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Le Figaro è un quotidiano francese, il più longevo fra
quelli ancora in pubblicazione. Fu fondato nel 1826 sotto Carlo X;
prese il nome dal personaggio della trilogia di Beaumarchais (Le
nozze di Figaro, Il barbiere di Siviglia, La madre colpevole).
Storia
1826: Il cantante Maurice Alhoy ed il romanziere
Etienne Arago creano il 15 gennaio un settimanale satirico a Parigi.
Si presenta con un formato di quattro pagine, ed è pubblicato
con numerose interruzioni proprio a causa del suo carattere
satirico.
1833: la pubblicazione si interrompe, viene
rilanciata più volte ma è sempre un insuccesso.
aprile 1854: Hippolyte de Villemessant rilancia
l'impresa: il giornale è soprattutto parigino e letterario.
Riesce a circondarsi di giornalisti di talento e innovatori: crea
rubriche permanenti, in cui i lettori scrivono e si incontrano. La
rubrica Échos ("Echi"), che con aneddoti e indiscrezioni
regala al pubblico l'impressione di appartenere ad un insieme di
privilegiati messi in confidenza, è un vero successo.
1856: il successo del Figaro è tale che
Hippolyte de Villemessant decide di raddoppiare la sua frequenza: il
giornale esce mercoledi e domenica.
1863: esce un quotidiano concorrente, le Petit
Journal. Di conseguenza Villemessant crea l'Événement,
un altro quotidiano, lasciando uscire le Figaro due volte a
settimana. Le Petit Journal esce vincitore di questo confronto e
scompare l'Événement poco tempo dopo, a causa di un
articolo sul diritto dei poveri che non sarebbe stato apprezzato dal
governo di Napoleone III.
16 novembre 1866: Le Figaro diventa un quotidiano
ma evita immediatamente argomenti scottanti e quindi la censura. La
tiratura raggiunge le 56 000 copie, di cui 15 000 abbonati.
1867: esce il Figaro Littéraire et
Politique, dove Henri Rochefort riversa il suo talento satirico.
L'uscita di un giornale simile si spiega con la liberalizzazione
dell'Impero: Henri Rochefort va comunque vicino alla censura.
Hippolyte de Villemessant crea quindi un giornale per lui: La
Lanterne.
1871: il giornale prende posizione contraria alla
Comune di Parigi, che lo fa sopprimere. Il giornale riprende le sue
pubblicazioni solo quando questa è sconfitta. Le Figaro si
crea quindi un pubblico di aristrocratici e borghesi.
1875: Hippolyte de Villemessant lascia la guida a
Francis Magnard, che diventa il nuovo direttore.
17 aprile 1879: Le Figaro compare con una cornice
nera: Hippolyte de Villemessant è morto a Monte Carlo.
Alphonse Daudet e Gustave Flaubert lasciano una testimonianza della
perdita sentita in quel momento dal mondo letterario e politico.
18 settembre 1886: Jean Moréas pubblica su
Le Figaro il Manifesto del Simbolismo seguito dalla Risposta dei
simbolisti pubblicata da Gustave Kahn, su l'Événement
il 30 settembre 1886.
1897: l'Affare Dreyfus porta sulle colonne del
Figaro le prime reazioni di Émile Zola, che vi scrive tre
articoli prima della comparsa del celebre J'accuse tra le colonne
del giornale l'Aurore.
20 febbraio 1909: Filippo Tommaso Marinetti
pubblica su Le Figaro il primo Manifesto del futurismo.
16 marzo 1914: Gaston Calmette, direttore del
giornale, è assassinato da Henriette Caillaux, moglie del
ministro delle Finanze, precedentemente attaccato dal giornale.
1922: il giornale è comprato da
François Coty, che lo rinomina Figaro e lo lascia nel 1928
per L'Ami du peuple. François Coty è legato
all'estrema destra francese, in particolare alla milizia fascista
Solidarité française. Tra le due guerre mondiali il
giornale conserva uno spirito mondano; la rubrica Carnet du jour
esiste ancora adesso.
1929: Figaro ritorna Le Figaro. Compaiono le
prime parole crociate.
1934: Lucien Romier diventa direttore e Pierre
Brisson direttore letterario. Organizza una squadra brillante di
giornalisti, tra cui François Mauriac, Georges Duhamel, Jean
Giraudoux, Tristan Bernard e André Maurois. Compaiono le
prime fotografie.
1939: il giornale segue con ampi servizi le
guerre di Etiopia, la Seconda guerra sino-giapponese e la Guerra
civile spagnola. Il giornale subisce la censura ma continua a
comparire a Tours.
1940: Le Figaro si installa a Bordeaux,
Clermont-Ferrand e quindi Lione prima di subire gli effetti della
censura a causa di un editoriale di Pierre Brisson.
durante la seconda guerra mondiale, Le Figaro
è pubblicato a Lione nella zona libera fino all'occupazione
tedesca del 1942.
11 novembre 1942: Pierre Brisson decide di
chiudere il giornale e pubblica un editoriale che riesce ad arrivare
solo agli abbonati:
Les consignes
impératives qui viennent de nous parvenir ne nous permettent
plus de poursuivre notre tâche sans offenser nos sentiments
les plus intimes et sans trahir la confiance du public. Il s'agit de
mentir ou de se démettre. Notre choix est fait. Je remercie
les lecteurs de leur attachement, de leur compréhension, de
l'estime qu'ils marquent à ce journal fait par des hommes de
cœur dans des situations difficiles. Je leur donne l'assurance
qu'ils retrouveront au premier jour le Figaro, fidèle
à ses dévoirs et conforme à ses vœux
(Gli obblighi imperativi
che ci arrivano non ci permettono più di proseguire il nostro
lavoro senza offendere i nostri sentimenti più intimi e senza
tradire la fiducia del pubblico. Si tratta di mentire o dimettersi.
La nostra scelta è fatta. Ringrazio i lettori del loro
attaccamento, della loro comprensione, della stima che mostrano a
questo giornale fatto da uomini di cuore in situazioni difficili. Do
loro la certezza che ritroveranno appena possibile le Figaro, fedele
ai suoi doveri e conforme ai suoi desideri)
25 agosto 1944: Le Figaro ricompare a Parigi con
un editoriale di François Mauriac su Charles De Gaulle,
diventa il giornale dell' MRP, opposto ai comunisti e ai socialisti.
1945: la tiratura raggiunge le 213 000 copie.
1946: uscita del Littéraire, settimanale
gratuito e pubblicato in aggiunta al quotidiano. Riunisce Pierre
Brisson, Paul Claudel, Léon-Paul Fargue, Colette, Julien
Green.
1947: le Littéraire diventa le Figaro
Littéraire.
1950: la moglie di François Coty cede la
metà delle sue azioni ad un gruppo formato da Jean Prouvost,
che decide che non ci saranno più azionisti maggioritari.
1964: alla morte di Pierre Brisson, la moglie di
François Coty vende tutte le azioni.
1970: Jean Prouvost recupera il resto delle
azioni Coty e diventa azionario di maggioranza.
Nel 1975, il giornale è comprato da Robert
Hersant, direttore di un gruppo di periodici che aveva cominciato la
sua scalata dieci anni prima con la fusione di due giornali
regionali di Brive-la-Gaillarde, ed era stato nominato da quel
momento da Presse-Actualité come un "nuovo Axel Springer".
Il supplemento domenicale Le Figaro Magazine
è percepito come molto politico dal giornale satirico Le
Canard enchaîné che ne farà un anagramma
crudele: Le gai FroMage nazi (con un doppio significato: "il gaio
formaggio nazista" oppure: "il gaio Fro - probabilmente
abbreviazione derivata da Figaro - Mago Nazista").
Il 10 maggio 1981, con l'elezione di
François Mitterrand alla presidenza della repubblica, Le
Figaro diventa per la prima volta da anni un organo di opposizione,
con direttore Jean d'Ormesson. Louis Pauwels ha pubblicato
successivamente una raccolta di suoi articoli di quest'epoca con il
titolo La liberté guide mes pas (la libertà guida i
miei passi).
Intorno al 1982 avviene la fusione di Le Figaro e
l'Aurore, giornale socialista noto per la pubblicazione del J'accuse
di Émile Zola nel 1898 e quotidiano importante negli anni
1950-1970. Il nome di questo giornale compare ancora associato a
quello del Figaro.
Ottobre 2004: i sindacati si inquietano per
l'indipendenza del giornale, diretto ora da Nicolas Beytout e
Francis Morel.
2005: le Figaro cambia formato e lascia la rue du
Louvre per spostarsi in boulevard Haussmann.
*
Le Figaro est un journal français fondé en 1826 sous
le règne de Charles X. Il est à ce titre le plus
ancien quotidien français encore publié. Il a
été nommé d'après Figaro, le personnage
de Beaumarchais, dont il met en exergue la réplique :
«Sans la liberté de blâmer, il
n'est point d'éloge flatteur.»
Le Figaro est la propriété de l'industriel et
sénateur de l'Essonne, Serge Dassault via la
Société du Figaro, filiale de la Socpresse, dont
celui-ci est le président et unique actionnaire.
Sa ligne éditoriale est de droite ou de centre-droit, selon
le spectre politique français habituellement utilisé.
Présentation
Devise figurant à la une
« Sans la liberté de blâmer,
il n'est point d'éloge flatteur. »
—
Beaumarchais, Le Mariage de Figaro
Figaro est un des personnages de Beaumarchais, héros du
Barbier de Séville, du Mariage de Figaro et de la Mère
coupable.
Le Figaro comporte d'autres références au personnage
dont il tire son nom, comme « Figaro-ci, Figaro-là
», Le Barbier de Séville.
À une époque, cette devise fut remplacée par:
« Loué par ceux-ci, blâmé par
ceux-là, me moquant des sots, bravant les méchants, je
me presse de rire de tout… de peur d'être obligé d'en
pleurer... », puis la devise initiale fut restaurée, un
temps discrètement, puis de nouveau en première page
depuis la dernière maquette.
Ligne éditoriale
Le Figaro, d'après son directeur, se considère comme
un journal de droite et de centre-droit. Depuis 1986, le journal se
rapproche d’une formule plus proche de celle d’un « Washington
Post à la française », ce qui implique une
politique d'ouverture plus large.[réf. nécessaire] Le
journal est le point de jonction de plusieurs grands courants
d'idées ancrés à droite ou au centre-droit. Il
s'agit principalement du libéralisme classique ou
l'éclectisme libéral jumelé avec un
conservatisme social. Il est aussi souvent classé comme
gardien de l’éclectisme culturel de la droite
française par ses oppositions à la Commune de Paris,
au communisme, ou par ses sympathies gaullistes, ou encore par son
attachement au système républicain. L'un des slogans
de sa campagne publicitaire de 2005 était «en
matière d'économie nous sommes pour le
libre-échange. En matière d'idées aussi.»
En février 2012, un texte de la Société des
journalistes du Figaro dénonce la ligne éditoriale de
son journal, qu'elle considère comme étant un soutien
important aux différents gouvernements de droite qui se sont
succédé dans les années 2000. La
rédaction du Figaro est très attachée au
principe de protection des sources d'information des journalistes.
Historique du journal
Aîné de la presse française avec la Revue des
deux Mondes, Le Figaro fait partie des plus vieux journaux du monde.
Il naît en 1826 sous la forme d’un petit journal satirique,
devenu quotidien en 1866 sous l’impulsion d’Hippolyte de
Villemessant, il connaît son âge d'or à la Belle
Époque ; des chroniques littéraires aux petites
annonces, la bourgeoisie française et l'aristocratie
étrangère se reconnaît dans Le Figaro comme les
milieux populaires se retrouvent dans les colonnes des «quatre
grands» de l’époque. Le Figaro est ramené vers
le libéralisme modéré de la droite classique
par la reprise en main de Pierre Brisson qui fait du Figaro un
journal triomphant de la Libération. La
prospérité de la « maison Figaro »
accompagne celle des trente glorieuses : le Figaro reste le journal
qui a choyé de « grandes plumes ».
Le premier Figaro: un journal satirique atypique (1826-1854)
Le 15 janvier 1826 parait Le Figaro, un quotidien satirique à
Paris, sous l'impulsion d'un chansonnier, Maurice Alhoy, et d'un
écrivain et homme politique, Étienne Arago. Le
«journal satirique, spirituel et batailleur», est
baptisé du nom d'un personnage de Beaumarchais pour faire un
pied-de-nez à la censure monarchique. Il se présente
sous un format de quatre pages, petit-folio et est publié
avec de nombreuses interruptions. Parmi ses premiers
rédacteurs, on trouve Félix Davin, Léon Gozlan,
Auguste Jal, Jules Janin, Alphonse Karr, Nestor Roqueplan, George
Sand, Jules Sandeau. Le journal aux discours satiriques met le rire
et l’allusion politique afin de « faire la barbe » aux
royalistes. Comme l’épigraphe «La vérité,
quand même !...», mentionné en bas à
droite chaque fois dans les premiers numéros, qui est
particulièrement provocant car elle détourne le
«Vive le roi, quand même» des royalistes. De cette
façon, Le Figaro se pose subtilement en adversaire des
royalistes qui appuient Charles X et ses sympathies libérales
se confirment promptement.
Après la chute de Charles X, il accueille favorablement la
révolution de Juillet parce que le vieux titre a
contribué au renversement du régime. Son directeur
Victor Bohain y gagne alors une place de préfet. Le journal
garde cependant son indépendance d'esprit et, sous la
direction de Henri de Latouche, se montre ensuite très
critique envers la Monarchie de Juillet.
En 1832, les éléments républicains du vieux
titre étant neutralisés et écartés, Le
Figaro est racheté par les monarchistes pour contrer un front
satirique mené par La Caricature. Il perd son
inventivité satirique à cette occasion. Fin 1833,
jusqu'en 1854, l'«ancien Figaro» essuie neuf
échecs lors des différentes tentatives de relance.
Émile Gaboriau, auteur d'un ouvrage sur les premiers
«Figaro» en 1861, rappelle les raisons de ses
succès ou de ses échecs:
«Malheureusement pour le petit journal, les
causes de sa vogue sont aussi celles de sa décadence. Un jour
il ne donne plus juste la note de l’opinion, de ce moment il est
perdu. Lui, si fort pour démolir, il est impuissant à
édifier. L’essaie-t-il, il devient grotesque, ridicule
même. Il brille dans l’opposition ; mais qu’il passe au
pouvoir, il s’éteint et meurt»
Peut-être l'épilogue est-il pour ce quotidien de
devenir un journal respecté et de restaurer sa position
d’électron sur l’échiquier politique.
Résurrection du journal: Le Figaro de Villemessant
(1854-1879)
«Il avait fait deux fois faillite. Cela
peut arriver aux plus honnêtes. Il n’avait plus à
choisir qu’entre le suicide et la police correctionnelle. Il en
était à cette minute de suprême angoisse
où l’homme, qui se sent perdu, risque tout, même un
crime. Il risqua plus qu’un crime, il risqua Le Figaro.»
— Octave Mirbeau, Les Grimaces
En avril 1854, sous l'impulsion d'Hippolyte de Villemessant, Le
Figaro est repris. Le journal est surtout parisien et
littéraire. Hippolyte de Villemessant sait d'emblée
s'entourer de rédacteurs talentueux (Balzac, Charles
Baudelaire, Alexandre Dumas et les frères Goncourt) et innove
: il crée des rubriques permanentes, dans lesquelles les
lecteurs se retrouvent, et insère des brèves, une
rubrique nécrologique et un courrier des lecteurs. Il est
aussi l'instigateur de la rubrique «Échos», qui
fait le succès du journal, avec force calembours, anecdotes,
indiscrétions et potins, qui donnent aux lecteurs
l'impression d'appartenir à un public de
privilégiés mis dans la confidence. Le succès
du Figaro est tel qu'Hippolyte de Villemessant décide de
doubler sa fréquence de parution en 1856. Le journal
paraît alors le mercredi et le dimanche.
Des chroniques littéraires aux petites annonces, la
bourgeoisie française se reconnaît dans Le Figaro comme
les milieux populaires se retrouvent dans les colonnes des
«quatre grands» de l’époque. Le Figaro se
positionne aussi comme l’un des principaux journaux du monde
parisien. Ainsi Alphonse Daudet a écrit dans ses
célèbres Mémoires, en 1891, que le Figaro avait
«comme clients, le Tout-Paris, c’est-à-dire cet
infiniment petit morceau de Paris qui mène son train entre le
Gymnase et l’Opéra, Notre-Dame-de-Lorette et la Bourse, et
s’imagine exister seul : des coulissiers, des comédiens, des
journalistes ; sans compter la légion agitée,
affairée, des bons boulevardiers qui ne font rien».
Dans les années 1863, un concurrent quotidien apparaît
: Le Petit Journal. En réaction, Hippolyte de Villemessant
crée L'Événement, quotidien lui aussi, refusant
d'engager Le Figaro dans la bataille. Le Petit Journal sort
vainqueur de cette confrontation et L'Événement
disparaît peu de temps après, à la suite d'un
article sur le droit des pauvres, qui aurait déplu au
gouvernement de Napoléon III.
Le 16 novembre 1866, Le Figaro devient un quotidien. Il
connaît aussitôt du succès grâce à
des contenus variés et de qualité. À cette
époque, Le Figaro est l'un des premiers journaux à
publier des grands reportages réalisés sur place, en
France ou à l'étranger, par ses propres journalistes.
En effet, en imposant une complicité malicieuse entre
journaliste et lecteur, et une critique en matière de vie
culturelle, de la littérature (poésie, roman
naturaliste, théâtre), de la chronique mondaine
à la vie musicale (il organise même des concerts de
musique et au début des années 1920, Stravinsky
compose pour Le Figaro), le journal assume un véritable
magistère, pas seulement critique, mais également
créateur. Son style alerte et animé se démarque
aussi du style terne de la presse de l'époque. Le tirage
atteint alors les 56 000 exemplaires, dont 15 000 abonnés. Le
Figaro politique paraît en 1867. Il participe aux grandes
affaires politiques du XIXe siècle, dans lequel Henri
Rochefort laisse libre cours à son talent de satiriste.
L'appariton d'un tel journal s'explique par la libéralisation
de l'Empire. Cependant, Henri Rochefort frise la censure. Hippolyte
de Villemessant crée alors un journal pour lui : La Lanterne.
Lors de la Commune de Paris, le journal prend position contre
celle-ci. Il est le premier journal supprimé par la Commune,
mais reprend ses publications lorsque celle-ci est finalement
vaincue. Le Figaro se crée ainsi un public d'aristocrates et
de bourgeois.
Hippolyte de Villemessant se fait vieux et songe à l'avenir
du Figaro ; il passe le relais à Francis Magnard, qui devient
le directeur du journal.
Le 17 avril 1879, Le Figaro paraît encadré de noir :
Hippolyte de Villemessant est mort la veille à Monte-Carlo.
De nombreuses personnes se rendent à ses funérailles.
Des auteurs comme Alphonse Daudet ou Gustave Flaubert laissent un
témoignage de la perte alors ressentie par le monde
littéraire et politique.
Le Figaro et la Belle Époque: un journal entre deux France
(1879-1914)
La Belle Époque est l'âge d'or de la presse en France.
Après la loi sur la liberté de la presse du 29 juillet
1881, le journal bénéficie du développement
technique des machines de presse et de l'alphabétisation de
la population française. Les écrivains deviennent des
journalistes courtisés. Cette période marque
également l’introduction des suppléments, en
commençant en 1882 par le supplément
littéraire. En même temps, Le Figaro organise des
soirées littéraires. Cette initiative durera plus d’un
quart de siècle et réunit les premiers jeudis de
chaque mois un cercle étroit de privilégiés qui
prennent connaissance des nouveautés de la
littérature. Parallèlement, Le Figaro s’investit
vivement dans l’affaire de Panama. Le succès du Figaro se
confirme et ses tirages dépassent 80 000 exemplaires entre
1879 et 1895, ce qui en fait un titre majeur de la presse de la
période.
Le directeur du titre, Fernand de Rodays, est persuadé de
l'innocence de Dreyfus et laisse publier nombre d'articles en faveur
du capitaine Dreyfus. Le 14 novembre 1897 est publié le
dossier de Scheurer-Kestner qui présente le capitaine comme
une victime d’une erreur judiciaire. C'est aussi dans Le Figaro que
Mathieu Dreyfus, le frère d'Alfred Dreyfus, désigne
Ferdinand Walsin Esterhazy comme le vrai coupable. Le 11 novembre
1897, les deux pistes se rejoignent, à l'occasion d'une
rencontre entre Scheurer-Kestner et Mathieu Dreyfus. Ce dernier
obtient enfin la confirmation du fait qu'Esterházy est bien
l'auteur du bordereau. Le 15 novembre, sur ces bases, Mathieu
Dreyfus porte plainte auprès du ministère de la Guerre
contre Walsin-Esterházy.
Le mouvement dit dreyfusard, animé par Bernard Lazare,
Mathieu Dreyfus, Joseph Reinach et Auguste Scheurer-Kestner, est
né au sein de la rédaction du Figaro. Émile
Zola, informé mi-novembre 1897 par Scheurer-Kestner du
dossier, est convaincu de l'innocence de Dreyfus et s'engage
officiellement. Dans les colonnes du Figaro, Émile Zola
écrit trois articles avant la parution du
célèbre «J'accuse…!» dans les colonnes de
L'Aurore. Un des dessins les plus célèbres de
l'affaire est le raccourci que Caran d'Ache fit, le 14
février 1898, dans les colonnes du Figaro, d'une querelle
familiale concernant l'affaire Dreyfus pour illustrer la profonde
division de la société française à ce
sujet au tournant des XIXe siècle et XXe siècle
siècles. Par ailleurs, Anatole France et Zola sont les
principaux journalistes aux rubriques de critique littéraire
et artistique de cette époque pour le titre.
Gaston Calmette est nommé directeur du journal en 1902. Il
réorganise très vite Le Figaro: il rachète le
contrat d’impression et les machines de l’imprimerie, modernise
l’immeuble, amortit les dettes et réussit à faire
remonter les tirages par le retour à l’ancien programme du
journal «non politique» visant surtout des milieux
aristocratiques, «de la bourgeoisie la plus riche, du grand
commerce, de la haute industrie, de l’armée, de la
société étrangère la plus
élégante.»
En 1904, Le Figaro relaye les «fiches» des services
militaires (voir affaire des fiches). Cette opération de
fichage politique et religieux dans l'armée française
visait les officiers, généralement issus de familles
catholiques, qui ont été souvent écartés
des postes importants de l'armée quelquefois au profit de
carriéristes médiocres issus des loges ou de la
clientèle des partis de gauche.
À partir de 1908, Marcel Proust écrit un certain
nombre d'articles de presse dans Le Figaro (Pastiches et
mélanges) et il reprend même certains de ses articles
dans À la recherche du temps perdu. D'un autre
côté, plusieurs articles de politique
étrangère et sportives publiés en une du Figaro
par Pierre de Coubertin entre juillet 1902 et juillet 1906 (puis
réunis en 1909 chez Plon-Nourrit sous le titre Pages
d’histoire contemporaine), participent à convertir les
Français aux sports collectifs, selon le Daily Telegraph, le
Times, et le New York Herald Tribune.
Entre les lignes de front: les Années Folles et Le Figaro en
guerre (1914-1942)
Pour plaire à son lectorat mondain, Calmette va
jusqu’à publier les vices privés des personnages
politiques et le paie cher. En lançant la campagne de presse
contre Caillaux, celui-ci est sous la menace de publication de
lettres privées. Gaston Calmette, directeur du journal, est
alors assassiné le 16 mars 1914 par Henriette Caillaux, femme
du ministre des Finances, que le journal avait mis en cause dans une
campagne de presse, en autre d'avoir cumulé ses fonctions
politiques avec la présidence du conseil d'administration
d'une banque étrangère.
Cette période coïncide avec la censure durant la
Première Guerre mondiale. La censure est partout
réhabilitée au nom de l'intérêt national.
En France, elle prend la forme d’une loi du 4 août 1914,
votée dans l'urgence, interdisant tout article apte à
révéler des informations à l'ennemi, ou
à décourager les Français (notamment en
révélant la réalité des conditions de
vie au sein des tranchées). La Grande Guerre prive
temporairement Le Figaro de son identité mondaine et
littéraire. La direction suivante d’Alfred Capus et de Robert
de Flers n'apporte pratiquement pas de changements et en 1920,
à la suite d’un conflit interne, ils quittent Le Figaro.
Louis Latzarus pour la courte période en prend la
rédaction en chef.
Pendant l'entre-deux-guerres, le journal renoue avec son esprit
mondain, surtout dans ses chroniques, où la conversation
s'adresse à un public encore très féminin ;
seul en a subsisté de nos jours le Carnet mondain.
En 1922, le journal est racheté par le parfumeur
François Coty, qui le renomme Figaro et le délaisse en
1928 pour L'Ami du peuple. Figaro redevient Le Figaro en 1929, date
à laquelle les premiers mots croisés apparaissent. La
politique devient le sujet principal. Le parfumeur fait mener dans
son journal des campagnes contre les impôts et contre le
communisme international. Le ton populiste et antiparlementaire des
années Coty font perdre au journal les trois quarts de ses
lecteurs selon Patrick Eveno.
Coty est chassé du Figaro en 1933. Pierre Brisson reprend Le
Figaro en 1934 compromis par les sympathies fascistes de
François Coty, et devient directeur littéraire. Il
confie la direction du journal à Lucien Romier. Ils
constituent une brillante équipe de rédacteurs dont
François Mauriac, Georges Duhamel, Jean Giraudoux, Tristan
Bernard et André Maurois. Politiquement, Le Figaro retrouve
un ton modéré, le journal, qui se replie sur le
libéralisme et les journalistes «munichois sans
enthousiasme», s'oppose constamment dans les années
1930 au nazisme.
Les textes rédactionnels sont souvent accompagnés de
pages entières d’illustrations et les premières
photographies font en outre leur apparition dans le Figaro, qui les
utilise à ce moment-là abondamment. Grâce aux
efforts de la nouvelle équipe les tirages remontent : ils
atteignent 50.000 exemplaires en janvier 1936 et 80.000 en 193929.
Le quotidien couvre par de grands reportages les conflits de
l'époque, comme la guerre d'Éthiopie, la guerre
sino-japonaise ou la guerre d'Espagne.
À la veille de la guerre, le journal subit la censure. Sous
la plume de Maurice Noël apparaît pour la première
fois l’expression de la «drôle de guerre». Le
Figaro s'installe à Bordeaux en 1940 puis à
Clermont-Ferrand. Le Figaro est publié après coup
à Lyon en zone libre jusqu'à l'occupation allemande de
1942. À la suite des éditoriaux de Pierre Brisson, la
censure du Vichy, notamment de la part du ministère de
l’information, se fait plus pressante.
Pierre Brisson décide dans ces conditions d’arrêter le
journal le 11 novembre 1942 et publie un éditorial dont la
parution est empêchée sauf pour les abonnés :
«Les consignes impératives qui
viennent de nous parvenir ne nous permettent plus de poursuivre
notre tâche sans offenser nos sentiments les plus intimes et
sans trahir la confiance du public. Il s'agit de mentir ou de se
démettre. Notre choix est fait. Je remercie les lecteurs de
leur attachement, de leur compréhension, de l'estime qu'ils
marquent à ce journal fait par des hommes de cœur dans des
situations difficiles. Je leur donne l'assurance qu'ils retrouveront
au premier jour Le Figaro, fidèle à ses devoirs et
conforme à ses vœux.»
Le Figaro libéré et triomphant après la
Libération (1944-1975)
Développement du quotidien
À la Libération, Le Figaro reparaît à
Paris avec un éditorial de François Mauriac sur
Charles de Gaulle (le 25 août 1944). Il est confronté
aux débats sur les modalités de l’épuration. Il
devient ainsi le journal du MRP face aux communistes et aux
socialistes.
Aidé par Maurice Noël, Pierre Brisson relance en avril
1946 un hebdomadaire littéraire. Publié en dehors du
quotidien, Le Littéraire (Le Littéraire devient Le
Figaro Littéraire en 1947) est créé en
réponse à la mainmise du parti communiste
français sur de nombreux journaux culturels et pour
défendre la théorie de l’art pour l’art face à
l’engagement idéologique et politique des intellectuels.
L’hebdomadaire a alors défendu des écrivains critiques
du communisme ou transfuges du bloc de l'Est (Arthur Koestler,
Victor Kravtchenko). Le Littéraire ou Le Figaro
Littéraire a réuni différents écrivains
ou intellectuels, tels que Paul Claudel, Léon-Paul Fargue,
Colette, Julien Green, Rousset, Rougemont, etc. Le Figaro
littéraire se présente comme défenseur des
valeurs culturelles de la droite française.
Pierre Brisson ramène Le Figaro vers le libéralisme
modéré de la droite classique. C'est lui qui attire
Raymond Aron (2 300 articles fournis).
À l'avènement de la Ve République,
l'hostilité de Pierre Brisson contre le RPF cesse et il se
rallie à De Gaulle. Pierre Brisson décède en
1964. La femme de François Coty vend toutes ses actions la
même année. Jean Prouvost récupère le
reste des actions Coty et devient ainsi l'actionnaire majoritaire du
journal.
C'est durant cette période (1948-1975) que se
développent les «concours de plage du Figaro»
qui, à leur apogée, prennent une dimension
internationale. Le concours était organisé dans un
grand nombre de stations balnéaires, en trois
catégories, selon l'âge des concurrents. Dans chaque
catégorie, concouraient les enfants nés durant une
période de trois années consécutives. Par
exemple, en 1962, année des XVe jeux32, les catégories
correspondaient aux enfants nés en 1948 à 1950 (3e),
1951 à 1953 (2e) et 1954 à 1956 (1e catégorie).
Outre ces trois catégories, il existait une catégorie
«adultes». Il y avait au départ cinq concours de
châteaux de sable par an. Ce nombre s’est ensuite
réduit et un concours de peinture a été
ajouté. On ne pouvait gagner le 1er prix qu’une fois par
saison. Une fois gagné ce 1er prix, on était
«Hors-concours» pour le 1er prix. Pour chacun des cinq
concours, les vainqueurs concouraient ensuite, sur photo, à
un classement au niveau national, généreusement
doté de cadeaux.
Le fleuron de l'empire Hersant : un journal dans la tourmente
(1975-2004)
En 1975, le journal est racheté par Robert Hersant, directeur
d'un groupe de publications périodiques qui avait
commencé son ascension dix ans plus tôt en fusionnant
deux journaux régionaux de Brive-la-Gaillarde, et avait
dès ce moment été remarqué par le
magazine Presse-Actualité comme un éventuel
«nouvel Axel Springer». Le journal est acheté,
pour la somme de 7,3 millions de francs qu’il a payé en
plusieurs fractions, dont la dernière n'a été
réglée qu'en décembre 1976.
Robert Hersant est alors le directeur politique du journal et impose
pour les positions-clefs ses proches et amis : son fils Jacques
Hersant devient le codirecteur de la publication, son autre fils
Michel Hersant est membre du conseil de surveillance, dont le
président est André Audinot, proche collaborateur de
Robert Hersant. N’étant pas «un homme à
transiger sur l’exercice du pouvoir», Robert Hersant se
sépare d’un groupe des journalistes. Parmi eux, le
vice-président du directoire Jean Griot, le président
de la Société des rédacteurs Denis Perier
Daville, un membre du conseil de surveillance Maurice Tillier,
plusieurs rédacteurs en chef, chefs des services, chefs de
rubrique, rédacteurs. De même, Jean d’Ormesson quitte
son poste du directeur général, mais accepte une
chronique régulière dans le nouveau supplément,
le Figaro-Magazine.
Le supplément du week-end Le Figaro Magazine, lancé en
1978, est violemment attaqué par la gauche (Le Canard
enchaîné l'appelle Le gai FroMage nazi, anagramme
très polémique), en raison selon eux de la
présence de nombreuses plumes proches de l'extrême
droite intellectuelle, bien que l’influence de la Nouvelle Droite
sur la ligne du magazine ne soit pas démontrée.
Robert Hersant rachète dans ce début des années
1980 ce qui subsiste du groupe Boussac : le quotidien L'Aurore. Le
nom de ce journal, puissant dans les années 1950-1970, figure
toujours associé à celui du Figaro. En 1985, L'Aurore
est en effet complètement intégré dans Le
Figaro. Ce titre survit aujourd'hui dans celui de l'édition
sans supplément du samedi Le Figaro - L'Aurore.
À l’approche des élections de 1986, Le Figaro appelle
à l’élection de Jacques Chirac, puis pendant la
cohabitation et les deux campagnes présidentielles suivantes,
Le Figaro, tirant la conclusion des critiques de la partie la plus
libérale et centriste et la plus jeune de son public,
souhaite se rapprocher d’une formule plus proche de celle d’un
«Washington Post à la française» ou celle
de l'époque de Pierre Brisson, ce qui implique une ouverture
politique plus large. Le pluralisme est le bienvenu au sein de la
rédaction. La place allouée aux vues libérales
devient peu à peu supérieure à celle
réservée aux idées conservatrices.
Si l’équipe de Max Clos continue toujours la ligne politique
d’un quotidien libéral, soutenue surtout par Franz-Olivier
Giesbert qui «fait la chasse aux idées à
l’emporte-pièces», son but est de créer un
journal «avec des bonnes idées de tous les
jours», bourré d’informations et où les faits
seront séparés des opinions. Giesbert veut contourner
de cette façon l’impasse qui sépare aujourd’hui le
journaliste de l’information. Celui qui se rend sur les lieux pour y
faire lui-même les enquêtes nécessaires. Pour
Giesbert «le journalisme consiste à sortir des
informations… Et non pas à attendre que la
dépêche de l’agence tombe, pour préparer son
petit commentaire».
Le 13 juillet 1998, Le Figaro publie pour la première fois
une Une en couleurs à l'occasion de la victoire
française en finale lors du Coupe du monde de football 1998.
Le 29 novembre 1999, Jean de Belot succède à
Franz-Olivier Giesbert à la direction de la rédaction.
Avec les Grands Débats, le journal entame une des phases
d'ouverture idéologique et fait venir dans ses colonnes des
signatures nouvelles. La diffusion progresse alors même que le
journal est offert gratuitement sur le net.
Le Figaro aujourd'hui: l'arrivée du groupe Dassault (2004-)
En juin 2004, le groupe Dassault (GIMD) est autorisé à
prendre le contrôle de la Socpresse, maison mère du
Figaro. En octobre, l'inquiétude des syndicats sur
l'indépendance du journal est vive alors que Serge Dassault
remanie la direction du journal, en licenciant Jean de Belot. Le
Figaro est désormais dirigé par Nicolas Beytout et
Francis Morel.
Le Figaro quitte le 37 rue du Louvre pour s'installer au 14
boulevard Haussmann le 19-21 août 2005.
Le 3 octobre 2005, Le Figaro change de format pour la
première fois depuis plus de trente ans. Le titre
apparaît désormais dans un cartouche bleu. En outre, au
cahier économie créé en 1985, vient s'ajouter
un cahier loisirs intitulé Et nous. Cette nouvelle formule
est officiellement censée permettre à l'entreprise de
proposer à la vente davantage d'espaces publicitaires en une
et en quatrième de couverture.
Nicolas Beytout quitte la direction du Figaro et rejoint le
pôle médias de LVMH. Certains journalistes y voient la
raison des tensions qui ont opposé la rédaction
à son directeur depuis son arrivée. Le grand reporter
Patrick de Saint-Exupéry, parle de «blocages
permanents» de la part de Nicolas Beytout.
Étienne Mougeotte devient alors directeur des
rédactions du groupe Figaro en novembre 2007. Il est
secondé par Jean-Michel Salvator à la direction du
quotidien. En février 2008, un plan d'économies de 12
millions d'euros est annoncé. Le quotidien doit supprimer
entre 10 et 13 % de ses effectifs. Le déficit du journal
s'élève officiellement à 10,5 millions d'euros
pour l'année 2007.
Le Figaro augmente le prix de son journal le 22 décembre
2008, passant de 1,20 € à 1,30 €. Le quotidien augmente fin
décembre 2010 une nouvelle fois et passe ainsi à 1,40
euro. Selon le directeur général du journal et le
président du syndicat de la Presse quotidienne nationale,
Francis Morel, le prix de vente du Figaro, qui n'avait pas
évolué depuis décembre 2008, augmente en raison
des augmentations qu'imposent les producteurs de matières
premières aux journaux.
Le Figaro lance une nouvelle formule (21 septembre 2009) avec une
nouvelle maquette (systématisation de la couleur notamment)
et un nouveau format (format berlinois). Cette nouvelle formule est
produite dans une nouvelle imprimerie à Tremblay-en-France.
À partir du 4 décembre 2009, l'édition du
vendredi est accompagnée d'un cahier de 8 pages qui propose
une sélection d'articles du New York Times.
Le Figaro s'installe sur les tablettes tels l'IPad ou la Samsung
Galaxy Tab. L'application «Le Figaro» permet ainsi de
suivre toute l'actualité en continu et de profiter de tous
les contenus du journal (moyennant un abonnement) et de son site
Internet.
En juillet 2012, Alexis Brézet devient directeur de la
rédaction du journal en remplacement d'Étienne
Mougeotte.