Q 3 § 3

Intellettuali tedeschi e Freud

La rassegna degli intellettuali tedeschi che sostengono il diritto dell'individuo di ribellarsi anche con la violenza contro un'Autorità prevaricatrice pone in luce un aspetto della cultura tedesca che appare inquietante se si tiene conto che gli autori citati da Gramsci pubblicano le loro opere pochi anni prima o contemporaneamente all'avvento del Nazional-Socialismo, vale a dire di un regime che determinerà il sacrificio di indefiniti "figli" in nome di un Padre dittatoriale ciecamente rispettato. Il "disordine" cui fa riferimento Gramsci ha contribuito almeno in parte all'instaurazione di tale regime perché i teorici della ribellione contro l'Autorità sono ebrei, socialisti e anarchici.

Al di là della ricostruzione di uno stato d'animo, c'è da considerare che le riflessioni di Gramsci sull'influenza di Freud sulla letteratura tedesca sono del tutto improprie e attestano che egli conosce il pensiero freudiano solo per sentito dire.

L'odio freudiano nei confronti del Padre è, per Freud, l'espressione di un orientamento ciecamente istintivo e "anarchico", dalla frustrazione del quale nasce il principio di realtà, vale a dire il riconoscimento delle regole e delle norme sociali indispensabili a consentire agli esseri umani di sopravvivere.
Tutta l'opera freudiana, peraltro, attesta che egli sta dalla parte dell'Autorità e dei Padri, la cui funzione educativa è per l'appunto di frustrare quanto di primitivo e "selvaggio" c'è nella natura umana, che si esprime massimamente nei bambini.

L'abbaglio di Gramsci è ancora più rilevante se si tiene conto che la Rivoluzione che egli ha cercato di promuovere negli anni giovanili della sua militanza politica comportava di fatto, sul modello leniniano, un attacco frontale all'Autorità e all'Ordine costituito, vale a dire al Potere borghese.

La contraddizione si spiega con il fatto che, mentre gli intellettuali tedeschi, promuovono solo la "restaurazione di un ordine naturale", e quindi una sorta di regressione ad una civiltà inesorabilmnte incentrata sulla legge del più forte, la Rivoluzione comunista ha come obiettivo un "Ordine Nuovo".

Non è superfluo osservare anche che Gramsci trascura del tutto il contributo che gli anarchici italiani hanno dato al tema della giustizia penale. È nell'ottica dell'anarchia, per  esempio, che in Italia Luigi Molinari pubblica nel 1904 il tramonto del diritto penale, un saggio che definisce l'ordinamento giudiziario in vigore una "assurda vendetta sociale".

Ricostruendo lo stato d'animo tedesco all'epoca, Gramsci trascura anche l'influenza di Nietzsche che, in alcune pagine "deliranti", contesta il diritto della società di punire individui la cui carriera di vita, se ricostruita con attenzione e profondità, pone di fronte al fatto che i loro comportamenti criminali sono non meno comprensibili e "fatali" di quelli normali.

È di un qualche interesse, infine, rilevare che la tematica in questione è riaffiorata di recente in conseguenza dello sviluppo delle neuroscienze che hanno affrontato criticamente il problema del libero arbitrio, mettendo in discussione la sua esistenza, e quindi riproponendo una riflessione sul carattere civile o incivile della giustizia penale.