nel periodo che va dalla fine del Concilio Vaticano I (1867-1870) ai primi decenni successivi alla fondazione dell’Impero tedesco (1871-1919). Più specificatamente, con il termine si riassume anche tutta la legislazione anticuriale e anticlericale posta in essere dal governo tedesco in quegli anni.

Significato del termine

Il termine fu coniato da Rudolf Virchow, esponente di spicco del partito liberale progressista (Deutsche Fortschrittspartei) in un suo vibrante discorso tenuto al Reichstag il 17 gennaio del 1873. Nel corso delle discussioni sulla proposta di legge relativa allo status e della preparazione dei religiosi, indicò con queste parole il compito che lo stato tedesco doveva assumersi.

Dopo aver descritto la contrapposizione ormai insanabile tra la gerarchia della Chiesa cattolica, espressione ormai di pochi vescovi italiani di cultura ultramontana, e lo sviluppo delle scienze umane e naturali, descrisse l'obiettivo della orgogliosamente definita "battaglia di civiltà":
   
«(realizzare) la libertà dei convincimenti individuali, religiosi o della fede religiosa. La gerarchia, infatti, non ha altro fine che sé stessa, […] ma la religione, signori miei, della gerarchia, non ha alcun bisogno. »

Nel concludere il discorso, e nel difendere le leggi che limitavano la cosiddetta libertas Ecclesiae, disse espressamente:
   
«Queste leggi perseguono apertamente, palesemente e schiettamente l'emancipazione dello Stato, una sua effettiva realizzazione in tutte le sue direzioni »

Eppure, non fu proprio questa la posizione che caratterizzò il Kulturkampf tedesco, che può essere quindi ben distinta, pur apparentemente simile nei suoi effetti, dalla successiva politica laicista della terza Repubblica Francese. Le peculiarità del Kulturkampf furono infatti dovute soprattutto alla figura che lo realizzò in Prussia: il principe e cancelliere dell'Impero, Otto von Bismarck.

Se infatti la «battaglia per la civiltà» era il problema spirituale in cui versò la Mitteleuropa, de facto tra il 1859 e il 1879, l'aspetto politico del problema era rappresentato dal rapporto tra Curia romana e Stati sovrani. Ed è esattamente questo aspetto, il conflitto di competenza tra Stato e Chiesa, che maggiormente rilevò ed assunse maggiore rilevanza nella prospettiva di Bismarck.

Particolarmente chiara è la posizione di Bismarck in un suo discorso alla Herrenhaus (la Camera Alta) dell'Impero:
   
«Non si tratta di uno scontro tra credenti e non credenti, bensì dell'antichissima lotta per il potere, antica quanto la razza umana, tra i Regno e il Sacerdozio, lotta ch'è molto più antica della venuta sulla terra del Redentore. Si tratta della difesa dello stato, si tratta di delimitare dove può arrivare il potere del sovrano e dove quello dei sacerdoti. E questo limite dev'essere identificato in modo tale che lo Stato possa autonomamente sussistere. In questo mondo è, infatti, questo ad avere la direzione e la precedenza »

Simili negli effetti e d'accordo dunque nella legislazione, i due modelli culturali erano diversi. La prospettiva bismarckiana era conservatrice e affondava le sue origini, pur in una rinnovata prospettiva ottocentesca, molto più indietro, allo scontro medievale tra papato e impero, se non, come amava dire lo stesso Bismarck, alla lotta «tra Agamennone e Calcante».

Il Kulturkampf nella Mitteleuropa (1859-1879)

La posizione di Virchow, ed in genere quella del suo partito, non era diversa dal forte anticlericalismo e anticristianesimo che si diffondeva negli stessi tempi in Francia (o anche in Italia), soprattutto a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Il materialismo, il positivismo delle scienze naturali ed il diffondersi delle prime idee socialiste faceva da contesto e dava fondamento a queste posizioni, che nella lotta al Cattolicesimo vedevano una lotta della ragione contro la superstizione ed i residuati del medioevo.

In senso lato, dunque, una prima forma di Kulturkampf potrebbe essere considerata la politica ateistica o laicista della Francia rivoluzionaria, figlia dell'illuminismo giacobino. In Francia, del resto, la lotta tra la Chiesa cattolica e la seconda Repubblica fu aspro per tutto l'inizio del XX secolo. Anche in Italia, a partire dalle leggi Siccardi eversive della manomorta ecclesiastica, cominciò un periodo di forte contrapposizione.

Il termine Kulturkampf definisce tuttavia più da vicino l'aspetto peculiare che questa lotta, come si è detto, assunse negli Stati tedeschi. Alcuni storici parlano, a proposito, del periodo tra il 1859 e il 1879 di un Kulturkampf mitteleuropeo. A partire da quel momento, infatti, nei paesi dell'Europa centrale, Svizzera, Austria, Regni dell'Impero Germanico, la questione del rapporto Stato-Chiesa cominciò ad essere posta in termini particolarmente conflittuali e si avviò una lotta condotta senza esclusione di colpi.

A partire dal 1879, alla fine, le parti incominciarono invece ad avviare trattative e si giunse ad un compromesso, che significò, nei fatti, una vittoria della posizione difensiva della Chiesa, soddisfaciendo tuttavia in parte i poteri nazionali. Il conflitto continuò invece negli altri paesi, Francia ed Italia, dove però aveva assunto caratteristiche diverse.

Prodromi della battaglia culturale

Il terreno per questo aspro scontro era stato preparato dai successi ottenuti dalla Chiesa a partire dalla Restaurazione fino al 1854, anno della proclamazione del Dogma dell'Immacolata Concezione. In quell'anno infatti la Chiesa, nonostante il ritorno politico del liberalismo nel 1830 e le rivoluzioni del 1848, aveva raggiunto il punto più alto della restaurazione di quanto aveva perduto a seguito della politica napoleonica, e forse ottenuto anche qualcosa in più.

Negli stati di lingua tedesca ciò si tradusse concretamente nel Concordato con l’Austria del 1855, che orientava l'impero in modo assolutamente confessionale e concedeva alla Chiesa notevoli privilegi.

La risposta liberale tuttavia non si fece aspettare e la Chiesa dovette arretrare. Le sconfitte militari dell'Austria nella seconda guerra di indipendenza italiana indebolirono, in politica internazionale, le posizioni conservatrici. La Chiesa reagì all'offensiva e nel 1864, insieme all'enciclica Quanta cura, pubblicò il Sillabo, il Compendio degli errori del tempo, con cui condannava definitivamente il liberalismo (già condannato da Gregorio XVI nell'enciclica Mirari vos), il socialismo (già in forte crescita) e, nel complesso, tutte le dottrine filosofiche, politiche e religiose di derivazione illuministica.

L'effetto della condanna fu forte. Ma, ancora una volta, la terribile sconfitta subita dall'Austria nel 1866 a Königgrätz segnò definitivamente la fine della supremazia austriaca e del vecchio equilibrio conservatore in Europa. La Chiesa reagì, ancora, nel 1867, con la convocazione del Concilio Vaticano I e, infine, nel 1870, con la proclamazione del Dogma dell'infallibilità pontificia. Ma, nello stesso anno, la sconfitta della Francia di Napoleone III (che aveva puntato molto all’accordo con i cattolici) isolò definitivamente la politica curiale.

Il Kulturkampf in Austria

In Austria era già cominciata una reazione del pensiero laico. Già il primo governo costituzionale austriaco (1861-1865) propose una serie di norme che puntavano all'equiparazione delle confessioni all'interno dello stato. Successivamente venne messa in discussione la disciplina del matrimonio confessionale. Ma la politica liberale, il cui esponente di spicco era il dr. Mühlfelds, leader dell'ala sinistra del partito costituzionalista, puntava al superamento del concordato confessionale del 1855.

I vescovi reagirono già nel 1861 opponendosi alle proposte del governo. Appellandosi all'imperatore, si lamentarono di una politica che superava addirittura l'odiata legislazione giuseppinista (fino alla Rivoluzione francese, una delle legislazioni anticuriali più dure in un paese cattolico). Nel 1867 papa Pio IX scrisse personalmente all'imperatore, il quale tuttavia, in un momento politicamente molto difficile, non poté, pur lamentando la politica anticlericale, venire incontro alle richieste del pontefice di lottare per il mantenimento del concordato.

Nel 1874, infine, vennero presentate quattro proposte di legge dal governo:

Le leggi vennero approvate nel 1874 e sancite dall'imperatore, con eccezione di quella sui conventi e i monasteri, che venne approvata dalla Herrenhaus (la Camera Alta) solo nel 1876, ma non ottenne la sanzione imperiale.

Questa legislazione non portò, tuttavia, come in Italia o negli USA, ad una "privatizzazione" della Chiesa Cattolica («libera Chiesa in libero stato»), né ad una separazione dallo stato (il "principio di separazione" che poi si realizzò in Italia), bensì ad un riconoscimento del ruolo pubblico della Chiesa, con un forte controllo da parte dello stato: il ruolo cioè, come si legge nella motivazione della legge, di una «corporazione pubblica privilegiata».

Il Kulturkampf nell'Impero germanico

Fu nell'Impero germanico che il fenomeno scoppiò in maniera virulenta. Bisogna tuttavia distinguere, data la natura federale dell'impero, tra i diversi stati, alcuni dei quali, come la Baviera, erano a maggioranza cattolica. Delle norme del Kulturkampf solo due furono però Reichsgesetze, leggi imperiali: quella contro l'uso del pulpito per fini politici e quella che espulse i gesuiti. Le altre interessarono esclusivamente il Regno di Prussia (che era però il più vasto della federazione).

Il Kulturkampf in Baviera

Come paese ad assoluta maggioranza cattolica, la posizione del Regno di Baviera era particolarmente importante nella legislazione del Reich. Per questo motivo la lotta alla Chiesa cattolica in Germania interessò le gerarchie statali.

Con la legge «contro l'abuso del pulpito per fini politici», varata dal Reichstag il 10 dicembre 1871, si ebbe un primo attacco: la proposta venne proprio dal Ministro della cultura del Regno di Baviera. Le difficoltà (e la resistenza alla legislazione antiecclesiastica) provennero in questo paese dal fortissimo partito di Centro (Deutsche Zentrumspartei, l'antenato dell'odierna CDU), da poco costituitosi e braccio politico della Chiesa cattolica.

La legge, passata alla storia come Kanzelparagraph (articolo sul pulpito), inseriva nel codice penale tedesco il § 130a, che recitava:
   
«Un religioso [..] che [..] fa degli affari dello stato oggetto di un'esternazione o di una riflessione in un modo che danneggi la quiete pubblica, è condannato al carcere o alla reclusione fino a due anni. »
    (§ 130 a StGB)

In una lettera di Bismarck al re Ludovico II, il Cancelliere rese chiaro come, proprio per questo motivo, il Kulturkampf fosse assolutamente necessario e non fosse possibile alcun accordo con il Papa. Questi, secondo lo statista della Realpolitik, non aveva nulla da offrire in cambio di un trattamento di favore, dato che non aveva alcuna influenza sulla politica filo-socialista tenuta dal partito di Centro.

L'aumentato pericolo socialista e il pratico appoggio che lo Zentrum dava talvolta ai deputati socialisti costituiva per Bismarck un atto contro lo stato e come tale bisognava, indipendentemente dal cattolicesimo, ribadirlo:
   
«Lo scopo dell'Impero tedesco è la tutela del diritto: l'attività parlamentare non è fine a sé stessa, ma è un mezzo per il raggiungimento della finalità della Federazione. »

Il Kulturkampf in Prussia

Nulla di sorprendente che il conflitto fosse dunque ferocissimo nel Regno di Prussia. Bisogna però premettere una considerazione: è vero che i leaders del secondo impero, Bismarck su tutti, diedero una personale impronta alla questione politica. Questa aveva tuttavia davvero assunto aspetti tali, che si sarebbe dovuta necessariamente, prima o poi, porre.

Per di più, il Regno di Prussia era di tradizione protestante e, come tale, anti-papista da sempre. Proprio per questo motivo, dunque, non aveva bisogno, a differenza della Baviera, di una politica anticlericale. Anzi, la Prussia, come paladina del protestantesimo, aveva già la presunzione di aver raggiunto la massima libertà per i gruppi religiosi, evangelici come cattolici.

L'equazione "opposizione alla Chiesa Cattolica= liberalismo", inoltre, è sostanzialmente inesatta e infatti le posizioni liberali radicali, ateiste, anticristiane, massoniche (spesso anche vicine al socialismo), erano più forti negli stati cattolici che in quelli protestanti.

Tuttavia, la contrapposizione tra Stato e Chiesa in questo paese fu davvero una conseguenza inevitabile dello spirito dei tempi, tra la dottrina di uno Stato moderno, di recente fondazione ed aspirante alla stabilità, e l'antico potere di una Chiesa che aveva finalmente raggiunto il punto di massimo accentramento dogmatico. Le posizioni erano infatti speculari ed entrambe le strutture, Stato e Chiesa, vantavano l'assolutezza l'uno nei confronti dell'altra.

La proclamazione del Concilio Vaticano I e la diffusione della notizia (già annunciata da La Civiltà cattolica nel febbraio del 1869) della prossima proclamazione del Dogma della infallibilità papale avevano già portato ad un radicalizzazione dello scontro. In Germania la stessa gerarchia episcopale, sulle prime, temeva una proclamazione del dogma. All'avvenuta proclamazione, tuttavia, non vi fu, all'interno della Chiesa, opposizione di rilievo (se si eccettua la scissione dei vecchi cattolici in Germania) e la monarchia assoluta all'interno della Chiesa fu perfettamente realizzata.

Il dogma, però, con le sue implicazioni politiche, cozzava con la dottrina del nuovo Stato: coincidenza davvero storica, la proclamazione coincise con la sconfitta della Francia, l'unificazione della Germania e la fondazione dell'Impero. Ora era dunque possibile fare i conti con la Chiesa cattolica.

Gli obiettivi di Bismarck e la situazione politica

I compiti che il nuovo impero si prefiggeva erano la pace esterna e la stabilità interna. In questo senso, Bismarck puntava alla lotta del mantenimento dello stato monarchico, sia contro l'assolutismo della Chiesa cattolica che contro le forze parlamentari democratiche, ora organizzate anche in partiti confessionali.

Contro queste forze si diresse l'attacco dello stato, nemico del quale fu innanzitutto considerata quindi la cosiddetta ecclesia militans (ed in particolare l'ultramontanismo). Ma l'attacco era diretto in generale contro tutte le forze che indebolivano la difesa dello stato nazione: polacchi, alsaziani e lorenesi, (tutti paesi a maggioranza cattolica e di recente annessione), il partito del centro e i socialdemocratici.

L'ordine di priorità che Bismarck aveva era chiaro: in primo luogo, colpire il partito di Centro, poi occuparsi degli aspetti di politica esterna, quindi le conseguenze dell'infallibilità pontificia. I liberali erano, nella visione di Bismarck, anche loro pericolosi, ma in questo momento cercò il loro appoggio e quelli credettero che il Cancelliere fosse con loro d'accordo. In realtà fu lui ad usar loro. Il partito di Centro, però, giocò in Germania un ruolo molto importante fin dall'inizio: il suo programma del 1871 pose politicamente la questione confessionale. Ed era troppo.

Il 30 gennaio del 1872, Bismarck disse chiaramente:
   
«Ho assistito ad una mostruosa apparizione sul terreno politico, alla costituzione, cioè, di una fazione confessionale in un'assemblea politica; una fazione, alla quale, se anche le altre volessero fare lo stesso, potrebbe essere contrapposta solo la totalità di una fazione evangelica: così però ci porremmo su un terreno incommensurabile, perché significherebbe portare la teologia nelle pubbliche assemblee e farne oggetto di discussioni da tribuna. Tornato appena dalla Francia, non ho potuto che vedere in questa fazione politica nient'altro che una mobilitazione di "una parte" contro lo Stato. »

Prima fase del Kulturkampf: 1872-1876: l’attacco

La prima legge significativa è quella dell'8 giugno 1871, con cui fu soppresso il reparto cattolico del ministero della cultura, cosa che incontrò la forte opposizione del partito di centro.

Seguì poi la già citata Kanzelparagraph, che portò all'arresto di quasi tutti i vescovi cattolici di Prussia, tra cui l'arcivescovo di Posen, il conte Mieczysław Halka Ledóchowski, condannato a due anni di reclusione.

I successivi quattro anni videro l'attacco più duro: la formazione di una serie di leggi, che devono la loro ideazione soprattutto alla figura di Adelbert Falk, Ministro della Cultura dal gennaio 1872.

Queste norme non furono un attacco al Centro, ma divennero un attacco fortissimo alla Chiesa cattolica e sono state impregnate dello spirito liberale, opera soprattutto di Falk, entrato nella carica di ministero dei culti il gennaio del 1872.

Sua è la legge dell'11 marzo 1872 sulla scuola, che sanciva il controllo statale sulle lezioni scolastiche pubbliche e private, con conseguente cacciata degli insegnanti cattolici. Questa legge addirittura trovò l'opposizione dei conservatori.

Il 4 luglio 1872 invece, un'altra legge imperiale espulse i Gesuiti dal territorio dell'impero. Qui si distinse il Principe di Hohenlohe-Schillingsfürst, loro acerrimo nemico.

Nello stesso anno intanto il regno di Prussia (al motto di «Non andremo a Canossa») ruppe i rapporti col Vaticano.

Con la legge del 5 aprile 1873, furono modificati gli articoli 15 e 18 della costituzione prussiana del 1850. Con questa, si eliminavano de facto le garanzie costituzionali per i cattolici e serviva per preparare il pacchetto di leggi del maggio del 1873.

Queste, le cosiddette Maigesetze, sono un gruppo a sé:
L'anno dopo, sempre in maggio, seguì un altro gruppo di leggi:
Nel 1874 venne anche introdotto il matrimonio civile, con sanzioni per i parroci che avessero celebrato quello religioso precedentemente a quello civile.

La legislazione non riuscì: alle elezioni del 1874 il partito di centro raddoppiò i voti. L'atmosfera era incandescente e il 13 luglio del 1874 l'artigiano cattolico Eduard Franz Ludwig Kullmann attentò addirittura alla vita di Bismarck, che però fu solo leggermente ferito. Ma questi non cedette.

Le leggi del 1875 invece sono invece leggi penali, concepite per sanzionare le mancate applicazioni delle leggi precedenti:
Infine:
Seconda fase 1877-1887: tentativi di pacificazione e conclusione

Durante lo scontro ci furono trattative, anche attraverso il principe Hohenlohe, che però, nemico dichiarato dei Gesuiti, non riuscì a realizzare molto. L'intesa non pareva possibile.

Nel 1872 Bismarck aveva incominciato a preoccuparsi di un nuovo conclave e proposto di stabilire, insieme alla altre potenze, in particolare l'Austria, alcune condizioni per il riconoscimento dell'elezione. Cercò di fare un fronte unico, appoggiando in Italia e in Francia le posizioni più anticlericali e stringendo, d'accordo con la Russia, la repressione in Polonia. Il papa reagì con un discorso natalizio di cui in Germania fu proibita la diffusione.

Dopo il 1876, invece, lo scontrò cominciò ad attenuarsi. Nel 1876 morì il cardinal Antonelli e nel 1878, dopo lungo regno, infine, Pio IX. Il successore, papa Leone XIII, pose la pace religiosa con la Germania tra i primi obiettivi. La sua lettera di cordoglio per gli attentati subiti dal Kaiser nel maggio e del giugno 1878 furono bene accolte a corte.

Nello stesso anno, in un incontro tra le parti, a Bad Kissingen vennero discusse le richieste del papa: libertà religiosa e rafforzamento del Centro. Ma Bismarck riuscì a fare l'intesa a prescindere dal Centro. E la Chiesa fu d'accordo, dato che anch'essa non vedeva (almeno non ancora) di buonissimo occhio il cattolicesimo politico. Anche il Vaticano insomma giocò la carta del conservatorismo, e del pericolo socialdemocratico, cui Bismarck era ovviamente sensibile.

Nel 1879 le trattative si spostarono a Vienna. Qui il contrasto si fece giuridico: per lo stato prussiano lo stato doveva essere la fonte della legge; il diritto canonico, viceversa, non poteva ammettere questo. Ad ogni modo, le leggi vennero mitigate.

Nell'estate del 1882 la Prussia riallacciò i rapporti con il Vaticano.

Infine, nel 1886 e nel 1887, furono emanate le cosiddette Leggi di pacificazione (Friedensgesetzte), che conclusero il conflitto.

Leone XIII, il 23 maggio 1887, dichiarò ufficialmente conclusa «la lotta, che tanto ha danneggiato la Chiesa e nulla ha portato allo Stato».

Il Kulturkampf nelle regioni polacche del regno di Prussia

Nelle regioni polacche del regno di Prussia, il Kulturkampf ebbe un impatto ancora maggiore. Soprattutto, ebbe un carattere nazionalista ben maggior che altrove in Germania.

La maggior parte delle zone della Polonia sottoposte alla Germania (la provincia della Posnania) erano infatti cattoliche, e videro la battaglia contro la Chiesa finalizzato piuttosto ad una politica di germanizzazione di quelle zone, per meglio amalgamarle al Reich.

L'abolizione del reparto cattolico del ministero dell'istruzione era strettamente collegato con la questione polacca. Esso permetteva infatti che nelle scuole si insegnasse il polacco. Bismarck scrive infatti:
   
«Dalla creazione di un "reparto per gli affari cattolici" nel ministero della cultura, i dati statistici mostrano un rapido progresso della nazionalità polacca a danno della tedesca, nella Posnania e nella Prussia occidentale, e nell'alta Slesia finora l'elemento prussiano è stato polonizzato energicamente. [..] Nella Posnania e nella Prussia occidentale dai rapporti ufficiali migliaia di tedeschi e intere località, che nelle generazioni precedenti erano tedesche, sono state educate come polacche da quando è stato costituito un reparto per gli affari cattolici ed ora ufficialmente sono chiamati polacchi. Per la competenza che al reparto sezione è stata attribuita, non vi si poteva porre rimedio se non con la sua soppressione. Questa soppressione era, secondo il mio parere, il prossimo obiettivo da raggiungere »

Anche nel Reichsland Alsazia-Lorena, dove la popolazione era cattolica, le proteste della Chiesa contro l'occupazione mostravano a Bismarck il pericolo da questa rappresentato.

Dopo le leggi di maggio, la maggior pare delle scuole in cui si insegnava polacco furono chiuse, a vantaggio di quelle tedesche.

Nel novembre del 1872 Falk pretese che l'insegnamento della religione fosse tenuto in tedesco a partire dall'anno successivo. Alle proteste del clero e dei cattolici polacchi, seguì la chiusura dei seminari di Posen e di Gnesen, e il controllo da pare dello stato dell'educazione. I possedimenti della chiesa furono confiscati e le modifiche costituzionali introdotte impedirono che i cattolici potessero ricorrere a questa per garantirsi la loro libertà.

La protesta polacca fu repressa duramente: 185 sacerdoti furono arrestati, e diverse centinaia furono esiliati. Tra gli imprigionati il Primate di Polonia, l'arcivescovo Mieczysław Ledóchowski. Gli altri cercarono di continuare il loro servizio di nascosto.

La prova che il Kulturkampf in Polonia ebbe motivazioni ulteriori a quelli religiosi è data dal fatto che non terminò con la fine della decade. Nel 1886 infatti con il tentativo di sradicare gli slavi dal suolo tedesco fu avviata una nuova politica di germanizzazione. Tuttavia, va detto, questa, alla lunga, fallì.

Considerazioni

Si parla in genere di fallimento del Kulturkampf di Bismarck. Come già detto, la sua posizione personale sulla Chiesa cattolica non era quella dei liberali. Ancora durante la guerra con la Francia, addirittura, Bismarck si pronunciò favorevolmente, al contrario del Re, ad un asilo per il papa «prigioniero in Roma».

Nel 13 febbraio 1871, a Versailles, il cancelliere luterano spiegava infatti:
   
«Non mi si vorrà far passare per nemico della Santa Sede romana. Per me il Papa è soprattutto una figura politica ed io ho un rispetto connaturato per tutti i veri poteri. Un uomo che dispone delle coscienze di 200 milioni di persone, per me, è un grande monarca ed io non avrei il minimo scrupolo, al momento idoneo, di chiedergli anche mediazione o l'arbitrato in questioni politiche. Il noli me tangere è per me solo la posizione di forza in Europa della Germania unita, che dovrebbe essere considerata come la più preziosa gemma nel tesoro papale »

La posizione, al solito, è di assoluta Realpolitik ed alquanto diversa dalla legislazione e dal tono della «battaglia di civiltà». Ma Bismarck si trovò di fronte un osso duro: Pio IX. Nel giugno del 1873, durante uno dei tentativi di conciliazioni tra le parti, esclamò:
   
«Datemi un papa più pacifico, ed io mi metterò d'accordo su tutto! »

D'altro canto, la Chiesa cattolica aveva il presentimento che uomini come Bismarck avessero intenzione di cementare l'impero a spese dei cattolici. Bismarck aveva capito il pericolo del partito di Centro ed aveva realizzato a suo modo quello che serviva alla Germania per unirsi; ma, in un certo senso, aveva considerato il papa e il cattolicesimo solo ed esclusivamente dal punto di vista politico.

Per lui i partiti erano solo mezzi: lo Stato si trovava a gestire una lotta tra liberali e clericali e non nel contesto del parlamentarismo anglosassone. La lotta contro il Centro si trasformò invece ben presto in lotta contro la Chiesa e alla lunga così non poteva continuare, soprattutto quando questo poteva trasformarsi in un boomerang per la politica conservatrice.

La maggior parte delle leggi rimasero in vigore. La legge contro i gesuiti fu ritirata solo nel 1917, quella sul pulpito addirittura nel 1953, nella Repubblica federale. Ma la regolamentazione scolastica rimane tuttora invariata. Il rapporto con la Chiesa rimase insomma regolamentato in questo modo attraverso le successive fasi della storia tedesca.

Visti dal punto di vista della situazione precedente il 1870, fu una grande vittoria dello Stato nazionale. Ma dal punto di vista degli obiettivi proclamati, fu vittoriosa la difesa della Chiesa e il risultato fu un'intesa tra Chiesa e Stato. Il partito di centro ne uscì incredibilmente rafforzato. Sconfitti, paradossalmente, ne uscirono i liberali; sebbene infatti avessero ottennuto molto e ne fossero usciti politicamente rafforzati, lo furono meno del centro, e non furono i veri protagonisti della battaglia, abbandonati quando gli obiettivi si distinsero.