Tian Shigang

Gramsci è un marxista occidentale?*

www.puntocritico.net

Tian Shigang è uno dei cinesi che meglio conosce Antonio Gramsci. Sicuramente, tra gli studiosi cinesi di Gramsci, è il più conosciuto in Italia. In questo saggio, datato 2008, Tian torna su un tema su cui da più di due decenni gli intellettuali cinesi dibattono: Gramsci è un marxista occidentale?
Gli studi su Gramsci, in Cina, così come in altri paesi, devono ancora raggiungere la maturità filologica. Nonostante ciò, per natura e proporzioni della Repubblica Popolare Cinese, questo saggio assume una importanza particolare. La Cina di oggi infatti, pur nel suo sviluppo storico unico, può trovare negli scritti di Antonio Gramsci molte risposta a dinamiche politiche e sociali sino a qualche decennio sconosciute.
La traduzione che presentiamo, che nasce all’interno dei lavori preparatori del convegno internazionale di studi “Gramsci in Asia e in Africa” di Cagliari del 12-13 febbraio 2009, viene riproposta anche negli atti del convegno per gentile concessione degli organizzatori e della traduttrice.
Enrico Lobina, Simona Mocci
1. Gramsci creativo teorico marxista
L’Italia e gli studiosi occidentali non hanno riconosciuto Gramsci come “marxista occidentale“. Nella “Enciclopedia d’Italia”, nell’“Enciclopedia della filosofia” e nella “Enciclopedia Britannica” si parla di Gramsci come di un attivista del movimento operaio internazionale e un teorico marxista. Nell’ex Repubblica Iugoslava il noto studioso della “storia del marxismo”, Predrag Vranicki, scrisse: “Gramsci è un glorioso intellettuale marxista, ma è anche il capo politico del proletariato”1.
McClellan, noto studioso britannico, in “Marx dopo il marxismo” (1979) scriveva: “In aggiunta ai rivoluzionari russi, Gramsci negli ultimi cinquanta anni è stato uno dei più originali teorici marxisti. Il suo contributo [...] ha interessato tutto il campo della scienza politica marxista”2.
In Italia, durante i convegni internazionali su Gramsci (1958, 1967, 1977, 1987, 1989, 1997, 2007) non vi è stata nessuna discussione in merito alla relazione tra Gramsci e il “marxismo occidentale”. Ad esempio, nel mese di ottobre 1989 si è svolto a Formia, in Italia, un simposio internazionale dal titolo “Gramsci nel mondo”, dove hanno partecipato oltre 50 studiosi da più di 30 paesi di tutti i continenti (ho avuto l’onore di essere stato invitato a partecipare NdR).
Essi hanno convenuto che, dopo la morte di Lenin, Gramsci è stato uno dei teorici marxisti più ricchi e originali, che ha svolto discussioni approfondite e uno studio esaustivo sui progressi del mondo contemporaneo, uno studio contemporaneo del sociale, della politica, della cultura e delle questioni religiose.
Il patrimonio delle teorie di Gramsci, in particolare la filosofia della prassi e la teoria dell’egemonia, sia per l’Europa occidentale, per il Nord America, per il Giappone e per altri paesi sviluppati, sia per i paesi socialisti e per i paesi in via di sviluppo, ha avuto un significato pratico3.
Gli studiosi Goliher e Zvonareva, della ex Unione Sovietica, hanno condotto un’analisi sulle cause della scarsa importanza di Gramsci nel periodo staliniano e post staliniano. Già nel 1926 Gramsci era contro Stalin e contro il regime del Partito Comunista (Bolscevico), e negli anni ‘30 del XX secolo criticò la filosofia e il sistema organizzativo del governo dell’Unione Sovietica. Ciò dimostra che Gramsci tracciò una chiara linea di distinzione con il modello sovietico “ortodosso” di marxismo, piuttosto che con il marxismo tradizionale.
Lo studioso francese Thosel sottolineò che i marxisti francesi, ispirati dalle critiche poste da Gramsci al dogmatismo della Terza Internazionale, cercarono un’importante base teorica per rettificare le strategie della rivoluzione socialista francese.
Althusser sottolineò che Gramsci non era solo un grande comunista, ma anche un innovatore nel materialismo storico. Lo studioso spagnolo Francisco Fernández Buey, così come Maurin nel lontano 1933, sostenne che Gramsci fu “il principale teorico marxista d’Italia”. Dopo la morte di Franco, Gramsci divenne un autore venduto anche in Spagna, e i lettori ne discutevano e commentavano le teorie marxiste.
Lo studioso brasiliano Coutinho sottolineò che il pensiero di Gramsci dagli anni ‘80 del XX secolo fu ampiamente diffuso in Brasile dalla sinistra brasiliana, principalmente come teorico e politico marxista. Il partito comunista brasiliano cominciò ad avvicinarsi al pensiero di Gramsci […] usando il concetto di “nazional-popolare” per analizzare il problema culturale del Brasile. Per analizzare la storia dello sviluppo intellettuale hanno utilizzato il concetto di ”rivoluzione passiva”, capendo che “dai livelli alti” si promuove il cambiamento dal capitalismo verso il processo storico di transizione della modernizzazione.
Il segretario generale dell’Istituto di Sociologia araba Tahar Labib sottolineò che, a partire dalla metà degli anni ‘70 del XX secolo, Gramsci diventò importante per il progresso culturale arabo. Egli analizzò le ragioni che resero Gramsci interessante nel mondo arabo, sostenendo che le idee di Gramsci sottolineavano l’universalità e la peculiarità, l’unità tra il carattere nazionale e il carattere internazionale, che è “la natura peculiare dei paesi arabi”. La teoria politica di Gramsci, in particolare il pensiero politico di Gramsci verso la pratica rivoluzionaria, svolse un ruolo guida.
Nonostante il movimento comunista internazionale, durante la disintegrazione dell’Unione Sovietica e i drastici cambiamenti dell’Europa Orientale, avesse subito un calo destando preoccupazione, il prestigio di Gramsci crebbe. Negli Stati Uniti, nel 2000, in occasione della Quarta Conferenza sul marxismo, durante il seminario sulla filosofia di Gramsci, molti dei partecipanti parlarono di Gramsci marxista e del contributo eccezionale che diede alla teoria marxista. Gli studiosi partecipanti alla conferenza posero delle forti critiche al capitalismo mondiale, visto come la forma fondamentale dell’integrazione globale, ritenendo perciò necessario lo studio delle teorie ideologiche di Gramsci, al fine di distruggere gli errori assoluti del capitalismo […]. Con ciò si dimostra l’inevitabilità storica dello sviluppo del socialismo e lo sviluppo delle varie culture.
Va osservato che la teoria di Gramsci riflette il fatto che dopo la rivoluzione d’ottobre in ogni paese d’Europa ci fu il fallimento della rivoluzione proletaria, il dilagare del fascismo, e il movimento comunista internazionale subì una battuta d’arresto, per cui non è difficile capire il motivo per cui all’inizio del secolo ancora una volta nel mondo si assiste al “caso Gramsci”.
Precisamente vediamo che gli studiosi stranieri, le autorità nazionali e le pubblicazioni su Gramsci sono sempre più precise. Ad esempio, la “Enciclopedia della Filosofia della Cina” definisce Gramsci come “il fondatore e leader del partito comunista italiano”4. Ne “Il Dizionario marxista popolare“ Gramsci è definito “il più famoso teorico marxista italiano. I suoi scritti e le sue idee sulla storia […] sono state estremamente feconde”5.
La Casa editrice del Popolo ha pubblicato “Quaderni del carcere” (1983). La pubblicazione descrive Gramsci come “un combattente del movimento internazionale dei lavoratori, un teorico marxista [...] che dedica la sua vita alla lotta per la liberazione della classe operaia. Lo scopo principale delle sue attività teoriche è di esplorare la questione dell’egemonia del proletariato”6. Nell’Antologia di Gramsci (1992) la prefazione afferma che “Gramsci è il teorico della rivoluzione proletaria in Italia e applica con reale impegno il marxismo-leninismo in Italia”7.
Nel mio paese (Cina NdT), il noto filosofo marxista e professore Huang Nansen, capo redattore della “Filosofia della storia marxista” (1996), nel vol. 8, capitolo IX, dell’ultimo volume della “Filosofia marxista in Italia” (autore il professor Lu Xianggan), introdusse Gramsci e la filosofia marxista come contributo alle scienze politiche, affermando che Gramsci fu “uno dei più grandi pensatori e filosofi marxisti”8.
Già nel 1987 il professor Yu Qiquan sottolineò che, oltre alla linea principale di Marx-Engels-Lenin-Stalin e Mao Zedong, ci sono altre linee di pensiero che uniscono Marx e Engels, Labriola, Gramsci e Togliatti9. Il suo punto di vista (di Togliatti NdA) è molto profondo. Il presidente dell’Istituto italiano Gramsci Giuseppe Vacca disse: “Da Labriola a Gramsci, da Kautsky a Lukàcs, sono due linee completamente distinte”.
2. Marxismo occidentale. Origine e contraddizioni intrinseche
Il concetto di “marxismo occidentale” è stato proposto per la prima volta dal filosofo francese Merleau-Ponty nel 1955, nel secondo capitolo intitolato “Il marxismo occidentale” del suo libro “Le avventure della dialettica”.
Successivamente, nel 1976 uscì il volume su “La nuova sinistra” di Perry Anderson, che migliorò e arricchì il concetto di “marxismo occidentale”. Perry Anderson stabilì per primo la lista dei 13 rappresentanti del “marxismo occidentale” (di cui 3 sono in Italia: Gramsci, Della Volpe, Colletti), e ne espose le caratteristiche.
Il fondatore e primo teorico del marxismo occidentale chiamò Gramsci (come Lukàcs e Korsch) marxista occidentale scrivendo: “Quaderni del carcere è la più grande opera della tradizione del marxismo occidentale”10. Il concetto di marxismo occidentale di Anderson è stato oggetto di molte critiche formulate da numerosi studiosi occidentali. Ad esempio, alcuni studiosi americani […] sostennero che il concetto di marxista occidentale di Anderson era un concetto “trotzkista”.
Nel 1978 il teorico americano Wilhelm Wolff riassunse, in merito alle caratteristiche fondamentali del “marxismo occidentale” di Anderson, che “la teoria è separata dalla prassi”, sostenendo che il campo di studio della politica e dell’economia sul fallimento delle rivoluzioni europee, così come il “sentimento pessimistico” della rivoluzione d’ottobre, portarono “a un cambiamento di direzione” confutandone la filosofia.
Altri studiosi americani ebbero una visione radicalmente opposta rispetto ad Anderson: elogiarono Gramsci come “un creativo marxista”, e sostennero che la teoria di Gramsci costituiva una “nuova teoria e strategia di sistema” nella storia del marxismo11.
Agli inizi degli anni ‘80 del XX secolo, il concetto di marxista occidentale fu introdotto nel nostro Paese (Cina NdT) tra virgolette, che in un secondo momento furono eliminate e infine reinserite. Venti anni dopo, nonostante siano state fatte delle integrazioni e delle modifiche, non si è ancora fuori dal quadro e modello di Anderson. […]
Il marxismo occidentale di Anderson può semplicemente essere riassunto come segue: “ ‘marxismo occidentale’ è un paniere di ravanelli e cavoli tutti insieme, sotto la cui bandiera si uniscono la sinistra, il centro e la destra, veri, falsi e anti marxisti che cantano in coro”.
L’“Enciclopedia Britannica” al termine “marxismo”, nel secondo capitolo (marxismo occidentale) sostiene che ci sono due forme principali di marxismo occidentale. Una è quella tradizionale marxista del Partito Comunista e l’altra è un’organizzazione della “nuova sinistra”, conosciuta come “il marxismo occidentale”. Marxismo occidentale può essere visto come una forma di negazione del marxismo-leninismo12.
L’Enciclopedia Cinese definisce il concetto di “marxismo occidentale” come un concetto dei paesi occidentali moderni, opposto al leninismo.
Il concetto è apparso negli anni ‘20 del XX secolo, inizialmente all’interno dell’Internazionale Comunista, con un’inclinazione di sinistra. Ricevendo successivamente critiche da parte dell’Internazionale Comunista, si sviluppò all’esterno del partito […]. Più avanti, nel 1955, ritroviamo il concetto nelle “Avventure della dialettica” di M. Merleau-Ponty, un libro incentrato sull’opposizione del marxismo occidentale al leninismo. [...] Dopo di che, gli studiosi utilizzarono ampiamente il concetto facendo riferimento a questa tendenza.
Il marxismo occidentale ha tre elementi: la “sinistra” (fazione politica o corrente di pensiero); l’opposizione al leninismo (negazione al marxismo); e il non marxismo […]. Non è difficile da capire perché “marxismo occidentale” è spesso usato con le virgolette, senza le virgolette “marxismo occidentale” è spesso causa di confusione teorica.
In realtà Korsch, sostenitore attivo del leninismo, arrivò ad attaccare il leninismo (nel 1930 scrisse “Marxismo e filosofia”). Ma nel breve periodo di 10 anni ci furono numerosi cambiamenti poiché, durante l’Internazionale Comunista, l’opportunista leader del partito comunista italiano Bordiga costituì il gruppo di opposizione alla sinistra. […] Nel 1926, a causa del rifiuto di applicare le decisioni dell’Internazionale Comunista, Bordiga fu espulso dal partito. Per ragioni teoriche il pensiero di Korsch è sempre stato influenzato dal pensiero ideologico di Hegel13.
Allo stesso modo è Lukàcs, dopo la Rivoluzione d’ottobre, a dimostrare le tendenze della “sinistra”. Fu nel settembre del 1919, con il fallimento della Rivoluzione ungherese, che creò il “comunismo”, la rivista che durante l’Internazionale Comunista diffuse le posizioni ideologiche della “sinistra”. Egli fu anche simpatizzante della fazione italiana di “sinistra”, con i comunisti olandesi Pannekoek e Roland Holst, contrari alla linea dell’Internazionale Comunista. […] Come con Korsch, le prime idee di Lukàcs risentono molto dell’idealismo di Hegel14.
3. Gramsci e Lenin
Gramsci è completamente differente da Lucacs e Korsch. Dopo la rivoluzione d’ottobre partecipa al movimento operaio italiano, lotta con la fazione riformista del Partito socialista, è lodato da Lenin, e in seguito lotta contro l’opportunismo di Bordiga e attua la linea corretta e la politica dell’Internazionale Comunista. La vittoria della Rivoluzione Russa d’Ottobre e la dottrina di Lenin hanno avuto un’influenza decisiva sul pensiero di Gramsci.
Pratica rivoluzionaria di Gramsci e rivoluzione d’ottobre
Il 18 marzo 1917, dopo che la notizia dell’espulsione dello zar dal governo russo giunse in Italia, Gramsci venne attratto dallo slogan di Lenin “Tutto il potere al Soviet”. Gramsci, da aprile a luglio 1917, nel settimanale “La Voce del Popolo”, pubblicò una serie di articoli che rendevano omaggio a Lenin […]. Gramsci riteneva che la rivoluzione di febbraio fosse “solo un preludio della rivoluzione socialista e Lenin e i Bolscevichi rappresentano il proseguimento della rivoluzione”15, e che Lenin con le proprie idee fosse in grado di essere la forza trainante della storia, ispirata da una fonte inesauribile di energia.
Lenin e i suoi compagni bolscevichi erano convinti che il socialismo potesse essere realizzato in qualsiasi momento perché erano sostenitori dell’ideologia marxista, rivoluzionari, non evoluzionisti16.
È proprio per l’entusiasmo diffuso dal partito socialista di sinistra di Gramsci che la classe operaia italiana, guidata dal pensiero del partito bolscevico di Lenin, ha riposto le speranze in un cambiamento, dalla rivoluzione democratica borghese alla rivoluzione socialista. In questo modo, quando il governo provvisorio di Kerensky inviò i propri rappresentanti in Italia, Gramsci organizzò, il 13 agosto, una manifestazione di massa a Torino, con 40.000 dimostranti che gridavano a clamorosa voce lo slogan “Viva Lenin!”.
Ciò dimostrò che, già prima della Rivoluzione d’ottobre, Gramsci e il partito socialista erano fortemente attratti dal pensiero di Lenin.
La notizia della vittoria della Rivoluzione d’ottobre in Russia ha reso Gramsci consapevole che questo era l’evento della storia. Il 24 novembre, nell’editoriale “L’Avanti”, scrisse “La rivoluzione contro Il Capitale”. Egli scrisse: “la rivoluzione bolscevica [...] si oppone alla rivoluzione del “Il Capitale” di Marx” “Il Capitale” di Marx non è tanto il libro del proletariato in Russia, quanto il libro del capitale. Si discute criticamente una sorta di ineluttabilità del destino: in Russia, prima di pensare di combattere nel proletariato, di fare la rivoluzione di classe, si doveva conoscere una fase borghese, creare un’epoca capitalista e costruire una civiltà di tipo occidentale. Ma la realtà va oltre queste idee. I Bolscevichi, ripudiato Karl Marx, lavorarono per superare le regole del materialismo storico, un’azione non così inespugnabile come si sarebbe potuto immaginare17.
Chiaramente, Gramsci disse che la Rivoluzione fu una rivoluzione contro “Il Capitale” sbagliando, ma attraverso queste sentenze inesatte, non fu difficile trovare quello che si stava cercando di trasmettere: egli si era opposto al dogmatismo del “marxismo”, del determinismo volgare della Seconda Internazionale.
Una settimana dopo la rivista “Critica sociale” calunniò Gramsci, accusandolo di usare il volontarismo al posto del determinismo. Antonio Gramsci allora scrisse un articolo intitolato “Critica della critica”.
Egli sottolineò che la nuova generazione voleva tornare alla pura teoria di Marx, dove secondo questa dottrina gli esseri umani e la realtà, gli strumenti di produzione e la forza di volontà, non sono separati ma nella storia si influenzano reciprocamente e formano un tutt’uno. Essi credono che la guerra non ha distrutto il materialismo storico ma piuttosto ha cambiato il contesto storico. [...]
Questa stessa nuova condizione è l’economia, che trasforma il sistema di produzione, e l’educazione del proletariato è tenuta ad adeguarsi a questi fatti economici. Tale educazione è destinata a portare la dittatura in Russia18.
Attraverso i due articoli di cui sopra si può vedere il pensiero di Gramsci. Dopo la prima guerra mondiale ci furono grandi cambiamenti. Si sottolinea il ruolo principale dinamico svolto dalla più importante rivoluzione di ogni epoca precedente. Con la vittoria della Rivoluzione, Gramsci era convinto che il determinismo volgare non fosse una dottrina di emancipazione del proletariato ma una dottrina del non fare niente del proletariato, “sedersi e aspettare, in attesa di una buona opportunità”, la teoria dell’“inerzia”.
Gramsci credeva che il materialismo storico non fossero le leggi della natura, che separano la realtà dall’esistenza individuale, dalla volontà popolare, dalle attività sociali. Solo quando la coscienza di classe proletaria sarà determinata e impegnata a cambiare il mondo, con l’applicazione della pratica rivoluzionaria e lo sviluppo del materialismo storico, le leggi sociali saranno applicate.
Dal 1918 in poi Gramsci studiò le teorie di Lenin sull’“Imperialismo” e su “Stato e Rivoluzione”. Insieme con lo studio e l’approfondimento della Rivoluzione d’Ottobre sentì un urgente bisogno di creare un gruppo del Partito socialista influenzato dalla rivoluzione socialista […]. Gramsci in un primo momento fu segretario dell’ufficio di redazione e in un secondo momento fu il redattore capo di una rivista. Egli riteneva che le riviste dovessero esplorare gli aspetti teorici fondamentali per la classe operaia italiana, presentando il “programma specifico di rivoluzione”, una combinazione di esperienza sovietica dello studio della realtà sociale italiana […].
Il 21 giugno dello stesso anno la rivista “L’Ordine Nuovo” pubblicò un articolo di Gramsci e Togliatti: “Democrazia operaia“. L’articolo ricordava che “i paesi socialisti hanno il potenziale di esistere nelle istituzioni tipiche della vita sociale […] della classe operaia”. I socialisti dovrebbero essere nelle associazioni contadine, che lavorano attivamente per unirsi e armonizzarsi con i Consigli delle fabbriche. Ciò significa che si dovrebbe procedere alla creazione di una vera democrazia dei lavoratori e competere efficacemente con lo stato borghese, cioè essere un’alternativa globale per la futura gestione dello stato […]. Gramsci proponeva la lotta con lo slogan: “Potere ai consigli dei lavoratori e dei contadini di tutti i paesi!”.
Dall’agitazione di un obiettivo strategico democratico della classe operaia, Gramsci auspicava la trasformazione e la creazione dei consigli di fabbrica a Torino durante la grande guerra. Prima di tutto, suggeriva che il diritto di elezione di un consiglio di fabbrica venisse esteso a tutti i lavoratori: operai, impiegati, personale tecnico, purché attivamente coinvolti nel processo di produzione, indipendentemente dalle loro posizioni politiche e credenze religiose. I membri del consiglio dovevano avere il diritto di eleggere i loro propri delegati.
In secondo luogo, il consiglio di fabbrica doveva rompere i limiti imposti dai capitalisti, non doveva essere limitato alla firma dei contratti collettivi, in modo da salvaguardare i diritti dei lavoratori sul luogo di lavoro e in altri settori della lotta economica. In quanto organismo democratico dei lavoratori, il Consiglio di fabbrica doveva limitare i diritti dei capitalisti in fabbrica, l’esercizio di sanzioni ed eliminarne l’utilità, inevitabilmente rafforzando e sviluppando il regime delle istituzioni proletarie.
L’editoriale di Torino ebbe forti ripercussioni tra i lavoratori, sino a diventare un grido di battaglia profondamente radicato nei consigli di fabbrica. All’inizio di settembre del 1919 il primo consiglio di fabbrica Fiat venne eletto. In quell’autunno, il movimento del consiglio di fabbrica si sviluppò rapidamente, coinvolgendo più di 30.000 lavoratori. Il 3 dicembre il consiglio di fabbrica, in una sola ora, mobilitò un esercito di 120.000 operai, dimostrando pienamente la tremenda potenza di questo movimento.
Nel mese di aprile del 1920, gli operai delle fabbriche di Torino lottavano attraverso uno sciopero per controllare, attraverso il consiglio, la produzione. Nel mese di settembre occuparono le fabbriche. Gramsci, al fine di seguire l’esempio di Lenin, con le nuove direttive attuate dal Consiglio pose l’intero movimento al centro della lotta per l’egemonia. A causa dell’opportunismo e dell’opposizione del partito socialista e delle disparità con le forze nemiche a Torino, l’impatto dell’“Ordine Nuovo” fu limitato. Nel settembre 1920 lo sciopero generale dei lavoratori che portò all’occupazione della fabbrica fallì.
Dire che dai primi movimenti in fabbrica Gramsci elaborò il ruolo del partito proletario non è sufficiente (ma non bisogna pensare di ignorare questo problema, perché dall‘inizio Gramsci ha posto la creazione e lo sviluppo del Consiglio di fabbrica in connessione con la creazione e lo sviluppo “del gruppo comunista”). Il fallimento dello sciopero generale dei lavoratori di Torino migliorò la comprensione di questo problema […].
Per questo motivo Gramsci elaborò un progetto per il Comitato Nazionale del Partito Socialista al fine di riformare il partito socialista, indicando nove proposte, proponendo esplicitamente che “il partito deve essere fin dalla più tenera età un partito rivoluzionario“, in linea con i propri ideali, avere una strategia rigorosa, una disciplina di ferro, essere un partito unito. Rilasciò una dichiarazione dove indicava chiaramente che “la rivoluzione è necessaria per impadronirsi del potere politico”, e chiese perciò ai lavoratori e ai contadini proletari di essere pronti ad armarsi”19.
Nella lotta contro l’opportunismo delle fazioni di destra e di sinistra del Psi, Gramsci sviluppò il programma leninista “Programma del Partito Socialista, filiale di Torino”. La Posizione rivoluzionaria di Gramsci, elogiata da Lenin, era: “pienamente rispettosa dei principi fondamentali dell’Internazionale Comunista”20.
Il 21 gennaio del 1921 Gramsci con Togliatti ruppero con il partito socialista per fondare il Partito Comunista Italiano. Gramsci assunse l’incarico di segretario generale, guidando l’intero partito a criticare l’opportunismo di Bordiga, combinato ad un’ardua lotta contro il fascismo. Per riassumere, la guida leninista ebbe un forte impatto sulla pratica rivoluzionaria di Gramsci e in tutti gli aspetti principali delle sue attività.
Berlinguer, successivamente segretario generale del partito, sottolineò che Gramsci da Lenin apprese tre concetti principali. In primo luogo, tenendo conto dei fattori soggettivi, l’importanza decisiva dell’azione cosciente […], sottolineando il compito del movimento operaio di rompere la subordinazione ideologica e politica al capitalismo. In secondo luogo, Gramsci (NdT) elogiò l’organizzazione d’avanguardia del partito […]. In terzo luogo, sottolineò l’importanza primaria del problema della coalizione tra la classe operaia e un certo numero di forze sociali e politiche del sistema, dimostrando così la capacità di esercitare l’egemonia21.
L’egemonia del proletariato e la dittatura del proletariato
In un certo senso, senza il leninismo e la Rivoluzione d’ottobre non ci sarebbe la teoria dell’egemonia di Gramsci. Gramsci parlò molto della teoria dell’egemonia e sul grande contributo dato ad essa […] da Lenin. Scrisse: “grande teorico della moderna filosofia della prassi (con riferimento a Lenin) […] secondo cui la teoria dell’egemonia e gli aspetti culturali dell’egemonia sono stati sistematicamente riesaminati in opposizione alla dottrina economica meccanicistica ed al concetto di fatalismo. Si può anche affermare che la caratteristica essenziale della moderna filosofia della prassi è che la storia dell’egemonia è un concetto politico”22. Gramsci è stato molto chiaro dicendo che il leninismo è lo sviluppo del marxismo23.
In prigione, come capo proletario di un partito politico, Gramsci pensava alle ragioni che dopo la Rivoluzione d’ottobre portarono la Germania, l’Austria e altri paesi dalla rivoluzione socialista al fallimento, e alle ragioni dell’insorgere del fascismo in Italia. Questo aveva le caratteristiche del tessuto sociale dei paesi occidentali. Si proponeva una nuova strategia per la rivoluzione proletaria d’occidente: una “guerra di posizione”, e quindi la formazione della teoria della egemonia proletaria.
È interessante notare che alcuni studiosi occidentali hanno voluto sottolineare la contraddizione e le differenze tra Gramsci e Lenin. Sembra che l’attacco principale di Gramsci a Lenin fosse rivolto a una posizione sulla società civile, in modo che l’egemonia del proletariato dovesse sostituire la dittatura del proletariato. Ovviamente, questa è una grave distorsione del pensiero reale di Gramsci.
Già nel 1926, Antonio Gramsci scriveva: “i comunisti di Torino sottolinearono il problema dell’egemonia del proletariato, che è la questione fondamentale della dittatura del proletariato e dei lavoratori.”24. Vale a dire, Gramsci riteneva che le forme di stato dove vi era l’egemonia del proletariato erano le dittature del proletariato, l’egemonia del proletariato forniva le fondamenta per la dittatura del proletariato ed era evidente lo stretto legame tra i due.
Nel 1926, Gramsci sottolineava ancora “il compito della egemonia del proletariato e della dittatura del proletariato”25. Gramsci riteneva anche che: “solo nel momento in cui si realizzerà con successo il coinvolgimento della maggioranza dei lavoratori e del proletariato contro il capitalismo e contro lo Stato borghese, si potrà realizzare il sistema di alleanze di classe e si potrà formare la nuova classe dirigente”26. In questo caso, sottolineò Gramsci, il significato della dittatura del proletariato era l’alleanza tra i lavoratori e i contadini.
Allo stesso tempo indicava che il grande compito della rivoluzione proletaria era quello di distinguere tra “dominio“ e “egemonia”, tra “dittatura del proletariato” e “ egemonia del proletariato”. In realtà l’egemonia non è in contraddizione con la dittatura. Gramsci sosteneva che: “quando il proletariato riuscirà ad ottenere l’esercizio del potere nelle proprie mani diventando governante, allora dovrà continuare ad agire come leader “27.
In breve, il punto di vista di Gramsci nei confronti di una realtà particolare come quella dei paesi occidentali includeva che per l’emancipazione del proletariato la violenza non poteva essere la sola. Era contrario ad una dittatura senza una egemonia, ma non per questo sosteneva l’egemonia senza dittatura. A suo avviso, la classe borghese aveva distrutto il sistema di rappresentanza nei paesi democratici, che avrebbe dovuto essere sostituito dalla dittatura del proletariato.
È necessario notare che Gramsci in diverse occasioni utilizzò il concetto di “egemonia del proletariato”, per spiegare un concetto di cambiamento. Nella maggior parte dei casi, si riferisce all’egemonia culturale e all’ideologica del proletariato, ma a volte il discorso si estende anche al proletariato in campo economico, l’egemonia politica e culturale in vari campi e, quando entra a contatto con Lenin, si riferisce alla dittatura del proletariato. Così, la teoria di Gramsci dell’egemonia del proletariato è un’integrazione alla teoria ereditata da Lenin.
Gramsci prese in prestito i termini militari di “guerra di posizione” e “guerra di movimento”, immagine vivida di due diversi tipi di struttura sociale determinati da due diversi tipi di strategia rivoluzionaria. La guerra di posizione sostiene che, prima di annientare l’egemonia borghese e stabilire le giuste condizioni per decretare l’egemonia del proletariato, è necessario prendere il potere dello Stato.
Gramsci avvertì il proletariato occidentale di prestare attenzione allo sviluppo culturale e alla lotta ideologica che coinvolgeva i dirigenti, prima di diventare dei governanti. [...] Il pensiero sulla guerra di posizione elaborato da Gramsci è in contrasto con il pensiero di Lenin e Trotsky. Egli scrisse: “analizzando la teoria della rivoluzione permanente di Trotsky è necessario controllare se tale teoria è o no il riflesso politico della guerra di movimento. In definitiva, una nazione nella sua prima fase di sviluppo è negligente, non può ancora divenire una trincea e le condizioni economiche e sociali del Paese si riflettono sulla fortezza del Paese. In questo caso si può dire che Trotsky era un marxista occidentale e, inoltre, […], era un cittadino del mondo (apolide), vale a dire un marxista occidentale della superficie europea. Lenin invece è profondamente nazionale”28.
In contrasto con Trotsky, Lenin sosteneva che “[…] comprendere la necessità che la guerra diventi guerra di posizione, – era possibile solo in Occidente”, solo che Lenin non ebbe tempo di approfondire questo pensiero […]. Il compito fondamentale della nazione richiede comprensione per l’ambiente e per determinare quali elementi della società civile sono simili a trincee e fortificazioni29.
Gramsci è contro la Teoria del riflesso?
Ovviamente, non vi è alcuna base nella realtà per dire che Gramsci si discosta da Lenin. Dire che Gramsci è contro il leninismo è assurdo. Tuttavia alcuni studiosi occidentali, come ad esempio Colletti, insistono sul fatto che Gramsci e Lukàcs (lui stesso ha ammesso di essere contro la “Teoria del riflesso”), sono in contrapposizione con la Teoria del riflesso di Lenin, e che la loro filosofia è incompatibile con Lenin. In realtà, la filosofia di Gramsci è dello stesso ceppo di quella di Lenin.
Prima di tutto, Gramsci non può tollerare che la dialettica venga vista come una sorta di logica formale e venga separata dalla filosofia marxista. […]
Gramsci ha ripetutamente sottolineato che la dialettica è la logica e la teoria della conoscenza. Questo punto di vista è in accordo con la dialettica di Lenin: “dialettica, logica e epistemologia, sono tutti e tre identiche”. È esattamente lo stesso punto di vista.
In secondo luogo, Gramsci “appoggerà il materialismo storico”, sottolineando che il ruolo dinamico del processo di cognizione sarà la scelta principale dei bisogni, dei valori […].
Gramsci sottolineò il fatto che le persone conoscono solo se stesse, i loro interessi e i loro bisogni. […] L’esistenza oggettiva delle cose non esiste.
In sostanza, Gramsci [NdT] mira a correggere due o tre decenni improduttivi con la diretta osservazione, guardando se stesso allo specchio, come la Teoria del riflesso. Egli ha sottolineato che i fenomeni naturali non sono automaticamente in accordo con i sensi. Le persone stabiliscono delle relazioni con i cambiamenti naturali; e la pratica è strettamente connessa con le esigenze e gli interessi. […]. Le persone e gli animali sono completamente diversi, semplicemente [gli animali, NdT] prendono la parte del mondo che li circonda. Pertanto, in un certo senso, la coscienza delle persone è un tipo di intervento, un modo di scelta, la realtà oggettiva interpretata dalla scelta.
È vero che, quando Gramsci ha espresso alcuni concetti […] auspicando una “ipercorrezione”, l’impressione era di una Teoria del riflesso deviata. Ma riguardo la connessione tra Gramsci e la critica marxista Gramsci, in conclusione, avrebbe arricchito e perfezionato la teoria del riflesso.
Il Professore Camis nel novembre 1931 pubblicò in Italia in “Nuova Antologia” il proprio punto di vista secondo cui “parlando dei fenomeni infinitamente piccoli, non si possono considerare indipendenti dal soggetto che li osserva”, dicendo che “ancora una volta sollevare il problema dell’esistenza soggettiva dell’universo è stimolante”. Gramsci critica profondamente il pensiero di Camis che nega l’esistenza di un tale mondo oggettivo esterno. Egli chiese: “forse la materia vista al microscopio non è più materia realmente oggettiva, ma una creazione dello spirito umano che non esiste oggettivamente o empiricamente?”30.
Un’ulteriore analisi sulla natura fallace della dottrina della fede sostiene che, se si dice che “i micro fenomeni non possono essere indipendenti dall’osservazione e la loro esistenza dipende da essi” e perciò l’esistenza dipende dai principali “punti di vista”, il professore Camis dovrebbe pensare a questa domanda: “se si prevede che la scienza non esista più, significa che è diventata una sorta di giudice delle loro convinzioni personali e delle loro attività?”, e “se fosse vero che i fenomeni infinitamente piccoli non si possono considerare esistenti indipendentemente dal soggetto che li osserva, essi in realtà non sarebbero neppure osservati, ma creati, e cadrebbero nello stesso dominio della pura intuizione fantastica dell’individuo”.
Sarebbe anche da porsi la questione: “se lo stesso individuo può “due” volte creare (osservare) lo stesso fatto? Non sarebbe neppure “solipsismo”, ma semplicemente sarebbe demiurgia e stregoneria. Non i fenomeni (inesistenti) ma queste intuizioni fantastiche sarebbero allora oggetto di scienza, come le opere d’arte”31.
Chiaramente, Gramsci sostiene una scelta: la teoria del riflesso. Inutile dire che Lenin scrisse nel 1907 “Materialismo ed empiriocriticismo”, mirato principalmente (siamo agli inizi del XX secolo) alla Seconda Internazionale neo kantiana e all’esperienza delle tendenze idealiste del partito bolscevico. La critica, sottolineando la comprensione dell’obiettività, aderisce ai principi della teoria materialistica del riflesso. Va anche notato il sottotitolo del libro: “note critiche su una filosofia reazionaria” […].
La comprensione di alcuni limiti di questo capolavoro sarebbe utile. Ma non siamo d’accordo con alcuni studiosi occidentali, che negano completamente il suo punto di vista. Perché in questo libro Lenin mise esplicitamente in evidenza che “la vita dovrebbe essere l’epistemologia primaria e il fondamentale punto di vista” […]. Negli anni 1914-1916 Lenin scrisse “Hegel e la Logica”, un libro di sintesi, e parlò dei “problemi della dialettica” per compensare la critica e l’esperienza marxista e alcune lacune del materialismo. Pertanto, dire che la teoria di Lenin della conoscenza è di tipo meccanico come con Bukharin e Stalin, come in uno specchio, come la teoria del riflesso, è infondato. Così l’opposizione di Gramsci a Lenin è assolutamente ingiustificabile.
4 La “Filosofia della prassi” e il materialismo storico di Gramsci
Perry Anderson dice che “Gramsci è uno dei fondatori del marxismo occidentale”. Colletti, invece, sostiene che “Gramsci trasforma il marxismo con la filosofia di Hegel”. È proprio Colletti a sostenere che la filosofia di Gramsci fu fortemente influenzata da Croce, in opposizione al materialismo.
Gramsci vorrebbe trasformare il marxismo con l’idealismo?
Alcuni sostennero che “la filosofia della prassi” fu il tentativo di Gramsci di trasformare l’idealismo marxista, ma ciò è infondato, non è basato sui fatti. In realtà, la filosofia della prassi è frutto della cultura italiana, inserita dietro le sbarre del pensiero indipendente e della profonda comprensione del marxismo e del comunismo.
Gramsci sottolineò che il marxismo era il tentativo di trasformare il mondo, attraverso l’uso di una potente arma ideologica quale era, per il proletariato, questa metodologia scientifica. Egli, rispetto a molti grandi studiosi del marxismo con una semplice visione meccanica e superficiale del marxismo, sostenne che Marx era stato il creatore di una nuova visione del mondo.
Il marxismo è un’unica e nuova visione del mondo, rappresenta una coscienza storica nei tempi. Fino a che questi tempi non finiranno, sino a quando non ci sarà la completa eliminazione del capitalismo con l’insorgere del comunismo, il marxismo non diventerà obsoleto, non sarà superato. Durante gli anni ‘30 del XX secolo, durante particolari condizioni storiche, Gramsci impugnò il marxismo in termini reali (filosofia della prassi), sottolineando la necessità e l’urgenza di un “ritorno a Marx”.
Quindi la filosofia della prassi non è la trasformazione del marxismo, ma è una difesa del marxismo e del suo sviluppo. Gramsci sottolinea un unico punto: “A mio parere, la [….] filosofia della prassi ha trovato un carattere universale, una filosofia comune e, data la natura della sua scoperta, è opportuno che questi risultati vengano estesi a tutta la storia fino a creare una nuova visione del mondo”.
Coloro che hanno letto il preambolo di “Economia politica” si ricorderanno che Marx stesso ammise che le ricerche condotte a Parigi e a Bruxelles sull’economia politica riassumevano le regole del materialismo storico32.
Non solo, in riferimento alle tre fonti del marxismo, non credo che si debba assolutizzare Gramsci. Durante il lungo corso dello sviluppo storico, la filosofia della prassi si basava sul passato come tutte le culture: il Rinascimento e la Riforma, la filosofia tedesca e la Rivoluzione francese, il calvinismo, l’economia classica britannica, il liberalismo laico e moderno […]. Questa è filosofia e anche politica, questa è politica e anche filosofia. In altre parole, una volta che il pensiero armerà le masse, trasformerà la grande forza fisica per cambiare il mondo, così che “la filosofia sarà anche politica […]”33.
È in questo senso che Gramsci parlò del contributo dato da Lenin per lo sviluppo della filosofia della prassi. Qui non si vede l’influenza di Gramsci sul cosiddetto idealismo, e non si vede neppure la sua grande ambizione di trasformazione del marxismo con il pensiero hegeliano. Al contrario, possiamo vedere l’ampia visione di Gramsci, riconoscendone l’unicità, che afferma la ricchezza del marxismo […]34.
Gramsci, come leader del partito proletario rivoluzionario, è profondamente consapevole della filosofia marxista e delle nuove condizioni storiche distorte e della grave situazione di castrazione.
Così come la crescente influenza del marxismo è diventata una parte importante della cultura moderna, allo stesso modo anche gli idealisti non possono più ignorarla. Essi “non possono fare a meno di utilizzare ingredienti della filosofia della prassi al fine di rendere le proprie rivendicazioni non basate su un ordine debole […]”35.
In altre parole, solo alcuni dei contenuti della filosofia marxista sono stati manomessi e assorbiti dalla filosofia idealista. D’altro canto, il dogmatismo “ortodosso” nato dalle esigenze di lotta contro il trascendentismo religioso disseminato tra le masse, credeva che sino a quando il materialismo volgare non sarà sconfitto, il materialismo storico e la filosofia della prassi saranno equiparati36.
In considerazione di quanto detto negli anni ‘30 del XX secolo, la filosofia della prassi fu modificata in due importanti aspetti. Gramsci propose ai marxisti di combattere questa nuova situazione […]37.
[…] Se colleghiamo Gramsci con la lode di “Tesi su Feuerbach”di Marx, le critiche all’idealismo di Hegel e Croce, le critiche al materialismo volgare di Bukharin e Bordiga, sarà logico concludere che Gramsci è un marxista coerente.
Gramsci, nelle nuove condizioni storiche, persiste con la pratica di Marx e con il materialismo storico, e difende l’integrità del marxismo. È contrario a qualsiasi tendenza unilaterale, e a parlare di combinazione tra idealismo e materialismo. Marx stesso nei “Manoscritti filosofici ed economici del 1844” per la prima volta ha presentato la sua filosofia “diversa dall’idealismo ma anche diversa da quella del materialismo, la verità è che è allo stesso tempo la combinazione di entrambi”38.
Se si confrontano “Quaderni del carcere” di Gramsci con “Storia e coscienza di classe” di Lukàcs troviamo che, sebbene loro fossero successivi alle teorie rivoluzionarie dei paesi occidentali che fallirono dopo la rivoluzione d’ottobre, il loro orientamento era opposto: Lukàcs, sostenitore del ripristino del “Marxismo tradizionale di Hegel”, mostrava la tendenza marxista di Hegel; mentre Gramsci sottolineava come il marxismo fosse l’unico rappresentante della coscienza di quei tempi, una visione completamente nuova del mondo, al di là dell’espressione ideologica tradizionale.
Gramsci, analizzando il marxismo, vide due grandi pericoli: il materialismo meccanico, metafisico e volgare, e il nuovo idealismo. Per questo motivo, l’idea di Gramsci era scrivere una “Teoria anti-Croce“, con la ripresa della lotta contro l’idealismo tradizionale di Hegel.
Gramsci è contro il materialismo?
Come tutti i grandi pensatori della storia, anche Gramsci ha i suoi limiti e ben visibili si manifestano nel malinteso sul materialismo. Gramsci credeva che il materialismo e la metafisica fossero collegati, con “la diffusione del determinismo, del fatalismo, e della teoria della meccanica”; scriveva inoltre che la visione del mondo di Marx “non è mai stata chiamata materialismo”39.
Infatti Marx nella “Tesi su Feuerbach”, nell’ “Ideologia tedesca” e in altre opere, compì delle aspre critiche al vecchio materialismo, ma quando Gramsci disse che Marx “non ha mai chiamato la sua visione del mondo materialismo” non era coerente con i fatti. […]
Gramsci trascurò anche la concezione della materia del materialismo intuitivo, che venne posta alla pari del creazionismo religioso.
Va detto che le sue intenzioni e i punti di partenza erano giusti, ma le sue critiche non miravano ad un punto preciso. Se la nostra analisi venisse approfondita mostrerebbe che il reale pensiero di Gramsci è: separare la storia dalla pratica […]. Perché “la possibilità non è la realtà”, e l’inevitabilità storica solo attraverso l’attività rivoluzionaria del popolo può essere raggiunta. Tuttavia, l’iniziativa di lotta del determinismo volgare promuoveva “la bandiera rossa vincerà” come “una ghianda destinata a crescere in una quercia” con conseguente fallimento della lotta. […].
Bisogna fare attenzione: Gramsci non ha mai sollevato obiezioni verso il materialismo storico, al contrario lo ha molto lodato. Non era prevenuto contro il materialismo, bensì completamente disgustato dal vecchio materialismo volgare (meccanico, metafisico).
In generale, Gramsci non era contrario al materialismo. Dal punto di vista della natura, Gramsci ha sempre fortemente criticato la visione idealistica della natura. Ha sottolineato il ruolo rivoluzionario della pratica, non negando la priorità del mondo esterno: “Una certa persona nella società come una certa cosa nel mondo sono prioritari, e l’umano nella società esiste solo se il mondo esiste”.
È interessante notare che Gramsci nei “Quaderni del carcere”, in riferimento a Lukàcs (il fondatore del cosiddetto marxismo occidentale e il rappresentante ufficiale della “scuola hegeliana”) scriveva: “Lukàcs sembra pensare solo alla storia del genere umano, ed è incapace di parlare della dialettica della natura”. La sua premessa sul dualismo tra uomo e natura era sbagliata perché egli era caduto in una questione puramente religiosa.[…] Se la storia dell’umanità viene considerata come la storia della natura (anche attraverso la storia della scienza) come può la dialettica essere separata dalla natura? Lukàcs può essere opposto alla teoria del “materiale didattico popolare” (riferendosi a Bucharin e alla “teoria del materialismo storico”) […] 40.
Ovviamente, come i classici del marxismo, in Gramsci persiste la storia dell’umanità come un processo naturale storico del materialismo storico. Allo stesso tempo, Gramsci ha criticato Croce sull’idealismo storico dell’umanità che si fonde con la natura. Dal punto di vista della concezione della storia, [...] Gramsci dà risalto alle critiche allo “storicismo assoluto” di Croce (si prega di leggere la sezione successiva NdA). […].
Dall’Italia e da altri paesi occidentali comincia l’analisi della struttura sociale, le ricerche sulle cause dei fallimenti della rivoluzione proletaria nei paesi dell’Europa occidentale dopo la Rivoluzione d’Ottobre, e viene elaborata la teoria della egemonia di Gramsci. […] Va detto che Gramsci aderì alla linea pragmatica di “cercare la verità nei fatti”; è una teoria marxista della rivoluzione, centrata sulla realtà italiana.
Gramsci è contro il determinismo e l’importanza della struttura?
Gramsci sottolinea la teoria della storia di Croce e gli scritti teorici condotti in quel tempo (con riferimento alla fine del XIX secolo) forniscono ai due grandi movimenti revisionisti – Bernstein in Germania e Sorel in Francia – una potente arma ideologica41.
Nelle nuove condizioni storiche, Croce adatta le esigenze della borghesia contro il materialismo storico marxista, e sostiene lo sviluppo storico del pensiero sociale come la forza trainante della concezione idealistica della storia. Così, Gramsci ritiene che, al fine di difendere il materialismo storico, al fine di stabilire l’egemonia proletaria nel campo ideologico, è necessario liquidare lo “storicismo assoluto” di Croce.
Come Marx, Gramsci ha fortemente sottolineato la questione fondamentale di prendere il “concetto di frutta generale invece che di un frutto specifico”. Senza mezzi termini, Gramsci ha sottolineato che Croce […] separa il pensiero dall’essere, il soggettivo dall’oggettivo42.
[…] Analizzando Engels, la storia è pratica, mentre per Croce, il concetto di storia è ancora un concetto “speculativo”43. Il concetto di storia di Croce può essere chiamato “speculativo” e “filosofico”, invece che etico e politico. Questa concezione della storia è in contrasto con il materialismo storico e per questo motivo è “speculativa” e “filosofica”. Materialismo storico non significa eliminare la storia etico-politica, perché la storia etico-politca è collegata alla storia dell’egemonia, al contrario l’eliminazione della storia speculativa è uguale all’eliminazione di qualsiasi filosofia speculativa44.
Inoltre Gramsci, dei rapporti tra struttura e sovrastruttura, critica la speculazione dello “storicismo assoluto”. Egli ha sottolineato che il meccanismo storico dell’ideologia di Croce è quindi fuori dalla struttura. Croce sostiene l’esistenza indipendente della sovrastruttura, usa la sovrastruttura della storia al posto dei reali rapporti economici e delle relazioni di classe. In questo modo, con questa concezione diversa della storia, emergono le teorie della metafisica e della teologia. Gramsci scrisse: “La Filosofia della prassi è la concezione storicistica della realtà, che si è liberata da ogni residuo di trascendenza e di teologia, anche nella loro ultima incarnazione speculativa; lo storicismo idealistico crociano rimane ancora nella fase teologico- speculativa”45.
Croce disse che la categoria “economica” del marxismo è un “Dio Nascosto”: è la nuova metafisica (tutto con una spiegazione economica). Gramsci sottolineò che “la struttura (con riferimento alla struttura economica), considerata come la realtà in cui le relazioni sociali nel loro insieme perseguono lo stesso obiettivo globale, [e le relazioni sociali NdT] possono e devono essere usate come filologia”46. Gramsci ritiene che la struttura economica in sé è un processo storico, piuttosto che un collocamento di cose morte nella storia in modo astratto.
La critica di Benedetto Croce al marxismo riguarda la separazione dei rapporti tra la struttura e la sovrastruttura (dualismo teologico). Gramsci ha sottolineato come le accuse di Croce fossero infondate, perché il marxismo è intrinsecamente correlato, ed esamina l’interazione delle loro relazioni. L’accento marxista sullo sviluppo storico ha un ruolo decisivo, ma non abbandona e esclude le reazioni opposte della sovrastruttura sulla struttura. La filosofia della prassi non elimina la storia politica e l’etica morale […]47.
Gramsci ha fortemente sottolineato che Croce ne “La storia europea del XX secolo” ha ignorato la fase di lotta, la fase dell’economia, al fine di dimostrare che la storia della scena politica è una questione puramente etica, come se questa fase fosse caduta dal cielo48. […]
5. Gramsci è stato ingiustamente attaccato a causa del marxismo occidentale
Dal momento che Gramsci non è della fazione estrema di “sinistra”, non è mai stato contro il leninismo, per non parlare dell’idealismo marxista, allora ci si chiede perché i singoli studiosi occidentali hanno affermato che Gramsci fu il fondatore del marxismo occidentale o anche che fu il principale rappresentante della “scuola Hegeliana”.
A mio parere, è tutto in gran parte determinato dal loro orientamento politico. Ad esempio, nella “Quarta Internazionale” la “nuova sinistra” di Perry Anderson elogia in modo evidente Trotsky. Inoltre Giuseppe Tamburrano, il teorico del Partito Socialista Italiano, analizza Gramsci e dà una spiegazione del concetto di marxista occidentale accettando le restrizioni politiche imposte dal partito socialista. Anche Colletti, per esempio, alla metà degli anni ‘70 del XX secolo, ha dichiarato che la crisi “marxista” è iniziata, e ha criticato il marxismo [...].
In breve, Anderson e Colletti etichettano Gramsci come un marxista occidentale fuori dalle loro esigenze politiche, e pongono il marxismo contro il leninismo (talvolta in aperta opposizione, talvolta con slogan anti stalinisti). Marxista occidentale non è un concetto accademico in senso stretto. Per alcune fazioni di pensiero è un concetto di servizio.
È realistico affermare che Gramsci è stato considerato un marxista occidentale dai nostri singoli studiosi, in gradi diversi, a causa dell’impatto di Anderson e Colletti, ma principalmente a causa del complesso oggetto di studio, della mancanza di materiale di ricerca e di studio, e delle lacune nella metodologia di ricerca.
Leggendo “Quaderni del carcere”, si deve tener conto delle particolari condizioni di scrittura di Gramsci: un cattivo ambiente (il carcere, dove tutte le note venivano sottoposte al controllo delle autorità fasciste e c’era una grande carenza di dati di ricerca), un periodo di gestazione lungo (dal 1929 al 1935, intermittente, per un massimo di 7 anni), la malattia (regolare insonnia, febbre, confusione).
“Quaderni del carcere” è una delle opere di teoria marxista, per la sua grande lunghezza, ricca di contenuti e di profonda riflessione, di concetti innovativi, nonostante il linguaggio oscuro e la natura delle note (se isolate, con uno sguardo superficiale, si trovano delle incongruenze). Ma anche la letteratura marxista è piuttosto difficile da comprendere. […] “Finché ci saranno numerose scuole di socialismo, ci saranno altrettanti modi per rappresentare la bandiera di Gramsci”.
Il lavoro su Gramsci fu abbastanza buono […], nonostante solo un sesto delle opere originali sia stata tradotta [in Cina NdT]. Negli anni Ottanta e Novanta numerosi scritti sono stati pubblicati dalla Einaudi, […] ma non vi è mai stata nessuna traduzione in cinese. […]. Pertanto le traduzioni in inglese sono la base degli studi su Gramsci in Cina per gli studiosi cinesi. Ma le traduzioni in inglese hanno anche dei limiti, perché sono solo una piccola parte della versione originale.
Seguendo gli insegnamenti di Eco (noto semiologo italiano): “non si può fare una tesi su un autore straniero se questo autore non viene letto in originale”. Se si tratta di un poeta, questo problema non è evidente, ma molti credono che per una tesi su Kant, Freud o su Adam Smith sia necessaria una certa cautela. Ci sono tre ragioni: in primo luogo le opere di questi autori non hanno una traduzione e talvolta la mancanza di comprensione di un piccolo articolo può essere un ostacolo alla comprensione del loro pensiero e alla comprensione della formazione ideologica […]; in secondo luogo vedendo che la maggior parte dei libri di riferimento sono spesso scritti dall’autore in lingua, e anche se le opere dell’autore sono state tradotte, non necessariamente la traduzione è un capolavoro; infine, la traduzione non può essere completamente fedele al pensiero dell’autore.
Allo stesso tempo, scrivere una tesi significa riscoprire ciò che è stato scritto, e in vari modi si alterano le idee originali49.
In considerazione di queste ragioni oggettive, e quindi a causa di difetti delle metodologie di ricerca dei singoli studiosi, vi sono errori nella comprensione della teoria di Gramsci, in particolare nella valutazione del suo pensiero filosofico. [...] Per studiare l’eredità della teoria di Gramsci il modo giusto è: prendere il testo integrale con la pratica rivoluzionaria, combinare le originalità della teoria con le particolarità dell’epoca, combinare la filosofia (filosofia della prassi) con la teoria politica (teoria della egemonia); esaminare “Quaderni del carcere” e “Lettere dal carcere” e scritti giovanili. Solo attraverso arricchiti e completi materiali di ricerca una metodologia di ricerca è corretta. Una rigorosa ricerca scientifica nello studio dell’oggetto è necessaria per formulare giudizi precisi e imparziali.
Il presente saggio, di cui si presenta una traduzione quasi completa, è opera del lavoro di Simona Mocci e, in parte minore, di Enrico Lobina. Simona Mocci ha compiuto la traduzione dal cinese, mentre Enrico Lobina ha contribuito a rendere il lavoro il più intellegibile possibile. La traduzione di un testo di questo tipo dal cinese, infatti, implica sia una conoscenza molto approfondita della lingua cinese, sia una padronanza delle tematiche ideologiche e storiche che si trattano. Si è consapevoli, perciò, delle lacune del risultato che si presenta. Nel decidere di pubblicarlo pesa la presunzione di contribuire, in questo modo, all’avanzamento delle conoscenze in Italia sul tema della percezione di Antonio Gramsci in Cina.
Nel corpo del testo il simbolo […] rappresenta l’omissione di alcune o più parole, le quali esprimono concetti non fondamentali.
Note
1.         Predrag Vranicki, Storia del Marxismo, vol II, Editori Riuniti, Roma 1988, p. 191.
2.         D. Mclellan “Il marxismo dopo Marx”, Rivista di scienze sociali, Cina 1987, p. 62. In inglese: D. McLellan, Marxism after Marx, Palgrave Macmillan, New York 2007.
3.         Maria Luisa Righi (a cura di), Gramsci nel Mondo: atti del Convegno internazionale di studi gramsciani, Fondazione Istituto Gramsci, Roma 1995.
4.         AA.VV., ”Enciclopedia Cina”, volume 1 di filosofia, Enciclopedia della China Press, 1987, p. 46.
5.         AA.VV., “Dizionario del carattere Marxista”, China Radio e Televisione Press, anno 1989.
6.         Antonio Gramsci, Quaderni dal Carcere, Beijing, Renmin chubanshe, 1982, p .1.
7.         AA.VV., Antologia di Gramsci, Beijing, Renmin chubanshe, 1992.
8.         AA.VV., Storia della Filosofia Marxista, Capitolo 8, Beijing Press, 1996, p. 24.
9.         David McCellan, “Il Marxismo dopo Marx”, in Il marxismo dopo Marx e studi attuali sul problema marxista, “Rivista di scienze sociali”, Cina, 1987, p. 9.
10.      Perry Anderson, “Discussione sul Marxismo Occidentale”, Beijing, Renmin chubanshe, 1981, capitolo 36, p. 71.
11.      Huang Nansen, et al., Storia della filosofia marxista, Vol. 8, Beijing Press, 1996, pp. 98-99.
12.      AA.VV., Enciclopedia Britannica, Enciclopedia della China Press, 1987, p. 561.
13.      Liang Shufa, Storia del Marxismo, vol.3, Renmin chubanshe, Beijing 1996, pp. 233-234.
14.      Idem, pp. 196-220.
15.      Antonio Gramsci, Scritti Giovanili: 1914-1918, Einaudi, Torino 1975, p. 124.
16.      Idem, p. 24.
17.      Idem, p. 50.
18.      Idem, p. 55.
19.      Valentino Gerratana, Antonio A. Santucci (a cura di), Antonio Gramsci – L’ordine nuovo: 1919-1920, Einaudi, Torino 1987, pp. 513-514.
20.      Articoli scelti di Lenin, Renmin chubanshe, Beijing 1975, p. 305.
21.      L’Unità, 27 febbraio 1983.
22.      Antonio Gramsci, Lettere dal carcere, Beijing, Renmin chubanshe, 2007 p. 433.
23.      Antonio A. Santucci (a cura di), Antonio Gramsci Lettere 1908-1926, Einaudi, Torino 1999, p. 126.
24.      Franco De Felice, Valentino Parlato (a cura di), Antonio Gramsci – La Questione Meridionale, Editori Riuniti, Torino 1966 p. 13.
25.      Antonio A. Santucci (a cura di), Antonio Gramsci Lettere 1908-1926, Einaudi, Torino 1999, p. 460
26.      Franco De Felice, Valentino Parlato (a cura di), Antonio Gramsci – La Questione Meridionale, Editori Riuniti, Torino 1966 p. 13.
27.      Antonio Gramsci, Il Risorgimento, Editori Riuniti, Roma 1977, p. 170.
28.      Antonio Gramsci, Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno, Editori Riuniti, Roma 1977, pp. 82-83.
29.      Idem, p. 82.
30.      Idem, p. 60.
31.      Idem. p. 62-63.
32.      Idem, pp. 82-83.
33.      Idem, p. 47.
34.      Idem, pp. 104-105.
35.      Idem, p. 84.
36.      Idem, p. 71.
37.      Idem p. 84.
38.      Carlo marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Beijing, Renmin chubanshe, 1985, p. 124.
39.      Antonio Gramsci, Passato e presente, Editori Riuniti, Roma 1977, p. 196.
40.      Idem, p. 179.
41.      Antonio Gramsci, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Editori Riuniti, Roma 1977, p. 37.
42.      Antonio Gramsci, Lettere dal carcere, Beijing, Renmin chubanshe, 2007 p 428.
43.      Antonio Gramsci, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Editori Riuniti, Roma 1977 p. 287.
44.      Antonio Gramsci, Lettere dal Carcere, Beijing, Renmin chubanshe, 2007 p. 437.
45.      Antonio Gramsci, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Editori Riuniti , Roma 1977 p . 238.
46.      Idem, p. 235.
47.      Ibidem
48.      Antonio Gramsci, Lettere dal carcere, Beijing, Renmin chubanshe, 2007, p. 435.
49.      Umberto Eco, Come scrivere una tesi di laurea, Bompiani, Roma 2003, p. 42.
*TIAN SHIGANG -  GRAMSCI È UN MARXISTA OCCIDENTALE?
Tratto da CHINESE ACADEMY OF SOCIAL PHILOSOPHY, PECHINO, NOVEMBRE 2008, PP. 33-43
ENRICO LOBINA / SIMONAMOCCI
Traduzione di Simona Mocci