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Giustiniano I (lat. Flavius Petrus Sabbatius Iustinianus) imperatore
d'Oriente.
Nipote (Tauresium, presso Skoplje, 482 - Costantinopoli 565)
dell'imperatore Giustino I; di famiglia illirica romanizzata, il
1° apr. 527 fu adottato e associato al potere dallo zio e lo
stesso giorno sposò Teodora, donna di infima condizione, ma
di grande bellezza e intelligenza. Nell'agosto Giustino moriva e G.
gli succedeva sul trono. Uomo dalla forte personalità ed
energicamente coadiuvato dalla moglie, in politica interna ed estera
si applicò ad attuare un programma di restaurazione
imperiale.
Il primo passo fu rappresentato dalla riforma amministrativa e
fiscale, dalla pubblicazione delle Istituzioni, del Digesto e del
Codice (v. giustinianeo: Legislazione giustinianea), che diedero un
ordine alla legislazione e alla giurisprudenza romana, mentre nel
tentativo di dare all'Impero unità religiosa non esitò
a perseguitare i monofisiti e più tardi a venire ad aspro
contrasto coi pontefici romani (Agapito, Vigilio, Pelagio), troppo
restii ad accettare la sua politica di conciliazione a tutti i
costi.
Il complesso di riforme, colpendo abusi inveterati, suscitò
una reazione violenta, specie da parte della fazione dei Verdi,
monofisiti - l'altra degli Azzurri, ortodossa, era piuttosto
protetta da G. - sicché l'11 genn. 532, all'ippodromo,
scoppiò la rivolta di Nika, nella quale G., sul punto di
perdere il trono, fu salvato, oltre che dal fermo atteggiamento di
Teodora, dalle milizie di Belisario.
Consolidatosi all'interno, stretta una pace perpetua con Cosroe I di
Persia (532), che in tal modo gli copriva le spalle, G. si
applicò a restaurare l'autorità imperiale in
Occidente. Belisario nel 533-34 abbatté il regno dei Vandali
e ricondusse l'Africa settentr. entro i confini dell'Impero; subito
dopo fu intrapresa la guerra contro i Goti, la cui prima fase si
concluse nel 536 con la conquista di Ravenna. Ma l'aggravarsi della
situazione in Oriente (invasione di Unni in Balcania, 540; ripresa
delle ostilità contro la Persia) rese difficoltosa, per
l'insufficienza di rifornimenti, la ripresa della lotta di Belisario
contro i Goti che si erano riorganizzati sotto Totila (544). Fu
Narsete che, invadendo l'Italia dalla Dalmazia, la
riconquistò a Bisanzio (552).
G. riconquistò poi (554) la regione sud-orientale della
Spagna, ma in Oriente subì gravi rovesci per le continue
incursioni nei Balcani di Bulgari, Slavi e Unni (che nel 558 si
spinsero sino a Costantinopoli, devastandone i sobborghi) e per la
rottura della pace con Cosroe, che portò a una rovinosa
guerra durata cinque anni (540-45) e conclusasi poi con un
armistizio che, più volte rinnovato, condusse alla pace del
562.
Sicché in definitiva la politica di G., mentre riusciva in
Oriente a mantenere le posizioni anteriori, riacquistava all'Impero,
in Occidente, vaste regioni del Mediterraneo (Italia, Dalmazia,
Africa settentr., parte della Spagna), che tornava così ad
essere dominato, come un tempo da Roma, da Bisanzio.
Nel complesso si può dire che G. e Teodora intervennero in
ogni campo dando impulso a tutta la vita dell'Impero, sia pure a
prezzo di una dura disciplina e di gravi sacrifici finanziarî
imposti ai cittadini. Se la restaurazione in Occidente fu effimera e
la pace religiosa, che G. fermamente aveva tentato di realizzare,
non fu conseguita, esasperandosi anzi nel contrasto tra ortodossi e
monofisiti le ragioni di divisione tra Oriente e Occidente, la
legislazione e le insigni opere d'arte realizzate all'epoca sono da
considerarsi fra quelle che più hanno influito sullo sviluppo
della civiltà.
Dante (Par. VI) fa celebrare da lui il volo dell'aquila romana,
cioè l'unificazione politica del mondo affidata da Dio ai
Romani: unificazione religiosa, e cioè per la salvezza
universale, ma anche perché gli uomini potessero raggiungere,
sotto la guida d'un unico giusto principe, la felicità
terrena.