CAPITOLO VIII.

IL MUTUO APPOGGIO AI NOSTRI GIORNI
(Continuazione)

Unioni di lavoratori formatesi dopo la distruzione delle corporazioni compiuta dallo Stato. – Loro lotte. – Il mutuo appoggio e gli scioperi. – Cooperazione. – Libere associazioni con scopi diversi. – Spirito di sacrificio. – Innumerevoli società per l'azione in comune sotto tutti gli aspetti possibili. – L'aiuto reciproco nella miseria. – L'aiuto personale.

Quando si esamina da vicino il modo di vivere delle popolazioni rurali d'Europa, ci si accorge che, in onta a tutto ciò che è stato fatto negli Stati moderni per distruggere il comune rurale, resti importanti della proprietà comunale del suolo sono stati conservati, e la vita giornaliera dei contadini rimane ancora impregnata di abitudini e di costumi di aiuto e di appoggio mutuo. Si constata pure che, quando gli ostacoli legali all'associazione rurale furono tolti, or sono alcuni anni, si formò rapidamente tra i contadini tutta una rete di libere associazioni per differenti scopi economici – essendo la tendenza di questo nuovo movimento il ricostruire una specie di unione mirante allo stesso scopo dei comuni rurali d'altri tempi. Queste essendo le conclusioni alle quali siamo venuti nel precedente capitolo, abbiamo ora da esaminare le istituzioni di mutuo appoggio che possono esistere nel nostro tempo tra le popolazioni industriali.

Durante i tre ultimi secoli, le condizioni per lo sviluppo di tali istituzioni sono state tanto sfavorevoli nelle città quanto nei villaggi. Infatti quando le città del Medioevo furono sottomesse nel secolo XVI dagli Stati militari nascenti, tutte le istituzioni che serbavano l'unione nelle corporazioni e le città, tra gli operai, i padroni e i mercanti, furono violentemente distrutte. L'autonomia e l'autogiurisdizione della corporazione e della città furono abolite; il giuramento di fedeltà tra i fratelli della corporazione diventò un atto di fellonia verso lo Stato; i beni delle corporazioni furono confiscati nella stessa guisa delle terre dei comuni rurali, e l'organizzazione interna e tecnica di ogni mestiere fu accaparrata dallo Stato. Leggi sempre più severe furono fatte per impedire agli operai di unirsi. Per un dato tempo, alcune vestigia di antiche corporazioni furono tollerate; le corporazioni dei mercanti poterono sopravvivere a condizione di accordare generosamente dei sussidi ai re, e corporazioni di artigiani continuarono ad esistere, in quanto organi dell'amministrazione centrale. Qualcuna trascina ancora oggi una esistenza insignificante. Ma ciò che costituiva altra volta la forza della vita del Medioevo e della sua industria è sparito da molto tempo, sotto il peso schiacciante dello Stato centralizzato.

Nell'Inghilterra, paese che presenta il miglior esempio della politica industriale degli Stati moderni, noi vediamo il Parlamento incominciare la distruzione delle corporazioni dal XV secolo; ma fu sopra tutto nel secolo seguente che si procedette con misure decisive. Enrico VIII non solo distrusse la organizzazione delle corporazioni, ma ne confiscò i beni, mettendovi, – come dice Toulmin Smith, – ancora i minori pretesti e cerimonie che per confiscare i beni dei Monasteri.1 Edoardo VI ne terminò l'opera2 e dalla seconda metà del secolo XVI vediamo il Parlamento giudicare tutti i dissensi tra operai e mercanti, mentre prima venivano giudicati in ciascuna città, dalla città. Il Parlamento ed il re non solo fecero legge in queste contestazioni, ma mirando agli interessi della Corona nelle esportazioni, presero ben presto a fissare il numero degli apprendisti in ogni mestiere e regolarono minuziosamente la tecnica stessa di ogni lavorazione: il peso dei materiali, il numero dei fili in ciascun metro di stoffa. Con pochi successi, bisogna dirlo, poichè le contestazioni e le difficoltà tecniche che erano state regolate da secoli con convenzioni tra le corporazioni, dipendendo strettamente le une dalle altre, e dalle città federate, sfuggivano completamente alla competenza dello Stato centralizzato. La ingerenza continua dei suoi funzionari paralizzava infatti i mestieri e riduceva i più ad una rovina completa; così che gli economisti del XVIII secolo, levandosi contro i regolamenti delle industrie dello Stato, non fecero che esprimere il malcontento generale. L'abolizione di quest'ingerenza della Rivoluzione francese fu accolta come un atto di liberazione, e l'esempio della Francia fu seguito tosto in altri paesi.

Per il regolamento dei salari lo Stato non ebbe maggiore successo. Nelle città del Medioevo quando la divisione tra maestri ed apprendisti o giornalieri diventò sempre più accentuata, nel secolo XV, delle associazioni di apprendisti (Gesellenverbände) aventi talvolta un carattere internazionale, erano opposte alle associazioni dei padroni e dei mercanti. Poi lo Stato intraprese a regolare i dissensi e con lo Statuto di Elisabetta del 1563 i Giudici di Pace ebbero a fissare i salari, al fine d'assicurare una esistenza «conveniente» ai giornalieri ed agli apprendisti. Ma i giudici si mostrarono impotenti a conciliare gli interessi in conflitto, ed ancor più a forzare i padroni ad ubbidire alle loro decisioni. La legge diventò gradatamente lettera morta e fu abrogata alla fine del 1700. Ma mentre lo Stato abbandonava la funzione di regolatore dei salari, continuava a proibire severamente le associazioni dei giornalieri e degli operai tendenti a crescere i salari, od a conservarli ad un certo livello. In tutto il secolo XVIII lo Stato fece le sue leggi contro le società operaie, e nel 1799 proibì definitivamente ogni specie di unione, sotto pena di castighi severi. In ciò il Parlamento inglese non fece che seguire l'esempio della Convenzione rivoluzionaria francese, la quale aveva promulgato una legge draconiana contro le associazioni operaie, qualsiasi associazione tra un dato numero di cittadini essendo considerata come un attentato contro la sovranità dello Stato, che era supposto stendesse la sua protezione ugualmente sopra tutti i suoi soggetti. L'opera di distruzione delle unioni del Medioevo fu così compiuta. Nella città e nel villaggio lo Stato regnò da allora sopra aggregazioni di individui senza coesione, pronto ad impedire con le misure più severe la ricostituzione di ogni specie d'associazioni particolari tra essi. Tali erano gli ostacoli tra i quali la tendenza al mutuo appoggio ebbe ad aprire il suo cammino nel XIX secolo.

C'è bisogno di dire che anche tali misure non potevano distruggere questa tendenza? Durante tutto il secolo XVIII, le unioni operaie furono continuamente ricostituite.3 Non furono neppure arrestate dalle persecuzioni crudeli che ebbero luogo in virtù delle leggi del 1797 e 1799. Ogni difetto nella sorveglianza, ogni indugio dei padroni a denunciare le corporazioni furono messi a profitto. Sotto la maschera di società d'amici, di clubs per i funerali o di confraternite segrete, le associazioni si diffusero nelle industrie tessili, tra i coltellinai di Sheffield, i minatori, e forti organizzazioni furono formate per sostenere i diversi corpi di mestiere durante gli scioperi e le persecuzioni.4

L'abrogazione delle leggi sulle associazioni nel 1825, dette un nuovo impulso a questo movimento. Unioni e federazioni nazionali furono formate nei mestieri;5 ed allorchè R. Owen fondò la «Grand National Consolidated Trade's Union», essa riunì un mezzo milione di soci in alcuni mesi. È vero che questo periodo di libertà relativa non durò lungo tempo. Le persecuzioni ricominciarono, verso il 1830, e furono seguite da condanne feroci, dal 1832 al 1844. La Grande Unione Nazionale dei Mestieri fu disciolta, e dappertutto i padroni, come il Governo nei suoi propri laboratori, forzarono gli operai a rinunciare ad ogni rapporto con le associazioni ed a firmare a questo effetto il «Documento». I componenti della Unione furono perseguitati in massa, in virtù de «L'atto dei Padroni e Servitori», gli operai potendo essere arrestati e condannati per una semplice lagnanza di cattiva condotta fatta dal padrone.6 Gli scioperi furono soppressi in un modo autocratico e le più stupefacenti condanne furono pronunciate semplicemente per aver annunciato uno sciopero, o per aver agito come delegato – senza parlare della repressione militare delle sommosse degli scioperanti, nè delle condanne che seguirono gli atti di violenza diventati frequenti. Praticare il mutuo appoggio in tali condizioni era tutt'altro che facile. Tuttavia, nonostante tutti gli ostacoli, di cui la nostra generazione può appena farsi un'idea, la rinascita di associazioni ricominciò nel 1841, e l'organizzazione degli operai continuò poi con perseveranza. Dopo una lunga lotta, che durò più di cent'anni, fu conquistato il diritto di associazione ed all'epoca attuale quasi un quarto degli operai regolarmente impiegati, vale a dire circa 1.500.000 fanno parte dei sindacati (trade-unions)7.

Quanto gli altri Stati europei, basti il dire che fino ad una data molto recente, tutte le specie di unioni erano perseguitate come cospirazioni. Nondimeno ne esistono in ogni luogo, benchè debbano prendere spesso forma di società segrete; l'estensione e la forza delle organizzazioni del lavoro, e particolarmente quella dei cavalieri del lavoro, negli Stati Uniti e nel Belgio, sono stati sufficentemente messi in evidenza dai grandi scioperi dopo il 1890. Si deve però ricordare che oltre le persecuzioni, il semplice fatto di appartenere ad una società operaia trae sacrifici considerevoli di denaro, di tempo, di lavoro non pagato, ed implica continuamente il rischio di perdere il proprio impiego per il semplice fatto di appartenere all'unione.8 In oltre, ogni membro di una società à sempre da affrontare lo sciopero; e la spaventosa realtà dello sciopero, è che il credito limitato d'una famiglia operaia presso il panettiere ed il prestatore su pegni è presto esaurito, la paga dello sciopero non mena lontano, anche per il semplice nutrimento, e la fame si legge ben presto sul sembiante dei fanciulli. Per chi vive in contatto intimo con gli operai, uno sciopero che si prolunga è uno spettacolo dei più strazianti; e si può facilmente concepire ciò che era uno sciopero, quarant'anni fa, in Inghilterra, e ciò che è ancora in quasi tutte le contrade d'Europa, sopra tutto le più povere. Oggi ancora, gli scioperi terminano spesso con la rovina completa e la emigrazione forzata di intere popolazioni; ed in quanto alla fucilazione degli scioperanti, per la più lieve provocazione, od anche senza provocazione alcuna, è cosa ancora abituale in Europa.9

Tuttavia, ogni anno vi sono migliaia di scioperi e serrate padronali in Europa ed in America; e le lotte le più lunghe e le più terribili sono, in generale, quelle che si chiamano «gli scioperi di solidarietà», intrapresi dagli operai per sostenere i loro compagni in lotta, o per difendere i diritti di associazione. E mentre una parte della stampa è disposta a spiegare gli scioperi con la «intimidazione», quelli che vivono tra gli scioperanti parlano con ammirazione dell'aiuto e del sostegno mutuo che sono costantemente praticati da essi. Tutti ànno udito parlare della enorme somma di lavoro fornita dagli operai volontari per organizzare soccorsi durante lo sciopero dei lavoratori dei docks di Londra; oppure dei minatori inglesi che, dopo aver essi stessi non lavorato durante molte settimane, ripreso il lavoro, pagarono un contributo di quattro scellini la settimana ai fondi dello sciopero; della vedova del minatore che durante il grande sciopero nel Yorkshire nel 1894, portò ai fondi degli scioperanti i risparmi che suo marito aveva potuto fare durante tutta la sua vita; dell'ultima pagnotta di pane che è sempre divisa con i vicini; dei minatori di Radstock che avendo il vantaggio di possedere grandi giardini con ortaglia, invitarono quattrocento minatori di Bristol ad andare a prendersi la loro parte di cavoli e di patate, e così via. Tutti i corrispondenti dei giornali, durante il grande sciopero dei minatori del Yorkshire, nel 1894, erano a conoscenza di fatti simili, ma non tutti volevano dare dei particolari così «fuori posto» ai loro rispettivi giornali.10

Il sindacato non è tuttavia la sola forma con la quale si manifesti il bisogno di mutuo appoggio dell'operaio. Vi sono anche le associazioni politiche, considerate da molti operai come più atte a condurre al benessere generale delle società operaie, che ànno scopi limitati. Bene inteso, il semplice fatto dell'appartenere ad un corpo politico non può essere considerato quale manifestazione di tendenza all'aiuto reciproco. Sappiamo tutti che la politica è il campo sul quale gli elementi puramente egoistici della società formano le combinazioni più complesse con le aspirazioni altruistiche. Ma ogni politico sperimentato sa che i grandi movimenti politici sono stati quelli che avevano dei grandi scopi, spesso lontanissimi, e che i più potenti sono stati quelli che ànno provocato l'entusiasmo più disinteressato.

Tutti i grandi movimenti storici ànno avuto questa impronta distinta e, per la nostra generazione, il socialismo è in questo caso. «Sono agitatori pagati» dicono quelli che non conoscono niente della questione. Ma la verità è, per parlare unicamente di quanto so personalmente, che se avessi tenuto un giornale in questi ultimi ventiquattro anni e vi avessi scritto tutte le devozioni e i sacrifici che ò incontrato nel partito socialista, il lettore di questo giornale avrebbe avuto costantemente la parola eroismo sulle labbra. Però gli uomini dei quali avrei parlato non erano eroi; erano nomini comuni, ispirati da una grande idea. Qualunque giornale socialista – ve ne sono a centinaia soltanto in Europa – à la stessa storia di sacrifici senza speranza di compenso, e più spesso anche senza nessuna personale ambizione. Ho veduto famiglie vivere senza sapere che cosa mangerebbero il domani: il marito «boicottato» da ogni parte nella sua piccola città, perchè lavorava al giornale, e la donna sostenere tutta la famiglia col lavoro di cucitrice. Una tale condizione durò degli anni, fino a che la famiglia si ritirò alla fine, senza una parola di rimprovero, dicendo semplicemente: «Continuate, noi non ne possiamo più!». Ho veduto uomini, morenti per tisi, e consapevoli di questo, correre tuttavia tutto il giorno nella neve e nella nebbia, per parlare in comizi qualche settimana prima di andare a morire all'ospedale, con queste parole: «Ora, amici miei, sono finito; i dottori dicono che non ò più che qualche settimana da vivere. Dite ai compagni che sarò felice se verranno a vedermi». Ho veduto dei fatti, che si direbbero «idealizzati» se li riferissi qui; ed i nomi stessi di questi uomini, appena conosciuti al di fuori di una stretta cerchia d'amici, saranno ben presto obliati, quando gli amici, essi pure, saranno scomparsi. In realtà, non so veramente ciò che occorra ammirare di più: la devozione senza limiti di alcuni individui, o la somma totale dei piccoli atti di devozione della grande maggioranza. Ogni mazzo di giornali venduti ad un soldo, ogni comizio, ogni centinaio di voti guadagnati per una elezione socialista, rappresentano una somma di energia e di sacrificio, dei quali quelli che sono al di fuori del movimento non ànno la menoma idea. Ciò che s'è fatto oggi dai socialisti è stato fatto, altra volta, da ogni avanzato partito popolare, politico o religioso. Tutto il progresso passato è opera di tali uomini ed è stato compiuto in grazia di simili sacrifici.

Le associazioni cooperative, particolarmente in Inghilterra, sono spesso descritte come delle compagnie d'azionisti individualisti; e nello stato attuale, la cooperazione tende senza fallo a produrre una specie di egoismo, non soltanto nella comunità, ma anche tra i cooperatori stessi. Nondimeno è certo che nella sua origine il movimento aveva essenzialmente un carattere di mutuo appoggio. Ancora oggi, i suoi più ardenti promotori sono persuasi che la cooperazione condurrà l'umanità ad una più perfetta armonia nelle sue relazioni economiche, e non è possibile il soggiornare in qualcuna delle piazze forti delle cooperative del nord dell'Inghilterra, senza convincersi che il più grande numero, la massa dei cooperatori, condividono questa opinione. La maggior parte di essi perderebbe qualunque interessamento al movimento, se non avesse questa fede, e bisogna riconoscere che, durante gli ultimi anni, un ideale più alto di benessere generale e di solidarietà tra produttori à cominciato ad aver corso tra i cooperativisti. Vi è oggi senza dubbio una tendenza a stabilire le relazioni migliori tra i proprietari delle cooperative ed i dipendenti da esse.

L'importanza della cooperazione in Inghilterra, Olanda e Danimarca è molto nota; in Germania, particolarmente sul Reno, le società cooperative sono già un fattore importante della vita industriale.11 Tuttavia, è forse la Russia che offre il miglior campo di studio della cooperazione sotto un'infinita varietà d'aspetti. In Russia è uno sviluppo naturale, un'eredità del Medioevo, e mentre una società cooperativa stabilita formalmente avrebbe da lottare contro un gran numero di difficoltà legali e di sospetti burocratici, le cooperative spontanee – gli artels – costituiscono la essenza stessa della vita dei contadini russi. La storia della formazione della Russia e della colonizzazione della Siberia è una storia degli artels (o corporazioni) per la caccia ed il commercio esercitato dai comuni rurali; e ai nostri giorni troviamo dappertutto degli artels. Si incontrano nei gruppi di contadini venuti dallo stesso villaggio per lavorare in una manifattura, in tutti i mestieri dell'arte edile, tra i pescatori e i cacciatori, tra i deportati che si trasportano in Siberia e durante il loro soggiorno al bagno, tra i facchini nelle stazioni delle ferrovie, alla Borsa e nelle dogane ed infine in tutte le industrie rurali che occupano 7 milioni d'uomini. In breve, esse esistono in alto ed in basso nel mondo dei lavoratori, temporaneamente od in modo permanente, per la produzione e per il consumo, sotto tutti i possibili aspetti. Fino ad oggi molti luoghi di pesca sugli affluenti del Mar Caspio sono sfruttati da immensi artels, ed il fiume Ural appartiene all'insieme dei cosacchi dell'Ural, che dividono e suddividono tra i loro villaggi, senza nessuna ingerenza delle autorità, i luoghi di pesca, forse i più ricchi del mondo. La pesca è sempre fatta dagli artels nell'Ural, nel Volga e nei laghi del nord della Russia.

Ma oltre queste organizzazioni permanenti, vi sono artels temporanei, innumerevoli, formati con ogni specie di scopi. Quando dieci o venti contadini vengono da qualche luogo in una grande città per lavorare come tessitori, falegnami, muratori, costruttori di battelli, ecc., formano sempre un artel. Affittano delle camere, prendono una cuoca (molto spesso la moglie di uno di loro compie questa mansione), eleggono un «capoccia» e fanno i loro pasti in comune, ognuno pagando la sua parte di nutrimento e di alloggio all'artel.12 Un convoglio di condannati in viaggio per la Siberia fa sempre così, ed il decano eletto è l'intermediario ufficialmente riconosciuto tra i condannati ed il capo militare del convoglio. Nelle prigioni di lavori forzati si trova la stessa organizzazione. Gli impiegati delle ferrovie, i fattorini della Borsa e delle dogane, i messi di città nelle capitali, organizzati in potenti artels e tutti responsabili per ciascun membro, godono di tanta riputazione che grosse somme di denaro e di biglietti di banca sono consegnate senz'altro nelle mani dei membri di questi artels dai mercanti. Nei mestieri addetti alle costruzioni si formano degli artels che comprendono da 10 a 200 soci, e gli imprenditori seri per le costruzioni o per le strade ferrate preferiscono sempre trattare con un artel che con operai ingaggiati separatamente. Gli ultimi tentativi del Ministero della Guerra per trattare direttamente con gli artels di produzione formati ad hoc nelle piccole industrie, e di far loro delle ordinazioni di scarpe ed ogni sorta di mercanzie di rame e di ferro, sembra diano piena sodisfazione. E quando sette od otto anni fa si affittò una officina metallurgica della Corona (Votkinsk) ad un artel d'operai, fu un vero successo.

Vediamo così in Russia come la vecchia istituzione del Medioevo, non essendo intralciata dallo Stato nelle sue manifestazioni non ufficiali, abbia sopravvissuto interamente fino ad oggi, ed assuma la più grande varietà di forme secondo i bisogni delle industrie e del commercio moderni. Quanto alla penisola dei Balcani, l'impero Turco e il Caucaso, le vecchie corporazioni vi sussistono completamente. Gli esnafs della Serbia ànno conservato il loro carattere del Medioevo: comprendono insieme i padroni e gli operai, regolano i mestieri e sono istituzioni di mutuo appoggio per il lavoro e in caso di malattia;13 in vece gli amkari del Caucaso, e particolarmente di Tiflis, aggiungono a queste funzioni un influsso considerevole sulla vita municipale.14

A fianco delle associazioni di cooperazione, dovrei forse menzionare anche le friendly societies inglesi, i clubs degli Old Fellows, i clubs organizzati nei villaggi e nelle città per pagare il medico, i clubs per comprare gli abiti, o per i seppellimenti, i piccoli clubs, molto frequenti tra gli operai delle manifatture che pagano un contributo di alcuni soldi la settimana, e poi tirano a sorte la somma di una lira sterlina che si può impiegare in qualche compra importante, e molti altri. Una somma abbastanza considerevole di spirito sociale e di giovialità anima queste società e questi clubs, anche se «il dare e l'avere» di ciascuno dei soci è strettamente sorvegliato. Ma vi sono tante altre associazioni che chiedono ai loro membri di sacrificare il loro tempo, la loro salute, la loro vita, se occorre, per un interesse comune, e possiamo dare numerosi esempi di queste migliori forme di mutuo appoggio.

L'associazione dei battelli di salvataggio in Inghilterra, e simili istituzioni in tutti gli altri paesi d'Europa, devono essere citate in prima linea. La prima à ora più di trecento battelli lungo le coste delle isole britanniche, ed essa ne avrebbe due volte di più, se non fosse la povertà dei pescatori, che non ànno sempre i mezzi di comprare un battello di salvataggio. Gli equipaggi sono tuttavia composti di volontari, dei quali la prontezza a sacrificare la loro vita per andare in soccorso di genti estranee, è messa ogni anno a dura prova; ogni anno apporta la perdita di parecchi tra i più bravi. E se domandiamo a questi uomini che cosa li spinge ad esporre la loro vita, anche quando non c'è probabilità di successo, la risposta sarà, presso a poco, simile a quella che ò udita: una terribile tempesta di neve, soffiando sulla Manica, sconvolgeva ogni cosa sulla costa piana e sabbiosa d'un piccolo villaggio del Kent, ed un piccolo battello cabotiere, carico di arance, andò ad incagliarsi sulle sabbie. In queste acque poco profonde, non si potè avere che un battello di salvataggio a fondo piatto, di modello semplice, e metterlo in mare con una tempesta simile era andare incontro ad un disastro quasi certo. Tuttavia gli uomini s'imbarcarono, lottarono per molte ore contro il vento, e la barca si capovolse due volte. Un uomo annegò e gli altri furono gettati sulla spiaggia. Uno di questi ultimi, un bravissimo guardiacoste, fu trovato la mattina dopo tutto pesto e mezzo gelato, nella neve. Gli domandai come erano arrivati a fare uno sforzo così disperato. «Non lo so nemmeno io! – fu la risposta –. Noi vedevamo il naufragio davanti a noi; tutto il villaggio stava sulla spiaggia, e ci dicevano che sarebbe da pazzi mettersi in mare, che non potremmo mai resistere al mare. Vedemmo cinque o sei uomini aggrappati all'albero e fare dei cenni disperati. Noi tutti sentimmo che occorreva tentare qualche cosa, ma che potevamo fare? Passò un'ora, due ore e restammo là fermi. Ci sentivamo molto a disagio. Poi, tutto a un tratto, a traverso il rumore della tempesta, ci sembrò udire le loro grida: essi avevano un mozzo con loro. Non potemmo trattenerci più a lungo. Tutti insieme gridammo: «Occorre andarvi!». Le donne lo dissero pure; esse ci avrebbero trattati da vigliacchi, se non vi fossimo andati, quantunque il giorno dopo ci dissero che eravamo stati dei pazzi. Come un solo uomo ci slanciammo nella barca e partimmo. Essa si capovolse, ma noi ci aggrappammo ad essa. La cosa più triste fu il vedere il povero *** annegato vicino alla barca e non poter fare niente per salvarlo. Poi venne un'onda spaventevole, la barca si capovolse di nuovo, e fummo gettati alla riva. Gli uomini furono salvati dal battello di D., il nostro fu raccolto a ben due leghe da qui... Mi si trovò il mattino dopo nella neve».

Lo stesso sentimento animava pure i minatori della valle di Rhonda, quando lavorarono per arrecare soccorso ai loro compagni nella miniera inondata. Avevano perforato trentadue metri di carbone per raggiungere i loro compagni sepolti; ma quando non restava più che da perforare tre metri, il grisou li avvolse. Le loro lampade si spensero ed i salvatori dovettero ritirarsi. Lavorare in simili condizioni sarebbe stato arrischiare di saltare in aria ad ogni istante. Ma i colpi dei minatori sepolti continuavano a farsi intendere; gli uomini erano sempre vivi e invocavano il soccorso... Molti minatori si offrirono come volontari per lavorare con ogni rischio, e mentre discendevano nella miniera, le loro donne li guardavano con lacrime silenziose, ma non dicevano una parola per trattenerli.

Questo è il fondo della psicologia umana. A meno che gli uomini siano impazziti sul campo di battaglia, essi «non possono rimanere lì», udire invocare soccorso e non rispondere. L'eroe si slancia; e ciò che fa l'eroe, tutti sentono che lo avrebbero pur dovuto fare. I sofismi del cervello non possono resistere al sentimento dell'aiuto reciproco, perchè questo sentimento è stato nutrito da migliaia d'anni di vita umana sociale e centinaia e centinaia di migliaia d'anni di vita preumana in società.

«Ma che cosa dire di quegli uomini che s'annegarono nella Serpentina,15 alla presenza di una folla tra cui non una persona si mosse per andare al loro soccorso?». Si domanderà: «Che cosa dire del fanciullo che cadde nel canale del Regent's Park16 – pure davanti la folla della domenica – e non fu salvato che per la presenza di spirito d'una donna di servizio che lanciò un cane di Terranova al suo soccorso?». La risposta è molto facile: l'uomo è insieme un prodotto dei suoi istinti ereditari e della sua educazione. Tra i minatori ed i marinai le occupazioni comuni ed il contatto giornaliero degli uni con gli altri creano un sentimento di solidarietà, nello stesso tempo che i pericoli che li circondano conservano il coraggio e l'audacia. Nelle città, al contrario, l'assenza di comuni interessi produce l'indifferenza, mentre il coraggio e l'audacia che ànno raramente occasione d'esercitarsi, spariscono o prendono un altro indirizzo. Di più, la tradizione eroica è viva tra i minatori ed i pescatori dei villaggi, essa è cinta d'una aureola poetica. Ma quali sono le tradizioni di una folla eterogenea di Londra? La sola tradizione che possa esservi in comune dovrebbe essere creata dalla letteratura; ma una letteratura che corrisponda ai racconti villerecci esiste appena. Il clero è così sollecito nel dimostrare che tutto ciò che viene dalla natura umana è peccato, e che tutto il bene nell'uomo à origine soprannaturale, che passa più spesso sotto silenzio i fatti che non possono essere citati come esempi di ispirazione divina o della grazia venuta dall'alto. In quanto agli scrittori laici, la loro attenzione è principalmente diretta verso una sola specie d'eroismo, l'eroismo che esalta l'idea dello Stato. È perciò che ammirano l'eroe romano o il soldato nella battaglia, mentre passano davanti all'eroismo del pescatore senza farvi attenzione. Il poeta e il pittore potrebbero naturalmente essere commossi dalla bellezza del cuore umano in sè; ma conoscono di rado la vita delle classi povere; e mentre possono cantare o dipingere l'eroe romano o l'eroe militare in un apparato convenzionale, non possono nè dipingere, nè cantare in modo commovente l'eroe che agisce nei modesti ambienti che essi ignorano. Se s'arrischiano a fare ciò, non riescono che a produrre una pagina di retorica.17

Le innumerevoli società, clubs ed unioni per i piaceri della vita, per lo studio, per le ricerche, per l'educazione ecc., si sono sviluppate ultimamente in così gran numero che occorrerebbero parecchi anni solamente per catalogarle, sono un'altra manifestazione della stessa tendenza per l'associazione ed il mutuo appoggio. Certune di queste associazioni, simili alle covate di giovani uccelli di differenti specie che si riuniscono in autunno, sono interamente consacrate a dividersi in comune le gioie della vita. Ogni villaggio dell'Inghilterra, della Svizzera, della Germania, ecc., à i suoi clubs di cricket, di football, del tennis, della palla, dei canti e della musica.

Altre società vi sono molto più numerose, e alcune, come l'Alleanza dei Ciclisti18 ànno preso subito un immenso sviluppo. Benchè i membri di questa alleanza non abbiano niente altro in comune che il loro amore per il ciclismo, si è già formata, tra di loro, una specie di frammassoneria per l'aiuto reciproco; particolarmente nei piccoli centri considerano il «C.A.C.», Club Alleanza Ciclisti, come una specie di «home»; ed all'Assemblea annuale dei ciclisti si sono annodate molte amicizie durevoli. I Kegelbrüder, i Fratelli del Giuoco dei Birilli, in Germania formano un'associazione simile; le società di ginnastica (300.000 membri in Germania), le associazioni di canottaggio in Francia, i Yachting Clubs, ecc. Queste associazioni non modificano certamente le stratificazioni economiche della società, ma sopra tutto nelle piccole città concorrono a livellare le distinzioni sociali,19 e siccome tendono tutte ad unirsi in grandi federazioni nazionali ed internazionali, aiutano lo sviluppo di relazioni amichevoli tra ogni specie di uomini nelle varie parti del globo.

I clubs alpini, il Jagdschutzverein in Germania, contano più di 100.000 membri: cacciatori, guardie forestali, professionisti, zoologi o semplici amatori della natura; e la Società Ornitologica internazionale, la quale comprende zoologi, allevatori e semplici contadini in Germania, ànno lo stesso carattere. Queste società da che esistono ànno prodotto una quantità di lavori molto utili, quali grandi associazioni soltanto possono fare convenientemente (carte, capanne di rifugio, strade di montagna, studi della vita animale, di insetti nocivi, di migrazioni di uccelli, ecc.), dando vita anche a nuovi legami tra gli uomini. Due alpinisti di differente nazionalità che si incontrano in una capanna di rifugio al Caucaso, il professore ed il contadino ornitologi che soggiornano nella stessa casa, non sono più stranieri l'uno per l'altro; e la società dello Zio Toby, a Newcastle, che à già persuaso più di 260.000 ragazzi e giovani fanciulli a non distruggere mai nidi di uccelli e di essere buoni verso gli animali, à certamente fatto di più per lo sviluppo dei sentimenti umani e del gusto per le scienze naturali che molti moralisti e la maggior parte delle nostre scuole.

Non possiamo omettere, sia pure in questa rivista sommaria, le migliaia di società scientifiche, letterarie, artistiche e pedagogiche. Fino ad oggi i corpi scientifici, strettamente controllati e spesso sovvenzionati dallo Stato, si sono in generale svolti in una cerchia troppo stretta; spesso sono considerati come semplici espedienti per ottenere stipendi dallo Stato, e la ristrettezza stessa dei loro limiti à certamente generato delle meschine rivalità. Tuttavia è vero che le distinzioni della nascita, dei partiti politici e delle credenze religiose sono molto attenuate da tali associazioni; e nelle piccole città, le società scientifiche, geografiche o musicali, particolarmente quelle che fanno appello ad una larga cerchia di amatori, divengono centri di vita intellettuale, una specie di legame tra la piccola città ed il vasto mondo ed anche un luogo dove uomini di condizioni molto differenti si incontrano su un piede di uguaglianza. Per apprezzare completamente il valore di tali centri, occorre averne veduti, per esempio, nella Siberia.

In quanto alle innumerevoli società pedagogiche che incominciano soltanto a battere in breccia il monopolio dello Stato e della Chiesa per 1'insegnamento, è certo che diverranno in breve il potere direttivo in quest'ordine di cose. Alle «Unioni Froebel» dobbiamo già il sistema dei Giardini d'infanzia; e ad un grande numero di associazioni pedagogiche, regolari o no, dobbiamo il livello alto dell'educazione delle donne in Russia, quantunque queste società e questi gruppi abbiano avuto sempre da combattere una forte opposizione dalla parte di un potente governo.20 Quanto alle diverse società pedagogiche della Germania, è un fatto molto noto che esse ànno avuto parte importante nella elaborazione dei metodi moderni dell'insegnamento scientifico nelle scuole popolari. In tali associazioni il maestro trova anche il suo miglior sostegno. L'istitutore di villaggio, sovraffaticato di lavoro e troppo mal retribuito, sarebbe troppo miserabile senza il loro aiuto.21

Tutte queste associazioni, società, fraternite, alleanze, istituti, ecc., che si contano a decine di migliaia in Europa e delle quali ciascuna rappresenta una somma immensa di lavoro volontario, senza ambizione e poco o non pagato, che cosa sono se non tante manifestazioni sotto un'infinita varietà d'aspetti della stessa tendenza perpetua nell'uomo verso l'aiuto reciproco ed il mutuo appoggio? Durante quasi tre secoli si impedì agli uomini di tendersi la mano, anche per scopi letterari, artistici o per l'educazione. Le società non potevano formarsi che sotto la protezione dello Stato o della Chiesa, o come società segrete, alla maniera dei massoni. Ma ora che la resistenza è stata spezzata, esse sciamano in tutte le direzioni, s'estendono in tutti i molteplici rami dell'attività umana, divengono internazionali, contribuiscono incontestabilmente, in un grado che non può essere ancora pienamente apprezzato, ad abbattere le barriere inalzate dagli Stati tra le differenti nazionalità. A dispetto delle gelosie generate da rivalità commerciali, e dalle provocazioni all'odio che fanno sentire ancora il fantasma di un passato che svanisce, la coscienza d'una solidarietà internazionale si sviluppa tra i migliori spiriti del mondo e tra le masse operaie che ànno conquistato il diritto ai rapporti internazionali; e questo spirito di solidarietà internazionale à di già contribuito ad impedire una guerra europea durante l'ultimo quarto di secolo.22

Le associazioni religiose di carità che rappresentano tutto un mondo, devono anch'esse essere citate qui. Non vi è dubbio che la grande moltitudine dei loro membri sia animata dagli stessi sentimenti di mutuo aiuto che sono comuni a tutto l'uman genere. Disgraziatamente i pastori religiosi degli uomini preferiscono dare a questi sentimenti un'origine sovrannaturale. Molti di loro affermano che l'uomo non ubbidisce coscientemente all'ispirazione di mutuo aiuto fino a quando non è illuminato dagli insegnamenti della religione speciale che essi rappresentano, e, con sant'Agostino, la maggioranza di essi non riconosce tali sentimenti nel «selvaggio pagano». Di più, mentre il Cristianesimo primitivo, come tutte le altre religioni, era un appello ai grandi sentimenti umani di aiuto scambievole e di simpatia, la Chiesa cristiana à aiutato lo Stato a distruggere tutte le istituzioni di reciproco aiuto e di mutuo appoggio formatesi anteriormente o che si sviluppavano al di fuori di essa; invece dell'aiuto reciproco che ogni selvaggio considera come dovuto al suo alleato, la Chiesa à predicato la carità che prende carattere di ispirazione divina ed in conseguenza implica una certa superiorità di colui che dà su colui che riceve. Con questa riserva, e senza l'intenzione d'offendere quelli che si considerano come un corpo eletto, quando compiono atti semplicemente umani, possiamo considerare il numero immenso delle associazioni religiose di carità come un risultato della stessa tendenza al mutuo aiuto.

Tutti questi fatti mostrano che l'insegnamento spietato dell'interesse personale, senza riguardo ai bisogni degli altri, non è la sola caratteristica della vita moderna. Parallela a questa corrente che pretende la direzione degli affari umani, vediamo una lotta ostinata sostenuta dalle popolazioni rurali e industriali al fine di restaurare istituzioni durevoli di aiuto e di mutuo appoggio; e scopriamo, in tutte le classi della società, un movimento molto largo verso lo stabilimento d'una varietà infinita di istituzioni più o meno permanenti allo stesso scopo. Ma quando passiamo dalla vita pubblica alla vita privata degli individui moderni, scopriamo tutto un altro mondo di aiuto e di sostegno mutuo, che la maggior parte dei sociologi non rileva, perchè è limitato al cerchio stretto della famiglia e dell'amicizia personale.23

Nell'attuale sistema sociale, ogni legame d'unione durevole tra gli abitanti d'una stessa strada o di un vicinato è stato distrutto. Nei quartieri ricchi delle grandi città le persone vivono senza conoscere i loro vicini. Ma nelle viuzze popolose tutti si conoscono molto bene e si trovano continuamente a contatto gli uni con gli altri. Naturalmente le liti si accendono nelle piccole strade, come altrove; ma si formano degli aggruppamenti secondo le affinità personali, ed in questi gruppi il mutuo aiuto è praticato ad un punto del quale le classi ricche non ànno nessuna idea. Se prendiamo, per esempio, i fanciulli di un quartiere povero che giocano in una strada od in un cimitero, o su un prato, noi ci accorgiamo subito che una stretta unione esiste tra loro, nonostante i combattimenti accidentali, e che quest'unione li protegge contro ogni specie di disgrazie. Se uno dei piccini si china curiosamente sopra l'apertura di una fogna: «Non restare là, grida un altro piccino, puoi prendere la febbre!». «Vieni giù da quel muro, il treno ti ucciderà se cadi dall'altra parte! Non avvicinarti al fosso! non mangiare quei frutti: c'è del veleno! moriresti!». Tali sono i primi insegnamenti che ricevono i monelli quando si mescolano ai loro compagni della strada. Quanti fanciulli che giuocano sul lastrico delle strade intorno alle «case operaie modello» o sulle rive ed i ponti dei canali, sarebbero schiacciati dalle vetture od annegati nelle torbide acque, se non trovassero questa specie di mutuo appoggio! E quando un biondo piccolo Giacomino è scivolato nella fossa senza riparo del cortile od una piccola Lizzie dalle rosee guance è caduta nel canale, la giovane nidiata di fanciulli manda tali grida che tutto il vicinato ode l'allarme e si lancia al soccorso.

Poi c'è l'alleanza che formano le madri. «Non potete figurarvi, mi diceva una dottoressa che vive in un quartiere povero, quanto si aiutino a vicenda. Se una donna non à preparato niente per il bambino che attende – e quanto ciò accade spesso! – tutte le vicine le portano qualche cosa per il neonato. Una delle vicine prende sempre cura dei bambini, e qualche altra viene ad occuparsi della casa, mentre la madre è a letto». Quest'abitudine è generale. Tutti coloro che son vissuti tra i poveri lo diranno. In mille modi le madri si aiutano vicendevolmente e prestano cure a bambini che non sono suoi. Occorre una certa abitudine – buona o cattiva, lasciamo decidere loro stesse – ad una dama di classi ricche per renderla capace di passare davanti a un bambino tremante ed affamato nella strada senza badare a lui. Ma le madri di classi povere non ànno questa abitudine. Esse non possono sopportare la vista di un fanciullo affamato; occorre che gli diano da mangiare, e lo fanno. «Quando i fanciulli della scuola chiedono del pane, raramente incontrano un rifiuto», mi scrive una signora mia amica che à lavorato molti anni nel Whitechapel in relazione con un club operaio. Ma farò forse bene a tradurre alcuni passi della sua lettera:

«Che dei vicini vengano a curarvi, in caso di malattia, senza ombra di compenso, è uso generale tra gli operai. Così pure quando una donna à dei piccoli figli ed esce per lavorare, un'altra madre prende sempre cura di loro.

Se nella classe operaia non si aiutassero a vicenda non potrebbero vivere. Conosco molte famiglie che s'aiutano di continuo reciprocamente con denaro, con nutrimento, con combustibili, per allevare i bambini, od anche in caso di malattia o di morte.

«Il tuo» e «il mio» è molto meno stretto tra i poveri che tra i ricchi. Si prestano a vicenda costantemente le scarpe, gli abiti, i cappelli, ecc., – tutto ciò che può occorrere al momento – come ogni specie di utensili di casa.

L'inverno passato i membri dell'United Radical Club riunirono un po' di denaro ed incominciarono, dopo Natale, a distribuire minestra e pane gratuitamente ai fanciulli delle scuole. A poco a poco ebbero 1.800 fanciulli da servire. Il denaro veniva dal di fuori, ma tutta l'opera era fatta dai soci del Club. Alcuni di loro, che si trovavano senza lavoro, venivano alle quattro della mattina per lavare e sbucciare i legumi; cinque donne venivano alle nove o alle dieci (dopo aver sbrigato le loro faccende di casa) per fare la cucina e restavano fino alle sei o alle sette per lavare i piatti. All'ora del pasto, tra mezzogiorno e l'una e mezza, venti o trenta operai venivano per aiutare a servire la minestra, ciascuno prendendo quanto più poteva sulla durata del proprio pasto. Ciò durò due mesi. Nessuno fu pagato».

La mia amica rammenta anche diversi casi particolari, dei quali i seguenti sono caratteristici:

«Anna W... fu posta da sua madre in casa di una vecchia donna (nella Wilmot Street), che doveva incaricarsi di vigilarla e di nutrirla. Quando la madre morì, la vecchia donna, che era ella stessa poverissima, tenne con sè la fanciulla senza ricevere un soldo per questa. Quando anche la vecchia morì, la bambina, che aveva ormai cinque anni e che era stata trascurata durante la malattia della vecchia, era in cenci; ma fu presa immediatamente dalla signora S..., la moglie di un calzolaio che aveva ella stessa sei figli. Ultimamente, mentre il marito fu malato, non avevano quasi da mangiare, nè gli uni nè gli altri.

«L'altro giorno la signora M... madre di sei figli, curò la signora M. G. durante la sua malattia e prese in casa il maggiore dei bambini... Ma avete bisogno di tali fatti? Essi sono comuni... Conosco anche la signora D... (Oval, Hackney Road) che à una macchina da cucire e che cuce continuamente per altri, senza accettare nessun compenso, quantunque abbia ella stessa da prender cura dei suoi cinque figli e di suo marito... E così via».

Per chi conosce un poco la vita delle classi operaie è evidente che se l'aiuto reciproco non fosse esercitato largamente, non potrebbero venire a capo di tutte le difficoltà che le circondano. Non è che per caso che una famiglia operaia può attraversare la vita senza trovarsi ad affrontare circostanze quali quelle del brutto periodo descritto dall'operaio nastraio Giuseppe Gutteridge, nella sua autobiografia.24 E se tutti non vanno ad urtare contro tali vicende, lo devono al reciproco aiuto. Nel caso di Gutteridge, fu una vecchia serva miserabilmente povera ella stessa, che sorse nel momento in cui la famiglia si avvicinava ad una catastrofe finale, e portò un po' di pane, di carbone e una lettiera presi a credito. In altri casi sarà un altro, qualche vicino che verrà a salvare la famiglia. Ma senza l'aiuto di qualche altro povero, quanti sarebbero tratti, ogni anno, ad una irreparabile rovina!25

Plimsoll, dopo aver vissuto qualche tempo tra i poveri, per 7 scellini 6 pence la settimana (lire 9,35) dovette riconoscere che il sentimento di benevolenza che egli aveva avuto incominciando quella vita, «si cambiò in ammirazione e rispetto cordiale» quando vide come le relazioni dei poveri tra di loro abbondino di fatti di aiuto reciproco e di sostegno, ed allora conobbe i semplici modi con i quali questo sostegno vien dato. Dopo molti anni di esperienze, la sua conclusione fu che «quando vi si riflette seriamente, quali erano quegli uomini, tale è pure la grande maggioranza della classe operaia».26

Prendere a carico gli orfani, anche nelle più povere famiglie, è abitudine così diffusa, che si può considerarla come regola generale; così tra i minatori si trovò, dopo due esplosioni a Warren Vale ed a Lund Hill che «quasi un terzo degli uomini uccisi, come ne potevano testimoniare i comitati rispettivi, mantenevano dei parenti oltre alle mogli e ai figli». Avete voi riflettuto, aggiunge il Plimsoll, ciò che questo rappresenta? Persone ricche od agiate fanno lo stesso, non ne dubito. Ma considerate la differenza. Considerate ciò che la somma di uno scellino sottoscritto da ogni operaio per aiutare la vedova di un compagno, o di sei pence per aiutare un compagno a pagare la spesa supplementare d'un seppellimento, rappresenti, per chi guadagna sedici scellini la settimana ed à moglie e spesso cinque o sei figli da mantenere.27 Tali sottoscrizioni sono un uso generale tra gli operai, anche in casi molto più comuni di quando la morte colpisce una famiglia, e l'aiuto nel lavoro è un fatto dei più frequenti nella loro vita.

D'altronde, anche tra le classi ricche, abitudini di aiuto reciproco e di mutuo appoggio si incontrano. Certo, quando si pensa alla durezza che mostrano spesso i padroni verso i loro operai, si è portati a vedere la natura umana sotto l'aspetto pessimista. Si rammenta l'indignazione che si sollevò durante il grande sciopero di Yorkshire nel 1894, quando dei vecchi minatori avendo preso del carbone da un pozzo abbandonato, furono denunciati dai proprietari delle miniere. E, pur lasciando da parte gli orrori dei periodi di lotta e di guerra sociale, quali le stragi di migliaia d'operai, fatti prigionieri dopo la caduta della Comune di Parigi, chi potrebbe leggere, per esempio, le rivelazioni dell'inchiesta sul lavoro che è stata fatta in Inghilterra verso il 1840, o ciò che scrive lord Shaftesbury sullo «sciupìo di vite umane nelle manifatture nelle quali si mettono i fanciulli presi nelle Workhouses o semplicemente comperati in tutto il paese per essere venduti come schiavi dei manifatturieri?»;28 chi potrebbe leggere ciò senza essere vivamente impressionato della viltà della quale l'uomo è capace allorchè la sua cupidigia è in giuoco?

Ma occorre dire anche che la responsabilità di un tale trattamento non deve venir gettata interamente sulla criminalità della natura umana. Gli insegnamenti degli scienziati, e di una gran parte del clero, non erano essi, fino ad un'epoca molto recente, insegnamenti di diffidenza e di odio verso le classi povere? Gli economisti e la Chiesa non insegnano che nessuno è forzatamente povero, se non per colpa dei propri vizi? Quanto poco numerosi nella Chiesa erano quelli che avevano il coraggio di biasimare gli «assassini dei fanciulli», mentre il gran numero insegnava che le sofferenze dei poveri ed anche la schiavitù dei negri facevano parte del piano divino? Il non-conformismo inglese non era esso sopra tutto una protesta popolare contro il duro trattamento dei poveri da parte dei rappresentanti della Chiesa anglicana ufficiale?

Con tali guide spirituali, i sentimenti delle classi ricche diventano necessariamente, come fece rilevare il Plimsoll, «stratificati». Raramente i ricchi si voltano verso i poveri, dai quali sono separati per il modo di vivere, e non ne conoscono nei loro veri aspetti la vita quotidiana. Ma – se teniamo conto degli effetti della cupidigia e delle spese futili imposte dalla ricchezza stessa – anche i ricchi, nella cerchia della loro famiglia e dei loro amici praticano lo stesso aiuto reciproco e mutuo appoggio dei poveri. Il Dott. Ihering e L. Dargun ànno perfettamente ragione dicendo che se si potesse fare una statistica di tutto il denaro che passa da una mano all'altra sotto forma di soccorso o di prestito amichevole, la somma totale sarebbe enorme, anche in paragone delle transazioni del mondo commerciale. E se potessimo aggiungervi, come dovremmo, ciò che è speso in ospitalità, in ricevimenti, in piccoli servizi scambievoli, senza contare il riassetto degli affari altrui, i doni e le elemosine, saremmo certo colpiti dalla importanza di tali passaggi nell'economia nazionale. Anche nella società che è governata dall'egoismo commerciale, la espressione corrente: «siamo stati trattati duramente da questa casa» mostra che vi è un trattamento amichevole, opposto al duro trattamento che non conosce che la legge; e qualunque commerciante sa quante case commerciali siano salvate ogni anno dal fallimento per il sostegno amichevole di altre case.

In quanto ai doni di carità ed alla somma di lavoro per il benessere generale che forniscono volontariamente tante persone agiate, tanti operai e tanti uomini della classe professionale (medici, ecc.) ciascuno conosce la parte di queste due categorie di beneficenza nella vita moderna. Se il desiderio di acquistare notorietà, potenza politica, o qualche distinzione sociale guasta spesso il vero carattere della beneficenza, non è possibile dubitare che l'impulso non venga, nella maggioranza dei casi, dagli stessi sentimenti di mutuo aiuto. Bene spesso gli uomini che ànno acquistato ricchezze non vi trovano la sodisfazione che si aspettavano. Altri cominciano a sentire che, malgrado gli economisti presentino la ricchezza come una ricompensa del merito, la loro propria ricompensa è esagerata. La coscienza della solidarietà umana si fa sentire; e quantunque la vita della società sia organizzata in modo da soffocare questi sentimenti con mille artifici, il senso della solidarietà prende spesso il sopravvento; molti tentano allora di trovare una uscita a questo bisogno profondamente umano dando la loro ricchezza o le loro forze a qualche cosa che aiuterà il benessere generale.

Riassumendo: nè il potere schiacciante dello Stato centralizzato, nè gli insegnamenti dell'odio reciproco e di lotta spietata che dettero, ornandoli degli attributi della Scienza, dei gentili filosofi e sociologi, ànno potuto distruggere il sentimento della solidarietà umana, profondamente radicato nell'intelletto e nel cuore dell'uomo, e fortificato da una evoluzione anteriore. Ciò che è il prodotto del progresso dai suoi primi periodi non potrebbe essere dominato da uno degli aspetti di questo stesso progresso. Ed il bisogno di reciproco aiuto e di mutuo appoggio che aveva trovato un ultimo asilo nello stretto cerchio della famiglia, o tra i vicini dei quartieri poveri delle grandi città, nei villaggi, o nelle associazioni segrete d'operai, s'afferma di nuovo nella nostra società moderna, e rivendica il suo diritto di essere, come è sempre stato, il fattore principale del progresso. Queste sono le conclusioni alle quali siamo necessariamente condotti, quando consideriamo con attenzione ogni gruppo dei fatti brevemente enumerati in questi due ultimi capitoli.

1 Toulmin Smith, English Guilds, Londra, 1870. Introduzione, pag. 43.

2 L'atto di Edoardo VI – il primo del suo regno – ordinava di rimettere alla corona «tutte le fraternite, le confraternite e le corporazioni che esistevano nel regno d'Inghilterra e nel Paese di Galles e nelle altre proprietà del re, e tutti i castelli, le terre ed i dominî ed altri beni loro appartenenti o a qualcuno di loro» (English Guilds, Introd., pag. 43). Vedasi anche Ochenkowski, Englands wirthschaftliche Entwickelung im Ausgange des Mittelalters, Jena, 1879, capitolo II e V.

3 Vedasi Sidney e Beatrice Webb, History of Trade Unionism, Londra, 1894, pag. 21-38.

4 Vedasi nell'opera di Sidney Webb le associazioni che esistevano a quell'epoca. Sembra che gli operai di Londra non siano mai stati meglio organizzati che nel 1810-1820.

5 L'Associazione Nazionale per la Protezione del lavoro comprendeva circa 150 unioni distinte, che pagavano delle quote alte e comprendevano circa 100.000 membri. L'unione degli operai muratori e l'Unione dei minatori erano pure forti organizzazioni. (Webb, l. c., pag. 107).

6 Parlo qui ispirandomi all'opera del Webb che è piena di documenti confermanti ciò che espone.

7 Grandi cambiamenti si sono prodotti dal 1840 nell'attitudine delle classi ricche verso le associazioni. Tuttavia verso il 1860, i padroni si concertarono per un formidabile sforzo tendente a schiacciare le associazioni con il congedo in massa di popolazioni intere. Fino al 1869 il fatto solo di aderire ad uno sciopero e l'annuncio di esso per via di affissi, per non dir niente degli assembramenti e riunioni, furono spesso puniti come atti di intimidazione. Fu soltanto nel 1875 che fu abrogato «L'atto dei Padroni e Servitori», furono permesse le riunioni pacifiche, e gli atti di «violenza e d'intimidazione» durante lo sciopero caddero nel dominio del diritto comune. Tuttavia durante lo sciopero dei lavoratori dei docks nel 1887 si dovette spendere il denaro inviato per il soccorso degli scioperanti per sostenere davanti ai tribunali il diritto del «picketing» cioè il diritto degli operai di tenere le loro sentinelle nelle vicinanze delle officine, per invitare i lavoratori che vi si recano a fare causa comune con gli scioperanti. Le persecuzioni di questi ultimi anni minacciano sempre più di rendere illusori i diritti conquistati.

8 Una contribuzione ebdomadaria di 60 pence (lire 0,60) sui guadagni di 18 scellini (lire 22,50) o di uno scellino (lire 1,25) su 25 scellini (lire 31,25) rappresenta molto più di 9 sterline (225 lire) su una rendita di 300 sterline (7.500 lire alla pari): questa contribuzione è presa in gran parte sul nutrimento; e la contribuzione è subito duplicata quando lo sciopero è dichiarato in una delle associazioni fraterne. La descrizione grafica della vita dei membri delle «trade-unions», per un buon operaio, pubblicata dai Webb (pag. 341 e seg.) dà una efficace idea della somma di lavoro data dai membri di un'unione.

9 Vedasi, per esempio, le discussioni sugli scioperi di Falkenau, in Austria, davanti il Reichstag austriaco, il 10 maggio 1894, e nelle quali il fatto è stato pienamente riconosciuto dal Ministero e dai proprietari della miniera di carbone. Consultare ugualmente la stampa inglese di quell'epoca. [... e lo stillicidio continuo che, del sangue proletario, si opera tuttora in Italia]. (L'Ed.).

10 Si troveranno molti fatti consimili nel Daily Chronicle ed alcuni nel Daily News dell'ottobre e del novembre 1904.

11 Le 31.473 associazioni di produzione e di consumo sul Reno medio facevano, verso il 1890, per 460.937.500 lire di affari all'anno; esse prestarono durante l'anno 91.875.000 lire.

12 Non diversamente, da noi, i boscaiuoli ed i carbonai in Maremma. (L'Ed.).

13 British Consular Report, aprile 1889.

14 Un eccellente studio su questo soggetto è stato pubblicato in russo nelle Zapiski (Memoria della Società geografica del Caucaso, vol. VI, 2, Tiflis, 1891), di C. Egiazaroff.

15 Tratto d'acqua nel Hyde Park di Londra. Il ghiaccio aveva ceduto sotto il peso dei pattinatori.

16 Parco di Londra.

17 L'evasione da una prigione francese è estremamente difficile; tuttavia un prigioniero fuggì da una prigione della Francia nel 1884 o 1885. Riuscì a nascondersi tutto un giorno intero, quantunque fosse dato l'allarme e che i contadini delle vicinanze fossero alla sua ricerca. La mattina dopo stava nascosto in un fosso, molto vicino ad un piccolo villaggio. Forse aveva intenzione di rubare qualche alimento o qualche vestito allo scopo di abbandonare l'uniforme del prigioniero. Mentre era nascosto nel suo fosso, un incendio scoppiò nel villaggio. Vide una donna uscire correndo da una delle case in fiamme ed udì le sue grida disperate per salvare un bambino nei piani superiori della casa che bruciava. Nessuno si mosse per rispondere al suo appello. Allora il prigioniero fuggitivo uscì dal suo rifugio, si slanciò atraverso il fuoco e, il viso bruciato e gli abiti in fiamme, riportò il bambino sano e salvo e lo consegnò a sua madre. Naturalmente fu subito arrestato dal gendarme del villaggio che allora si mostrò. Fu ricondotto in prigione. Se avesse difeso un guardiano contro il colpo di un compagno si sarebbe di lui fatto un eroe. Ma il suo atto era semplicemente umano, non incoraggiava l'ideale dello Stato; lui stesso non lo attribuì ad una subitanea ispirazione della grazia divina; ciò bastò per lasciare quest'uomo nell'oblio. Forse sei o dodici mesi furono aggiunti alla sua condanna per avere rubato «gli effetti dello Stato», la divisa della prigione. [e per essere evaso. (L'Ed.)].

18 In Francia, il Touring Club.

19 È ammirevole l'ottimismo del K., il suo idealismo, la sua fede; certo l'umanità cammina, consciamente o non, verso l'Anarchia, ma quanto poco di tale idealismo ànno gli «sportivi» in genere! (L'Ed.).

20 L'Accademia di medicina per le donne (che à dato alla Russia una gran parte delle sue 700 donne dottoresse laureate), le quattro università di donne (circa 1000 allieve nel 1887; chiuse in quell'anno e riaperte nel 1895) e la Scuola commerciale superiore per le donne sono interamente opera di società private. A simili società dobbiamo l'alto livello che i Licei femminili ànno raggiunto dacchè furono aperti verso il 1860. Questi 100 licei, ripartiti nell'impero russo (più di 70.000 allieve) corrispondono alla High Schools delle fanciulle in Inghilterra.

21 Le Verein für Verbreitung gemeinnützlicher Kenntnisse, quantunque di soli 5.500 membri à già aperto più di 1000 biblioteche e scuole pubbliche, organizzato delle migliaia di conferenze e pubblicato opere molto importanti. [Anche le Università popolari, promosse in Italia principalmente per merito dell'avv. Luigi Molinari, possono essere qui citate. (L'Ed.)].

22 Purtroppo, non à impedite le due ultime guerre mondiali e difficilmente, pur con sforzi titanici, non riuscirà ad impedirne altre! (L'Ed.).

23 Pochissimi scrittori di Sociologia vi ànno posto attenzione. Il Dr. Ihering à tuttavia scritto su questo argomento ed il suo caso è molto istruttivo. Quando questo grande giurista tedesco incominciò la sua opera filosofica Der Zweck im Rechte («Lo scopo del diritto») aveva l'intenzione di analizzare «le forze attive che producono il progresso della società e lo mantengono» formulando «la teoria dell'uomo sociale». Analizzò da prima l'azione delle forze egoiste, compreso il sistema attuale del salario e della coercizione in tutta la varietà delle leggi politiche e sociali; e, seguendo il piano accuratamente elaborato della sua opera, aveva l'intenzione di consacrare l'ultimo capitolo alle forze morali – il senso del dovere e l'amore reciproco – che concorsero allo stesso scopo. Ma quando venne a studiare le funzioni sociali di questi due fattori, dovette scrivere un secondo volume due volte più grosso del primo; e tuttavia non trattò che dei fattori personali, che non occuperanno in questo libro che alcune linee. L. Dargun riprese la stessa idea in Egoismus und Altruismus in der Nationalökonomie, Leipzig, 1885, aggiungendo qualche nuovo fatto. L'amore del Büchner, e parecchie parafrasi di quest'opera pubblicate in Inghilterra ed in Germania trattano lo stesso soggetto.

24 Light and Shadows in the Life of an Artisan, Coventry, 1893.

25 Molti ricchi non possono capire come i poveri s'aiutino vicendevolmente, perchè non sanno farsi una giusta idea di quelle quantità infinitesimali di nutrimento o di denaro da cui dipende spesso la vita di un infelice delle classi più povere. Lord Shaftesbury aveva capita questa terribile verità quando creò il Fondo delle Piccole mercanti di fiori e di crescione, col quale si facevano prestiti di una lira sterlina e qualche volta di due lire, per permettere alle giovani fanciulle di comprare un paniere e dei fiori nell'inverno quando sono nel crudo bisogno. Il prestito era concesso alle giovani fanciulle che non avevano «six pence» (60 centesimi), ma che non mancavano mai di trovare qualche altro povero pronto a garantire per esse. «Di tutte le opere alle quali mi sono trovato mischiato, scrive lord Shaftesbury, considero quella delle piccole venditrici di crescione, come la meglio riuscita... Cominciammo nel 1872: sborsammo da 800 a 1000 prestiti e non abbiamo perduto 50 lire in tutto questo periodo... Ciò che è stato perduto – e fu ben poco in queste circostanze – è stato per malattia o per morte, non per frode». (The life and Work of Seventh Earl of Shaftesbury, di Edwin Hodder, vol. III, pag. 322, London, 1885-86). Parecchi altri fatti nella Life and Labour in London, vol. I, di Ch. Booth in Pages from a Work Girl's Diary, di miss Beatrice Potter (Nineteenth Century, september 1888, pag. 310), ecc.

26 Samuel Plimsoll, Our Seamen, edizione popolare, Londra, 1870, pag. 110.

27 Our Seamen, u. s., pag. 110. Mr. Plimsoll aggiunge: «Non vorrei mai dire male dei ricchi, ma penso che vi sono molte ragioni per domandare se queste qualità sono altrettanto sviluppate tra di loro; poichè non solo la maggior parte non conoscono bene i bisogni, ragionevoli o no, dei loro parenti poveri, ma ignorano altresì quelle qualità altruistiche non avendo occasione di esercitarle tra loro. La ricchezza sembra spesso soffocare i buoni sentimenti di quelli che la posseggono, e le loro simpatie diventano se non minori, almeno, per così dire, «stratificate»; essi le riservano alle sofferenze della propria classe, ed anche alle sciagure di coloro che sono al di sopra di loro. Raramente si volgono verso gli inferiori e sono più disposti ad ammirare un atto di coraggio... che ad ammettere la forza d'animo costantemente messa alla prova e la tenerezza che sono i tratti caratteristici della vita quotidiana d'una moglie d'operaio inglese» e, aggiungerò io, degli operai del mondo intero.

28 Life of the Seventh Earl of Shaftesbury, di Edwin Hodder, vol. I, pag. 137-138.