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Il movimento eretico cristiano degli Hussiti si sviluppò in
Boemia alla fine del XIV secolo in seguito alle predicazioni di Jan
Huss, suddividendosi poi in una serie di correnti più o meno
libertarie. Può essere considerato eccessivo definire
“anarchici” gli Hussiti visto che al loro interno si svilupparono
correnti di pensiero affini al nazionalismo, tuttavia è
indubitabile l’avversione degli stessi al potere ecclesiastico di
Roma e all’iniquità di quel sistema sociale. Inoltre,
soprattutto entro alcune fazioni (es. gli Adamiti), si svilupparono
pensieri e atteggiamenti fortemente antiautoritari e libertari,
immediatamente e violentemente repressi dal potere dell'epoca.
Per tutti questi motivi gli Hussiti, o quanto meno alcune correnti,
possono essere annoverate tra i precursori degli anarchici.
Storia degli Hussiti
I sermoni del teologo Jan Huss non erano esclusivamente volti a
denunciare la corruzione della Chiesa, accusandola di superstizione
e di paganesimo, ma contestavano anche la validità stessa
della tradizione ecclesiastica, l'autorità dei pontefici e la
legittimità della gerarchia della Chiesa, appellandosi, quale
unica fonte di verità, ai testi sacri.
Il movimento Hussita ebbe modo di svilupparsi in un ambito
geografico, la Boemia appunto, che non agevolava i rapporti con la
Chiesa di Roma, favorendo di conseguenza una certa autonomia dal
potere ecclesiastico di Roma. Ai fattori di natura geografica si
aggiunsero quelli sociali (oltre un terzo dei terreni era in mano
alla Chiesa, erano numerosi i soprusi da parte delle autorità
ecclesiastiche e nobiliari sui ceti meno abbienti ecc…) che
scatenarono la rabbia dei contadini e dei poveri, spingendoli ad
assumere posizioni via via più radicali (soprattutto entro
certe fazioni Hussite).
Durante il "Concilio di Costanza" (convocato per porre fine allo
scisma d'Occidente) Huss fu condannato al rogo per eresia (sentenza
eseguita il 6 luglio 1415), poiché aveva assunto posizioni
duramente critiche nei confronti della gerarchia ecclesiastica.
Tuttavia l’assassinio di Huss, contrariamente alle intenzioni,
accentuò il radicalismo, che in alcuni casi assunse carattere
insurrezionale, del movimento.
Nel 1420 furono stilati i "Quattro articoli" di Praga, che possono
essere considerati il Manifesto degli Hussiti: tre di questi avevano
carattere prettamente religioso (libertà per i preti di
predicare in lingua, comunione eucaristica data sia agli adulti che
ai bambini, pene severe per i peccati commessi da membri del clero);
il quarto punto prevedeva misure che ponessero fine alle
ineguaglianze di natura sociale (espropriazione dei beni
ecclesiastici, la povertà del clero e la rinuncia ai beni
materiali degli stessi).
In seguito il movimento si divise in correnti radicali (i Taboriti)
e moderate (i calixtini), oltre ad una serie di fazioni tra cui si
distinsero, per il loro carattere fortemente antiautoritario, gli
Adamiti.
I Taboriti
I Taboriti erano i militanti di una fazione estremista, fondata da
Vaclav Koranda, del movimento religioso hussita, formata
essenzialmente da contadini e poveri in genere. Presero il nome dal
Monte Tabor (Boemia meridionale) in cui si insediarono alcune
comunità.
Nel Luglio del 1419, guidati da Jan Troznowski, detto Zizka
(leggendario condottiero cieco da un occhio), defenestrarono sette
magistrati del re Venceslao IV (1378-1419), che non intendevano
rilasciare alcuni loro compagni precedentemente arrestati e
imprigionati (i giudici morirono infilzati delle lance dei soldati
appostati nel cortile sottostante).
I Taboriti rappresentarono l'ala più radicale e militare
degli hussiti e, sotto il comando di Zizka e successivamente di
Andreas Prokop (1380-1434), ottennero numerose vittorie militari (in
realtà si distinsero anche per una certa repressione interna,
che verrà analizzata meglio nel paragrafo successivo).
Il radicalismo delle loro idee religiose è evidenziato dalla
loro professione di fede, presentata a Guttemberg nel 1442, in cui,
al punto VII si trova scritto «…è alla dottrina e
all’insegnamento di Gesù Cristo che si deve obbedienza e non
all’anticristo impersonato dal papa…perché l’insegnamento
della chiesa non può essere legato a certe persone e a certi
luoghi ma solo alla pressa della dottrina…».
Il clero e la nobiltà della Boemia, evidentemente preoccupati
più per le richieste di natura sociale (espropriazione dei
beni, maggiore eguaglianza, critica all’infallibilità della
Chiesa e dell’autorità in genere) che per quelle religiose,
invasero i territori controllati dagli Hussiti (Guerre Hussite:
1420-1434), sfruttando una bolla papale che li scomunicava in quanto
eretici, ma subirono dure sconfitte, per merito in particolar modo
proprio dei taboriti.
L’antiautoritarismo degli Adamiti
I Taboriti costituirono una serie di comunità (Comunitates,
Bruderschaften) animate, inizialmente, da forti aspirazioni
egualitarie. Ben presto, in molti casi, queste si rivelarono pura
illusione poiché cominciarono a consolidarsi nuove
aspirazioni gerarchiche, da parte della mobilità e della
borghesia, che intendevano stabilire un nuovo potere anche a
carattere nazionalista.
Fortunatamente all’interno del movimento maturarono, sotto
l’influenza dei “profeti”, una pluralità di correnti e di
pensieri di varia natura e comunque ostili alla “reazione”. Proprio
l’involuzione del movimento determinò, secondo Kaminsky, il
diffondersi, tra le comunità di Tabor, del movimento degli
Adamiti, chiamati in questo modo perché non ritenevano
peccaminosa la nudità (per questo potrebbero essere
considerati dei precursori dei naturisti), i quali erano ostili alla
“regressione autoritaria” a cui stavano andando incontro le
comunità di Tabor.
Gli Adamiti ostentavano il totale rifiuto dell’autorità dello
Stato, di qualunque idea di Stato, dello Stato in sé in
quanto istituzione non cristiana. Per questo si estraniarono dalla
rivoluzione hussita, perché compresero che le loro
aspirazioni non erano granché condivise.
Nell’ambito del movimento degli Hussiti essi erano quindi gli
utopisti, considerati, da chi voleva stabilizzare un nuovo potere,
null’altro che pericolosi “anarchici” (nell’Aprile del 1421 Žižka li
sterminò, mandandone al rogo le molte decine da lui catturati
vivi), estranei al gioco politico delle forze in campo poiché
le loro istanze avevano carattere individuale e sicuramente
osteggiavano la deriva nazionalista. Gli Adamiti si richiamavano
quindi a valori universali e proprio per questo erano scomodi per
tutti, perché alternativi alla morale corrente.
La fine del movimento Hussita
Le inconciliabili posizioni tra le due anime(radicali e moderati) e
tra le varie fazioni del movimento Hussita, oltre alle tentazioni
nazionaliste e autoritarie che si andavano consolidando, portarono
alla guerra civile e alla repressione degli Hussiti, che si concluse
con la loro definitiva sconfitta il 30 maggio 1434. La sconfitta del
movimento religioso hussita viene così descritta, in Stato e
anarchia, da Michail Bakunin:
«Nel secolo XVII gli ussiti furono definitivamente sconfitti
in seguito ad una sequela di tradimenti della piccola borghesia
praghese semitedeschizzata. La metà circa della popolazione
ceca fu massacrata e le sue terre vennero distribuite ai coloni
provenienti dalla Germania. Tedeschi e con loro i gesuiti
trionfavano, e per più di due secoli dopo quella sanguinosa
disfatta il mondo slavo occidentale rimase inerte e muto sotto il
giogo della chiesa cattolica e del germanesimo trionfanti».