CONCLUSIONE

Se ora consideriamo gl'insegnamenti che possono essere tratti dall'analisi della società moderna, riallacciandoli all'insieme delle testimonianze relative all'importanza del reciproco aiuto nella evoluzione del mondo animale e del genere umano, possiamo riassumere la nostra inchiesta nella maniera seguente.

Nel mondo animale abbiamo veduto che la grande maggioranza delle specie animali viventi in società, trovano nell'associazione la loro migliore arma nella «lotta per la vita» compresa, ben inteso, nel senso largo di Darwin – non come una lotta per i soli mezzi di sussistenza, ma come una lotta contro tutte le condizioni naturali sfavorevoli alla specie. Le specie animali nelle quali la lotta per la vita è stata ridotta ai suoi più stretti limiti, e l'abitudine dell'aiuto reciproco à raggiunto il più grande sviluppo, sono invariabilmente le più numerose, le più prospere, le più aperte al progresso. La mutua protezione ottenuta in questo modo, la possibilità d'arrivare ad una età avanzata e di accumulare dell'esperienza, uno stato intellettuale più progredito, e lo svolgersi d'abitudini sempre più sociali, assicurano la conservazione della specie, la sua estensione ed il suo perfezionamento progressivo. Le specie non socievoli, al contrario, sono destinate a perire.

Passando poi all'uomo, l'abbiamo veduto vivente in clans o in tribù all'alba stessa dell'età della pietra; abbiamo segnalato un grande numero di istituzioni sociali sviluppate già durante lo stato selvaggio primitivo, nel clan e nella tribù; ed abbiamo constatato che i più antichi costumi ed abitudini, nati in seno alle tribù, dettero all'uman genere l'embrione di tutte le istituzioni che determinarono più tardi le linee principali del progresso. È dalla tribù selvaggia che il comune rurale dei barbari pervenne a svilupparsi; ed un nuovo ciclo più largo del precedente, di costumi, d'abitudini e d'istituzioni sociali, di cui un gran numero persistono ancora, si formò prendendo per base il principio della proprietà in comune d'un dato territorio e la sua difesa in comune, sotto la giurisdizione dell'assemblea del villaggio, ed avendo per centro la federazione dei villaggi che discendevano da uno stesso ceppo od erano supposti tali. E quando nuovi bisogni spinsero gli uomini a fare un nuovo passo avanti, lo fecero costituendo le città, che rappresentavano una doppia rete di unità territoriali (comuni rurali), combinati con le corporazioni, queste ultime essendo formate per esercitare in comune un'arte od un'industria qualsiasi, o per il soccorso e la difesa scambievoli.

Infine, nei due ultimi capitoli, sono stati citati fatti dimostranti che quantunque lo sviluppo dello Stato sul modello di Roma imperiale abbia violentemente posto fine a tutte le istituzioni di mutuo appoggio del Medioevo, questo nuovo aspetto della civiltà non à potuto durare. Lo Stato basato su vaghe aggregazioni di individui, e volendo esserne il solo legame d'unione, non conseguiva il suo fine. Allora la tendenza all'aiuto reciproco spezzò le bronzee leggi dello Stato, apparve e s'affermò di nuovo in una infinità di associazioni tendenti ad inglobare tutte le manifestazioni della vita sociale ed a prendere possesso di tutto ciò di cui l'uomo à bisogno per vivere e per riparare le perdite causate dalla vita.

Ci si obietterà probabilmente che l'aiuto reciproco, pure essendo uno dei fattori della evoluzione, non rappresenta che un aspetto solo degli umani rapporti; che a lato di questa corrente, per quanto potente sia, esiste ed è sempre esistita l'altra corrente: l'affermazione dell'«io», dell'individuo. Quest'affermazione si manifesta, non solamente negli sforzi dell'individuo per conseguire una superiorità personale od una superiorità di casta, economica, politica o spirituale, ma anche in una funzione più importante, quantunque meno evidente: quella di spezzare i legami, sempre esposti a diventare troppo immutabili, che la tribù, il comune rurale, la città o lo Stato impongono all'individuo. In altri termini, vi è l'affermazione dell'«io» individuale, considerato come elemento di progresso.

È evidente che nessuna esposizione dell'evoluzione sarà completa, se non si terrà conto di queste due correnti dominanti. Ma l'affermazione di un individuo, o di un gruppo d'individui, le loro lotte per la superiorità ed i conflitti che ne risultano, sono già stati analizzati, descritti e glorificati da tempi immemorabili. In verità, fino a questo giorno, questa corrente sola à attirato la attenzione del poeta epico, dell'annalista, dello storico e del sociologo. La storia, quale è stata scritta fino al presente, non è che una descrizione delle vedute e mezzi per i quali la teocrazia, il potere militare, l'autocrazia e più tardi la plutocrazia sono stati prodotti, stabiliti e mantenuti. Le lotte tra queste differenti forze formano l'essenza stessa della storia. Possiamo dunque ammettere che si conosce già il fattore individuale nella storia dell'uman genere, benchè resti ancora un vasto campo di nuovi studî da fare su questo argomento, considerato dal punto di vista or ora indicato. Al contrario il fattore del mutuo appoggio non à attirato fino ad ora nessuna attenzione. Gli scrittori della generazione passata e presente lo negano puramente e semplicemente e lo volgono in ridicolo. Era dunque necessario mostrare la parte immensa che questo fattore rappresenta nella evoluzione del mondo animale e in quello delle società umane; e sol quando sarà perfettamente riconosciuto diverrà possibile il procedere ad una comparazione tra i due fattori.

Tentare una valutazione, pure approssimativa, della loro importanza relativa, mediante qualche metodo statistico sarebbe evidentemente impossibile. Una sola guerra – lo sappiamo tutti – può produrre più male immediato e conseguente, di centinaia d'anni di azione ininterrotta che il principio dell'aiuto reciproco produrrebbe di bene. Ma quando vediamo che nel mondo animale lo svolgersi progressivo ed il mutuo appoggio vanno alla pari, mentre che la lotta nell'interno della specie corrisponde spesso a periodi di regresso; allorchè osserviamo che presso l'uomo il successo, anche nella lotta e nella guerra, è proporzionato allo sviluppo del mutuo appoggio in ciascuna nazione, città, partito o tribù che entrano in conflitto; e che nel corso della evoluzioni la guerra stessa fu, fino ad un certo punto, messa a servigio dell'incremento del mutuo appoggio nelle nazioni, città e clans – intravvediamo già il suo influsso dominante, quale elemento di progresso. Vediamo inoltre che la pratica del mutuo appoggio e suoi successivi sviluppi, ànno creato le condizioni stesse della convivenza sociale, nella quale l'uomo à potuto svolgere le sue arti, le sue cognizioni e la sua intelligenza; e che i periodi nei quali le istituzioni basate sull'aiuto reciproco ànno preso il maggiore sviluppo sono pure stati i periodi dei più grandi progressi nelle arti, industria e scienza. Lo studio della vita interna delle città del Medio Evo e delle antiche città greche ci mostra infatti che il mutuo appoggio, quale fu praticato nelle corporazioni e nel clan greco, combinato con la larga iniziativa lasciata all'individuo ed ai gruppi per l'applicazione del principio federale, dette all'uman genere le due più grandi epoche della sua storia: quella delle antiche città greche e quella delle città del Medioevo. Al contrario, la rovina delle istituzioni di mutuo appoggio durante i successivi periodi della storia, quando lo Stato stabilì il suo dominio, corrisponde in tutti e due i casi ad una rapida decadenza.

Quanto al subitaneo progresso industriale che s'è manifestato nel nostro secolo, e che generalmente si attribuisce al trionfo dell'individualismo e della concorrenza, à origine molto più profonda. Le grandi scoperte del XV secolo, particolarmente quella della pressione atmosferica, come una serie di altre scoperte di fisica e astronomia, furono fatte sotto il regime della città del Medioevo. Ma una volta fatte queste scoperte, l'invenzione del motore a vapore e tutta la rivoluzione che implicava la conquista di questa nuova forza motrice dovevano seguire necessariamente. Se le città del Medioevo avessero durato abbastanza per condurre le loro scoperte fino a questo punto, le conseguenze etiche del rivolgimento effettuato dal vapore avrebbero potuto essere differenti; ma lo stesso rivolgimento nelle industrie e nelle scienze avrebbe avuto luogo inevitabilmente. Ci si può anche domandare se la decadenza generale delle industrie che seguì la rovina delle città libere e che fu così grande nella prima parte del XVIII secolo, non ritardò considerevolmente l'apparizione della macchina a vapore, come il rivolgimento industriale che ne fu la conseguenza.

Allorchè consideriamo la stupefacente rapidità del progresso industriale dal XII al XV secolo, – nella tessitura delle stoffe, nella lavorazione dei metalli, nell'architettura e navigazione – e che pensiamo alle scoperte scientifiche alle quali condusse questo progresso alla fine del XV secolo, siamo indotti a domandarci se l'uman genere non fu ritardato nel possesso di tutti i vantaggi di queste conquiste dalla depressione generale delle arti e delle industrie che seguì in Europa la decadenza delle città medioevali. La scomparsa dell'operaio artista, la rovina delle grandi città e la cessazione delle loro relazioni non potevano certamente favorire la rivoluzione industriale. Noi sappiamo, infatti, che James Watt perdette vent'anni e più della sua vita per rendere la sua invenzione utilizzabile, perchè non poteva trovare nel secolo XVIII ciò che avrebbe trovato così facilmente nella Firenze o nella Bruges del Medioevo: degli artisti capaci di capire le sue indicazioni, di eseguirle in metallo e di dare loro la finezza artistica e la precisione che richiede la macchina a vapore.

Attribuire il progresso industriale del nostro secolo alla lotta di ciascuno contro tutti, è ragionare come l'uomo che non sapendo la cagione della pioggia, l'attribuisce alla vittima che à immolata davanti al suo idolo di argilla. Per il progresso industriale come per ogni altra conquista sulla natura, il mutuo appoggio e le buone relazioni tra gli uomini sono certamente, come sono stati sempre, molto più vantaggiosi della lotta reciproca.

Ma è sopra tutto nel dominio della morale, che la importanza dominante del principio del mutuo appoggio appare in piena luce. Che esso sia il vero fondamento delle nostre concezioni etiche, è evidente. Quali si siano le nostre opinioni sulla prima origine del sentimento o dell'istinto del mutuo appoggio, che gli si assegni una causa biologica o soprannaturale, è forza il riconoscerne la esistenza fin nei più bassi gradini del mondo animale; e da essi possiamo seguire la sua ininterrotta evoluzione malgrado la opposizione di un grande numero di forze contrarie, a traverso tutti i gradi dello sviluppo umano, fino all'epoca attuale.

Anche le nuove religioni che apparvero ogni tanto – e sempre in epoche nelle quali il principio dell'appoggio mutuo era o cadeva in decadenza, nelle teocrazie e negli Stati dispotici dell'Oriente o al declinare dell'Impero romano – anche le nuove religioni non ànno fatto che riaffermare questo stesso principio. Esse trovarono i loro primi seguaci tra gli umili, negli strati più bassi e più oppressi della società, dove il principio del mutuo appoggio era il fondamento necessario alla vita giornaliera: e le nuove forme d'unione che furono introdotte nelle comunità primitive dei buddisti e dei cristiani, nelle confraternite morave, ecc., presero il carattere d'un ritorno alle migliori forme dell'appoggio mutuo nella vita della tribù primitiva.

Ma ogni volta che un ritorno a quell'antico principio fu tentato, l'idea fondamentale andava allargandosi. Dal clan, l'aiuto reciproco si estese alle tribù, alla federazione delle tribù, alla nazione, e in fine – almeno come ideale – all'intero uman genere. Nello stesso tempo il principio si perfezionava. Nel buddismo primitivo, presso i primi cristiani, negli scritti di qualcuno dei dottori musulmani, nei primi tempi della Riforma, e particolarmente nelle tendenze morali e filosofiche del XVIII secolo e della nostra propria epoca, il completo abbandono dell'idea di vendetta, o di «giusta retribuzione» – del bene per il bene e del male per il male – è affermata sempre più vigorosamente. La concezione più alta che ci dice: «nessuna vendetta per le ingiurie» e che ci consiglia di dare più che non ci si aspetti di ricevere dai nostri simili, è proclamata come il vero principio della morale: principio superiore alla semplice nozione di equivalenza, d'equità e di giustizia, e conducente a maggiore felicità. È fatto all'uomo un appello di guidarsi, non solamente per l'amore, che è sempre personale o s'estende tutto al più alla tribù, ma per la coscienza di essere tutt'uno con tutti gli esseri umani. Nella pratica del mutuo appoggio, che risale ai più lontani principî dell'evoluzione, troviamo così la sorgente positiva e sicura delle nostre concezioni etiche; e possiamo affermare che nel progresso morale dell'uomo, il grande fattore fu il mutuo appoggio e non la lotta. Anche ai giorni nostri, è in una più larga estensione di esso che vediamo la migliore garanzia di una più alta evoluzione della nostra specie.