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Gli indifferenti è il romanzo d'esordio dello scrittore
romano Alberto Moravia (1907-1990).
Lo scrittore iniziò a scrivere il libro a Bressanone, dove si
era recato per la convalescenza dalla sua malattia alle ossa.
Dal romanzo fu tratto un omonimo film nel 1964.
Trama
I due fratelli Carla e Michele Ardengo sono due giovani incapaci di
provare veri sentimenti e risultano essere in preda alla noia e
all'indifferenza. Nel giorno del ventiquattresimo compleanno di
Carla, dopo il pranzo, Leo (l'amante della madre), tenta di
proposito di farla ubriacare e cerca di approfittare di lei. Il
tentativo però fallisce, perché Carla, troppo ubriaca,
sta male e vomita. Mariagrazia intanto, visto che l'amante la
trascura, è convinta che egli abbia un'altra donna e pensa
che questa sia proprio la sua amica Lisa. Lisa è invece
invaghita di Michele, che come la sorella è un debole e che,
pur insofferente della situazione che lo circonda, non è
capace di reagire. Egli si accorge dell'attrazione che Lisa prova
per lui e si lascia passivamente corteggiare senza dare segni di
coinvolgimento sentimentale.
Lisa intanto tenta di svegliare Michele dal suo torpore morale e lo
informa della relazione fra Carla e Leo. Chiamato però in
causa Michele pare deciso ad affrontare Leo per vendicare l'onore
familiare e, comprata un'arma, cerca di sparargli ma ne esce
umiliato e perdente perché ha dimenticato di caricarla.
Nel frattempo Michele si rende conto che Leo sta approfittando della
situazione per impossessarsi della villa di famiglia, di grande
valore. Per evitare che la villa sia venduta, Leo, timoroso di
vanificare quanto ha fatto, chiede a Carla, davanti al fratello di
poterla sposare anche se ella lo disprezza e non lo ama. Carla,
attirata dall'idea di una nuova vita, diversa da quella noiosa di
prima, accetta con freddezza una squallida e tranquilla vita
borghese che le assicuri il benessere rinunciando alla passione. Il
romanzo ci lascia con un finale sospeso, con Carla e Mariagrazia che
si recano ad un ballo in maschera, ma la figlia non dice alla madre
del matrimonio.
Analisi dell'opera
Contenuto
Nel romanzo Moravia riesce a rendere con perfetto realismo le
meschinità e le ipocrisie di una società, come quella
della borghesia, inautentica, convenzionale, sdoppiata falsamente da
ciò che ciascuno pensa e da ciò che viene detto in un
clima di costante menzogna. I due giovani fratelli soffrono, ma si
adattano passivamente mentre Leo, personaggio immune da qualsiasi
ripensamento, è solamente disposto, con ogni mezzo, a
raggiungere i suoi scopi. Egli rispecchia, nella descrizione che ne
fa Moravia, la sgradevolezza anche nei tratti fisici: coperto da
precoce calvizie, rosso in volto, volgare e in preda spesso alla
libidine.
Forma e linguaggio
Sul piano formale il romanzo fornisce un esempio di prosa sagace,
precisa, aderente alle cose, realistica in aperto contrasto con
quella dominante in quel periodo e nel precedente. Un certo alone di
scandalo, per la scabrosità della vicenda non fu estraneo al
successo del romanzo, ma ciò che disturbò maggiormente
la classe dirigente fu la sincerità con cui Moravia era
riuscito a denunciare la vacuità morale della Borghesia degli
anni '20 e '30: essa, infatti, incapace di ricercare una nuova ed
autonoma via morale, finì per far propri i principi del
Fascismo (Dio, Patria, Famiglia), che a loro volta avevano le
proprie radici nella borghesia patriottica della prima metà
dell'800, con esiti, come si evince nel libro, a dir poco
grotteschi.
Il romanzo venne concepito da Moravia come una grottesca tragedia.
Esso è diviso in sedici capitoli scritti con un linguaggio
essenziale, quasi scarno, tutto proteso ad evidenziare l'ambiente
entro il quale si muovono i personaggi e a rendere in modo chiaro i
pensieri che attraversano loro la mente.