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Giornalista e uomo politico italiano (Novara 1886 - Roma 1969).
Giornalista fin dal 1903, combattente e decorato nella prima guerra
mondiale, deputato nazionalista nel 1921, aderì nel 1923 al
fascismo e ne fu poi figura di primo piano (deputato, membro del
Gran consiglio nel 1925 e 1926, vicepresidente della Camera dei
fasci e delle corporazioni, direttore, nella RSI, della Gazzetta del
popolo di Torino), per cui dopo la Liberazione fu processato e
condannato a morte. Amnistiato, riprese l'attività politica
nell'ambito del MSI, di cui fu deputato (1953-58) e senatore
(1963-68). Autore di numerose pubblicazioni, per lo più a
carattere storico-politico.
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DBI
di Giuseppe Sircana
Nacque a Novara il 9 ott. 1885 da Luigi e da Licinia Santini.
All'età di diciotto anni intraprese l'attività
giornalistica, esordendo nella Riforma di Ferrara, per poi passare
alla Provincia di Ferrara. Fu anche collaboratore de L'Azione,
diretto dall'esponente sindacalista Enrico Leone. Dall'ottobre 1910
all'ottobre 1912 diresse a Forlì il settimanale radicale La
Difesa e nel 1911 seguì la guerra di Libia come
corrispondente dell'Agenzia Stefani e dell'Illustrazione italiana,
manifestando pieno sostegno a quell'impresa. Abbandonate le
posizioni della democrazia radicale, aderì all'Associazione
nazionalista italiana. Nel 1914, dopo essere stato inviato della
Gazzetta del popolo nel Belgio invaso, il G. fu molto attivo, con
articoli, libri e conferenze, nella propaganda a favore
dell'intervento in guerra dell'Italia. Prese quindi parte, come
volontario, al primo conflitto mondiale: capitano di fanteria, fu
decorato con una medaglia d'argento e una di bronzo.
Nel dopoguerra partecipò per un breve periodo
all'organizzazione civile e militare in Dalmazia e si stabilì
poi a Firenze, dove diede vita, insieme con Enrico Corradini, ai
primi nuclei antisocialisti d'azione. Analoga iniziativa il G.
assunse a Novara, dove il 24 nov. 1920 si iscrisse ai Fasci di
combattimento. L'anno successivo divenne segretario del fascio di
Novara e fu eletto alla Camera dei deputati in una lista del Blocco
nazionale. Nella pattuglia di deputati fascisti il G. volle subito
caratterizzarsi imprimendo al proprio mandato parlamentare il segno
di una duplice fedeltà alla monarchia e al nazionalismo. Nel
maggio 1921 non esitò a schierarsi contro lo stesso Mussolini
che aveva richiamato la tendenzialità repubblicana del
fascismo. Poi, contravvenendo alle direttive degli organi dirigenti
del fascismo, il G. decise di aderire, insieme con A. Misuri e R.
Paolucci, al gruppo parlamentare nazionalista.
Rieletto alla Camera nel 1924 per la circoscrizione lombarda, il 9
luglio di quell'anno il G. fu nominato commissario straordinario
della federazione fascista di Pisa, al centro di un clamoroso caso
di dissidenza interna.
Bruno Santini, figura di grande carisma, aveva ingaggiato una
battaglia contro i "ras" locali e l'estremismo squadrista, a favore
di una politica normalizzatrice, riuscendo ad aggregare la gran
parte dei fascisti pisani con il consenso della borghesia cittadina.
Ma quando, per superare la crisi seguita al delitto Matteotti,
Mussolini cercò e ottenne il sostegno del cosiddetto fascismo
provinciale, il destino del dissidentismo pisano apparve segnato. Il
G. venne appunto inviato a Pisa con il compito di riabilitare e
riportare in auge quegli esponenti locali dello squadrismo
intransigente, che Santini aveva espulso dal partito.
Del resto, proprio durante il dibattito al consiglio nazionale
attorno alla crisi del fascismo e alle misure per uscirne, il G.
aveva chiaramente fatto intendere quale fosse il suo pensiero al
riguardo. Dopo aver affermato che "il delitto Matteotti non è
affatto un delitto fascista" e che se "una parte del fascismo
è responsabile delle conseguenze del delitto, è la
parte annacquatrice pacifista tendente alla conciliazione
affaristica" - e aggiungeva, "tanto è vero che se vi è
una provincia dove non ci sono violenze e speculazioni, è
quella di Cremona" -, il G. si dichiarò convinto che per
uscire dalla crisi il fascismo avrebbe dovuto "fare appello alla
vecchia e solida fanteria contadina" (Canali, p. 72). Cosa che
puntualmente egli fece, rivitalizzando lo squadrismo agrario pisano
e schierandolo contro il fascismo normalizzatore cittadino.
L'aspro scontro sfociò, l'11 sett. 1924, nella costituzione
da parte dei dissidenti del fascio pisano di combattimento e, l'11
ottobre, del nuovo fascio ufficiale, tenuto a battesimo dallo stesso
G. e da G. Buffarini Guidi. Le due fazioni si dotarono anche di
propri organi di stampa: il 6 ottobre uscì La Provincia di
Pisa, diretto dal G. e il 12 ottobre Camicia nera, giornale dei
dissidenti.
Il 26 novembre, dopo che il congresso provinciale fascista aveva
ratificato la sua opera restauratrice, il G. concluse il suo
mandato. Intanto, a riprova della fiducia di cui godeva presso
Mussolini, dall'agosto il G. era entrato a far parte del direttorio
nazionale del Partito nazionale fascista e del Gran Consiglio del
fascismo, restando membro di entrambi fino al giugno del 1925.
Luogotenente generale della Milizia e membro della Camera dei fasci
e delle corporazioni, di cui fu vicepresidente dal giugno 1941 al
luglio 1943, il G. ricoprì numerosi altri incarichi: dal 1926
al 1934 diresse la rivista Economia nazionale, dal gennaio
all'agosto del 1933 fu commissario straordinario dell'Istituto Luce;
dal 1934 al 1943 fu vicepresidente della corporazione delle
professioni e arti. Fu inoltre vicepresidente della Società
Dante Alighieri e presidente della Compagnia italiana del turismo.
Il G. ebbe un ruolo preminente nella propaganda del regime,
soprattutto come commentatore di politica estera dai microfoni
dell'Ente italiano per le audizioni radiofoniche (EIAR). I suoi
editoriali - dal settembre 1936 per "Cronache del regime" e quindi,
dal maggio 1938, per la rubrica "Commenti ai fatti del giorno" -
erano particolarmente seguiti perché si riteneva "recassero
il sigillo dell'ufficialità" (Cannistraro, p. 264).
Nel settembre 1937 al G. venne affidata la presidenza di una
commissione permanente per lo studio dei problemi politici e
didattici della radiofonia per le scuole, istituita presso il
ministero dell'Educazione nazionale. Nel 1938 il G. fu chiamato a
far parte della cosiddetta commissione per la bonifica libraria, il
cui compito era "fissare i criteri precisi e studiare i mezzi
più rapidi e più idonei per addivenire ad una
revisione totale della produzione libraria italiana e di quella
straniera tradotta in italiano […], tanto più necessaria in
relazione alle superiori direttive di carattere razziale" (ibid., p.
118).
Dopo l'8 sett. 1943 il G. aderì alla Repubblica sociale
italiana, venne nominato commissario dell'EIAR e, dal 17 genn. 1944
al 26 apr. 1945, diresse il quotidiano torinese Gazzetta del popolo.
Arrestato il 24 maggio 1945, il G. venne processato dall'Alta Corte
di giustizia, davanti alla quale rivendicò la piena e intera
responsabilità per l'attività politica svolta durante
il regime fascista. Condannato, l'11 ott. 1945, a venti anni di
reclusione, venne scarcerato nel 1946, grazie all'amnistia concessa
per l'avvento della Repubblica. Accusato di partecipare
all'attività di gruppi clandestini neofascisti, il G. venne
inviato al confino.
Tra i fondatori del Movimento sociale italiano (MSI),
contribuì alla stesura dei 10 orientamenti programmatici e
dell'Appello agli Italiani, e ne divenne vicesegretario. Nel 1948
fondò il settimanale Il Nazionale, che diresse per venti
anni. In seno al MSI il G. sostenne negli anni Cinquanta una
politica d'intesa con i monarchici, volta a creare una grande forza
di destra, ma successivamente si schierò con la corrente
Rinnovamento, guidata da G. Almirante, che contestava il moderatismo
conservatore del segretario A. Michelini e propugnava una linea di
intransigente "opposizione al sistema". Nel 1953 il G. tornò
a sedere in Parlamento, risultando eletto deputato per la
circoscrizione Roma-Viterbo-Latina-Frosinone. Ricandidato nel 1958
nella medesima circoscrizione non riuscì a tornare alla
Camera. Nel 1963 fu eletto al Senato nel Collegio di Roma VI, ma nel
1968, candidato in due collegi senatoriali di Roma, non ottenne i
suffragi necessari per la riconferma.
Il G. morì a Roma l'8 febbr. 1969.