Txt: Il mutuo appoggio, fattore dell'evoluzione
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Pëtr Alekseevič Kropotkin (Mosca, 9 dicembre 1842 – Dmitrov, 8
febbraio 1921) è stato un filosofo, geografo, zoologo, militante
e teorico dell'anarchia russo. Libertario, fautore di un'analisi
sociologica e di una proposta poggiata su basi scientifiche
dell'evoluzione sociale nelle comunità umane, basandosi sulla
"propaganda col fatto", è stato uno dei primi sostenitori
dell'anarco-comunismo.
«Perché la rivoluzione possa essere più che una parola, perché la reazione non ci riporti domani alla situazione di ieri, la conquista di oggi deve comportare lo sforzo di esser difesa; il povero di ieri non può essere il povero di domani »
Biografia
Nato a Mosca il 9 dicembre 1842 da famiglia aristocratica, nel 1857, in qualità di nobile imparentato con la Corte, Pëtr Kropotkin entrò nel Corpo dei paggi (collegio imperiale) dove terminò il suo corso nel 1861, dal quale uscì nel 1862 per entrare a far parte dei Cosacchi, prestando servizio da ufficiale in Siberia. In questo periodo abbracciò gli ideali anarchici, ed ebbe modo di compiere una serie di studi di geografia, geologia e zoologia che avrebbero avuto in seguito un'influenza fondamentale nello sviluppo della sua filosofia. Nel 1868 rientrò in Russia, a Pietrogrado, riprese gli studi universitari nella facoltà di scienze, e successivamente venne nominato segretario della sezione geofisica della Società russa di geografia. Kropotkin, 1917 Con gli anni maturò la decisione di impegnarsi nell'attività politica: nel 1872 abbandonò i suoi incarichi e si recò a Ginevra, dove aderì alla corrente di Michail Bakunin nella I Internazionale, impegnandosi per la partecipazione degli anarchici ai movimenti sindacali e rivoluzionari (partecipava alle conferenze operaie clandestine, in cui si faceva chiamare «Boradin», propagandando la rivoluzione sociale); entrò poi a far parte della Federazione del Jura. Al suo ritorno in Russia si unì al Circolo Čajkovskij, del quale ricevette l'incarico di scriverne il programma.
Nel 1874 venne arrestato ed imprigionato a San Pietroburgo (scoprire che dietro il rivoluzionario Boradin si nascondeva il principe Kropotkin suscitò la sorpresa e lo sdegno dello zar); riuscì ad evadere nel 1876, raggiungendo la Svizzera con lo pseudonimo di Levachov. Diventò segretario generale del IX Congresso generale dell'Internazionale dei lavoratori, prima di essere costretto alla fuga in Inghilterra dalle minacce d'arresto della polizia svizzera. Stabilitosi in Inghilterra iniziò una serie di viaggi attraverso l'Europa per tornare a Ginevra nel 1878, dove l'anno successivo fondò e diresse Le Révolte. Nel 1880 collaborò insieme a Élisée Reclus alla stesura della Geografia universale.
Nel 1881 fu espulso dalla Svizzera a seguito dell'assassinio dello zar Alessandro II da parte di alcuni anarchici; venne processato (durante il processo gli imputati, Emilio Gautier, Felix Tressaud, Martin, Fager, Sala, lessero una dichiarazione di principi che terminava con il celeberrimo «il pane per tutti, la scienza per tutti, il lavoro per tutti, e per tutti anche l'indipendenza e la giustizia») e incarcerato a Clairvaux nel 1883. Lo stesso anno Victor Hugo presentò al ministro della giustizia francese una petizione per la sua liberazione, firmata da numerosi intellettuali. Dal carcere, nel 1885, scrisse Parole di un ribelle. Il 15 gennaio 1886 Kropotkin ottenne la grazia e si stabilì di nuovo in Inghilterra, dove fondò la rivista Freedom e, insieme ad altri amici, la casa editrice anarchica Freedom Press. Iniziò un lungo periodo di feconda produzione letteraria durante il quale scrisse alcune tra le sue opere più importanti, tra le quali La morale anarchica; Campi, fabbriche e officine; Il mutuo appoggio.
Nei primi anni del XX secolo i tentativi rivoluzionari in Russia risvegliarono l'interesse di Kropotkin per la situazione del suo paese d'origine; nel 1914 prese posizione in favore della guerra contro la Germania, innescando numerose polemiche all'interno del movimento anarchico e un'aspra lite con l'amico Errico Malatesta; il suo atteggiamento interventista trovò ancora riscontro nel 1916 con la sua firma al Manifesto dei Sedici. Anni dopo Kropotkin avrebbe ammesso di aver compiuto un errore.
Nel 1917 tornò in Russia dove prese immediatamente posizione contro la piega autoritaria che avvertiva nel movimento rivoluzionario, osteggiando in particolare i bolscevichi; strinse amicizia con Alexander Kerensky, dal quale rifiutò un ministero; ricevette inoltre l'offerta - che rifiutò sdegnato - di una pensione di 10000 rubli da Lenin.
Nel 1919 si trasferì definitivamente a Dmitrov, dove scrisse la Lettera ai lavoratori d'occidente; il documento più importante di questo periodo è la "Lettera ai lavoratori di tutto il mondo" (1920), in cui Kropotkin esortava tutti i progressisti occidentali a porre fine al blocco e alla guerra d'intervento, che avrebbe solo rafforzato la dittatura e reso più difficile il compito di coloro che stavano lavorando ad una genuina ricostruzione sociale. Illustrava poi la sua visione di una Russia anarchica organizzata in libere comuni federali, e ammoniva gli uomini d'altri paesi a imparare dagli errori della rivoluzione russa. Di quest'ultima lodava i passi verso l'uguaglianza sociale e il ruolo dei Soviet, che avrebbero potuto portare all'emancipazione dei produttori nell'amministrazione della loro attività se solo non fossero caduti sotto il controllo della dittatura. Nonostante tutto Kropotkin era ancora ottimista ed invitava i lavoratori a creare una nuova Internazionale. Le sue parole però non influenzarono né gli eventi interni, né quelli esterni ed egli non poté far nulla neppure per gli anarchici che erano in prigione, in esilio o a combattere nell'esercito rivoluzionario ucraino di Nestor Makhno.
La sua morte, avvenuta l'8 febbraio 1921, gli impedì di completare quella che considerava la sua opera più importante, L'etica. Il suo feretro attraversò le strade di Mosca scortato da nere bandiere incise del motto "Dove c'è autorità non c'è libertà".
Il pensiero
Kropotkin, che sviluppa le proprie idee all'apogeo del clima positivista e scientista dell'800, fu fortemente influenzato dal suo essere contemporaneamente scienziato e anarchico, per questo si legò fortemente al razionalismo illuministico. In questo "clima" egli lancia la sua sfida intellettuale: dimostrare che l'anarchismo è in perfetta sintonia con lo sviluppo e i metodi della scienza, che esso ha basi scientifiche indiscutibili e, soprattutto, dimostrare che la vita umana ed animale è prevalentemente basata sulla cooperazione e la solidarietà, piuttosto che sulla lotta. In questa maniera l'anarchico russo vuole criticare sia le teorie del socialismo scientifico, in particolare quelle del metodo dialettico e del determinismo economico, sia le teorie dei discepoli del "darwinismo sociale" che giustificano l'oppressione del forte sul debole. Gli elementi cardine del pensiero kropotkiniano sono: il determinismo scientifico, l'etica e l'anarco-comunismo.
Il determinismo scientifico
Portada de La Conquista del pane, edizione francese Per Kropotkin l'anarchia è un modo d'organizzazione sociale "imposto" dalla stessa natura ed è quindi una verità scientifica: "l'anarchia è una concezione dell'universo, basata sulla interpretazione meccanica dei fenomeni, che abbraccia tutta la natura, non esclusa la vita della società". Il suo metodo è quello delle scienze naturali; secondo questo metodo ogni conclusione scientifica deve essere verificata. La tendenza kropotkiniana è di fondare una filosofia sintetica che si estenda a tutti i fatti della natura, compresa la vita delle società umane e i loro problemi economici, politici e morali". Per Kropotkin in natura non esistono leggi prestabilite bensì fenomeni non determinati e l'armonia non può non essere che la conseguenza di un lungo processo. Ugualmente la società umana, che si regge sull'armonia spontanea, non può che sfociare nell'Anarchia, poiché anche gli esseri umani tendono a respingere le forme cristallizzate. L'anarchia quindi si realizzerebbe come conseguenza deterministica, ovvero senza alcuna volontà possibile. Quest'ultima, che determina la condotta degli individui e della società, secondo il determinismo, non sarebbe altro che un'illusione. Passato, presente e futuro non sarebbero altro che una sequenza di cause ed effetti di natura meccanica, secondo cui la volontà non può incidere in alcun modo. Tuttavia per Kropotkin il pensiero meccanicista non è così "rigido": egli ritiene che i fini possono essere raggiunti solo attraverso l'adeguamento dei mezzi alla natura dei fini. In pratica i fini non sono dati, ovvero è l'azione cosciente (prassi rivoluzionaria) dell'uomo che determina i fini.
L'etica
Secondo Kropotkin, tre sono gli stadi dell'etica umana: il mutuo soccorso; la giustizia; la morale. Il mutuo soccorso, tradotto anche come mutuo appoggio, è presente in tutti gli animali con pochissime eccezioni. Solo le tigri, alcuni uccelli e alcuni pesci, afferma Kropotkin, non hanno istinti sociali e vivono isolati. Tutti gli altri però vivono in branchi e si aiutano a vicenda, perché questa è l'arma migliore per sopravvivere. Kropotkin, rifacendosi soprattutto agli studi di Charles Darwin, nota che gli istinti sociali sono via via più presenti man mano che una specie è evoluta; così, le specie più evolute di ogni classe animale, possiedono istinti sociali fortissimi. Questi istinti sono indubbiamente presenti anche in ogni uomo.
La giustizia deve essere intesa come uguaglianza; non vi è alcuna giustizia senza equità. Questo è un passaggio successivo, che non deriva dagli istinti né dai sentimenti, ma dalla ragione. Anche la giustizia, afferma Kropotkin, è presente in molti animali, particolarmente quelli più evoluti. Parla ad esempio di uccelli che si dividono le scogliere, zona di caccia, in modo che nessuno abbia un territorio migliore o peggiore degli altri; quindi se il territorio di un uccello è particolarmente buono per la caccia, sarà meno esteso rispetto a quello di un uccello che ha un territorio peggiore. Nelle civiltà primitive, poi, la giustizia intesa come equità era la norma. Lo deduce da studi effettuati di persona e da altri studiosi, in cui sono state analizzate le culture considerate più "primitive". Ciò non toglie che l'uomo ha sempre vissuto in società, come gli animali.
La morale è qualcosa che nasce successivamente. Essa va addirittura oltre la giustizia e va intesa come abnegazione o sacrificio di se stessi per gli altri. È ciò che avviene quando un individuo rinuncia alla propria vita per salvarne un altro (si tratta naturalmente di un caso estremo). La morale, però, non è che un "di più", che non si può chiedere ad una persona. Tale distinzione non è nuova. Era già presente in Pierre Joseph Proudhon e in Jean-Marie Guyau, ma Kropotkin l'ha approfondita. Avrebbe voluto chiarire, nel secondo volume de L'Etica, da quali processi psicologici nascano la giustizia e la morale nell'uomo, ma purtroppo di quel volume non abbiamo che poche bozze. Sappiamo però che intendeva fondare una nuova etica (la morale realistica, o morale anarchica) rifacendosi principalmente all'abbozzo di Guyau di una morale senza obbligazione né sanzione.
L'anarco-comunismo
Il comunismo anarchico o comunismo libertario è il "comunismo senza governo, quello degli uomini liberi, è la sintesi dei due scopi ai quali mira l'umanità attraverso i tempi: la libertà economica e la libertà politica ed è anche il completamento dell'anarchia, ovvero l'uguaglianza che completa la libertà. È quindi inoltre l'opposto dell'individualismo esattamente come il mutuo appoggio è l'esatto contrario della lotta per l'esistenza. Per Kropotkin il comunismo è l'unico sistema privo di contraddizioni sociali, poiché, secondo il principio "da ognuno secondo le sue forze, ad ognuno secondo i suoi bisogni", abolisce la schiavitù del salario e la dipendenza dal bisogno, mediante la spontanea azione delle masse. Kropotkin, nella sua visione deterministica, è contrario alla rivoluzione, tuttavia la ritiene fondamentale in certe epoche, in quanto mezzo di accelerazione del processo evolutivo.
Il comunismo kropotkiniano vuole abolire non solo la differenza tra lavoro manuale e lavoro intellettuale (come Bakunin) ma anche quella tra città e campagna. Per il pensatore russo ogni individuo deve integrare il lavoro manuale con quello intellettuale (ciò per evitare pericolose specializzazioni che possano creare privilegi); anche l'integrazione geografico-sociale della città con la campagna sono due aspetti complementari perché mirano al superamento della divisione della società in una scala gerarchica. Questi due aspetti, così integrati tra loro, costituiscono la struttura federalistica ed armonica del piano kropotkiniano, che comporta la fine di ogni dominio: abolizione delle classi, abolizione dello Stato e di ogni altra forma gerarchica socio-economica, decentramento e federalismo dal basso verso l'alto, abolizione della duplice divisione del lavoro, pratica immediata di comunismo libero e di mutuo appoggio.
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PËTR ALEKSEJEVIC KROPOTKIN
A cura di Silvia Ferbri
Introduzione
Pëtr Kropotkin è stato un rivoluzionario anarchico russo
(possiamo considerarlo uno dei "padri fondatori" dell'anarchismo
e dell'anarcocomunismo in particolare), ma anche uno scienziato
e un filosofo. Il suo è però un pensiero poco conosciuto, pur
essendo ricco e fecondo. La sua vita e la sua collocazione
politica hanno probabilmente contribuito a metterlo in ombra, al
punto che è praticamente ignorata anche la sua intensa opera
geografica (a Kropotkin dobbiamo l'esatta conoscenza
dell'orografia asiatica e delle varie fasi dell'era glaciale in
Europa; compì infatti diverse esplorazioni nella prima parte
della sua vita) così come il suo notevole contributo
all'antropologia e all'etologia. Le sue ricerche e le sue
riflessioni spaziano dall'analisi critica dell'evoluzionismo
darwiniano (in occasione della quale emerge il concetto del
"mutuo appoggio" come fondamentale fattore evolutivo) alle
riflessioni sull'etica (proponendo un'etica solidale, dopo aver
esaminato i vari stadi dello "sviluppo" etico); dall'anarchia e
l'autogestione a un'approfondita e profetica analisi sociale ed
economica; dalla ricerca di una filosofia anarchica della storia
fino all'ipotesi di un fondamento scientifico vero e proprio per
la teoria anarchica, da contrapporre al socialismo scientifico
marxista; dalla sua particolare concezione antropologica a una
sensibilità ecologica difficile da riscontrare ai suoi tempi.
Dal punto di vista filosofico rivestono un particolare interesse
i suoi scritti sulla storia e la storiografia (quindi il suo
concetto di rivoluzione e la sua teoria, sostenuta e messa in
pratica con la sua stessa vita, dell'agire umano, che
illustreremo più avanti), il concetto del "mutuo appoggio", e
senz'altro la sua opera incompiuta sull'Etica. Ugualmente
notevoli, anche se riguardano altre discipline, sono la sua
analisi e la sua concezione economica (un'opera come Campi,
fabbriche e officine era estremamente all'avanguardia per
l'epoca in cui è stata scritta) e, come abbiamo accennato, la
sua attività di geografo. Le sue opere e i suoi studi spaziano
quindi in svariati campi, a dimostrazione del suo amore per il
conoscere e per il sapere, oltre a quello, altrettanto intenso,
per la vita e per la lotta.
Kropotkin nei suoi lavori fa un costante riferimento alla
scienza naturale, ponendo la scienza come base per le sue
argomentazioni, approccio che venne spesso criticato da altri
pensatori o attivisti anarchici. Se non può essere considerato
quindi un "idealista", come vedremo, neppure è corretto
definirlo un "empirista" tout court. Potremmo qualificarlo come
"naturalista", ma se il suo naturalismo si basa
sull'evoluzionismo, come vedremo meglio in seguito, neppure lo
si può considerare del tutto un precursore dell'attuale
epistemologia evoluzionistica di Campbell, Lorenz, Riedl e
altri, in quanto l'evoluzionismo moderno, a differenza di
Kropotkin, manifesta solo raramente un interesse sociale e
politico. Interessante è poi la questione dell'individualismo e
del rapporto individuo-società in Kropotkin, che analizzeremo
tra breve, e che allo stesso modo il più delle volte non è stata
valutata e compresa pienamente.
Ma ciò che è più importante rilevare è che il suo pensiero e il
suo punto di vista non hanno perduto oggi la loro attualità e
meritano di essere tutt'ora conosciuti e ricordati. Il suo
ottimismo e il suo entusiasmo, nonostante le mille difficoltà
che ha dovuto affrontare nel corso della sua vita, affascinano e
coinvolgono, in particolare la sua descrizione di un uomo
davvero libero e capace di vivere sul serio la libertà, un uomo
in grado di gestire totalmente l'intera organizzazione sociale
ed economica, oltre alla sua vita privata, senza delegare
alcunché a politici di mestiere o a veri o presunti esperti.
Descrizione che non muove da una qualche teoria formulata
astrattamente, ma dalla sua esperienza, diretta o indiretta, che
egli costantemente pone non soltanto come concreto esempio da
seguire ma anche come obiettivo da continuare a raggiungere.
La sua ricerca di modelli di comunità autogestita, basata sulla
conoscenza della natura sociale dell'uomo, può fornire
importanti stimoli per la società intera, non soltanto per le
varie reti o quei gruppi politicamente impegnati che provano al
giorno d'oggi (di fronte alle attuali sfide poste dalla
crescente emergenza ecologica e dall'espansione
dell'imperialismo, da alcuni definito "globalizzazione") a
sperimentare al loro interno l'autogestione e il mutuo appoggio
tentando di escludere qualsiasi rapporto di potere. E' anche
fondamentale, nell'attuale crisi della politica e a seguito dei
cambiamenti dovuti alla cosiddetta "fine delle ideologie" e al
crollo del comunismo sovietico, tentare finalmente (e non solo
per la "sinistra" nelle sue varie componenti) di arrivare ad una
fondata conoscenza dell'uomo, soprattutto riguardo la sua
capacità di convivere pacificamente e in libertà, di cooperare e
autoorganizzarsi in uguaglianza, senza costrizione esterna
(capacità non riconosciuta da Marx e dai suoi discepoli, ma che
andrebbe seriamente rivista, al fine di non ripetere i ben noti
vecchi errori).
Non ultimo, il pensiero di Kropotkin può farci riflettere se sia
ancora valido (come ritengono invece molti neokantiani e
idealisti) continuare ad insistere sulla divisione tra naturale
e sociale. Il materialismo di Kropotkin a questo proposito è
ancora qualcosa d'altro e di più: egli non fu solo un seguace
del principio antropologico di Cernysevskij, ma fu come abbiamo
visto un geografo, esponente pertanto di una scienza che allora
si definiva interdisciplinare, ovvero proprio una sintesi tra il
sociale e il naturale. Le componenti del pensiero e
dell'esperienza di Kropotkin sono quindi variegate e complesse,
e la sintesi che ne deriva è particolarmente ricca e feconda, un
patrimonio da non disperdere, ma da cui attingere e non da
un unico punto di vista.
La vita e le opere
Pëtr Aleksejevic Kropotkin nacque a Mosca il 9 dicembre 1842, da
una famiglia dell'aristocrazia russa. Fin da piccolo sviluppò
quindi un rapporto molto intenso con i servi-contadini della
famiglia paterna e un'istintiva empatia per le loro drammatiche
condizioni di vita. Frequentò una esclusiva scuola militare (il
corpo dei Paggi di Alessandro II, avendo così un contatto
diretto con la famiglia imperiale e il mondo dell'autocrazia
russa), quindi, nel 1862, rinunciando temporaneamente per motivi
di rapporti familiari agli studi universitari, entrò a far parte
del corpo dei Cosacchi e si recò in Siberia, esperienza
determinante sia per i suoi studi di geografia, geologia e
zoologia (che avranno in seguito un'influenza fondamentale nello
sviluppo del suo pensiero filosofico), sia per i suoi primi
atteggiamenti critici verso la società zarista e le sue enormi
ingiustizie, stimolati proprio dal soggiorno siberiano.
Restò inoltre particolarmente impressionato dall'organizzazione
semicomunista della popolazione autoctona. "Gli anni che passai
in Siberia", scrisse in Memorie di un rivoluzionario, "mi
insegnarono molte cose che non avrei potuto imparare altrove. Mi
convinsi ben presto dell'assoluta impossibilità di fare qualcosa
di veramente utile per il popolo servendosi del meccanismo
amministrativo. Mi liberai per sempre di quella illusione.
Incominciai poi a capire non solo gli uomini e la natura umana,
ma anche le intime origini della vita della società. Il lavoro
costruttivo delle masse ignorate, di cui così poco si parla nei
libri, e l'importanza di quel lavoro costruttivo nello sviluppo
delle forme sociali, mi si delineò con chiarezza.". Kropotkin
qui si riferisce a una comunità che si era stabilita nella
regione dell'Amur. "Vedere gli immensi vantaggi della loro
organizzazione fraterna semicomunista e constatare i buoni
risultati della loro colonizzazione in mezzo ai tanti falliti
della colonizzazione di stato, fu una lezione che avrei cercato
inutilmente nei libri. E poi, vivere con gli indigeni, osservare
le forme complesse di organizzazione sociale che essi hanno
elaborato lontano dall'influenza di qualsiasi società, era fare
provvista di una luce che avrebbe poi rischiarato i miei studi
futuri.".
Dopo essere rientrato in Russia e aver intrapreso finalmente
gli studi universitari nella facoltà di scienze (successivamente
verrà nominato segretario della sezione geofisica della Società
russa di geografia), nel 1872, dopo una spedizione in Finlandia,
feconda e determinante soprattutto per la sua riflessione sulle
scelte future, si recò in Svizzera, avendo nel frattempo
maturato la decisione di impegnarsi nell'attività politica. La
decisione di rinunciare all'offerta della Società geografica
maturò in seguito al seguente quesito: "Ma quale diritto avevo
io a queste gioie profonde, mentre intorno a me non vi era che
miseria e lotta per un tozzo di pane ammuffito; quando tutto
quello di cui io potevo aver bisogno per poter vivere in questo
mondo di altissime emozioni doveva essere tolto dalla bocca di
quelli che fanno crescere il grano e non hanno abbastanza pane
per i loro bambini?"
Vediamo così da subito qual'è il suo metodo di studio (partire
sempre dalla realtà concreta, dalla vita vissuta, mai da teorie
o principi astratti) e il suo atteggiamento di uomo, fortemente
intriso fin dalla più giovane età di un profondo senso di
giustizia.
A Ginevra aderì alla corrente bakuniana della I Internazionale,
ed entrò a far parte della Federazione del Jura. Abbracciò gli
ideali di fratellanza socialisti e anarchici, e si impegnò per
la partecipazione anarchica ai movimenti sindacali e
rivoluzionari.
Tornato nel suo paese, dove si unì al Circolo Cajkovskij,
vivendo una delle sue esperienze più straordinarie in
condivisione con tutti quei giovani, in gran parte ragazze, che
rinunciarono a tutto, in molti casi alla loro stessa vita, per
dedicarsi anima e corpo all'emancipazione del popolo, nel 1874
venne arrestato e rinchiuso (senza processo) nella fortezza di
S. Pietro e Paolo a San Pietroburgo. Durante la prigionia
continuò, nonostante le difficoltà, a scrivere i suoi lavori
sulla glaciazione in Europa. Nel 1876 riuscì ad evadere con una
fuga spettacolare e con l'aiuto dei suoi compagni di lotta, e
raggiunse la Svizzera sotto pseudonimo, dopo un breve ma intenso
soggiorno in Inghilterra.
Diventò segretario generale del IX Congresso generale
dell'Internazionale dei Lavoratori, prima di essere costretto a
fuggire ancora in Inghilterra. Effettuò numerosi viaggi
attraverso l'Europa, sostò a Parigi, dove conobbe Turgheniev,
tornando poi a Ginevra nel 1878, dove l'anno successivo fondò e
diresse «Le Révolté» (dal 1887 «La Révolte», poi dal 1895, «Les
Temps Nouveaux»). La Federazione del Jura era stata ridotta al
silenzio dalle persecuzioni, e Guillaume, che da otto anni
teneva in vita il «Bollettino della Federazione», aveva dovuto
abbandonare la Svizzera e rifugiarsi in Francia. Nel 1880
collaborò con Elisée Reclus, un grande geografo francese di idee
anarchiche, anch'egli ingiustamente dimenticato, con il quale
instaurò un rapporto di profonda amicizia, alla stesura della
sua Geografia Universale.
Espulso nel 1881 dalla Svizzera (a seguito dell'uccisione dello
zar Alessandro II), venne poi processato e condannato in Francia
l'anno seguente per attività sovversiva. In carcere scrisse Paroles d'un révolté,
(Parole di un ribelle). Victor Hugo presentò al ministro della
giustizia francese una petizione per la sua liberazione, firmata
da numerosi intellettuali. Nel 1886 Kropotkin ottenne la grazia
e dopo un breve soggiorno a Parigi si trasferì in Inghilterra,
dove fondò la rivista «Freedom». Seguì un periodo di intensa
produzione letteraria, durante il quale scrisse alcune tra le
sue opere più importanti, tra cui La conquête du pain, (La conquista del pane),
La morale anarchiste in
«La Révolte», (La morale anarchica), Fields, Factories and Workshops, (Campi,
fabbriche e officine), Memoires
of a Revolutionist, (Memorie d'un rivoluzionario), Mutual Aid. A Factor of Evolution,
(Il mutuo appoggio), La
grande révolution. 1789-1793, (La grande rivoluzione.
1789-1793).
I tentativi rivoluzionari in Russia nei primi anni del XX secolo
risvegliarono l'interesse di Kropotkin per il suo paese
d'origine; nel 1914 prese posizione in favore della guerra
contro la Germania (nel 1916 aderì al Manifesto dei Sedici)
suscitando numerose polemiche all'interno del movimento
anarchico e una lite piuttosto aspra con l'amico Errico
Malatesta.
Nel 1917, allo scoppio della rivoluzione, Kropotkin tornò in
Russia, dove prese immediatamente posizione contro la piega
autoritaria che il movimento rivoluzionario stava assumendo, in
particolare contro i bolscevichi; entrò in contatto con
Alexander Kerenskij (dal quale rifiutò un ministero); e con
Lenin, al quale scrisse denunciando il regime, quindi si stabilì
a Dmitrov, dove scrisse la Lettera ai lavoratori d'occidente e
dove visse i suoi ultimi anni in un isolamento che non poteva
essergli proprio.
La sua morte, avvenuta l'8 febbraio 1921 a causa di una
polmonite, gli impedì di completare L'etica (Etika, I), quella
che lui stesso considerava la sua opera più importante.
La filosofia kropotkiniana della storia
Kropotkin, interrogandosi sul ruolo del popolo durante la
Rivoluzione francese, si mise in contrasto con la maggior parte
degli storici del tempo, sia per il suo approccio che per le
conclusioni a cui giunse. Nel suo libro La grande rivoluzione
riscopre ed esalta infatti il ruolo del popolo e della
dimensione collettiva, svalutando invece la volontà
rivoluzionaria della borghesia.
La borghesia per Kropotkin è controrivoluzionaria, ciò a cui
mira è togliere il governo all'aristocrazia cortigiana ma non
andare oltre; le sue aspirazioni non sono quelle del popolo; la
borghesia ha le idee ben chiare ed è più forte: il popolo, senza
il quale la rivoluzione non sarebbe avvenuta, viene utilizzato e
sacrificato. L'unione della corrente delle idee con la corrente
dell'azione è stata fondamentale, ma quest'ultima proveniva
espressamente dalle masse popolari, dai contadini e dai
proletari delle città. "E quando queste due correnti si
incontrarono in un obiettivo inizialmente comune, quando
praticarono per un certo periodo un appoggio mutuo, il risultato
fu la rivoluzione."
Le idee dei filosofi del XVIII secolo, i principi di
uguaglianza, libertà, sovranità della ragione da soli non
potevano essere sufficienti: per provocare la rivoluzione,
occorreva "dare inizio alla realizzazione dell'ideale." E questo
poteva avvenire soltanto, secondo l'analisi di Kropotkin, con
l'azione rivoluzionaria proveniente dal popolo. Ma poi la
rivoluzione autentica venne fermata, e la vera storia popolare
della rivoluzione non venne mai scritta. Per Kropotkin,
quest'ultima è la storia dei primi sintomi della corrente di
pensiero e azione che nel secolo successivo prenderà il nome di
anarchismo, è l'origine dei principi comunisti, socialisti,
anarchici, la "nostra madre comune"; appartiene alla storia di
tutti i libertari, che da sempre, secondo la visione di
Kropotkin, è contrapposta a quella degli autoritari, i loro
eterni nemici. Giacobini, quindi, contro antigiacobini
(hebertisti, "arrabbiati", anarchici..).
E' la storia delle istanze egualitarie del popolo, degli
esperimenti di democrazia diretta e di vero socialismo dal basso
e autogestionario. La storia che è sempre stata raccontata dagli
storici, reazionari, liberali o marxisti, ritiene Kropotkin, è
invece quella dell'involuzione rivoluzionaria compiuta
dall'autoritarismo dietro la mistificazione della "necessità".
L'anima della rivoluzione era nelle Comuni, realtà ben diverse
dai corpi municipali realizzati in seguito, dove "i cittadini,
dopo pochi giorni di eccitamento dovuto alle elezioni,
ingenuamente affidano l'amministrazione di tutti i propri
affari, senza occuparsi più di niente. La folle fiducia nel
governo rappresentativo che caratterizza la nostra epoca non
esisteva durante la Grande Rivoluzione. La Comune nata dai
movimenti popolari non si separerà mai dal popolo."
Kropotkin esaltava la meravigliosa attitudine del popolo per
l'organizzazione rivoluzionaria, e la capacità delle masse di
fare a meno dei corpi rappresentativi e di mettere in pratica
l'autogoverno. L'unità dell'azione era cercata non
sottomettendosi a un comitato centrale, ma all'interno di una
confederazione. La Comune era una, composta dall'insieme di
tutti i suoi distretti, ma il governo rappresentativo era
ridotto al minimo indispensabile: era ai cittadini riuniti in
assemblea che apparteneva il diritto ultimo di legiferare e
amministrare nella Comune.
Kropotkin descriveva poi l'energia interiore che si era
accumulata nei villaggi, a dispetto del lungo periodo di guerra
seguito alla rivoluzione, e quindi la ricchezza e la
produttività, dovute all'amore per la terra. "La rivoluzione ha
portato un mutamento profondo, e il vecchio regime non verrà più
restaurato.".
Kropotkin illustrava il momento in cui ci si trova di fronte ad
una svolta: riforma o rivoluzione. C'è sempre un momento,
sosteneva, in cui la riforma è ancora possibile, ed è di quel
momento che è necessario approfittare.
"Una riforma è sempre un compromesso con il passato, mentre il
progresso ottenuto tramite una rivoluzione è sempre una promessa
di progresso futuro.".
Evoluzione e rivoluzione, libertà e dominio
Secondo la teoria di Kropotkin, sia i cambiamenti nel cosmo e
nella natura vivente, che quelli nella società umana, sono un
susseguirsi complementare di evoluzione e rivoluzione.
(Intendendo la rivoluzione come conseguenza di un percorso
evolutivo, o, più precisamente, un periodo di evoluzione
accelerata). Questo è stato il cammino della storia.
Ma non abbiamo a che fare con una teoria astratta: le
conclusioni a cui Kropotkin giunge, in questo, come negli altri
casi, sono dovute sia ad uno studio approfondito che, in primo
luogo, alla sua esperienza personale (non solo e non tanto una
verifica, quanto una frequente e reale scoperta). La
meravigliosa attitudine del popolo per l'azione rivoluzionaria,
ad esempio, cui fa spesso riferimento, deriva dai suoi contatti
e dai suoi rapporti, prima con i rivoluzionari russi, poi con il
movimento dei lavoratori in Occidente.
Lo schema evoluzione-rivoluzione non è dato per scontato, e
nulla può assicurare che continui: se per tutto un insieme di
circostanze e di scelte (o non-scelte) si va verso la
regressione, l'involuzione o la stagnazione, ecco che una
rivoluzione non seguirà.
"Tutta la storia della nostra
cultura è attraversata da due tradizioni, da due correnti
opposte: la tradizione romana e quella popolare, l'imperiale e
la confederativa, la tradizione autoritaria e quella
libertaria." Uno sviluppo, quindi, lungo la linea di
conflitto tra libertà e dominio. Quella di Kropotkin è una
concezione antagonistica della storia, che non si basa però
esclusivamente sulla lotta di classe o sullo scontro delle varie
élite per il potere: questo conflitto tra libertà e dominio
attraversa e contiene anche gli elementi culturali e soprattutto
quelli mentali e psichici.
Per Kropotkin, il cambiamento della società parte dagli
individui: non vi sono "motori" esterni. L'agire umano è
fondamentale: da esso dipendono le diverse condizioni sociali.
Kropotkin si opponeva quindi alle concezioni deterministiche,
pur essendo stato sovente accusato del contrario. E respingeva
anche la «naturale necessità economica» chiamata costantemente
in causa dagli storici e dagli economisti politici, sia borghesi
che socialisti. Il «fattore umano» per lui era significativo e
determinante, soprattutto nei movimenti rivoluzionari. (Lo
«spirito della rivolta» descritto in Paroles d'un révolté).
L'andamento di una autentica rivoluzione, secondo la sua
analisi, si svolge in tre fasi: con l'immediata soddisfazione
dei bisogni del popolo (e non attraverso una «dittatura del
proletariato»), quindi con l'esproprio dei proprietari;
subito dopo, con una intensa produzione alla quale ciascuno
contribuisce volontariamente secondo le proprie possibilità;
terza fase, nelle comunità così costituite (autonome, il più
possibile autarchiche, in un equilibrio armonico tra città e
campagna circostante) si sviluppano liberi accordi tra i membri
che vi fanno parte. Liberi, senza costrizione alcuna.
Kropotkin non ipotizzava la costituzione di istituzioni di
ordine "superiore", che organizzino e controllino lo svolgimento
delle diverse fasi rivoluzionarie, e questo a causa della sua
fiducia nella maggiore età delle masse popolari. Fiducia nata e
rafforzata durante la sua vita in comune con così tanti
individui che lottarono e sacrificarono la propria vita per
costruire una nuova società e una vera libertà, come egli ci
racconta in Memorie di un rivoluzionario, che è molto di più di
un romanzo autobiografico. Diversamente dallo scetticismo di
altri pensatori anarchici, Kropotkin era assolutamente convinto
della grande forza rivoluzionaria del popolo, e più precisamente
del fatto che fosse lo spirito collettivo, il cuore del popolo
intero, a far emergere le grandi idee nella storia, e non i
concetti dei filosofi. "La
ribellione proviene sempre dagli oppressi, dal popolo.".
Chi è questo popolo, questa forza in grado di plasmare la
storia? Per Kropotkin non si trattava di una astratta e confusa
nozione generale, o di una specifica classe rivoluzionaria, ma
di comunità costituite da uomini, da singoli individui concreti:
quegli esseri umani che egli ha incontrato e con cui ha
condiviso gioie e dolori, speranze e sconfitte, nel corso delle
sue esplorazioni geografiche e nel corso delle vicende della sua
vita. La sua antropologia è autentica, perché si basa su dati
oggettivi. La sua è una conoscenza dell'uomo "scientificamente"
fondata. Qualcosa che è in qualche modo mancato ai teorici del
socialismo (per quanto definito "scientifico") così come ad
altri filosofi o pensatori che non sono mai usciti dalle aule
universitarie. Kropotkin a volte è stato accusato di
autoritarismo, in altri casi riduttivamente considerato un
"positivista". Il naturalismo di Kropotkin si basa
sull'evoluzionismo, su un individuo, come abbiamo visto, formato
via via dalla progressione delle sue conoscenze e da una
crescita dovuta all'esperienza, quella propria e quella di chi
l’ha preceduto, dotato pertanto sia di un certo numero di
"a-priori" che di una serie pressoché illimitata di
"a-posteriori", questi ultimi suscettibili di variazioni che non
possono essere previste o predeterminate. La libertà e la
creatività umana sono quindi fondamentali. Nessun innatismo,
nessun determinismo, né finalismi o teleologismi di alcun tipo.
Kropotkin ha vissuto un'esperienza molto vasta, che si potrebbe
definire "completa". Ha spaziato in quasi tutti i campi del
sapere, è stato uno scienziato, un geografo, un geologo, un
antropologo, un sociologo, un economista; ha avuto contatti
strettissimi sia con l'aristocrazia che con i contadini, gli
operai, gli studenti, gli esuli e gli emarginati; è stato un
rivoluzionario in mezzo ad altri rivoluzionari; è stato
probabilmente difficile valutare la sua opera per coloro che
hanno provato a farlo partendo però da esperienze o visioni
molto più circoscritte.
Egli ha esplorato la complessità e la molteplicità, ed è queste
(non l'uniformità, come hanno voluto osservare alcuni critici)
che ci descrive e su cui si basano i suoi lavori.
La ricerca di Kropotkin sulla natura dell'uomo, ricerca seria,
ostinata, rigorosa, che ha impegnato tutta la sua vita, basata
su esperienze concrete e su costanti verifiche, trova conferme
nella psicologia del profondo e nell'antropologia culturale,
così come le sue analisi e le sue previsioni economiche in primo
luogo nei fatti.
Può essere difficile comprendere come possano coesistere la
dimensione rivoluzionaria e quella evoluzionistica (vedi più
avanti, ultimo capitolo), e si può ritenere, fraintendendo, che
per Kropotkin l'etica e la libertà (che implicano coscienza e
volontà) siano unicamente il risultato di un'evoluzione organica
universale, che trascende quindi l'ambito della scelta e della
conquista individuali, si può pensare che la società ipotizzata
da Kropotkin sia un ulteriore esempio di oppressione del singolo
individuo, che la socialità non possa essere una scelta ma
soltanto una necessità della specie, ma leggendo le sue opere
con piena attenzione si scopre che egli non intendeva affatto
questo, che la sua visione è originale e svincolata dai consueti
canali di pensiero e di interpretazione, così come dalle
correnti filosofiche più accreditate. E non è mai una visione
slegata dalla realtà: appartiene piuttosto a una realtà che è
sempre molto rara, fragile, difficile da difendere e da
estendere, perché continuamente ostacolata dal potere.
Individuo e società
Kropotkin non analizza il dualismo individuo/società come altri
pensatori hanno fatto (possiamo citare Fourier, seguito da
Freud, Marcuse, Foucault, quindi la problematica della
repressione esercitata dalla società sulle passioni umane),
partendo cioè dall'analisi di una società repressiva e
gerarchica; egli ha un'altra visione del mondo e da questa
sceglie di partire, pur non disconoscendo la realtà che lo
circonda (che anzi critica e combatte) e non ritiene che la
libera soddisfazione dei bisogni dell'uomo sia per forza
incompatibile con qualsiasi tipo di società "civile".
Qual'è il suo presupposto? Una società senza individui non può
esistere: è chiaro perciò che sono gli individui stessi a
formarla. La società è quindi il risultato, la somma, delle
azioni e delle scelte degli individui che la compongono. Se la
società si basa su rapporti gerarchici, di sfruttamento e
dominazione, tutti coloro che sono dalla parte degli sfruttati,
dei dominati, o in ogni caso sono esclusi dalle decisioni
politiche, economiche e via di seguito, svilupperanno un
sentimento di estraneità, di avversione, o di accettazione
passiva. La società diviene un qualcosa di estraneo. Diviene un
elemento a sé, il simbolo stesso della coercizione
sull'individuo e della privazione della libertà (che in effetti
è ciò che si realizza).
Più le decisioni, le scelte, le gestioni sono accentrate e
autoritarie, e meno le singole persone sono in condizioni di
parteciparvi, più si sviluppa questo sentimento nei confronti
della società. Nello stato accentratore, con la sua
legislazione, i suoi corpi militari, la sua burocrazia
onnipervasiva, l'individuo, in quanto parte del corpo sociale,
in realtà ne occupa un posto infinitamente piccolo, in qualche
modo cessa quasi di esistere.
La convinzione che lo stato con le sue istituzioni sia
assolutamente necessario per la gestione del vivere sociale, per
evitare il caos, non essendo gli individui in grado di occuparsi
delle questioni "pubbliche", che pure li riguardano, è un fatto
ormai dato per scontato, pur rappresentando una vera e propria
contraddizione in termini.
La società è vissuta come "aliena", né si riesce ad ipotizzarla
in altro modo, proprio per questa "separazione", per questa
frattura che è avvenuta nel corso della storia.
In una società di tipo gerarchico, l'individuo non ha occasione
di sviluppare se stesso pienamente. Ma nessun essere umano può
svilupparsi pienamente, come tale, in solitudine. Può farlo
soltanto in unione con gli altri esseri umani. Lo sviluppo
individuale e quello sociale sono complementari, dipendono uno
dall'altro. Questo però non può avvenire attraverso alcun tipo
di imposizione dall'alto. La coercizione, a qualsiasi livello e
in qualsiasi grado venga subita, è del tutto opposta allo
sviluppo e alla crescita. L'autodeterminazione, la capacità di
assumere decisioni e responsabilità non hanno modo di
realizzarsi in una società gerarchica e accentrata, tendono anzi
ad esaurirsi e scomparire. (Cosa questa che avviene in misura
analoga in una relazione più circoscritta, che siano rapporti
familiari, di lavoro, personali; la gerarchia e la dominazione,
essendo ormai parte di noi stessi, non si esercitano soltanto a
livello politico o economico).
In una società non gerarchica, in una comunità libera,
sviluppata in modo armonico, formata da uomini liberi, che hanno
scelto da se stessi il proprio modo di vivere e di gestire la
vita comune, questa frattura tra individuo e società non avrebbe
ragione di esistere, non potrebbe probabilmente neppure venire
pensata.
Kropotkin intendeva questo (come tanti altri prima e dopo di
lui). Voleva ricostruire da cima a fondo la società (come ogni
rivoluzionario e come ogni utopista; qualità che vanno
necessariamente insieme), non abolirla del tutto.
Voleva una società libertaria, senza più contrapposizione tra
dominanti e dominati.
Voleva che gli uomini riacquistassero la loro piena capacità di
gestire ogni aspetto della vita sociale, e, prima ancora, la
fiducia in questa capacità, che ritrovassero il loro istinto
alla comunione e alla solidarietà, il loro antico se non innato
rifiuto verso ogni forma di ingiustizia, di sopruso, di
disuguaglianza. E' importante sottolineare che questa visione
non è astratta, idealizzata, "utopistica", ma basata su alcune
precise e circoscritte esperienze che Kropotkin stesso ha
conosciuto e vissuto oltre che sui suoi studi. Esperienze
circoscritte e limitate, abbiamo detto, ma non per questo meno
vive e concrete, e da queste egli scelse di partire proprio per
permettere di recuperare quello che era per lui l'autentico
rapporto di ogni individuo con i suoi simili, onde evitare di
dovervi rinunciare per sempre.
Kropotkin mirava ad una immediata realizzazione sociale
(comprensiva di ogni attività umana) del comunismo anarchico, ma
senza alcuna sottovalutazione dell'indipendenza individuale. La
sua idea di "pianificazione" era del tutto opposta alla
tradizione collettivistica autoritaria così come a quella
comunista statale, in quanto non imposta dall'alto, ma
delineandosi in risposta all'insorgenza dal basso, dal popolo.
La descrizione di Kropotkin nel Mutuo Appoggio e nell'Etica
della capacità di vivere in società come di una tendenza
naturale degli esseri viventi, quasi un qualcosa di innato, è
stata talvolta fraintesa, ma la socievolezza a cui si riferiva
Kropotkin non ha nulla a che vedere con la società deformata e
gerarchica che conosciamo e a cui ormai siamo fin troppo
abituati, è esattamente il suo contrario, ed è la negazione
dell'esistenza di una malvagità intrinseca dell'uomo, pensiero
centrale della filosofia politica dell'età moderna, dai
giusnaturalisti, da Machiavelli e da Hobbes fino a Kant. Anche
Kropotkin partiva dallo stato di natura (e dalle sue
osservazioni dirette sul campo, come abbiamo visto), negando
però la necessità di una forma di autorità al fine di
controllare l'"asocialità" umana e garantire la convivenza
"civile". La libera convivenza è possibile per Kropotkin; anzi,
l'irrinunciabile presupposto per lo sviluppo di ogni
potenzialità dell'uomo e per la felicità di tutti è proprio
l'abolizione di ogni forma di stato e di centralizzazione.
L'uomo, in quanto prodotto di una natura in cui la cooperazione
e il mutuo appoggio (e non la lotta e la crudeltà, come vedremo
meglio più avanti), sono elementi determinanti al fine della
conservazione e dell'evoluzione, è dotato di forti istinti
sociali o meglio solidali, anche se questi possono venire meno
per innumerevoli cause esterne. La natura quindi non è qualcosa
di estraneo (da dominare e sfruttare; la lotta contro una natura
avara e crudele è un altro mito da cui dobbiamo liberarci). E la
storia non è un semplice prolungamento della natura, la storia
dell'uomo aggiunge la creatività, la responsabilità, la
razionalità, la scelta umana. L'uomo può ritrovare se stesso
(riscoprendo il valore della solidarietà, della cooperazione e
della complementarietà), e vivere pienamente la sua vita.
Formando quindi una società piena, con la quale coesistere in
armonia. Armonia che si compone del rispetto per la libertà e la
diversità individuale, incoraggiata a svilupparsi nella sua
ricchezza inestimabile, unito alla piena solidarietà, un'unione
solo a prima vista impossibile a realizzarsi.
Una società libertaria, sviluppata in modo armonico, favorisce
lo sviluppo dell'individualità, non lo inibisce. Si tratta però
di un individualismo ben diverso da quello borghese, che è
inevitabilmente egoistico, in quanto prodotto di una società e
di una sensibilità gerarchiche e verticistiche.
Kropotkin non si arrogava il diritto e la capacità di stabilire
aprioristicamente e una volta per tutte quali fossero i reali
bisogni dell'uomo, la sua ricerca antropologica non era una
astratta teoria che giungeva a una valutazione valida per
tutti.. Kropotkin infatti non ha mai smesso di confrontarsi con
altri uomini, vivi e reali, di imparare da loro e di condividere
interamente le loro condizioni di vita e di lotta, i loro
bisogni, le loro aspettative.
La storia, secondo l'analisi di Kropotkin, è colma di
dimostrazioni della disponibilità e della capacità umana alla
cooperazione, nonché dei continui tentativi di realizzare
l'utopia anarchica comunista, lottando contro tutte quelle forme
di potere che da sempre cercano di contrastarla. La linea di
conflitto tra libertà e dominio di cui abbiamo già parlato.
Tutto questo non ha mai voluto dire però che la cooperazione
implicasse l'annullamento della libertà individuale o la
repressione delle differenze; ogni volta che si è cercato di
seguire la via cooperativa, gli autori di questi tentativi erano
proprio coloro che non si riconoscevano in alcun modo
nell'autoritarismo, anzi lo combattevano e si sforzavano di
realizzare il suo opposto.
Libertà non significa isolamento: significa essere liberi di
partecipare a qualcosa di più grande del nostro ristretto spazio
vitale; non subire, ma determinare in prima persona (e insieme
ad altri) le modalità di vita, di lavoro, di studio della
società di cui si è parte. E' una libertà completa, quindi, ed è
innanzitutto mentale e morale, per cui non esiste più la
necessità di isolarsi o contrapporsi.
Kropotkin non riteneva di certo che tutte le persone fossero o
dovessero essere uguali tra loro, ma desiderava che riuscissero
ad unire in un tutto comune le loro molteplicità e le loro
differenze, che avrebbero così arricchito la comunità tra di
essi costituita. Comunità che non doveva necessariamente avere
determinate caratteristiche al posto di altre. La sua
convinzione che nessuna evoluzione può darsi nell'isolamento e
nella solitudine, è anch'essa dovuta ai riscontri pratici e
concreti delle sue numerose e variegate esperienze. La sua
critica alla divisione del lavoro, alla condanna inflitta agli
esseri umani a svolgere la stessa identica attività per tutta la
vita, all'impedimento per alcune classi sociali a godere della
bellezza dell'arte o della soddisfazione dello studio e della
ricerca scientifica, il suo desiderio che ciascuno potesse avere
l'occasione concreta di sviluppare al meglio le sue inclinazioni
e le sue capacità, smentiscono in pieno simili affermazioni.
Solidarietà e fratellanza, inoltre, non significano affatto
appiattimento e perdita della propria individualità,
individualità che si perde molto più facilmente in una società
basata sulla gerarchia e sul dominio, all'interno di uno stato
accentratore, e sotto ogni tipo di oppressione.
Una libertà comune avrebbe favorito, e contenuto in sé, sotto
qualsiasi aspetto, l'autentica libertà individuale. In altre
parole, tante differenti libertà che si uniscono a formare una
libertà più grande, una comunità libera e libertaria, realmente
a "misura d'uomo".
Kropotkin ha dimostrato con la sua stessa vita l'importanza e il
valore che attribuiva all'autodeterminazione dell'individuo.
L'individualismo di Nietzsche, ad esempio, più che non compreso
da Kropotkin (come è stato affermato) diremmo piuttosto che non
poteva essere condiviso, in quanto Kropotkin partiva dalla sua
visione ideale di società (riscontrata per altro nell'ambito
delle sue ricerche antropologiche; più reale, quindi, che
ideale) e non dalla società contraddittoria e distorta da cui
partivano Nietzsche ed altri. Se è esistita una critica
dell'individualismo da parte di Kropotkin, per comprenderla
occorre innanzitutto riuscire a distinguere tra individualismo
borghese e individualismo anarchico. E poi tra un individualismo
estremo e un individualismo inteso come libertà assoluta di
spirito e di pensiero, ma non come isolamento e rinuncia, o
distruzione, al posto di una qualsiasi progettualità.
L'individualismo borghese ed egoistico, l'individualismo degli
"oppressori", di chi vuole dominare i suoi simili, inoltre, è
ben altro che "autodeterminazione".
Kropotkin del resto si occupa ben poco di quell'individualismo
che porta al nichilismo estremo (a proposito del nichilismo
russo dei suoi tempi, così battezzato da Turgheniev in Padri e
figli, secondo Kropotkin in Europa venne frainteso, non
trattandosi di "terrorismo" ma di una guerra dichiarata a tutte
le menzogne convenzionali e alle ipocrisie della civiltà;
Kropotkin comunque non condannò mai totalmente la "propaganda
del fatto" o le azioni terroristiche, comprendendo la lotta a
cui dovette darsi la gioventù russa dopo averla rifiutata
fintanto che ciò fu possibile, "quando il calice delle sue
sofferenze fu troppo colmo."), proprio per il suo personale
approccio che è profondamente diverso da quello di un Nietzsche
o anche di uno Stirner, così come si è interessato altrettanto
poco della dialettica marxista.
Egli non muove infatti dalla dialettica di tipo hegeliano,
prodotto della cultura germanica e impregnata di metafisica, non
essendosi svolta la sua formazione nel solco dell'idealismo
tedesco: Kropotkin si basa sulle scienze naturali, sul metodo
induttivo se vogliamo, sulla conoscenza diretta ed empirica; in
lui troviamo poi tracce di quegli elementi così caratteristici
del populismo e del romanticismo rivoluzionario russo, che si
fondono e si intrecciano in modo quasi inscindibile e con
particolare e feconda originalità allo scientismo evoluzionista
occidentale. Il marxismo e poi il leninismo, inoltre, avrebbero
ucciso la rivoluzione; questo fu un grande dolore per Kropotkin.
Nelle Memorie scrisse: "La
lotta fra bakunisti e marxisti (all'interno
dell'Internazionale) non era una questione di uomini. Era la
lotta inevitabile fra i principi del federalismo e quelli del
centralismo, fra il Comune libero e l'autorità paternalistica
dello stato, fra l'azione libera delle masse popolari e il
miglioramento delle condizioni sociali attraverso la
legislazione, una lotta fra lo spirito latino e quello
tedesco." La scelta di conquistare il potere negli
stati attuali, spogliò i partiti socialisti del loro ideale
originario e li condusse verso il socialismo o meglio
capitalismo di stato e al tradimento delle masse lavoratrici. Il
primato della società sull'individuo (tratto ricorrente nelle
critiche rivolte dagli individualisti, anarchici e non, al
pensiero di Kropotkin), è senz'altro riscontrabile nel comunismo
autoritario, ma ha ben poco a che vedere con il comunismo
anarchico e libertario propugnato da Kropotkin nel corso di
tutta la sua vita.
L'etica di Kropotkin non è un'etica della ragione (in senso
astratto): si basa sul risultato delle sue ricerche empiriche.
Kropotkin in tutto il suo lavoro si è distaccato nettamente e
coerentemente da ogni metafisica. Egli partiva dal fatto
concreto e tangibile; ad esso seguiva la formulazione teorica.
Egli conobbe e studiò le caratteristiche del mutuo soccorso,
della solidarietà, della fratellanza, dell'esperienza
comunitaria e autogestionaria, e riscontrò che erano
espressamente questi aspetti (piuttosto che i rapporti
autoritari e burocratici) a poter mutare profondamente la
società. Non giunse mai però ad affermare che queste
caratteristiche sarebbero emerse in modo inevitabile e che il
percorso della storia fosse segnato. Tutt'altro! E nessuno
poteva saperlo meglio di lui.
Ma il "progresso" umano vero ed autentico, il "progresso" per
tutti (lo sviluppo integrale di ogni singolo uomo) non poteva
passare che di lì.
Se avesse creduto nel determinismo, non avrebbe compiuto tutta
una serie di scelte e non avrebbe ritenuto necessario scrivere
ciò che ha scritto. Le sue opere dovevano servire anche come
stimolo alla riflessione sulle diverse possibilità di decisione.
Egli sapeva bene che esistevano il rischio e una possibilità
estremamente concreta di optare per altre vie, di non riuscire a
contrastare la strada che la società stava prendendo. Per
Kropotkin era decisivo l'agire umano, l'agire di ogni singolo
individuo concreto, e non solo di coloro che condividevano le
sue idee politiche. Egli scrisse per tutti, perché ogni
coscienza si svegliasse. Per Kropotkin era anzi fondamentale che
gli appartenenti alle classi privilegiate dalla storia (egli
stesso era nato all'interno di una di quelle classi) arrivassero
a condividere le istanze delle classi sfruttate e oppresse o
addirittura si unissero a queste, mettendo a disposizione le
loro forze migliori per intelligenza ed energia (così come aveva
visto fare a molti giovani russi), affinché la società
potesse realmente trasformarsi.
Scienza, progresso, economia
La fiducia nella scienza e nel progresso era tipica dell'epoca
in cui visse Kropotkin. Si era inclini a pensare a una scienza
al servizio dell'uomo e della sua necessità di utilizzare al
meglio le risorse dell'ambiente naturale, piuttosto che a una
scienza al servizio del potere e del profitto. Oggi forse è
difficile per molti pensare alla scienza (e alla comunità
scientifica) in modo positivo e propositivo. Il progresso, in
maniera analoga, può essere inteso sia come aumento dei profitti
e dello sfruttamento del lavoro e dell'ambiente, che, come lo
intendeva Kropotkin, come miglioramento delle possibilità di
vita materiali, intellettuali e psichiche dell'uomo nella sua
interezza e di tutti gli uomini. Un progresso che abbraccia
l'intera vita umana, e che è ben altro rispetto al mito
ingannevole in cui erano indotti a credere tanti suoi
contemporanei.
Un progresso che non può avere un percorso lineare (nessuno
spirito e nessuna ragione guidavano il mondo secondo Kropotkin);
l'antagonismo e la lotta, come abbiamo visto, sono inevitabili:
l'evoluzione positiva dell'uomo può arrestarsi, può regredire;
la lotta contro le tendenze autoritarie non avrà mai fine
fintanto che queste tendenze non saranno state sconfitte. Se
vincere questa lotta è possibile, non vi è però alcuna garanzia
che ciò avvenga.
Per Kropotkin, le aspirazioni fondamentali di ogni uomo sono la
sicurezza e il benessere, e la libertà individuale. Libertà di
pensare, di esprimersi, di associarsi, di gestire la propria
vita e il proprio lavoro. Come è possibile ottenerle? Attraverso
la socializzazione della produzione e del consumo (a ciascuno
secondo i suoi bisogni); attraverso l'abolizione del sistema
salariale e di ogni forma di sfruttamento e disuguaglianza,
attraverso liberi accordi tra gli individui o tra gruppi di
individui, attraverso la conoscenza scientifica messa a
disposizione di chiunque e vissuta come un dono, che nessuno
scienziato desidererebbe tenere soltanto per sé (qualcosa di ben
più ampio rispetto alla “comunità scientifica”, concetto che
emerge in seguito alla ”rivoluzione scientifica” del seicento,
che rimane però pur sempre ristretta ed escludente).
Kropotkin descriveva nel dettaglio una possibile umanizzazione
del lavoro, insistendo sull'abolizione della divisione
gerarchica tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, descriveva
l'integrazione del lavoro, la decentralizzazione, i vantaggi
della piccola produzione e della piccola industria, la
socializzazione della produzione e del consumo, una nuova e più
completa istruzione, che non scindesse mai la teoria dalla sua
applicazione pratica, che accogliesse l'innato desiderio dei
giovani di "fare", tutti argomenti ancora oggi di estrema
attualità. Studiò infatti a lungo un possibile nuovo ordine
economico, una nuova economia sociale, l'importanza dell'unità
tra sviluppo industriale e agricolo, occupandosi sempre dei
bisogni reali e concreti dell'uomo, rifiutando con rigore e
coerenza ogni idealismo e ogni costrizione dogmatica, ogni
analisi che non partisse dall'osservazione diretta della realtà,
senza rinunciare però alla indispensabile capacità di previsione
e alla costante preoccupazione per le conseguenze dei
nostri atti e quindi alla responsabilità nei confronti del
domani.
Il mutuo appoggio e l'etica
Come abbiamo già accennato, l'antropologia kropotkiniana nasce
dalla discussione critica del darwinismo e dei suoi successivi
sviluppi, o meglio delle sue successive falsificazioni. Si
occupò del darwinismo in una serie di saggi per la rivista The
Ninteenth Century, pubblicati nel 1902 nel volume Mutual Aid: a
factor of evolution. Continuerà ad occuparsi di questi problemi
fino ai capitoli introduttivi della sua Etica.
La teoria evoluzionistica di Darwin era stata accolta dalla
comunità scientifica e anche dalla società in modo
sorprendentemente rapido, ma molto spesso, anziché accoglierla
nel suo complesso, se ne erano privilegiati solo alcuni aspetti
parziali, in particolare il concetto di lotta per l'esistenza,
un fatto che non può sorprendere più di tanto, considerate le
condizioni socio-culturali del tempo. Il "darwinismo sociale"
diventava una possibile risposta alle esigenze di emancipazione
dei gruppi sociali sfruttati e forniva una "teoria" in grado di
legittimare le pratiche imperialistiche degli europei nei
territori d'oltremare. Non era facile, pena l'isolamento
scientifico, contrapporsi al darwinismo sociale
dell'epoca. Kropotkin non fu il solo a contestare le
concezioni proprie di tale teoria, ma fu l'unico a farlo nel
modo più completo.
Kropotkin non effettuò una critica ideologica: egli accettò la
teoria evoluzionistica darwiniana quale fondamento "scientifico"
dell'analisi della convivenza umana, ma ne modificò da un lato
il concetto di "lotta per l'esistenza" e dall'altro aggiunse un
secondo fattore, altrettanto importante, proprio
dell'evoluzione: il mutuo appoggio. Tradusse quindi anch'egli il
processo evoluzionistico (profondamente mutato) dalla storia
naturale a quella umana. Kropotkin, partendo dall'analisi della
lotta per l'esistenza come fattore evolutivo, arrivò a criticare
l'accento posto sulla lotta tra individui della medesima specie
(dimostrando che lo stesso Darwin si era distaccato in seguito
da questa concezione) fino a concludere che la specie più adatta
alla sopravvivenza non era quella caratterizzata dalla lotta
interna tra gli individui della specie stessa, ma quella
maggiormente capace di attuare al suo interno il mutuo soccorso
e la cooperazione.
Lo stesso Darwin aveva definito l'uomo un "animale sociale" e
aveva affermato che il fondamento della socievolezza animale e
umana è di tipo biologico, aggiungendo che l'istinto di
reciproca simpatia negli animali sociali emerge più spesso del
mero impulso egoistico all'autoconservazione. Queste concezioni
darwiniane verranno ampliate da Kropotkin sino a una Teoria del
mutuo appoggio quale fattore dell'evoluzione, valida non
soltanto per la natura ma anche in ambito umano.
Con "mutuo appoggio" si intendono quindi due ambiti concreti:
nell'evoluzione della specie, mutuo appoggio e reciproco
sostegno costituiscono, accanto alla lotta per l'esistenza, un
fattore di grande rilevanza per la sussistenza della vita e lo
sviluppo della specie; nella storia dell'uomo, allo stesso modo,
sono ugualmente rilevanti per lo sviluppo progressivo delle
istituzioni sociali. Per Kropotkin il mutuo appoggio ha
un'influenza predominante, e l'istinto sociale ha un peso
maggiore rispetto all'impulso all'autoconservazione. Egli si
impegnerà a dimostrarlo con un'accurata e dettagliata analisi
del mutuo appoggio nella storia naturale e in quella umana,
raccogliendo una grande quantità di materiale tra gli animali e
tra diverse culture umane (aborigeni australiani, eschimesi)
così come sulle comunità di villaggio e le città medievali,
quest'ultime, secondo la sua analisi, la continuazione delle
prime.
Proprio la teoria darwiniana dell'evoluzione costituirà per
Kropotkin il presupposto per una nuova etica. Egli sentiva
l'esigenza di un'etica scientificamente fondata, un'etica
realistica, come lo stesso Kropotkin la definì. Quest'etica
realistica si distingue da molti altri progetti etici per il
fatto che Kropotkin non intendeva fondarla su un qualche
criterio extranaturale o extraumano per la valutazione
dell'agire umano buono e giusto, ma voleva ricavare tale
criterio dalla natura stessa, partendo da ciò che è bene e male
in natura. Il concetto del bene e del male ovviamente cambia,
quindi ciò che Kropotkin si propone non è tanto di prescrivere,
con l'aiuto di teoremi normativi, un agire qualificabile come
buono, ma di osservare l'agire umano, di studiarlo, di valutarlo
e di spiegarlo. Per questo l'etica è per Kropotkin anche scienza
degli impulsi etici, scienza che esplora le fonti naturali del
sentimento etico dell'uomo. L'etica diventa efficace quando
all'uomo si dà un ideale: ma questo ideale, che guida quindi
l'agire etico dell'uomo, appartiene comunque al mondo reale,
deve cioè essere ottenuto per via empirica.
Kropotkin non disdegna la ragione, anzi ad essa attribuisce un
ruolo fondamentale, ma secondo il suo pensiero non è decisiva
per il comportamento etico dell'uomo. L'etica di Kropotkin non è
un'etica della ragione. Le motivazioni per l'agire etico, come
abbiamo visto, sono infatti ulteriori sviluppi degli
impulsi e delle abitudini propri degli animali sociali: la
motivazione per l'agire umano è in primo luogo condizionata
dalla natura, essa è cioè emozionale e impulsiva.
Kropotkin ritiene che la motivazione che sta alla base
dell'agire etico dell'uomo non consista né in un sentimento
innato né in un qualche vantaggio personale o generale
razionalmente compreso. L'etica è un percorso, un complicato
sistema di sentimenti e nozioni che si è sviluppato nella storia
dell'umanità. Egli individua tre stadi di questo sviluppo: 1) la
socievolezza e il mutuo appoggio, 2) la giustizia nel senso
dell'uguaglianza dei diritti, 3) la generosità, la benevolenza,
la rinuncia a se stesso (l'etica nel senso più stretto).
Si tratta quindi di una scala graduale dello sviluppo etico, non
una costruzione arbitraria, come abbiamo visto, ma il risultato
di una storia che si è svolta nel tempo, e soprattutto di una
necessità organica che ha trovato in se stessa la sua
giustificazione. La natura ci ha insegnato quindi qualcosa di
più della semplice socievolezza. Anche elementi del secondo
stadio dello sviluppo etico, quello della giustizia, sono
infatti osservabili in natura. Kropotkin conferma quindi
l'ipotesi di Herbert Spencer di una "giustizia preumana". Questa
nozione di giustizia si sviluppa gradualmente nel tempo (e
l'evoluzione dell'eticità avviene in dipendenza dai mutamenti
della vita sociale) fino ad arrivare al punto in cui solo la
nozione consapevolmente acquisita dell'uguaglianza dei diritti
di tutti i membri di una comunità garantisce la loro
sopravvivenza.
La relazione tra dignità personale e dignità umana che si viene a costituire nel corso di questo sviluppo (come già in Proudhon, la cui nozione di giustizia è valutata da Kropotkin come la più progredita, anche se egli non condivise in toto le teorie proudhoniane) porta ad un'unione armonica degli interessi comunitari con quelli individuali. Il punto estremo di arrivo è la capacità di sacrificarsi per gli altri, che Kropotkin ha visto mettere in atto con i suoi occhi nel corso della sua vita. Tutto questo è espresso nella sua etica del rivoluzionario, strettamente legata al discorso della giustizia sociale, dove l'accento è posto sulle qualità emozionali, sulla capacità di comprendere i sentimenti altrui e di immedesimarsi in questi fino in fondo.