Lo Stato in Hegel

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Filippo Accurso

La concezione hegeliana dello stato

Dai corsi di filosofia del diritto tenuti a Berlino a partire dal 1818 e replicati negli anni successivi prende progressivamente forma questa Filosofia del Diritto che occupa comprensibilmente e meritatamente un posto importante nella filosofia politica del XIX secolo, e non solo. Non rileviamo nulla di nuovo sottolinenando i significativi riflessi sulla cultura e sulla prassi politica del Novecento in relazione, in particolare, alla discussione sulla genesi e il significato dei totalitarismi e delle problematiche connesse al cosiddetto stato etico. Ripercorrendo rapidamente il percorso hegeliano, tracce significative della concezione hegeliana dello Stato sono presenti nel saggio del 18023 sul Diritto naturale ma soprattutto nella prima versione dell' Enciclopedia del 1817. Un percorso lungo e articolato che si amplia fino a coinvolgere le riflessioni sulla dimensione storica della razionalità (ovvero, se si preferisce, sulla razionalità della storia).

Secondo F. Messineo, studioso di diritto e traduttore di Hegel, il problema centrale della Filosofia del Diritto è lo stesso dell' intera filosofia hegeliana dello spirito: cioè il progressivo dispiegarsi e organizzarsi della libertà come razionalità che realizza (oggettiva) e garantisce, istituzionalizzandosi, se stessa e la libertà. Lo Spirito, infatti, essenzialmente razionalità autocosciente, cioè coscienza che trova in se stessa la propria effettualità e il proprio fondamento, diviene libero nella misura in cui si riconosce nelle sue produzioni: cioè nella storia e attaverso la storia che si configura, piuttosto nettamente nella prospettiva indicata, come regno della libertà oggettivata o realizzata.

Ponendo nell' eticità il momento di sintesi e superamento della contrapposizione tra razionalità e libertà (ovvero tra diritto e moralità), lo stato hegeliano si pone, oserei dire immediatamente come Stato etico, cioè come sintesi suprema di libertà e necessità del volere e delle sue oggettivazioni che concilia e armonizza essere e doveressere (come punto di partenza e di arrivo) nella trattazione filosofica del problema: cioè del rapporto che lo Stato come costruzione storica determinata ha col suo concetto. Hegel ritiene, infatti, che la filosofia, nella misura in cui non si occupa propriamente di costruzioni politiche storicamente determinate, debba avere come funzione e compito non gia di prescrivere allo stato come deve essere, «ma, piuttosto, in qual modo esso deve essere riconosciuto come universo etico» (FD, Pref. p. 18) A questo atteggiamento di fondo, cioè al rapporto che lo Stato come costruzione storica determinata ha (e deve avere) col suo concetto è riconducibile, in primo luogo, la nota avversione del filosofo tedesco nei confronti delle Costituzioni elaborate a tavolino; e, in secondo luogo, la decisione piuttosto netta di radicare lo Stato nel diritto e nella sostanzialità etica di un popolo cioè nel carattere nazionale e nello svolgimento storico di un popolo che si esprime e realizza attraverso le autocoscienze individuali (cfr. FD § 3). Per questo sostenere come fa Hegel che «il sistema del diritto è il regno della libertà realizzata, il mondo dello spirito espresso da se medesimo, come una seconda natura.» (FD, Pref. § 4) anticipa e prepara le condizioni della sintesi tra la particolarità oggettivata e l' universalità realizzata della volontà dapprima soltanto come diritto astratto e, in seguito, come moralità ed eticità. Ma l' obiettivo principale del radicamento hegeliano dello Stato nella sostanzialità etica è costituito dal superamento della contrapposizione formale e intellettualistica tra interno (intenzione) ed esterno (azione) della volontà ancora presente e attivo in Kant e Fichte.

Probabilmente, il desiderio di superare le concezioni intellettualistiche induce Hegel a sostenere una sorta di visione quasi sacrale del diritto che lo porta a vedere in esso la realizzazione della libertà in quanto idea (cfr. FD § 29) e la realizzazione del concetto assoluto della libertà autocosciente (idem § 30). Quanto detto trova riscontro e sintesi nella Partizione proposta da Hegel nella quale, accanto al momento immediato, in cui la volontà libera si eprime astrattamente come personalità e diritto formale; ovvero come coscienza riflessa e determinata di fronte all' universale, e dunque come interiorità o moralità, viene posto il loro reciproco inveramento e superamento nell' idea del bene pensato e realizzato attraverso la sostanzialità etica di un popolo, i momenti intermedi della famiglia e della società civile con lo Stato per finire con i rapporti tra gli spiriti nazionali e lo spirito universale (cfr. FD § 33) in un crescendo concentrico che investe le sfere più alte del sistema hegeliano. Intorno a questa progressiva realizzazione della libertà in istituzioni storicoculturalmente determinate, è opportuno chiedersi, come ha sottolineato il De Ruggiero che lo ritiene una sorta di peccato originale dell' hegelismo, se questo errore fondamentale, che evidentemente ne comporta altri, per cui la libertà si incarna e oggettiva in istituzioni piuttosto che nella coscienza, non possa convertirsi in strumento di oppressione e di schiavitù per gli individui. Il fondamentale problema posto dal De Ruggiero richiede, nell' arduo tentativo di comprendere meglio le considerazioni hegeliane, un approfondimento in merito alla sezione dell' eticità cornice e contesto di riferimento obbligato entro cui collocare le tesi del filosofo tedesco sullo stato.

2) L' eticità. Tentiamo, allora, come detto, al fine di comprendere e contestualizzare la concezione hegeliana dello stato, di delineare i tratti fondamentali dell' eticità che Hegel sembra concepire, dal punto di vista politico e della costituzione dello Stato, in termini di fondamentopotenzialità che si esprime e realizza attraverso l' autocoscienza: «L' eticità è l' idea della libertà, in quanto bene vivente, che ha nell' autocoscienza la sua consapevolezza, la sua volontà e, mediante l'agire di questa, la sua realtà; così come questo ha, nell' essere etico, il suo fondamento che è in sé e per sé e il fine motore, è il concetto di libertà, divenuto mondo esistente e natura dell' autocoscienza.» (FD, Pref. § 4) Colpiscono, nel passo riportato, le numerose corrispondenze implicite o esplicite istituite e suggerite dal filosofo tedesco: tra eticità e libertà; tra autocoscienza, libertà ed eticità; tra volontà e azione consapevole dell' autocoscienza: colpisce, insomma, la coessenzialità di mondo etico, volontà e natura razionale della libertà come universale che si media e concretizza attraverso il particolare. Naturalmente, la corrispondenza è, al tempo stesso, mediazione dialettica che costituisce il tessuto etico e il carattere di un popolo specificandosi e particolarizzandosi nel concetto di virtù e nella complessa ed intricata rete di rapporti istituzionali e personali che costituisce, al tempo stesso, il sistema dei doveri e la concretizzazione dello spirito etico. Infatti: «Una teoria dei doveri, immanente e conseguente, non può essere altro, se non lo sviluppo dei rapporti, che sono necessari nello Stato, per effetto dell' idea della libertà e, quindi, reali, in tutta la loro ampiezza.» (FD, § 148) Necessarietà dello sviluppo dei rapporti e realizzazione della libertà, costituiscono e rappresentano il presupposto e il limite invalicabile dell' organizzazione statuale che promana direttamente dall' Idea essendo, quest' ultima, la particolarizzazione e quella (l' Idea) il fondamento e la giustificazione razionale del sistema strutturato dalle forze etiche che agiscono attraverso e per mezzo degli individui (cfr. FD § 145). 3 Hegel, Laterza, RomaBari 1975, p. 171 e sgg. 2 Una prospettiva espressa con maggiore chiarezza nell' Enciclopedia in termini di superamento dell' unilateralità della volontà individuale libera e dell' universale etico realizzato nel Volksgeist.4 In questo incontro tra ethos ed ethnos, di matrice greca e collocato sullo sfondocontesto della storia naturale, Hegel individua: il radicamento e la realizzazione della virtù individuale come soggettività compenetrata dalla vita sostanziale (cfr. Enc. § 516 e FD § 150). Cioè, fondamentalmente, per Hegel, il riassorbimento della volontà individuale nella razionalità etica dell' universale sistema dei doveri.5 in secondo luogo, trova in essa la realtà organica dello spirito che si esprime e realizza nella costituzione dello Stato (cfr. Enc. § 517) Lo spirito etico si realizza progressivamente attraverso i momenti della famiglia (spirito etico immediato o naturale) la società civile (intreccio mediato di bisogni e garanzie istituzionalizzate dal diritto statuale) e Stato come realtà dell' universalità sostanziale e della vita pubblica (cfr. FD § 157): ovvero come universo etico realizzato e totalità organica che supera la contrapposizione e la mediazione delle particolarità e delle individualità: in questo senso, l' organico è prefigurazione dell' etico – almeno nella misira in cui l' eticità sorge dall' estensione alla società civile dello spirito comunitario che regna nella famiglia.

3) Lo Stato. All' inizio della trattazione della sezione dedicata allo Stato nella Filosofia del Diritto, Hegel eplicita e sintetizza quanto detto nel suo caratteristico modo: «Lo Stato è la realtà dell' idea etica lo spirito etico, in quanto volontà manifesta, evidente a se stessa, sostanziale, che si pensa e si conosce, e compie ciò che sa e in quanto lo sa. Nell' ethos, esso [lo Stato]ha la sua esistenza immediata, e nell' autocoscienza del singolo, nella conoscenza e attività del medesimo, ha la sua esistenza mediata, così come questa [l' autocoscienza]mediante il principio, ha in esso, in quanto sua essenza, fine e prodotto della sua attività, la sua libertà sostanziale.» (FD, § 148) Riprendendo la questione dei presupposti della concezione hegeliana, potremmo dire che si affacciano nel testo hegeliano, ulteriori conferme a proposito del carattere razionale della volontà libera che è e si libera nella misura in cui attinge e realizza la razionalità del tessuto etico cui appartiene e che esprime: come dire, in altri termini, che alla razionalità dell' ethos corrisponde, in infiniti modi, la razionalità libera dell' autocoscienza individuale. In questo modo, la particolarizzazione dell' ethos si configura come esplicitazione e sviluppo della razionalità del sistema e nel sistema.

La costruzione hegeliana funziona, però, solo a condizione che si accetti il presupposto volontà libera = volontà razionale. Al di fuori dell' equazione proposta, la razionalità dell' ethos, dello Stato e della volontà libera appaiono tutte da dimostrare e da fondare. Considerando invece il libero agire dell' autocoscienza e lo Stato fondati sulla e nella razionalità dell' ethos, allora si può affermare (e comprendere l' affermazione senza per questo condividerla), che lo Stato, fine a se stesso e all' azione dell' autoscienza individuale «in quanto è la realtà della volontà sostanziale, che esso ha nell' autocoscienza particolare, elevata alla sua universalità, è il razionale in se e per se.» (FD, § 258) 4 Dopo aver parlato della contrapposizione tra universale astratto e libertà individuale come fonte di unilateralità, Hegel aggiunge: «Soppresse queste unilateralità, la libertà soggettiva diventa il volere razionale universale in se e per se; il quale ha il suo sapere di se e la sua disposizione d' animo nella coscienza della soggettività individuale, ma la sua attuazione e la sua realtà immediata ed universale nel costume, nell' ethos; onde è la libertà consapevole di sè, diventata natura.» (Enciclopedia delle Scienze filosofiche in Compendio, Laterza, Bari, 1963 (ed. it. a cura di B. Croce di Enciclopädie der philosophischen Wissenschaften im Grundrisse, Heidelberg, 1827) § 513. In sigla, Enc. 5«In tale identità della volontà universale e individuale si unifica, quindi, dovere e diritto, e l' uomo, mediante l' ethos, ha diritti in quanto ha doveri, e doveri in quanto ha diritti.» (FD, § 155) 3 Siamo, insomma, all' universale che invera e legittima il particolare rendendolo razionale e reale ma che inevitabilmente schiaccia l' individuale sul piano della contingenza empirica e dell' inessenzialità.

A maggior ragione queste considerazioni valgono per la volontà individuale ritenuta astrazione intellettualistica (Kant e Fichte) così come valgono contro quelle concezioni, (segnatamente Rousseau) che vedono nella costruzione statuale l' espressione e la somma delle singole volontà: entrambe queste concezioni, però, secondo Hegel, non attingono, e a maggior ragione non realizzano, l' essenza dello Stato. Giusnaturalismo e contrattualismo pertengono al livello delle contingenze empiriche e della genesi storica non all' essenza dispiegata del concetto, allo Stato come dovrebbe essere al di là e al di sopra delle forme storicamente determinate. Per Hegel diventa allora molto più importante considerare e stigmatizzare la differenza tra il semplice sviluppo di principi naturali immediati che rimangono pluralità estrinseca (cfr. FD § 3456) e Stato come realizzazione e articolazione organica dei momenti dell' idea nel suo sviluppo storico: «Un popolo non è, anzitutto, ancora uno Stato, e il passaggio d' una famiglia, d' un orda, d' una stirpe, d' una moltitudine etc. alla condizione di Stato, costituisce la realizzazione formale, in essa, dell' idea in genere. Senza questa forma, esso, in quanto sostanza etica, che è tale in sè, manca dell' oggettività di avere nelle leggi, in quanto determinazioni pensate, un' esistenza universale e universalmente valida per se e per gli altri, e, quindi, non è riconosciuto; la sua autonomia, in quanto senza legalità oggettiva e senza razionalità per se stabile, è soltanto formale, non è sovranità.» (FD, § 349)

Lo Stato si distingue, insomma, dalla moltitudine e dal popolo fondamentalmente per due ordini di ragioni: perchè supera la dimensione meramente empirica e contingente dell' incontro o dell' associazione puramente sommativa di volontà; perchè aggiunge, all' immediatezza della sostanzialità etica, il marchio fondante e caratteristico dello sviluppo storico dell' Idea e dell' ethos di un popolo che rendono concreta e oggettiva la realizzazione della sovranità altrimenti soltanto formale e astratta. Lo Stato necessita dunque di una fondazione e poco importa se il fondamento è cercato (e trovato) nella sostanzialità etica immediata, nello sviluppo dell' idea o nella determinazione sovrumana di individui d' eccezione. Attraverso l' affermazione dello Stato come doveressere e come totalità organica sovraindividuale, il filosofo tedesco respinge le tesi contrattualistiche e giusnaturalistiche a favore di uno Stato dedotto dal suo concetto: cioè, come detto, totalità organica razionale e coerente con lo sviluppo dell' idea e del fondamento etico.6 Nell' ambito di una concezione organicistica e sacrale come quella hegeliana assumono particolare rilevanza il problema del fondamento etico dello Stato e il problema dei rapporti tra Stato divinizzato e religione. Per quanto concerne il primo punto, Hegel è chiarissimo: la religione non può in alcun modo costituire o surrogare i fondamenti etici dello Stato nella misura in cui esprime e rappresenta un sentimento e una concezione dell' Assoluto meramente individuale e privata. A partire da questo assunto, Hegel teorizza e sostiene la netta distinzione di ambiti e funzioni mettendo in guardia contro il fanatismo conseguente alla troppo stretta compenetrazione tra Stato e religione (motivo non ultimo, di preferenza per il Mondo Occidentale rispetto al generico indistinto proposto dal Mondo Orientale). 6 Le aggiunte al paragrafo esplicitano oltre ogni ragionevole dubbio il carattere metaindividuale e sacro dello Stato per Hegel insieme alla funzione delle mediazioni più volte incontrate e sottolineate: «Lo Stato, in se e per se, è la totalità etica, la realizzazione della libertà; ed è finalità assoluta della ragione che la libertà sia reale. Lo Stato è lo spirito che sta nel mondo, e si realizza nel medesimo con coscienza, mentre, nella natura, esso si realizza soltanto in quanto altro da sé, in quanto spirito sopito. [......] L' ingresso di Dio nel mondo è lo Stato; il suo fondamento è la potenza della ragione che si realizza come volontà. Nell' idea dello Stato, non devono tenersi tenersi presenti Stati particolari; anzi si deve considerare per sè l' idea, questo Dio reale.» (FD, § 258, aggiunta). 4 Una presa di posizione che sembra allontanare il filosofo tedesco dallo Stato etico e che, unita agli apprezzamenti nei confronti delle dottrine di Montesquieu, sembra collocarlo nell' alveo della tradizione del conservatorismo liberale occidentale .

Occorre, però, a scanso di equivoci, ricordare, in primo luogo, le critiche rivolte da Hegel all' accentuata divisione dei poteri che comprometterebbe l' uniterietà dello Stato (cfr. FD § ...); richiamare, in secondo luogo, le osservazioni precedentemente formulate sull' origine dello Stato e sulla differenza tra Stato e spirito etico di un popolo senza trascurare, al tempo stesso, il comune radicamento nella razionalità di entrambi i momenti.7 In ogni caso, l' organicismo hegeliano si nutre di metafore e immagini che esprimono, comunque e sempre, radicate convinzioni del filosofo tedesco: la Costituzione come sistema nervoso del grande organismo statale; i cittadini come membra e componenti del medesimo; etc. A consentire e determinare il passaggio dalla dimensione metaforica a quella concettuale (istituendo una precisa corrispondenza semantica e filosofica tra i due livelli espositivi) è il parallelo costituzioneorganizzazione proposto da Hegel nei seguenti termini: «La costituzione per prima cosa è: l' organizzazione dello Stato e il processo della sua vita organica, in rapporto a se stesso, nella quale esso distingue i suoi momenti entro se stesso e li svolge ad esistenza» (FD, § 271)

Lo Stato, quale che sia l' interpretazione da dare, è un organismo autonomo e autoreferenziale, universale che racchiude ed esprime, come propria emanazione e appendice, il particolare e l' individuale che assumono, di conseguenza, importanza e dignità nella misura in cui esprimono l' universale (e sostanziale) fondamento etico. Nel fondamento etico inteso come particolarizzazione dell' idea e del concetto stesso di Stato, Hegel trova le ragioni per sostenere tanto la divisione dei poteri, quanto per lasciar trasparire una certa preferenza per la monarchia costituzionale (considerata un perfezionamento dello Stato conseguito nel mondo moderno, cfr, FD § 273) in quanto meglio confacente all' unicità e unitarietà dello Stato e più idonea ad evitare i conflitti tra i poteri: «Lo Stato politico si dirime, quindi, nelle distinzioni sostanziali: a) del potere di determinare e di stabilire l' universale, potere legislativo, b) della sussunzione delle sfere particolari e dei casi singoli sotto l' universale – potere governativo, c) della soggettività, in quanto decisione ultima di volontà, il potere del sovrano – nel quale, i poteri distinti sono raccolti ad unità individuale; il quale, pertanto, è il culmine e il principio della totalità – monarchia costituzionale.» (FD, § 273) Dalla volontà particolare oggettivata e garantita alla volontà universale oggettivata e incarnata nelle istituzioni: sembra questo il percorso hegeliano. Dialettico quanto basta per scorgervi il richiamo della particolarità all' universalità e la molteplicità delle volontà individuali ricondotta all' unità e unitarietà della volontà del sovrano.

La Costituzione media e sintetizza i rapporti delle particolarità con l' universalità etica dello Stato e si configura, nel contesto della metafora organicistica, come scheletro e/o come sistema nervoso a seconda della funzone di sostegno o di trasmissione della volontà razionale dell' organismo statale. La Costituzione salda, quindi, il diritto alla cultura etica di un popolo dando dignità di organismo statalerazionale alla semplice somma delle volontà particolari ma innescando, al tempo stesso, un rapporto difficilmente definibile e concettualizzabile con la concreta esperienza storica, etica e politica, di un popolo: un intreccio che, come ha giustamente osservato Marx, mina alle fondamenta la costruzione hegeliana nella misura in cui ne mette in discussione l' astratta razionalità. Dalla saldatura della Costituzione con la cultura etica di un popolo, discende, inoltre, una interessante (e forse potenzialmente pericolosa) tendenza alla identificazione Statopopolo. In particolare, per quanto concerne la fondazione del diritto statale esterno (cioè, come attualizza correttamente Croce, il diritto statale internazionale), la tendenza indicata si delinea piuttosto nettamente facendo del popolo in quanto Stato, lo spirito nella sua razionalità sostanziale e nella sua immediata realtà nonchè, di conseguenza, il fondamento etico e politico della sovranità territoriale piena e del reciproco riconoscimento degli Stati (cfr. FD § 331).

4) Stato e Ragione.

A questo proposito, occorre sottolineare una certa tendenza, da parte del filosofo tedesco, ad approssimare sovranità dello Stato e sovrantà del sovrano quasi che l' una fosse emanazione ed espressione dell' altra. Inoltre, a complicare il quadro, la figura del sovrano hegeliano non sembra essere necessariamente singolare. Ed è a questo essere plurale del sovrano che si riferiscono le molteplici e variabili forme di governo e le variazioni degli Stati nel corso del tempo e dello spazio. Variazioni che non relativizzano lo Stato nella sua essenza, ma si configurano, piuttosto, come variazoni delle interne articolazioni che lo caratterizzano ed esprimono nelle sue concrete e contingenti manifestazioni empiriche. Certamente, Hegel ritiene che pesonalità politica e giuridica dello Stato tendano ad incontrarsi nella persona fisica del sovrano almeno in una certa fase dello sviluppo storicopolitico dell' umanità: un' esigenza di unità che trasforma l' informe moltitudine in un popolo e rende convergenti e concrete le linee istituzionali e politiche che caratterizzano e costituiscono lo Stato in rapporto al popolo nel suo complesso e alle singole autocoscienze (cfr. FD § 279, 280). L' intreccio tra figure storiche ed essenza metastorica dello Stato dedotto dal suo concetto rendono di difficile decifrazione il discorso hegeliano sempre in bilico tra teoria pura e astrazione dall' esperienza concreta e storica. Vengono in mente, a tal proposito, le parole di Rosenkranz che indica nella filosofia hegeliana (non molto diversamente da Marx) una sorta di perenne definizione di Dio e le osservazioni di Löwith sulla conciliazione nella storia di umano e divino nel nome e nel segno della croce simboleggiata dalla rosa della filosofia nella croce del presente (cfr. FD Pref. p. 19). Vengono, cioè, in mente le considerazioni relative alla trascendenza dello Stato come componente interpretativa e critica ineliminabile ma anche come momento metodologico imprescindibile nella misura in cui indica il significato e la genesi della compagine statale. Come dire, in altri termini, che il carattere metaindividuale dello Stato esplicita la radice assoluta che lo fonda e legittima ma individua e definisce, al tempo stesso, i limiti di una costruzione logica che deve, per oggettivarsi e concretizzarsi, attraversare le contingenze e le insidie della storia e delle coscienze particolari. Così facendo, però, Hegel consegna l' essenza stessa dello Stato alla conciliazione di finito e infinito nella storia e di umano e divino, ovvero di sacro (eticità) e profano (diritto) nelle istituzioni e articolazioni statuali. Ne discende una visione immanente e trascendente a un tempo che, seppur corrisponde all' indirizzo generale del pensiero hegeliano, tuttavia rasenta la conformità di religione e Stato considerate da Hegel, secondo Löwith, come forme diverse di un medesimo contenuto.

Particolare rilievo assume, a tal proposito, l' osservazione hegeliana sullo Stato come edificio architettato e sorretto dalla ragione immanente alla storia. Possiamo, però, a parziale revisione della prospettiva di Löwith, ricordare che Hegel propone in forma per così dire attenuata la razionalità dell' edificio e, di conseguenza, l' intreccioradicamento della razionalità dello Stato nella razionalità della storia. Infatti, come spesso avviene nel sistema hegeliano, la razionalità del tutto appare solo dopo che il processo è concluso e la famosa nottola di Minerva spicca il volo. La razionalità dello Stato non appare, insomma, immediatamente ed evidentemente come segno esplicito del divenire storico, ma piuttosto come cifra, crittografia o disegno che emerge faticosamente alla vista da un groviglio di linee. Ciò vuol dire, riprendendo le parole di Hegel, che lo Stato, geroglifico della ragione che si mostra nella realtà (cfr. FD § 279, agg.), richiede, per essere compreso nella sua essenza, una visione 8 K. Löwith Da Hegel a Nietzsche, Einaudi, Torino 1949, p. 84. 6 complessiva (cioè filosofica) della storia e dell' Assoluto che si fa storia e finito, cioè, segno visibile e riconoscibile, sebbene non sempre riconosciuto, del fondamento razionale che lo permea e pervade. Naturalmente, questo modo di esprimere e concettualizzare l' essenza dello Stato appare funzionale all' affermazione del carattere trascendente, cioè storico e metastorico al tempo stesso, dell' edificio nonchè, in secondo luogo, strettamente connessa ad una sorta di visione iniziatica del percorso della storia e della funzione etica ed educativa asseganta dal filosofo tedesco alla politica e allo Stato che potrebbe essere espressa e riassunta compiutamente proprio dall' incontro di rosa e croce suggerito dal filosofo tedesco e rilanciato da Löwith. Si potrebbe vedere, però, nella costruzione hegeliana una giustificazionelegittimazione dell' accaduto e di ciò che avviene in genere in nome e per conto della storia (unico tribunale riconosciuto dalla ragione hegeliana) e, conseguentemente, la giustificazione e legittimazione del potere, di qualunque potere, nei modi e nelle forme in cui si è venuto concretamente determinando. Considerata da questo punto di vista, la prospettiva politica hegeliana può benissimo configurarsi come filosofia delle classi dominananti e come suprema forma di giustificazione dell' esistente: insomma, una filosofia borghese e conservatrice che apre le porte, ironia della dialettica!, ad una visione proletaria e rivoluzionaria.