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Famiglia fiorentina, potentissima nel sec. 12º, si
scontrò con l'oligarchia consolare capeggiata dai Giandonati
(1177), nel momento in cui la venuta di Federico Barbarossa in
Toscana sembrava loro particolarmente favorevole. La lotta fra le
due fazioni durò a lungo e le logorò entrambe,
sicché vennero a patti per spartirsi le principali
magistrature. Avendo concorso alla strage dei Buondelmonti (1215),
gli U. alzarono bandiera ghibellina; poi (1258) tentarono di dare la
città a Manfredi, ma furono cacciati a furor di popolo,
riparando a Siena. Dopo Montaperti (1260), in cui ebbe parte
eminente Farinata (v. Uberti, Farinata degli) tornarono a Firenze,
ma ne uscirono per sempre dopo Benevento (1267). Le loro case furono
distrutte, numerosi di essi giustiziati dagli Angioini. I superstiti
ripararono di nuovo a Siena, poi ovunque vi fossero nemici di
Firenze guelfa, a Pistoia, a Pisa, presso Enrico VII, ecc. Diedero
origine a varie famiglie Uberti in città come Mantova,
Venezia, Ancona, Verona.
Ubèrti, Farinata (propr. Manente) degli.
Ghibellino fiorentino (m. 1264). Capeggiò la sua parte fin
dal 1239, contribuì validamente (1260) alla vittoria
ghibellina di Montaperti. Si levò fieramente contro la
proposta dei confederati ghibellini, a Empoli, di radere al suolo
Firenze. Dante, nell'Inferno (c. X), lo pone tra i dannati per il
suo peccato di eresia; difatti l'inquisitore fra Salomone da Lucca,
nel 1283, aveva postumamente condannato come eretici Farinata e sua
moglie Adaleta e ordinato che le loro ossa fossero separate da
quelle dei fedeli.
Wikipedia
Manente degli Uberti, meglio noto come Farinata degli Uberti per via
dei suoi capelli biondo platino (Firenze, ... – 11 novembre 1264),
fu un nobile ghibellino, ovvero sostenitore dell'impero,
appartenente a una tra le famiglie fiorentine più antiche e
importanti, citato da Dante nel VI canto dell'Inferno tra gli uomini
degni del tempo passato (verso 79-84), ovvero i fiorentini ch’a ben
far puoser li ’ngegni e nel canto X tra gli eretici.
Biografia
Farinata, figlio di Jacopo degli Uberti, visse a Firenze all'inizio
del XIII secolo, una delle epoche più difficili per la
città toscana, tormentata da discordie interne tra guelfi, i
sostenitori papali, e ghibellini, di cui Farinata faceva parte. Su
questo sfondo di divisioni politiche, vi era lo scontro molto feroce
per il governo della città fiorentina, e che vide alternarsi
le due fazioni al potere con reciproche violenze. Dal 1239, Farinata
è a capo della consorteria di parte ghibellina, svolgendo un
ruolo importantissimo nella cacciata dei guelfi avvenuta pochi anni
dopo, nel 1248 sotto il regime del vicario imperiale Federico
d'Antiochia, figlio dell'imperatore Federico II.
Gli Uberti, come parte dell'élite ghibellina, furono poi
esiliati quando al potere tornarono gli esponenti delle famiglie di
appartenenza guelfa (1251). La famiglia degli Uberti trovo scampo a
Siena nel 1258.
Farinata contribuì poi validamente alla vittoria ghibellina
di Montaperti (4 settembre 1260). Nella dieta di Empoli che ne
seguì, Farinata dimostrò il suo amor di patria
insorgendo a viso aperto contro la proposta dei deputati di Pisa e
di Siena, che avrebbero voluto distruggere la città.
Morì nel 1264 e fu sepolto nel Duomo di Firenze.
Suo figlio Lapo venne nominato dall’Imperatore Enrico VII suo
vicario in Mantova.
L'accusa di eresia e Dante
Anche dopo morti dovettero subire un'ulteriore vendetta da parte
della fazione rivale dei guelfi: infatti nel 1283, 19 anni dopo la
sua morte, i corpi di Farinata e sua moglie Adaleta subirono a
Firenze un processo pubblico per l'accusa (postuma) di eresia. Per
l'occasione i loro resti mortali, sepolti all'epoca nella chiesa
fiorentina di Santa Reparata, vennero riesumati per la celebrazione
del processo, conclusosi poi con la condanna, da parte
dell'inquisitore Bartolomeo da Lucca. Quindi tutti i beni lasciati
in eredità da Farinata vennero confiscati agli eredi.
La fondatezza dell'accusa d'eresia non è certa ancora oggi:
l'accusa mossa alla fazione ghibellina di Firenze, per la quale
vennero considerati eretici Farinata e sua moglie, in realtà
riguardava la contestazione della supremazia religiosa della Chiesa.
Ma la fazione cui Farinata apparteneva ne contestava solamente
l'ingerenza politica, reclamando una suddivisione tra potere
spirituale e potere temporale. La confusione venne probabilmente
aumentata dalla propaganda della fazione guelfa di Firenze, pronta a
sfruttare a proprio vantaggio l'accusa d'eresia. Tuttavia alcuni
studiosi sostengono che Farinata fosse vicino all'eresia catara.
Gli Uberti, comunque, vennero esclusi da qualsiasi amnistia e l'odio
dei guelfi fiorentini si focalizzò su di loro.
Infatti nel canto X dell'Inferno, Farinata è collocato tra
gli eretici epicurei che l'anima col corpo morta fanno (v.15),
ovvero non credono nell'immortalità dell'anima. Tra lui e
Dante, avversario politico, si svolge un colloquio al cui centro
ricadono i temi della lotta politica e della famiglia (in
particolare quello delle colpe dei padri che ricadono sui figli: un
tema caro al poeta, che avrebbe potuto far revocare l'esilio ai
figli maschi se avesse voluto far ritorno, umiliandosi e chiedendo
perdono a Firenze). Dopo un alternarsi di battute cariche di
tensione, Farinata pronuncia una profezia sull'esilio di Dante in
cui è facile leggere l'amarezza del poeta, già esule
da qualche anno:
« Ma non cinquanta volte fia raccesa
la faccia della donna che qui regge, (la Luna)
che tu saprai quanto quell'arte (il ritorno in patria) pesa. »
(Dante Alighieri - Divina Commedia, Inferno, Canto X, versi 79-81)
A Farinata degli Uberti, personaggio importante del suo tempo, Dante
rese un grande omaggio, rendendolo una delle figure indimenticabili
del suo Inferno e tratteggiandone una figura imponente e fiera,
quasi omerica nel contrastare le avversità ("com'avesse
l'inferno a gran dispitto"), tanto che la sua guida Virgilio lo
esorta a non usare con lui parole volgari ma nobili ("conte").