www.puntocritico.net
Tian Shigang è uno dei cinesi che meglio conosce Antonio
Gramsci. Sicuramente, tra gli studiosi cinesi di Gramsci, è
il più conosciuto in Italia. In questo saggio, datato 2008,
Tian torna su un tema su cui da più di due decenni gli
intellettuali cinesi dibattono: Gramsci è un marxista
occidentale?
Gli studi su Gramsci, in Cina, così come in altri paesi,
devono ancora raggiungere la maturità filologica. Nonostante
ciò, per natura e proporzioni della Repubblica Popolare
Cinese, questo saggio assume una importanza particolare. La Cina di
oggi infatti, pur nel suo sviluppo storico unico, può trovare
negli scritti di Antonio Gramsci molte risposta a dinamiche
politiche e sociali sino a qualche decennio sconosciute.
La traduzione che presentiamo, che nasce all’interno dei lavori
preparatori del convegno internazionale di studi “Gramsci in Asia e
in Africa” di Cagliari del 12-13 febbraio 2009, viene riproposta
anche negli atti del convegno per gentile concessione degli
organizzatori e della traduttrice.
Enrico Lobina, Simona Mocci
1. Gramsci creativo teorico marxista
L’Italia e gli studiosi occidentali non hanno riconosciuto Gramsci
come “marxista occidentale“. Nella “Enciclopedia d’Italia”,
nell’“Enciclopedia della filosofia” e nella “Enciclopedia
Britannica” si parla di Gramsci come di un attivista del movimento
operaio internazionale e un teorico marxista. Nell’ex Repubblica
Iugoslava il noto studioso della “storia del marxismo”, Predrag
Vranicki, scrisse: “Gramsci è un glorioso intellettuale
marxista, ma è anche il capo politico del proletariato”1.
McClellan, noto studioso britannico, in “Marx dopo il marxismo”
(1979) scriveva: “In aggiunta ai rivoluzionari russi, Gramsci negli
ultimi cinquanta anni è stato uno dei più originali
teorici marxisti. Il suo contributo [...] ha interessato tutto il
campo della scienza politica marxista”2.
In Italia, durante i convegni internazionali su Gramsci (1958, 1967,
1977, 1987, 1989, 1997, 2007) non vi è stata nessuna
discussione in merito alla relazione tra Gramsci e il “marxismo
occidentale”. Ad esempio, nel mese di ottobre 1989 si è
svolto a Formia, in Italia, un simposio internazionale dal titolo
“Gramsci nel mondo”, dove hanno partecipato oltre 50 studiosi da
più di 30 paesi di tutti i continenti (ho avuto l’onore di
essere stato invitato a partecipare NdR).
Essi hanno convenuto che, dopo la morte di Lenin, Gramsci è
stato uno dei teorici marxisti più ricchi e originali, che ha
svolto discussioni approfondite e uno studio esaustivo sui progressi
del mondo contemporaneo, uno studio contemporaneo del sociale, della
politica, della cultura e delle questioni religiose.
Il patrimonio delle teorie di Gramsci, in particolare la filosofia
della prassi e la teoria dell’egemonia, sia per l’Europa
occidentale, per il Nord America, per il Giappone e per altri paesi
sviluppati, sia per i paesi socialisti e per i paesi in via di
sviluppo, ha avuto un significato pratico3.
Gli studiosi Goliher e Zvonareva, della ex Unione Sovietica, hanno
condotto un’analisi sulle cause della scarsa importanza di Gramsci
nel periodo staliniano e post staliniano. Già nel 1926
Gramsci era contro Stalin e contro il regime del Partito Comunista
(Bolscevico), e negli anni ‘30 del XX secolo criticò la
filosofia e il sistema organizzativo del governo dell’Unione
Sovietica. Ciò dimostra che Gramsci tracciò una chiara
linea di distinzione con il modello sovietico “ortodosso” di
marxismo, piuttosto che con il marxismo tradizionale.
Lo studioso francese Thosel sottolineò che i marxisti
francesi, ispirati dalle critiche poste da Gramsci al dogmatismo
della Terza Internazionale, cercarono un’importante base teorica per
rettificare le strategie della rivoluzione socialista francese.
Althusser sottolineò che Gramsci non era solo un grande
comunista, ma anche un innovatore nel materialismo storico. Lo
studioso spagnolo Francisco Fernández Buey, così come
Maurin nel lontano 1933, sostenne che Gramsci fu “il principale
teorico marxista d’Italia”. Dopo la morte di Franco, Gramsci divenne
un autore venduto anche in Spagna, e i lettori ne discutevano e
commentavano le teorie marxiste.
Lo studioso brasiliano Coutinho sottolineò che il pensiero di
Gramsci dagli anni ‘80 del XX secolo fu ampiamente diffuso in
Brasile dalla sinistra brasiliana, principalmente come teorico e
politico marxista. Il partito comunista brasiliano cominciò
ad avvicinarsi al pensiero di Gramsci […] usando il concetto di
“nazional-popolare” per analizzare il problema culturale del
Brasile. Per analizzare la storia dello sviluppo intellettuale hanno
utilizzato il concetto di ”rivoluzione passiva”, capendo che “dai
livelli alti” si promuove il cambiamento dal capitalismo verso il
processo storico di transizione della modernizzazione.
Il segretario generale dell’Istituto di Sociologia araba Tahar Labib
sottolineò che, a partire dalla metà degli anni ‘70
del XX secolo, Gramsci diventò importante per il progresso
culturale arabo. Egli analizzò le ragioni che resero Gramsci
interessante nel mondo arabo, sostenendo che le idee di Gramsci
sottolineavano l’universalità e la peculiarità,
l’unità tra il carattere nazionale e il carattere
internazionale, che è “la natura peculiare dei paesi arabi”.
La teoria politica di Gramsci, in particolare il pensiero politico
di Gramsci verso la pratica rivoluzionaria, svolse un ruolo guida.
Nonostante il movimento comunista internazionale, durante la
disintegrazione dell’Unione Sovietica e i drastici cambiamenti
dell’Europa Orientale, avesse subito un calo destando
preoccupazione, il prestigio di Gramsci crebbe. Negli Stati Uniti,
nel 2000, in occasione della Quarta Conferenza sul marxismo, durante
il seminario sulla filosofia di Gramsci, molti dei partecipanti
parlarono di Gramsci marxista e del contributo eccezionale che diede
alla teoria marxista. Gli studiosi partecipanti alla conferenza
posero delle forti critiche al capitalismo mondiale, visto come la
forma fondamentale dell’integrazione globale, ritenendo
perciò necessario lo studio delle teorie ideologiche di
Gramsci, al fine di distruggere gli errori assoluti del capitalismo
[…]. Con ciò si dimostra l’inevitabilità storica dello
sviluppo del socialismo e lo sviluppo delle varie culture.
Va osservato che la teoria di Gramsci riflette il fatto che dopo la
rivoluzione d’ottobre in ogni paese d’Europa ci fu il fallimento
della rivoluzione proletaria, il dilagare del fascismo, e il
movimento comunista internazionale subì una battuta
d’arresto, per cui non è difficile capire il motivo per cui
all’inizio del secolo ancora una volta nel mondo si assiste al “caso
Gramsci”.
Precisamente vediamo che gli studiosi stranieri, le autorità
nazionali e le pubblicazioni su Gramsci sono sempre più
precise. Ad esempio, la “Enciclopedia della Filosofia della Cina”
definisce Gramsci come “il fondatore e leader del partito comunista
italiano”4. Ne “Il Dizionario marxista popolare“ Gramsci è
definito “il più famoso teorico marxista italiano. I suoi
scritti e le sue idee sulla storia […] sono state estremamente
feconde”5.
La Casa editrice del Popolo ha pubblicato “Quaderni del carcere”
(1983). La pubblicazione descrive Gramsci come “un combattente del
movimento internazionale dei lavoratori, un teorico marxista [...]
che dedica la sua vita alla lotta per la liberazione della classe
operaia. Lo scopo principale delle sue attività teoriche
è di esplorare la questione dell’egemonia del proletariato”6.
Nell’Antologia di Gramsci (1992) la prefazione afferma che “Gramsci
è il teorico della rivoluzione proletaria in Italia e applica
con reale impegno il marxismo-leninismo in Italia”7.
Nel mio paese (Cina NdT), il noto filosofo marxista e professore
Huang Nansen, capo redattore della “Filosofia della storia marxista”
(1996), nel vol. 8, capitolo IX, dell’ultimo volume della “Filosofia
marxista in Italia” (autore il professor Lu Xianggan), introdusse
Gramsci e la filosofia marxista come contributo alle scienze
politiche, affermando che Gramsci fu “uno dei più grandi
pensatori e filosofi marxisti”8.
Già nel 1987 il professor Yu Qiquan sottolineò che,
oltre alla linea principale di Marx-Engels-Lenin-Stalin e Mao
Zedong, ci sono altre linee di pensiero che uniscono Marx e Engels,
Labriola, Gramsci e Togliatti9. Il suo punto di vista (di Togliatti
NdA) è molto profondo. Il presidente dell’Istituto italiano
Gramsci Giuseppe Vacca disse: “Da Labriola a Gramsci, da Kautsky a
Lukàcs, sono due linee completamente distinte”.
2. Marxismo occidentale. Origine e contraddizioni intrinseche
Il concetto di “marxismo occidentale” è stato proposto per la
prima volta dal filosofo francese Merleau-Ponty nel 1955, nel
secondo capitolo intitolato “Il marxismo occidentale” del suo libro
“Le avventure della dialettica”.
Successivamente, nel 1976 uscì il volume su “La nuova
sinistra” di Perry Anderson, che migliorò e arricchì
il concetto di “marxismo occidentale”. Perry Anderson stabilì
per primo la lista dei 13 rappresentanti del “marxismo occidentale”
(di cui 3 sono in Italia: Gramsci, Della Volpe, Colletti), e ne
espose le caratteristiche.
Il fondatore e primo teorico del marxismo occidentale chiamò
Gramsci (come Lukàcs e Korsch) marxista occidentale
scrivendo: “Quaderni del carcere è la più grande opera
della tradizione del marxismo occidentale”10. Il concetto di
marxismo occidentale di Anderson è stato oggetto di molte
critiche formulate da numerosi studiosi occidentali. Ad esempio,
alcuni studiosi americani […] sostennero che il concetto di marxista
occidentale di Anderson era un concetto “trotzkista”.
Nel 1978 il teorico americano Wilhelm Wolff riassunse, in merito
alle caratteristiche fondamentali del “marxismo occidentale” di
Anderson, che “la teoria è separata dalla prassi”, sostenendo
che il campo di studio della politica e dell’economia sul fallimento
delle rivoluzioni europee, così come il “sentimento
pessimistico” della rivoluzione d’ottobre, portarono “a un
cambiamento di direzione” confutandone la filosofia.
Altri studiosi americani ebbero una visione radicalmente opposta
rispetto ad Anderson: elogiarono Gramsci come “un creativo
marxista”, e sostennero che la teoria di Gramsci costituiva una
“nuova teoria e strategia di sistema” nella storia del marxismo11.
Agli inizi degli anni ‘80 del XX secolo, il concetto di marxista
occidentale fu introdotto nel nostro Paese (Cina NdT) tra
virgolette, che in un secondo momento furono eliminate e infine
reinserite. Venti anni dopo, nonostante siano state fatte delle
integrazioni e delle modifiche, non si è ancora fuori dal
quadro e modello di Anderson. […]
Il marxismo occidentale di Anderson può semplicemente essere
riassunto come segue: “ ‘marxismo occidentale’ è un paniere
di ravanelli e cavoli tutti insieme, sotto la cui bandiera si
uniscono la sinistra, il centro e la destra, veri, falsi e anti
marxisti che cantano in coro”.
L’“Enciclopedia Britannica” al termine “marxismo”, nel secondo
capitolo (marxismo occidentale) sostiene che ci sono due forme
principali di marxismo occidentale. Una è quella tradizionale
marxista del Partito Comunista e l’altra è un’organizzazione
della “nuova sinistra”, conosciuta come “il marxismo occidentale”.
Marxismo occidentale può essere visto come una forma di
negazione del marxismo-leninismo12.
L’Enciclopedia Cinese definisce il concetto di “marxismo
occidentale” come un concetto dei paesi occidentali moderni, opposto
al leninismo.
Il concetto è apparso negli anni ‘20 del XX secolo,
inizialmente all’interno dell’Internazionale Comunista, con
un’inclinazione di sinistra. Ricevendo successivamente critiche da
parte dell’Internazionale Comunista, si sviluppò all’esterno
del partito […]. Più avanti, nel 1955, ritroviamo il concetto
nelle “Avventure della dialettica” di M. Merleau-Ponty, un libro
incentrato sull’opposizione del marxismo occidentale al leninismo.
[...] Dopo di che, gli studiosi utilizzarono ampiamente il concetto
facendo riferimento a questa tendenza.
Il marxismo occidentale ha tre elementi: la “sinistra” (fazione
politica o corrente di pensiero); l’opposizione al leninismo
(negazione al marxismo); e il non marxismo […]. Non è
difficile da capire perché “marxismo occidentale” è
spesso usato con le virgolette, senza le virgolette “marxismo
occidentale” è spesso causa di confusione teorica.
In realtà Korsch, sostenitore attivo del leninismo,
arrivò ad attaccare il leninismo (nel 1930 scrisse “Marxismo
e filosofia”). Ma nel breve periodo di 10 anni ci furono numerosi
cambiamenti poiché, durante l’Internazionale Comunista,
l’opportunista leader del partito comunista italiano Bordiga
costituì il gruppo di opposizione alla sinistra. […] Nel
1926, a causa del rifiuto di applicare le decisioni
dell’Internazionale Comunista, Bordiga fu espulso dal partito. Per
ragioni teoriche il pensiero di Korsch è sempre stato
influenzato dal pensiero ideologico di Hegel13.
Allo stesso modo è Lukàcs, dopo la Rivoluzione
d’ottobre, a dimostrare le tendenze della “sinistra”. Fu nel
settembre del 1919, con il fallimento della Rivoluzione ungherese,
che creò il “comunismo”, la rivista che durante
l’Internazionale Comunista diffuse le posizioni ideologiche della
“sinistra”. Egli fu anche simpatizzante della fazione italiana di
“sinistra”, con i comunisti olandesi Pannekoek e Roland Holst,
contrari alla linea dell’Internazionale Comunista. […] Come con
Korsch, le prime idee di Lukàcs risentono molto
dell’idealismo di Hegel14.
3. Gramsci e Lenin
Gramsci è completamente differente da Lucacs e Korsch. Dopo
la rivoluzione d’ottobre partecipa al movimento operaio italiano,
lotta con la fazione riformista del Partito socialista, è
lodato da Lenin, e in seguito lotta contro l’opportunismo di Bordiga
e attua la linea corretta e la politica dell’Internazionale
Comunista. La vittoria della Rivoluzione Russa d’Ottobre e la
dottrina di Lenin hanno avuto un’influenza decisiva sul pensiero di
Gramsci.
Pratica rivoluzionaria di Gramsci e rivoluzione d’ottobre
Il 18 marzo 1917, dopo che la notizia dell’espulsione dello zar dal
governo russo giunse in Italia, Gramsci venne attratto dallo slogan
di Lenin “Tutto il potere al Soviet”. Gramsci, da aprile a luglio
1917, nel settimanale “La Voce del Popolo”, pubblicò una
serie di articoli che rendevano omaggio a Lenin […]. Gramsci
riteneva che la rivoluzione di febbraio fosse “solo un preludio
della rivoluzione socialista e Lenin e i Bolscevichi rappresentano
il proseguimento della rivoluzione”15, e che Lenin con le proprie
idee fosse in grado di essere la forza trainante della storia,
ispirata da una fonte inesauribile di energia.
Lenin e i suoi compagni bolscevichi erano convinti che il socialismo
potesse essere realizzato in qualsiasi momento perché erano
sostenitori dell’ideologia marxista, rivoluzionari, non
evoluzionisti16.
È proprio per l’entusiasmo diffuso dal partito socialista di
sinistra di Gramsci che la classe operaia italiana, guidata dal
pensiero del partito bolscevico di Lenin, ha riposto le speranze in
un cambiamento, dalla rivoluzione democratica borghese alla
rivoluzione socialista. In questo modo, quando il governo
provvisorio di Kerensky inviò i propri rappresentanti in
Italia, Gramsci organizzò, il 13 agosto, una manifestazione
di massa a Torino, con 40.000 dimostranti che gridavano a clamorosa
voce lo slogan “Viva Lenin!”.
Ciò dimostrò che, già prima della Rivoluzione
d’ottobre, Gramsci e il partito socialista erano fortemente attratti
dal pensiero di Lenin.
La notizia della vittoria della Rivoluzione d’ottobre in Russia ha
reso Gramsci consapevole che questo era l’evento della storia. Il 24
novembre, nell’editoriale “L’Avanti”, scrisse “La rivoluzione contro
Il Capitale”. Egli scrisse: “la rivoluzione bolscevica [...] si
oppone alla rivoluzione del “Il Capitale” di Marx” “Il Capitale” di
Marx non è tanto il libro del proletariato in Russia, quanto
il libro del capitale. Si discute criticamente una sorta di
ineluttabilità del destino: in Russia, prima di pensare di
combattere nel proletariato, di fare la rivoluzione di classe, si
doveva conoscere una fase borghese, creare un’epoca capitalista e
costruire una civiltà di tipo occidentale. Ma la
realtà va oltre queste idee. I Bolscevichi, ripudiato Karl
Marx, lavorarono per superare le regole del materialismo storico,
un’azione non così inespugnabile come si sarebbe potuto
immaginare17.
Chiaramente, Gramsci disse che la Rivoluzione fu una rivoluzione
contro “Il Capitale” sbagliando, ma attraverso queste sentenze
inesatte, non fu difficile trovare quello che si stava cercando di
trasmettere: egli si era opposto al dogmatismo del “marxismo”, del
determinismo volgare della Seconda Internazionale.
Una settimana dopo la rivista “Critica sociale” calunniò
Gramsci, accusandolo di usare il volontarismo al posto del
determinismo. Antonio Gramsci allora scrisse un articolo intitolato
“Critica della critica”.
Egli sottolineò che la nuova generazione voleva tornare alla
pura teoria di Marx, dove secondo questa dottrina gli esseri umani e
la realtà, gli strumenti di produzione e la forza di
volontà, non sono separati ma nella storia si influenzano
reciprocamente e formano un tutt’uno. Essi credono che la guerra non
ha distrutto il materialismo storico ma piuttosto ha cambiato il
contesto storico. [...]
Questa stessa nuova condizione è l’economia, che trasforma il
sistema di produzione, e l’educazione del proletariato è
tenuta ad adeguarsi a questi fatti economici. Tale educazione
è destinata a portare la dittatura in Russia18.
Attraverso i due articoli di cui sopra si può vedere il
pensiero di Gramsci. Dopo la prima guerra mondiale ci furono grandi
cambiamenti. Si sottolinea il ruolo principale dinamico svolto dalla
più importante rivoluzione di ogni epoca precedente. Con la
vittoria della Rivoluzione, Gramsci era convinto che il determinismo
volgare non fosse una dottrina di emancipazione del proletariato ma
una dottrina del non fare niente del proletariato, “sedersi e
aspettare, in attesa di una buona opportunità”, la teoria
dell’“inerzia”.
Gramsci credeva che il materialismo storico non fossero le leggi
della natura, che separano la realtà dall’esistenza
individuale, dalla volontà popolare, dalle attività
sociali. Solo quando la coscienza di classe proletaria sarà
determinata e impegnata a cambiare il mondo, con l’applicazione
della pratica rivoluzionaria e lo sviluppo del materialismo storico,
le leggi sociali saranno applicate.
Dal 1918 in poi Gramsci studiò le teorie di Lenin
sull’“Imperialismo” e su “Stato e Rivoluzione”. Insieme con lo
studio e l’approfondimento della Rivoluzione d’Ottobre sentì
un urgente bisogno di creare un gruppo del Partito socialista
influenzato dalla rivoluzione socialista […]. Gramsci in un primo
momento fu segretario dell’ufficio di redazione e in un secondo
momento fu il redattore capo di una rivista. Egli riteneva che le
riviste dovessero esplorare gli aspetti teorici fondamentali per la
classe operaia italiana, presentando il “programma specifico di
rivoluzione”, una combinazione di esperienza sovietica dello studio
della realtà sociale italiana […].
Il 21 giugno dello stesso anno la rivista “L’Ordine Nuovo”
pubblicò un articolo di Gramsci e Togliatti: “Democrazia
operaia“. L’articolo ricordava che “i paesi socialisti hanno il
potenziale di esistere nelle istituzioni tipiche della vita sociale
[…] della classe operaia”. I socialisti dovrebbero essere nelle
associazioni contadine, che lavorano attivamente per unirsi e
armonizzarsi con i Consigli delle fabbriche. Ciò significa
che si dovrebbe procedere alla creazione di una vera democrazia dei
lavoratori e competere efficacemente con lo stato borghese,
cioè essere un’alternativa globale per la futura gestione
dello stato […]. Gramsci proponeva la lotta con lo slogan: “Potere
ai consigli dei lavoratori e dei contadini di tutti i paesi!”.
Dall’agitazione di un obiettivo strategico democratico della classe
operaia, Gramsci auspicava la trasformazione e la creazione dei
consigli di fabbrica a Torino durante la grande guerra. Prima di
tutto, suggeriva che il diritto di elezione di un consiglio di
fabbrica venisse esteso a tutti i lavoratori: operai, impiegati,
personale tecnico, purché attivamente coinvolti nel processo
di produzione, indipendentemente dalle loro posizioni politiche e
credenze religiose. I membri del consiglio dovevano avere il diritto
di eleggere i loro propri delegati.
In secondo luogo, il consiglio di fabbrica doveva rompere i limiti
imposti dai capitalisti, non doveva essere limitato alla firma dei
contratti collettivi, in modo da salvaguardare i diritti dei
lavoratori sul luogo di lavoro e in altri settori della lotta
economica. In quanto organismo democratico dei lavoratori, il
Consiglio di fabbrica doveva limitare i diritti dei capitalisti in
fabbrica, l’esercizio di sanzioni ed eliminarne l’utilità,
inevitabilmente rafforzando e sviluppando il regime delle
istituzioni proletarie.
L’editoriale di Torino ebbe forti ripercussioni tra i lavoratori,
sino a diventare un grido di battaglia profondamente radicato nei
consigli di fabbrica. All’inizio di settembre del 1919 il primo
consiglio di fabbrica Fiat venne eletto. In quell’autunno, il
movimento del consiglio di fabbrica si sviluppò rapidamente,
coinvolgendo più di 30.000 lavoratori. Il 3 dicembre il
consiglio di fabbrica, in una sola ora, mobilitò un esercito
di 120.000 operai, dimostrando pienamente la tremenda potenza di
questo movimento.
Nel mese di aprile del 1920, gli operai delle fabbriche di Torino
lottavano attraverso uno sciopero per controllare, attraverso il
consiglio, la produzione. Nel mese di settembre occuparono le
fabbriche. Gramsci, al fine di seguire l’esempio di Lenin, con le
nuove direttive attuate dal Consiglio pose l’intero movimento al
centro della lotta per l’egemonia. A causa dell’opportunismo e
dell’opposizione del partito socialista e delle disparità con
le forze nemiche a Torino, l’impatto dell’“Ordine Nuovo” fu
limitato. Nel settembre 1920 lo sciopero generale dei lavoratori che
portò all’occupazione della fabbrica fallì.
Dire che dai primi movimenti in fabbrica Gramsci elaborò il
ruolo del partito proletario non è sufficiente (ma non
bisogna pensare di ignorare questo problema, perché
dall‘inizio Gramsci ha posto la creazione e lo sviluppo del
Consiglio di fabbrica in connessione con la creazione e lo sviluppo
“del gruppo comunista”). Il fallimento dello sciopero generale dei
lavoratori di Torino migliorò la comprensione di questo
problema […].
Per questo motivo Gramsci elaborò un progetto per il Comitato
Nazionale del Partito Socialista al fine di riformare il partito
socialista, indicando nove proposte, proponendo esplicitamente che
“il partito deve essere fin dalla più tenera età un
partito rivoluzionario“, in linea con i propri ideali, avere una
strategia rigorosa, una disciplina di ferro, essere un partito
unito. Rilasciò una dichiarazione dove indicava chiaramente
che “la rivoluzione è necessaria per impadronirsi del potere
politico”, e chiese perciò ai lavoratori e ai contadini
proletari di essere pronti ad armarsi”19.
Nella lotta contro l’opportunismo delle fazioni di destra e di
sinistra del Psi, Gramsci sviluppò il programma leninista
“Programma del Partito Socialista, filiale di Torino”. La Posizione
rivoluzionaria di Gramsci, elogiata da Lenin, era: “pienamente
rispettosa dei principi fondamentali dell’Internazionale
Comunista”20.
Il 21 gennaio del 1921 Gramsci con Togliatti ruppero con il partito
socialista per fondare il Partito Comunista Italiano. Gramsci
assunse l’incarico di segretario generale, guidando l’intero partito
a criticare l’opportunismo di Bordiga, combinato ad un’ardua lotta
contro il fascismo. Per riassumere, la guida leninista ebbe un forte
impatto sulla pratica rivoluzionaria di Gramsci e in tutti gli
aspetti principali delle sue attività.
Berlinguer, successivamente segretario generale del partito,
sottolineò che Gramsci da Lenin apprese tre concetti
principali. In primo luogo, tenendo conto dei fattori soggettivi,
l’importanza decisiva dell’azione cosciente […], sottolineando il
compito del movimento operaio di rompere la subordinazione
ideologica e politica al capitalismo. In secondo luogo, Gramsci
(NdT) elogiò l’organizzazione d’avanguardia del partito […].
In terzo luogo, sottolineò l’importanza primaria del problema
della coalizione tra la classe operaia e un certo numero di forze
sociali e politiche del sistema, dimostrando così la
capacità di esercitare l’egemonia21.
L’egemonia del proletariato e la dittatura del proletariato
In un certo senso, senza il leninismo e la Rivoluzione d’ottobre non
ci sarebbe la teoria dell’egemonia di Gramsci. Gramsci parlò
molto della teoria dell’egemonia e sul grande contributo dato ad
essa […] da Lenin. Scrisse: “grande teorico della moderna filosofia
della prassi (con riferimento a Lenin) […] secondo cui la teoria
dell’egemonia e gli aspetti culturali dell’egemonia sono stati
sistematicamente riesaminati in opposizione alla dottrina economica
meccanicistica ed al concetto di fatalismo. Si può anche
affermare che la caratteristica essenziale della moderna filosofia
della prassi è che la storia dell’egemonia è un
concetto politico”22. Gramsci è stato molto chiaro dicendo
che il leninismo è lo sviluppo del marxismo23.
In prigione, come capo proletario di un partito politico, Gramsci
pensava alle ragioni che dopo la Rivoluzione d’ottobre portarono la
Germania, l’Austria e altri paesi dalla rivoluzione socialista al
fallimento, e alle ragioni dell’insorgere del fascismo in Italia.
Questo aveva le caratteristiche del tessuto sociale dei paesi
occidentali. Si proponeva una nuova strategia per la rivoluzione
proletaria d’occidente: una “guerra di posizione”, e quindi la
formazione della teoria della egemonia proletaria.
È interessante notare che alcuni studiosi occidentali hanno
voluto sottolineare la contraddizione e le differenze tra Gramsci e
Lenin. Sembra che l’attacco principale di Gramsci a Lenin fosse
rivolto a una posizione sulla società civile, in modo che
l’egemonia del proletariato dovesse sostituire la dittatura del
proletariato. Ovviamente, questa è una grave distorsione del
pensiero reale di Gramsci.
Già nel 1926, Antonio Gramsci scriveva: “i comunisti di
Torino sottolinearono il problema dell’egemonia del proletariato,
che è la questione fondamentale della dittatura del
proletariato e dei lavoratori.”24. Vale a dire, Gramsci riteneva che
le forme di stato dove vi era l’egemonia del proletariato erano le
dittature del proletariato, l’egemonia del proletariato forniva le
fondamenta per la dittatura del proletariato ed era evidente lo
stretto legame tra i due.
Nel 1926, Gramsci sottolineava ancora “il compito della egemonia del
proletariato e della dittatura del proletariato”25. Gramsci riteneva
anche che: “solo nel momento in cui si realizzerà con
successo il coinvolgimento della maggioranza dei lavoratori e del
proletariato contro il capitalismo e contro lo Stato borghese, si
potrà realizzare il sistema di alleanze di classe e si
potrà formare la nuova classe dirigente”26. In questo caso,
sottolineò Gramsci, il significato della dittatura del
proletariato era l’alleanza tra i lavoratori e i contadini.
Allo stesso tempo indicava che il grande compito della rivoluzione
proletaria era quello di distinguere tra “dominio“ e “egemonia”, tra
“dittatura del proletariato” e “ egemonia del proletariato”. In
realtà l’egemonia non è in contraddizione con la
dittatura. Gramsci sosteneva che: “quando il proletariato
riuscirà ad ottenere l’esercizio del potere nelle proprie
mani diventando governante, allora dovrà continuare ad agire
come leader “27.
In breve, il punto di vista di Gramsci nei confronti di una
realtà particolare come quella dei paesi occidentali
includeva che per l’emancipazione del proletariato la violenza non
poteva essere la sola. Era contrario ad una dittatura senza una
egemonia, ma non per questo sosteneva l’egemonia senza dittatura. A
suo avviso, la classe borghese aveva distrutto il sistema di
rappresentanza nei paesi democratici, che avrebbe dovuto essere
sostituito dalla dittatura del proletariato.
È necessario notare che Gramsci in diverse occasioni
utilizzò il concetto di “egemonia del proletariato”, per
spiegare un concetto di cambiamento. Nella maggior parte dei casi,
si riferisce all’egemonia culturale e all’ideologica del
proletariato, ma a volte il discorso si estende anche al
proletariato in campo economico, l’egemonia politica e culturale in
vari campi e, quando entra a contatto con Lenin, si riferisce alla
dittatura del proletariato. Così, la teoria di Gramsci
dell’egemonia del proletariato è un’integrazione alla teoria
ereditata da Lenin.
Gramsci prese in prestito i termini militari di “guerra di
posizione” e “guerra di movimento”, immagine vivida di due diversi
tipi di struttura sociale determinati da due diversi tipi di
strategia rivoluzionaria. La guerra di posizione sostiene che, prima
di annientare l’egemonia borghese e stabilire le giuste condizioni
per decretare l’egemonia del proletariato, è necessario
prendere il potere dello Stato.
Gramsci avvertì il proletariato occidentale di prestare
attenzione allo sviluppo culturale e alla lotta ideologica che
coinvolgeva i dirigenti, prima di diventare dei governanti. [...] Il
pensiero sulla guerra di posizione elaborato da Gramsci è in
contrasto con il pensiero di Lenin e Trotsky. Egli scrisse:
“analizzando la teoria della rivoluzione permanente di Trotsky
è necessario controllare se tale teoria è o no il
riflesso politico della guerra di movimento. In definitiva, una
nazione nella sua prima fase di sviluppo è negligente, non
può ancora divenire una trincea e le condizioni economiche e
sociali del Paese si riflettono sulla fortezza del Paese. In questo
caso si può dire che Trotsky era un marxista occidentale e,
inoltre, […], era un cittadino del mondo (apolide), vale a dire un
marxista occidentale della superficie europea. Lenin invece è
profondamente nazionale”28.
In contrasto con Trotsky, Lenin sosteneva che “[…] comprendere la
necessità che la guerra diventi guerra di posizione, – era
possibile solo in Occidente”, solo che Lenin non ebbe tempo di
approfondire questo pensiero […]. Il compito fondamentale della
nazione richiede comprensione per l’ambiente e per determinare quali
elementi della società civile sono simili a trincee e
fortificazioni29.
Gramsci è contro la Teoria del riflesso?
Ovviamente, non vi è alcuna base nella realtà per dire
che Gramsci si discosta da Lenin. Dire che Gramsci è contro
il leninismo è assurdo. Tuttavia alcuni studiosi occidentali,
come ad esempio Colletti, insistono sul fatto che Gramsci e
Lukàcs (lui stesso ha ammesso di essere contro la “Teoria del
riflesso”), sono in contrapposizione con la Teoria del riflesso di
Lenin, e che la loro filosofia è incompatibile con Lenin. In
realtà, la filosofia di Gramsci è dello stesso ceppo
di quella di Lenin.
Prima di tutto, Gramsci non può tollerare che la dialettica
venga vista come una sorta di logica formale e venga separata dalla
filosofia marxista. […]
Gramsci ha ripetutamente sottolineato che la dialettica è la
logica e la teoria della conoscenza. Questo punto di vista è
in accordo con la dialettica di Lenin: “dialettica, logica e
epistemologia, sono tutti e tre identiche”. È esattamente lo
stesso punto di vista.
In secondo luogo, Gramsci “appoggerà il materialismo
storico”, sottolineando che il ruolo dinamico del processo di
cognizione sarà la scelta principale dei bisogni, dei valori
[…].
Gramsci sottolineò il fatto che le persone conoscono solo se
stesse, i loro interessi e i loro bisogni. […] L’esistenza oggettiva
delle cose non esiste.
In sostanza, Gramsci [NdT] mira a correggere due o tre decenni
improduttivi con la diretta osservazione, guardando se stesso allo
specchio, come la Teoria del riflesso. Egli ha sottolineato che i
fenomeni naturali non sono automaticamente in accordo con i sensi.
Le persone stabiliscono delle relazioni con i cambiamenti naturali;
e la pratica è strettamente connessa con le esigenze e gli
interessi. […]. Le persone e gli animali sono completamente diversi,
semplicemente [gli animali, NdT] prendono la parte del mondo che li
circonda. Pertanto, in un certo senso, la coscienza delle persone
è un tipo di intervento, un modo di scelta, la realtà
oggettiva interpretata dalla scelta.
È vero che, quando Gramsci ha espresso alcuni concetti […]
auspicando una “ipercorrezione”, l’impressione era di una Teoria del
riflesso deviata. Ma riguardo la connessione tra Gramsci e la
critica marxista Gramsci, in conclusione, avrebbe arricchito e
perfezionato la teoria del riflesso.
Il Professore Camis nel novembre 1931 pubblicò in Italia in
“Nuova Antologia” il proprio punto di vista secondo cui “parlando
dei fenomeni infinitamente piccoli, non si possono considerare
indipendenti dal soggetto che li osserva”, dicendo che “ancora una
volta sollevare il problema dell’esistenza soggettiva dell’universo
è stimolante”. Gramsci critica profondamente il pensiero di
Camis che nega l’esistenza di un tale mondo oggettivo esterno. Egli
chiese: “forse la materia vista al microscopio non è
più materia realmente oggettiva, ma una creazione dello
spirito umano che non esiste oggettivamente o empiricamente?”30.
Un’ulteriore analisi sulla natura fallace della dottrina della fede
sostiene che, se si dice che “i micro fenomeni non possono essere
indipendenti dall’osservazione e la loro esistenza dipende da essi”
e perciò l’esistenza dipende dai principali “punti di vista”,
il professore Camis dovrebbe pensare a questa domanda: “se si
prevede che la scienza non esista più, significa che è
diventata una sorta di giudice delle loro convinzioni personali e
delle loro attività?”, e “se fosse vero che i fenomeni
infinitamente piccoli non si possono considerare esistenti
indipendentemente dal soggetto che li osserva, essi in realtà
non sarebbero neppure osservati, ma creati, e cadrebbero nello
stesso dominio della pura intuizione fantastica dell’individuo”.
Sarebbe anche da porsi la questione: “se lo stesso individuo
può “due” volte creare (osservare) lo stesso fatto? Non
sarebbe neppure “solipsismo”, ma semplicemente sarebbe demiurgia e
stregoneria. Non i fenomeni (inesistenti) ma queste intuizioni
fantastiche sarebbero allora oggetto di scienza, come le opere
d’arte”31.
Chiaramente, Gramsci sostiene una scelta: la teoria del riflesso.
Inutile dire che Lenin scrisse nel 1907 “Materialismo ed
empiriocriticismo”, mirato principalmente (siamo agli inizi del XX
secolo) alla Seconda Internazionale neo kantiana e all’esperienza
delle tendenze idealiste del partito bolscevico. La critica,
sottolineando la comprensione dell’obiettività, aderisce ai
principi della teoria materialistica del riflesso. Va anche notato
il sottotitolo del libro: “note critiche su una filosofia
reazionaria” […].
La comprensione di alcuni limiti di questo capolavoro sarebbe utile.
Ma non siamo d’accordo con alcuni studiosi occidentali, che negano
completamente il suo punto di vista. Perché in questo libro
Lenin mise esplicitamente in evidenza che “la vita dovrebbe essere
l’epistemologia primaria e il fondamentale punto di vista” […].
Negli anni 1914-1916 Lenin scrisse “Hegel e la Logica”, un libro di
sintesi, e parlò dei “problemi della dialettica” per
compensare la critica e l’esperienza marxista e alcune lacune del
materialismo. Pertanto, dire che la teoria di Lenin della conoscenza
è di tipo meccanico come con Bukharin e Stalin, come in uno
specchio, come la teoria del riflesso, è infondato.
Così l’opposizione di Gramsci a Lenin è assolutamente
ingiustificabile.
4 La “Filosofia della prassi” e il materialismo storico di Gramsci
Perry Anderson dice che “Gramsci è uno dei fondatori del
marxismo occidentale”. Colletti, invece, sostiene che “Gramsci
trasforma il marxismo con la filosofia di Hegel”. È proprio
Colletti a sostenere che la filosofia di Gramsci fu fortemente
influenzata da Croce, in opposizione al materialismo.
Gramsci vorrebbe trasformare il marxismo con l’idealismo?
Alcuni sostennero che “la filosofia della prassi” fu il tentativo di
Gramsci di trasformare l’idealismo marxista, ma ciò è
infondato, non è basato sui fatti. In realtà, la
filosofia della prassi è frutto della cultura italiana,
inserita dietro le sbarre del pensiero indipendente e della profonda
comprensione del marxismo e del comunismo.
Gramsci sottolineò che il marxismo era il tentativo di
trasformare il mondo, attraverso l’uso di una potente arma
ideologica quale era, per il proletariato, questa metodologia
scientifica. Egli, rispetto a molti grandi studiosi del marxismo con
una semplice visione meccanica e superficiale del marxismo, sostenne
che Marx era stato il creatore di una nuova visione del mondo.
Il marxismo è un’unica e nuova visione del mondo, rappresenta
una coscienza storica nei tempi. Fino a che questi tempi non
finiranno, sino a quando non ci sarà la completa eliminazione
del capitalismo con l’insorgere del comunismo, il marxismo non
diventerà obsoleto, non sarà superato. Durante gli
anni ‘30 del XX secolo, durante particolari condizioni storiche,
Gramsci impugnò il marxismo in termini reali (filosofia della
prassi), sottolineando la necessità e l’urgenza di un
“ritorno a Marx”.
Quindi la filosofia della prassi non è la trasformazione del
marxismo, ma è una difesa del marxismo e del suo sviluppo.
Gramsci sottolinea un unico punto: “A mio parere, la [….] filosofia
della prassi ha trovato un carattere universale, una filosofia
comune e, data la natura della sua scoperta, è opportuno che
questi risultati vengano estesi a tutta la storia fino a creare una
nuova visione del mondo”.
Coloro che hanno letto il preambolo di “Economia politica” si
ricorderanno che Marx stesso ammise che le ricerche condotte a
Parigi e a Bruxelles sull’economia politica riassumevano le regole
del materialismo storico32.
Non solo, in riferimento alle tre fonti del marxismo, non credo che
si debba assolutizzare Gramsci. Durante il lungo corso dello
sviluppo storico, la filosofia della prassi si basava sul passato
come tutte le culture: il Rinascimento e la Riforma, la filosofia
tedesca e la Rivoluzione francese, il calvinismo, l’economia
classica britannica, il liberalismo laico e moderno […]. Questa
è filosofia e anche politica, questa è politica e
anche filosofia. In altre parole, una volta che il pensiero
armerà le masse, trasformerà la grande forza fisica
per cambiare il mondo, così che “la filosofia sarà
anche politica […]”33.
È in questo senso che Gramsci parlò del contributo
dato da Lenin per lo sviluppo della filosofia della prassi. Qui non
si vede l’influenza di Gramsci sul cosiddetto idealismo, e non si
vede neppure la sua grande ambizione di trasformazione del marxismo
con il pensiero hegeliano. Al contrario, possiamo vedere l’ampia
visione di Gramsci, riconoscendone l’unicità, che afferma la
ricchezza del marxismo […]34.
Gramsci, come leader del partito proletario rivoluzionario, è
profondamente consapevole della filosofia marxista e delle nuove
condizioni storiche distorte e della grave situazione di
castrazione.
Così come la crescente influenza del marxismo è
diventata una parte importante della cultura moderna, allo stesso
modo anche gli idealisti non possono più ignorarla. Essi “non
possono fare a meno di utilizzare ingredienti della filosofia della
prassi al fine di rendere le proprie rivendicazioni non basate su un
ordine debole […]”35.
In altre parole, solo alcuni dei contenuti della filosofia marxista
sono stati manomessi e assorbiti dalla filosofia idealista. D’altro
canto, il dogmatismo “ortodosso” nato dalle esigenze di lotta contro
il trascendentismo religioso disseminato tra le masse, credeva che
sino a quando il materialismo volgare non sarà sconfitto, il
materialismo storico e la filosofia della prassi saranno
equiparati36.
In considerazione di quanto detto negli anni ‘30 del XX secolo, la
filosofia della prassi fu modificata in due importanti aspetti.
Gramsci propose ai marxisti di combattere questa nuova situazione
[…]37.
[…] Se colleghiamo Gramsci con la lode di “Tesi su Feuerbach”di
Marx, le critiche all’idealismo di Hegel e Croce, le critiche al
materialismo volgare di Bukharin e Bordiga, sarà logico
concludere che Gramsci è un marxista coerente.
Gramsci, nelle nuove condizioni storiche, persiste con la pratica di
Marx e con il materialismo storico, e difende l’integrità del
marxismo. È contrario a qualsiasi tendenza unilaterale, e a
parlare di combinazione tra idealismo e materialismo. Marx stesso
nei “Manoscritti filosofici ed economici del 1844” per la prima
volta ha presentato la sua filosofia “diversa dall’idealismo ma
anche diversa da quella del materialismo, la verità è
che è allo stesso tempo la combinazione di entrambi”38.
Se si confrontano “Quaderni del carcere” di Gramsci con “Storia e
coscienza di classe” di Lukàcs troviamo che, sebbene loro
fossero successivi alle teorie rivoluzionarie dei paesi occidentali
che fallirono dopo la rivoluzione d’ottobre, il loro orientamento
era opposto: Lukàcs, sostenitore del ripristino del “Marxismo
tradizionale di Hegel”, mostrava la tendenza marxista di Hegel;
mentre Gramsci sottolineava come il marxismo fosse l’unico
rappresentante della coscienza di quei tempi, una visione
completamente nuova del mondo, al di là dell’espressione
ideologica tradizionale.
Gramsci, analizzando il marxismo, vide due grandi pericoli: il
materialismo meccanico, metafisico e volgare, e il nuovo idealismo.
Per questo motivo, l’idea di Gramsci era scrivere una “Teoria
anti-Croce“, con la ripresa della lotta contro l’idealismo
tradizionale di Hegel.
Gramsci è contro il materialismo?
Come tutti i grandi pensatori della storia, anche Gramsci ha i suoi
limiti e ben visibili si manifestano nel malinteso sul materialismo.
Gramsci credeva che il materialismo e la metafisica fossero
collegati, con “la diffusione del determinismo, del fatalismo, e
della teoria della meccanica”; scriveva inoltre che la visione del
mondo di Marx “non è mai stata chiamata materialismo”39.
Infatti Marx nella “Tesi su Feuerbach”, nell’ “Ideologia tedesca” e
in altre opere, compì delle aspre critiche al vecchio
materialismo, ma quando Gramsci disse che Marx “non ha mai chiamato
la sua visione del mondo materialismo” non era coerente con i fatti.
[…]
Gramsci trascurò anche la concezione della materia del
materialismo intuitivo, che venne posta alla pari del creazionismo
religioso.
Va detto che le sue intenzioni e i punti di partenza erano giusti,
ma le sue critiche non miravano ad un punto preciso. Se la nostra
analisi venisse approfondita mostrerebbe che il reale pensiero di
Gramsci è: separare la storia dalla pratica […].
Perché “la possibilità non è la realtà”,
e l’inevitabilità storica solo attraverso l’attività
rivoluzionaria del popolo può essere raggiunta. Tuttavia,
l’iniziativa di lotta del determinismo volgare promuoveva “la
bandiera rossa vincerà” come “una ghianda destinata a
crescere in una quercia” con conseguente fallimento della lotta.
[…].
Bisogna fare attenzione: Gramsci non ha mai sollevato obiezioni
verso il materialismo storico, al contrario lo ha molto lodato. Non
era prevenuto contro il materialismo, bensì completamente
disgustato dal vecchio materialismo volgare (meccanico, metafisico).
In generale, Gramsci non era contrario al materialismo. Dal punto di
vista della natura, Gramsci ha sempre fortemente criticato la
visione idealistica della natura. Ha sottolineato il ruolo
rivoluzionario della pratica, non negando la priorità del
mondo esterno: “Una certa persona nella società come una
certa cosa nel mondo sono prioritari, e l’umano nella società
esiste solo se il mondo esiste”.
È interessante notare che Gramsci nei “Quaderni del carcere”,
in riferimento a Lukàcs (il fondatore del cosiddetto marxismo
occidentale e il rappresentante ufficiale della “scuola hegeliana”)
scriveva: “Lukàcs sembra pensare solo alla storia del genere
umano, ed è incapace di parlare della dialettica della
natura”. La sua premessa sul dualismo tra uomo e natura era
sbagliata perché egli era caduto in una questione puramente
religiosa.[…] Se la storia dell’umanità viene considerata
come la storia della natura (anche attraverso la storia della
scienza) come può la dialettica essere separata dalla natura?
Lukàcs può essere opposto alla teoria del “materiale
didattico popolare” (riferendosi a Bucharin e alla “teoria del
materialismo storico”) […] 40.
Ovviamente, come i classici del marxismo, in Gramsci persiste la
storia dell’umanità come un processo naturale storico del
materialismo storico. Allo stesso tempo, Gramsci ha criticato Croce
sull’idealismo storico dell’umanità che si fonde con la
natura. Dal punto di vista della concezione della storia, [...]
Gramsci dà risalto alle critiche allo “storicismo assoluto”
di Croce (si prega di leggere la sezione successiva NdA). […].
Dall’Italia e da altri paesi occidentali comincia l’analisi della
struttura sociale, le ricerche sulle cause dei fallimenti della
rivoluzione proletaria nei paesi dell’Europa occidentale dopo la
Rivoluzione d’Ottobre, e viene elaborata la teoria della egemonia di
Gramsci. […] Va detto che Gramsci aderì alla linea pragmatica
di “cercare la verità nei fatti”; è una teoria
marxista della rivoluzione, centrata sulla realtà italiana.
Gramsci è contro il determinismo e l’importanza della
struttura?
Gramsci sottolinea la teoria della storia di Croce e gli scritti
teorici condotti in quel tempo (con riferimento alla fine del XIX
secolo) forniscono ai due grandi movimenti revisionisti – Bernstein
in Germania e Sorel in Francia – una potente arma ideologica41.
Nelle nuove condizioni storiche, Croce adatta le esigenze della
borghesia contro il materialismo storico marxista, e sostiene lo
sviluppo storico del pensiero sociale come la forza trainante della
concezione idealistica della storia. Così, Gramsci ritiene
che, al fine di difendere il materialismo storico, al fine di
stabilire l’egemonia proletaria nel campo ideologico, è
necessario liquidare lo “storicismo assoluto” di Croce.
Come Marx, Gramsci ha fortemente sottolineato la questione
fondamentale di prendere il “concetto di frutta generale invece che
di un frutto specifico”. Senza mezzi termini, Gramsci ha
sottolineato che Croce […] separa il pensiero dall’essere, il
soggettivo dall’oggettivo42.
[…] Analizzando Engels, la storia è pratica, mentre per
Croce, il concetto di storia è ancora un concetto
“speculativo”43. Il concetto di storia di Croce può essere
chiamato “speculativo” e “filosofico”, invece che etico e politico.
Questa concezione della storia è in contrasto con il
materialismo storico e per questo motivo è “speculativa” e
“filosofica”. Materialismo storico non significa eliminare la storia
etico-politica, perché la storia etico-politca è
collegata alla storia dell’egemonia, al contrario l’eliminazione
della storia speculativa è uguale all’eliminazione di
qualsiasi filosofia speculativa44.
Inoltre Gramsci, dei rapporti tra struttura e sovrastruttura,
critica la speculazione dello “storicismo assoluto”. Egli ha
sottolineato che il meccanismo storico dell’ideologia di Croce
è quindi fuori dalla struttura. Croce sostiene l’esistenza
indipendente della sovrastruttura, usa la sovrastruttura della
storia al posto dei reali rapporti economici e delle relazioni di
classe. In questo modo, con questa concezione diversa della storia,
emergono le teorie della metafisica e della teologia. Gramsci
scrisse: “La Filosofia della prassi è la concezione
storicistica della realtà, che si è liberata da ogni
residuo di trascendenza e di teologia, anche nella loro ultima
incarnazione speculativa; lo storicismo idealistico crociano rimane
ancora nella fase teologico- speculativa”45.
Croce disse che la categoria “economica” del marxismo è un
“Dio Nascosto”: è la nuova metafisica (tutto con una
spiegazione economica). Gramsci sottolineò che “la struttura
(con riferimento alla struttura economica), considerata come la
realtà in cui le relazioni sociali nel loro insieme
perseguono lo stesso obiettivo globale, [e le relazioni sociali NdT]
possono e devono essere usate come filologia”46. Gramsci ritiene che
la struttura economica in sé è un processo storico,
piuttosto che un collocamento di cose morte nella storia in modo
astratto.
La critica di Benedetto Croce al marxismo riguarda la separazione
dei rapporti tra la struttura e la sovrastruttura (dualismo
teologico). Gramsci ha sottolineato come le accuse di Croce fossero
infondate, perché il marxismo è intrinsecamente
correlato, ed esamina l’interazione delle loro relazioni. L’accento
marxista sullo sviluppo storico ha un ruolo decisivo, ma non
abbandona e esclude le reazioni opposte della sovrastruttura sulla
struttura. La filosofia della prassi non elimina la storia politica
e l’etica morale […]47.
Gramsci ha fortemente sottolineato che Croce ne “La storia europea
del XX secolo” ha ignorato la fase di lotta, la fase dell’economia,
al fine di dimostrare che la storia della scena politica è
una questione puramente etica, come se questa fase fosse caduta dal
cielo48. […]
5. Gramsci è stato ingiustamente attaccato a causa del
marxismo occidentale
Dal momento che Gramsci non è della fazione estrema di
“sinistra”, non è mai stato contro il leninismo, per non
parlare dell’idealismo marxista, allora ci si chiede perché i
singoli studiosi occidentali hanno affermato che Gramsci fu il
fondatore del marxismo occidentale o anche che fu il principale
rappresentante della “scuola Hegeliana”.
A mio parere, è tutto in gran parte determinato dal loro
orientamento politico. Ad esempio, nella “Quarta Internazionale” la
“nuova sinistra” di Perry Anderson elogia in modo evidente Trotsky.
Inoltre Giuseppe Tamburrano, il teorico del Partito Socialista
Italiano, analizza Gramsci e dà una spiegazione del concetto
di marxista occidentale accettando le restrizioni politiche imposte
dal partito socialista. Anche Colletti, per esempio, alla
metà degli anni ‘70 del XX secolo, ha dichiarato che la crisi
“marxista” è iniziata, e ha criticato il marxismo [...].
In breve, Anderson e Colletti etichettano Gramsci come un marxista
occidentale fuori dalle loro esigenze politiche, e pongono il
marxismo contro il leninismo (talvolta in aperta opposizione,
talvolta con slogan anti stalinisti). Marxista occidentale non
è un concetto accademico in senso stretto. Per alcune fazioni
di pensiero è un concetto di servizio.
È realistico affermare che Gramsci è stato considerato
un marxista occidentale dai nostri singoli studiosi, in gradi
diversi, a causa dell’impatto di Anderson e Colletti, ma
principalmente a causa del complesso oggetto di studio, della
mancanza di materiale di ricerca e di studio, e delle lacune nella
metodologia di ricerca.
Leggendo “Quaderni del carcere”, si deve tener conto delle
particolari condizioni di scrittura di Gramsci: un cattivo ambiente
(il carcere, dove tutte le note venivano sottoposte al controllo
delle autorità fasciste e c’era una grande carenza di dati di
ricerca), un periodo di gestazione lungo (dal 1929 al 1935,
intermittente, per un massimo di 7 anni), la malattia (regolare
insonnia, febbre, confusione).
“Quaderni del carcere” è una delle opere di teoria marxista,
per la sua grande lunghezza, ricca di contenuti e di profonda
riflessione, di concetti innovativi, nonostante il linguaggio oscuro
e la natura delle note (se isolate, con uno sguardo superficiale, si
trovano delle incongruenze). Ma anche la letteratura marxista
è piuttosto difficile da comprendere. […] “Finché ci
saranno numerose scuole di socialismo, ci saranno altrettanti modi
per rappresentare la bandiera di Gramsci”.
Il lavoro su Gramsci fu abbastanza buono […], nonostante solo un
sesto delle opere originali sia stata tradotta [in Cina NdT]. Negli
anni Ottanta e Novanta numerosi scritti sono stati pubblicati dalla
Einaudi, […] ma non vi è mai stata nessuna traduzione in
cinese. […]. Pertanto le traduzioni in inglese sono la base degli
studi su Gramsci in Cina per gli studiosi cinesi. Ma le traduzioni
in inglese hanno anche dei limiti, perché sono solo una
piccola parte della versione originale.
Seguendo gli insegnamenti di Eco (noto semiologo italiano): “non si
può fare una tesi su un autore straniero se questo autore non
viene letto in originale”. Se si tratta di un poeta, questo problema
non è evidente, ma molti credono che per una tesi su Kant,
Freud o su Adam Smith sia necessaria una certa cautela. Ci sono tre
ragioni: in primo luogo le opere di questi autori non hanno una
traduzione e talvolta la mancanza di comprensione di un piccolo
articolo può essere un ostacolo alla comprensione del loro
pensiero e alla comprensione della formazione ideologica […]; in
secondo luogo vedendo che la maggior parte dei libri di riferimento
sono spesso scritti dall’autore in lingua, e anche se le opere
dell’autore sono state tradotte, non necessariamente la traduzione
è un capolavoro; infine, la traduzione non può essere
completamente fedele al pensiero dell’autore.
Allo stesso tempo, scrivere una tesi significa riscoprire ciò
che è stato scritto, e in vari modi si alterano le idee
originali49.
In considerazione di queste ragioni oggettive, e quindi a causa di
difetti delle metodologie di ricerca dei singoli studiosi, vi sono
errori nella comprensione della teoria di Gramsci, in particolare
nella valutazione del suo pensiero filosofico. [...] Per studiare
l’eredità della teoria di Gramsci il modo giusto è:
prendere il testo integrale con la pratica rivoluzionaria, combinare
le originalità della teoria con le particolarità
dell’epoca, combinare la filosofia (filosofia della prassi) con la
teoria politica (teoria della egemonia); esaminare “Quaderni del
carcere” e “Lettere dal carcere” e scritti giovanili. Solo
attraverso arricchiti e completi materiali di ricerca una
metodologia di ricerca è corretta. Una rigorosa ricerca
scientifica nello studio dell’oggetto è necessaria per
formulare giudizi precisi e imparziali.
Il presente saggio, di cui si presenta una traduzione quasi
completa, è opera del lavoro di Simona Mocci e, in parte
minore, di Enrico Lobina. Simona Mocci ha compiuto la traduzione dal
cinese, mentre Enrico Lobina ha contribuito a rendere il lavoro il
più intellegibile possibile. La traduzione di un testo di
questo tipo dal cinese, infatti, implica sia una conoscenza molto
approfondita della lingua cinese, sia una padronanza delle tematiche
ideologiche e storiche che si trattano. Si è consapevoli,
perciò, delle lacune del risultato che si presenta. Nel
decidere di pubblicarlo pesa la presunzione di contribuire, in
questo modo, all’avanzamento delle conoscenze in Italia sul tema
della percezione di Antonio Gramsci in Cina.
Nel corpo del testo il simbolo […] rappresenta l’omissione di alcune
o più parole, le quali esprimono concetti non fondamentali.
Note
1. Predrag Vranicki,
Storia del Marxismo, vol II, Editori Riuniti, Roma 1988, p. 191.
2. D. Mclellan “Il
marxismo dopo Marx”, Rivista di scienze sociali, Cina 1987, p. 62.
In inglese: D. McLellan, Marxism after Marx, Palgrave Macmillan, New
York 2007.
3. Maria Luisa Righi
(a cura di), Gramsci nel Mondo: atti del Convegno internazionale di
studi gramsciani, Fondazione Istituto Gramsci, Roma 1995.
4. AA.VV.,
”Enciclopedia Cina”, volume 1 di filosofia, Enciclopedia della China
Press, 1987, p. 46.
5. AA.VV.,
“Dizionario del carattere Marxista”, China Radio e Televisione
Press, anno 1989.
6. Antonio Gramsci,
Quaderni dal Carcere, Beijing, Renmin chubanshe, 1982, p .1.
7. AA.VV., Antologia
di Gramsci, Beijing, Renmin chubanshe, 1992.
8. AA.VV., Storia
della Filosofia Marxista, Capitolo 8, Beijing Press, 1996, p. 24.
9. David McCellan,
“Il Marxismo dopo Marx”, in Il marxismo dopo Marx e studi attuali
sul problema marxista, “Rivista di scienze sociali”, Cina, 1987, p.
9.
10. Perry Anderson, “Discussione sul
Marxismo Occidentale”, Beijing, Renmin chubanshe, 1981, capitolo 36,
p. 71.
11. Huang Nansen, et al., Storia della
filosofia marxista, Vol. 8, Beijing Press, 1996, pp. 98-99.
12. AA.VV., Enciclopedia Britannica,
Enciclopedia della China Press, 1987, p. 561.
13. Liang Shufa, Storia del Marxismo,
vol.3, Renmin chubanshe, Beijing 1996, pp. 233-234.
14. Idem, pp. 196-220.
15. Antonio Gramsci, Scritti
Giovanili: 1914-1918, Einaudi, Torino 1975, p. 124.
16. Idem, p. 24.
17. Idem, p. 50.
18. Idem, p. 55.
19. Valentino Gerratana, Antonio A.
Santucci (a cura di), Antonio Gramsci – L’ordine nuovo: 1919-1920,
Einaudi, Torino 1987, pp. 513-514.
20. Articoli scelti di Lenin, Renmin
chubanshe, Beijing 1975, p. 305.
21. L’Unità, 27 febbraio 1983.
22. Antonio Gramsci, Lettere dal
carcere, Beijing, Renmin chubanshe, 2007 p. 433.
23. Antonio A. Santucci (a cura di),
Antonio Gramsci Lettere 1908-1926, Einaudi, Torino 1999, p. 126.
24. Franco De Felice, Valentino
Parlato (a cura di), Antonio Gramsci – La Questione Meridionale,
Editori Riuniti, Torino 1966 p. 13.
25. Antonio A. Santucci (a cura di),
Antonio Gramsci Lettere 1908-1926, Einaudi, Torino 1999, p. 460
26. Franco De Felice, Valentino
Parlato (a cura di), Antonio Gramsci – La Questione Meridionale,
Editori Riuniti, Torino 1966 p. 13.
27. Antonio Gramsci, Il Risorgimento,
Editori Riuniti, Roma 1977, p. 170.
28. Antonio Gramsci, Note sul
Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno, Editori Riuniti,
Roma 1977, pp. 82-83.
29. Idem, p. 82.
30. Idem, p. 60.
31. Idem. p. 62-63.
32. Idem, pp. 82-83.
33. Idem, p. 47.
34. Idem, pp. 104-105.
35. Idem, p. 84.
36. Idem, p. 71.
37. Idem p. 84.
38. Carlo marx, Manoscritti
economico-filosofici del 1844, Beijing, Renmin chubanshe, 1985, p.
124.
39. Antonio Gramsci, Passato e
presente, Editori Riuniti, Roma 1977, p. 196.
40. Idem, p. 179.
41. Antonio Gramsci, Il materialismo
storico e la filosofia di Benedetto Croce, Editori Riuniti, Roma
1977, p. 37.
42. Antonio Gramsci, Lettere dal
carcere, Beijing, Renmin chubanshe, 2007 p 428.
43. Antonio Gramsci, Il materialismo
storico e la filosofia di Benedetto Croce, Editori Riuniti, Roma
1977 p. 287.
44. Antonio Gramsci, Lettere dal
Carcere, Beijing, Renmin chubanshe, 2007 p. 437.
45. Antonio Gramsci, Il materialismo
storico e la filosofia di Benedetto Croce, Editori Riuniti , Roma
1977 p . 238.
46. Idem, p. 235.
47. Ibidem
48. Antonio Gramsci, Lettere dal
carcere, Beijing, Renmin chubanshe, 2007, p. 435.
49. Umberto Eco, Come scrivere una
tesi di laurea, Bompiani, Roma 2003, p. 42.
*TIAN SHIGANG - GRAMSCI È UN MARXISTA OCCIDENTALE?
Tratto da CHINESE ACADEMY OF SOCIAL PHILOSOPHY, PECHINO, NOVEMBRE
2008, PP. 33-43
ENRICO LOBINA / SIMONAMOCCI
Traduzione di Simona Mocci