Dostoevskij, Fëdor Michajlovič

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Scrittore russo (Mosca 1821 - Pietroburgo 1881).

Frequentò a Pietroburgo la scuola militare d'ingegneria. Terminati gli studî nel 1843, fu promosso ufficiale, ma preferì dedicarsi alla letteratura. Il racconto Bednye ljudi ("Povera gente", 1846) gli diede il primo successo ed entusiasmò N. A. Nekrasov e V. G. Belinskij. Per aver frequentato il circolo di M. V. Petraševskij, propugnante un socialismo utopistico, e avendo letto in pubblico la lettera di Belinskij a Gogol, nel 1849 fu arrestato. Condannato a morte, l'esecuzione fu sospesa quando egli era già sul patibolo, e fu mandato a passare quattro anni di lavori forzati in Siberia (le esperienze dell'esilio siberiano gli ispirarono i Zapiski iz mërtvogo doma "Memorie di una casa morta", 1861-1862).

Soldato a Semipalatinsk, vi sposò nel 1857 la vedova Marja Dmitrievna Isaeva. Tornò allora alla letteratura e pubblicò nel 1859 Selo Stepančikovo i ego obitateli ("Il villaggio di Stepančikovo e i suoi abitanti") e Djadjuškin son ("Il sogno dello ziuccio").

Tornato a Pietroburgo, creò con fervore nuove opere, fra le quali Unižennye i oskorblënnye ("Umiliati e offesi", 1862) e Zapiski iz podpol′ja ("Memorie del sottosuolo", 1864), che apparvero nella rivista Vremja ("Il tempo") fondata da suo fratello Michail insieme con il critico Strachov. Quando questa rivista fu proibita, lo scrittore fondò Epocha ("L'epoca"), che ebbe minor successo. D. era afflitto da difficoltà finanziarie e da pessime condizioni di salute (soffriva di epilessia).

Nel 1866 pubblicò il romanzo Prestuplenie i nakazanie ("Delitto e castigo"). L'anno dopo, perseguitato dai creditori, lasciò, con la seconda moglie Anna Grigorevna Snitkina, la Russia per l'estero (1867-71). Durante questo periodo, nonostante i dolori (la morte della figlia Sonja) e le incessanti peregrinazioni, egli lavorò molto e scrisse Igrok ("Il giocatore"), Idiot ("L'idiota"), Večnyj muž ("L'eterno marito"), Besy ("I demonî"). Tornato in patria, collaborò alla rivista conservatrice di Meščerskij, Graždanin ("Il cittadino"), e pubblicò i romanzi Podrostok ("L'adolescente", 1875) e Brat′ja Karamazovy ("I fratelli Karamazov", 1878-1880).

Agli ultimi anni della sua vita risale anche la pubblicazione del Dnevnik pisatelja ("Diario d'uno scrittore").

 L'opera di D. si suole dividere in due periodi, l'uno precedente e l'altro seguente l'esilio siberiano. Nel primo periodo egli sembra soprattutto collegarsi all'esempio di Gogol. Il breve romanzo epistolare Bednye ljudi deriva, per i suoi personaggi e per il tono, dal Šinel("Il cappotto") di Gogol. Nel naturalismo satirico egli immette elementi di emozione umana e combina il grottesco con la pietà per gli esseri umiliati e ridicoli. Ma già in questo primo romanzo la figura di Makar Devuškin, che oscilla da esplosioni di sdegno isterico a isterica remissione, anticipa le figure dei romanzi seguenti. Una tensione convulsa, una cupa aria di catastrofe spinge i soggetti di D. in uno sviluppo frenetico e vorticoso. Un seguito di vicende caotiche, disordinate, inattese, si accumula con raro, potente dinamismo nelle sue pagine. L'intreccio è sempre complesso, tortuoso, senza digressioni. I gesti, l'azione, il dialogo prevalgono su tutto. Il paesaggio è raro, poiché predomina un'atmosfera non sana di angoli cittadini, di stanze muffite, osterie, vicoli sudici alla luce appannata di rari fanali. Il linguaggio è frettoloso, febbrile, esasperato. Nemico del dogmatismo filosofico e del gioco dialettico, ansioso sempre di personificare, D. delinea una galleria di figure piene di smisurata tensione, di enormi impulsi vitali.

Se i personaggi di un Dickens o di un Balzac si direbbero come schemi psicologici descritti dall'esterno, quelli di D. sono forze elementari, fuoco tempestoso e informe. Personaggi non plastici, imponderabili, bipolari come tutto il cosmo morale di D.: figure angeliche che sanno torturare e figure perverse che sanno intenerirsi. Tutte, animate da un desiderio di riscatto e da una pazza sete di vivere, spinta sino al fanatismo. Attraverso l'amore terreno l'uomo giunge a quello divino, alla grazia. La grazia viene più spesso al peccatore non perché egli ha peccato, ma perché ha sofferto ed è capace di pentimento. L'uomo è creato non per la mite felicità dell'ordine e della quiete, ma per la delizia sovrumana della salvazione in Dio, pagata col male, l'odio, il fango, la disperazione, il delitto. In Occidente, D. ha conosciuto momenti di grande fortuna. Ne è stato, in particolare, esaltato l'appello al subcosciente, alla dialettica dell'anima. Dall'immoralismo di Gide alle fantasie del surrealismo, all'esistenzialismo, una parte significativa della cultura moderna si è svolta nel segno di questo scrittore.

Va infine ricordato che la filosofia politica di D. fu uno slavofilismo democratico e populismo mistico; la sua idea è che la società russa può essere redenta dal contatto con il popolo e dall'accettazione della religione ortodossa, perché religione del popolo russo, la cui missione è di redimere il mondo con una riasserzione di fede cristiana.

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Wikipedia

Fëdor Michajlovi? Dostoevskij,  (Mosca, 11 novembre 1821 – San Pietroburgo, 28 gennaio 1881), è stato uno scrittore e filosofo russo. È considerato uno dei più grandi romanzieri e pensatori russi dell'Ottocento e in generale di ogni tempo.

Biografia

I primi anni

Fëdor, secondo di sette figli, nasce a Mosca da Michail Andreevi? Dostoevskij, un medico militare russo, figlio di un arciprete ortodosso discendente da una nobile famiglia lituana, dal carattere stravagante e dispotico che alleva il ragazzo in un clima autoritario. La madre, Marija Fëdorovna Ne?aeva, proveniva da una famiglia di ricchi e prosperi commercianti russi; il suo carattere era allegro e semplice, amava la musica ed era molto religiosa. Sarà lei ad insegnare a leggere al figlio facendogli conoscere Aleksandr Sergeevi? Puškin, Vasilij Andreevi? Žukovskij e la Bibbia. Nel 1828 il padre Michail Andreevi? è iscritto con i figli nell'albo d'oro della nobiltà moscovita. Nel 1831 Fëdor si trasferisce con la famiglia a Darovoe nella gubernija di Tula dove il padre ha comprato un vasto terreno. Nel 1834, insieme al fratello Michail, entra nel convitto privato di L.I. ?ermak, a Mosca. Nel febbraio del 1837 la madre, da tempo ammalata di tisi, muore e il giovane viene trasferito col fratello a San Pietroburgo entrando nel convitto preparatorio del capitano K. F.Kostomarov per attendere gli esami d'ammissione all'istituto d'ingegneria. Il 16 gennaio 1838 entra alla Scuola Superiore del genio militare di San Pietroburgo, dove studia ingegneria militare, frequentandola però controvoglia essendo i suoi interessi già orientati verso la letteratura. L'8 giugno 1839 il padre, che si era dato al bere e maltrattava i propri contadini, viene ucciso probabilmente dagli stessi. Alla notizia della morte del padre, Fëdor ebbe il suo primo attacco di epilessia, malattia che lo perseguiterà per tutta la vita.

Nell'agosto 1841 viene ammesso al corso per ufficiali e l'anno seguente viene promosso sottotenente. L'estate successiva entra in servizio effettivo presso il comando del Genio di Pietroburgo. Il 12 agosto 1843 Fëdor si diploma, ma nell'agosto 1844 dà le dimissioni, lascia il servizio militare e, rinunciando alla carriera che il titolo gli offre, lottando contro la povertà e la salute cagionevole, comincia a scrivere il suo primo libro, Povera gente (Bednye Ljudi), che vede la luce nel 1846 e ha gli elogi di critici come Belinskij e Nekrasov. In questo primo lavoro, lo scrittore rivela uno dei temi maggiori della produzione successiva: la sofferenza per l'uomo socialmente degradato e incompreso. Nell'estate Dostoevskij inizia a scrivere il suo secondo romanzo, Il sosia (Dvojnik), storia di uno sdoppiamento psichico che non ha però il consenso del primo romanzo e a novembre, in una sola notte, scrive Romanzo in nove lettere (Roman v devjati pisem). Vedono successivamente la luce alcuni racconti su varie riviste, tra i quali i romanzi brevi Le notti bianche (Belye no?i) e Neto?ka Nesvanova.

L'arresto

Il 23 aprile 1849 viene arrestato per partecipazione a società segreta con scopi sovversivi e imprigionato nella fortezza di Pietro e Paolo. Il 16 novembre dello stesso anno, insieme ad altri venti imputati viene condannato a morte, ma lo zar Nicola I, il 19 dicembre seguente, commuta la condanna a morte in lavori forzati a tempo indeterminato. La revoca della pena capitale, già decisa nei giorni precedenti all'esecuzione, viene comunicata allo scrittore solo sul patibolo (metodo utilizzato frequentemente a quei tempi): una forma di sadismo che creava nel condannato un forte stress psichico, si racconta che ad uno dei condannati, insieme a Dostoevskij, vennero di colpo i capelli bianchi. L'avvenimento lo segnerà molto, come ci testimoniano le riflessioni sulla pena di morte (alla quale Dostoevskij si dichiarerà fermamente contrario) in Delitto e castigo e ne L'idiota scritto a Firenze. Il trauma della mancata fucilazione probabilmente sarà la causa delle crisi di epilessia che segneranno la sua esistenza e di cui si troverà traccia in alcuni romanzi, quali L'Idiota nella figura del principe Myškin. « A chi sa di dover morire, gli ultimi cinque minuti di vita sembrano interminabili, una ricchezza enorme. In quel momento nulla è più penoso del pensiero incessante di poter non morire, del poter far tornare indietro la vita. Allora, quale infinità! Si potrebbe trasformare ogni minuto in un secolo intero... » (L'idiota)

Graziato della vita, il 24 dicembre viene deportato in Siberia giungendo l'11 gennaio 1850 a Tobol'sk per poi essere rinchiuso il 17 gennaio nella fortezza di Omsk. Dalla drammatica esperienza della reclusione matura una delle opere più crude e sconvolgenti di Dostoevskij, Memorie dalla casa dei morti, in cui varie umanità degradate vengono descritte come personificazioni delle più turpi abiezioni morali, pur senza che manchi nell'autore una vena di speranza. Anche i due capitoli dell'epilogo di Delitto e castigo si svolgono in una fortezza sul fiume Irtiš, identificabile con Omsk.

Nel febbraio del 1854 Dostoevskij è liberato dalla galera, per buona condotta, scontando il resto della stessa servendo nell'esercito come soldato semplice nel 7º battaglione siberiano di stanza nella città di Semipalatinsk vicino al confine cinese. In questo periodo gli sono di grande supporto morale i libri inviatigli clandestinamente dal fratello Michail, tra cui i romanzi di Dumas e la Critica della ragion pura di Kant.

«Dove mai ho letto che un condannato a morte, un'ora prima di morire, diceva o pensava che, se gli fosse toccato vivere in qualche luogo altissimo, su uno scoglio, e su uno spiazzo così stretto da poterci posare soltanto i due piedi, - avendo intorno a sé dei precipizi, l'oceano, la tenebra eterna, un'eterna solitudine e una eterna tempesta, e rimanersene così, in un metro quadrato di spazio, tutta la vita, un migliaio d'anni, l'eternità, - anche allora avrebbe preferito vivere che morir subito? Pur di vivere, vivere, vivere! Vivere in qualunque modo, ma vivere!... Quale verità! Dio, che verità! È un vigliacco l'uomo!... Ed è un vigliacco chi per questo lo chiama vigliacco. » (Delitto e castigo)

Il ritorno nella Russia europea

Il 18 marzo 1859, congedato dall'esercito, lo scrittore ottiene il permesso di rientrare nella Russia europea stabilendosi a Tver, il capoluogo più vicino a Pietroburgo poiché l'ingresso nella capitale non gli è ancora concesso. Prepara alacremente insieme al fratello Michail una riedizione delle sue opere precedenti (escluso Il Sosia, che medita di riscrivere) e lavora alle sue memorie sul bagno penale: queste verranno terminate fra il 1860 e il 1861 e pubblicate fra il 1861 e il 1862 con il titolo Memorie dalla casa dei morti. Nel 1861 scrive Umiliati e offesi e ripristina i suoi rapporti con l'intellighenzia pietroburghese facendo amicizia con due critici già affermati, Apollon Grigor'ev e Nikolaj Strachov. Insieme al fratello fonda la rivista Vremja (Il Tempo) che si annuncia come espressione dell'"idea russa", ovvero della necessità di riavvicinare l'intellighenzia alle sue radici nazional-popolari (alla sua "humus" come usa dire lo scrittore) e si contrappone apertamente alle correnti occidentaliste e radicali, sostenute, tra gli altri, da Turgenev. Su questa rivista Dostoevskij pubblica Memorie dalla casa dei morti e Umiliati e offesi nel 1861, Un brutto aneddoto nel 1862 e Note invernali su impressioni estive nel 1863. Il 21 marzo 1864, diretta dai due fratelli, esce la rivista Epocha, su cui Fedor pubblicherà le Memorie dal sottosuolo (Zapiski iz podpol'ja). Nello stesso anno, il 15 aprile gli muore la moglie e, poco dopo, il 10 luglio il fratello Michail, che gli lascia enormi debiti da pagare. L'anno successivo compie un viaggio in Europa, dove, cercando di risolvere le proprie difficoltà economiche, gioca disperatamente alla roulette, col risultato di peggiorare ulteriormente la sua condizione finanziaria.

I grandi capolavori

Nel 1866 inizia la pubblicazione, a puntate, del romanzo Delitto e castigo. Conosce una giovane e bravissima stenografa, Anna Grigor'evna Snitkina, grazie alla quale riesce a dare alle stampe, nello stesso anno, Il giocatore, opera in cui Dostoevskij racconta le disavventure di alcuni personaggi presi dal vizio della roulette. Nel 1867 sposa Anna a Pietroburgo e parte con lei per un nuovo viaggio in Europa, a Firenze dove comincia a scrivere L'idiota. Nel 1868 nasce la figlia Sonja, che vive solo tre mesi. Il dramma della morte dei bambini è, non a caso, uno dei temi trattati nel romanzo L'idiota, portato a termine lo stesso anno. Nel 1869 nasce la seconda figlia, Ljubov' (in russo, "amore") e pubblica il romanzo breve L'eterno marito. Nel 1870 lavora intensamente al romanzo I demoni, con cui l'autore sembra rinnegare definitivamente il proprio passato di libero pensatore nichilista. L'anno successivo rinuncia una volte per tutte al vizio del gioco e, grazie agli introiti derivatigli dalla pubblicazione dei Demoni, può tornare a Pietroburgo e affrontare i suoi creditori. Stringe amicizia con Konstantin Pobedonoscev - uno degli intellettuali più influenti e più conservatori di Russia - che di lì a qualche anno diventerà procuratore del Santo Sinodo e scomunicherà Lev Nikolaevi? Tolstoj. Nello stesso anno Dostoevskij assume la direzione della rivista conservatrice Graždanin ("Il Cittadino"), dove inizia a pubblicare dal 1873 il Diario di uno scrittore, una serie di articoli d'attualità nei quali emergerà anche l'antisemitismo dell'autore. In questi anni stringe amicizia col filosofo Vladimir Solov'ëv e inizia la stesura del romanzo L'adolescente, che si rivelerà però un insuccesso. Nel 1875 nasce il figlio Aleksej, che morirà prematuramente il 16 maggio 1878 in seguito a un attacco di epilessia, la stessa malattia di cui soffriva il padre. Sempre nel 1878 è eletto membro dell'Accademia delle Scienze di Russia nella sezione lingua e letteratura. Nel 1879 viene invitato a partecipare al Congresso letterario internazionale a Londra e in sua assenza, su proposta di Victor Hugo, eletto membro del Comitato d'onore. Vive, ormai in condizioni agiate, fra Staraja Russa e Pietroburgo. Nello stesso anno gli viene diagnosticato un enfisema polmonare.

I fratelli Karamazov e la morte

« Ciascuno di fronte a tutti è per tutti e di tutto colpevole. E non solo a causa della colpa comune, ma ciascuno, individualmente. » (I fratelli Karamazov) Nel gennaio del 1879 inizia sulla rivista «Russkij vestnik» la pubblicazione de I fratelli Karamàzov, il suo canto del cigno, il suo romanzo più voluminoso e forse più ricco di drammaticità e di profonda moralità. Immediatamente il romanzo fu accolto con enorme favore. La stesura continuò tuttavia con lunghe pause. A causa del peggiorare delle sue condizioni di salute nell'estate dello stesso anno si reca a Ems per curarsi.

Durante le celebrazioni in onore di Puškin nel giugno del 1880, legge un discorso composto per l'occasione, che viene accolto entusiasticamente dal pubblico e, nei giorni successivi, dalla stampa. Il numero speciale del Diario di uno scrittore contenente il discorso vende quindicimila copie. In autunno termina I fratelli Karamàzov, e a dicembre esce in 3000 copie l'edizione in volume. In pochi giorni metà della tiratura è venduta. Nelle intenzioni dell'autore, avrebbe dovuto far seguito un altro romanzo in cui il minore dei fratelli Karamazov, Alëša, sarebbe cresciuto d'età. Ma per Dostoevskij diventa sempre più difficoltoso dedicarsi al lavoro intellettuale. Muore improvvisamente, in seguito a un repentino aggravarsi del suo enfisema, il 28 gennaio 1881 a Pietroburgo, nello stesso appartamento dove ora si trova il museo di San Pietroburgo a lui dedicato. La moglie Anja testimonia di aver consegnato a Fedor (che ne aveva fatto richiesta), nello stesso mattino del decesso, il vangelo di Tobolsk che aveva sempre tenuto con sé; Fedor lo apre a caso e fa leggere la moglie: « "Ma Giovanni lo trattenne e disse: io devo essere battezzato da te e non tu da me. Ma Gesù gli rispose: non trattenermi... » A queste parole Fedor commenta: « Senti Anja, 'non trattenermi' vuol dire che debbo morire » (A. G. Dostoevskaja, Dostoevskij marito)

Il 12 febbraio gli vengono tributate esequie solenni e viene sepolto nel Cimitero Tichvin del Monastero di Aleksandr Nevskij. Nel 1884 esce la prima edizione postuma delle sue opere complete in quattordici volumi.

Fama, contraddizioni e pensiero

Le opere che lo hanno reso maggiormente famoso sono Memorie dal sottosuolo, Delitto e castigo, L'idiota, I demoni e I fratelli Karamàzov. Identificato dapprima come voce della corrente nichilista, Dostoevskij capeggiò poi le file degli intellettuali russi più conservatori di fine '800. Lo scrittore si caratterizza per la sua abilità nel delineare i caratteri morali dei personaggi che appaiono nei suoi romanzi, tra i quali spesso figurano i cosiddetti ribelli, che contrastano con i conservatori dei saldi principi della fede e della tradizione russa. I suoi romanzi sono definibili "policentrici", proprio perché spesso non è dato identificare un vero e proprio protagonista, ma si tratta di identità morali incarnate in figure che si scontrano su di una sorta di palcoscenico dell'anima: l'isolamento e l'aberrazione sociale contro le ipocrisie delle convenzioni imposte dalla vita comunitaria (Memorie dal sottosuolo), la supposta sanità mentale contro la malattia (L'idiota), il socialismo contro lo zarismo (I demoni), la fede contro l'ateismo (I fratelli Karamàzov).

Nelle opere di Dostoevskij, come nella sua esistenza, la brama di vivere si scontra con una realtà di sofferenza e si coniuga con una incessante ricerca della verità; egli scrisse: «Nonostante tutte le perdite e le privazioni che ho subito, io amo ardentemente la vita, amo la vita per la vita e, davvero, è come se tuttora io mi accingessi in ogni istante a dar inizio alla mia vita [...] e non riesco tuttora assolutamente a discernere se io mi stia avvicinando a terminare la mia vita o se sia appena sul punto di cominciarla: ecco il tratto fondamentale del mio carattere; ed anche, forse, della realtà». L'autore, nei suoi romanzi, cerca infatti di non lasciar mai trasparire un proprio giudizio definitivo, ed è questa una sua peculiarità, che ne pose il pensiero in vivace antagonismo con quello dell'altrettanto contraddittorio Lev Tolstoj. Dostoevskij – proprio come Tolstoj, pur se per vie diverse – visse un confronto continuo ed al tempo stesso un rapporto tormentoso e quasi personale con la figura di Cristo, a cui si sentiva tanto legato da affermare: «se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità e se fosse effettivamente vero che la verità non è in Cristo, ebbene io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità».

Dostoevskij è definito "artista del caos" perché i suoi personaggi hanno sempre il carattere dell'eccezionalità e permettono di avanzare in concreto quei problemi (conflitto tra purezza e peccato, tra abbrutimento e bellezza, tra caos – appunto – e senso della vita) che la filosofia discute attraverso termini di puro concetto; concetti che Dostoevskij incarna nei personaggi dei propri romanzi: quindi si comprende perché il grande scrittore russo sia reputato a tutti gli effetti non solo un autore di letteratura, ma anche un autore di filosofia contemporanea.

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da http://www.sanpietroburgo.it/cultura/Dostoevskij.asp

Dostoevski è romanziere moderno, contemporaneo e la sua opera esercita un fascino permanente. Psicologo delle profondità del mistero umano, egli scava dentro il nostro male d'anima, racconta la nostra difficoltà di essere liberi e di dover sempre scegliere: la libertà è un peso tremendo da portare. Nonostante tutto non è mai pessimista e conserva la sua fede nell'uomo la cui esistenza è una continua lotta, un alternarsi di cadute e resurrezioni, tanto che a volte sembra precipitare nell'abisso senza possibilità di risalire. Ma anche allora - come Aljocha Karamazov - il cuore intravede "una strada di cristallo". E in fondo c'è il sole.

VITA

Fedor Michajlovic Dostoevskij nacque a Mosca il 30 ottobre 1821, secondo di sette figli, da Michajl Andreevic, medico di origine lituana che ha ottenuto un posto e un alloggio presso l'ospedale dei poverini, uno dei quartieri più squallidi della città, e Marija Fedorovna Necaeva, proveniente da una famiglia di commercianti.L'atmosfera in casa Dostoevskij è opprimente e i bambini hanno un'infanzia infelice, nonostante il carattere semplice e allegro della madre che ama la musica e legge Puskin e Zukovskij. È la madre che insegna a leggere al piccolo Fedor: la Bibbia ma soprattutto il libro di Giobbe sono le sue letture preferite. Nel 1831 il padre decide di trasferirsi con la famiglia nel villaggio di Darovoe, in provincia di Tula, dove ha comprato un terreno di circa un centinaio di anime. Nel 1834 Fedor lascia la casa per seguire il fratello maggiore e completare gli studi. Nel 1837 muore la madre affetta da una tisi ingravescente e indebolita dalle numerose gravidanze: la famiglia si disgrega completamente. Fedor, su insistenza del padre fa domanda d'ammissione alla Scuola Superiore di Ingegneria di Pietroburgo, dove dal 1838 al 1843 studia, lottando in segreto per difendere la propria vocazione letteraria; legge avidamente, non prova alcuna inclinazione per l'ingegneria militare (ma è attirato dall'architettura e gli rimarrà per sempre il gusto per gli edifici, gli interni, la loro fisionomia, il loro carattere). Nel 1839 muore misteriosamente il padre, forse ucciso dai suoi contadini che era solito maltrattare sotto i fumi dell'alcool. Si dice che dopo aver ricevuto la notizia, Fedor ebbe il suo primo attacco di epilessia, malattia che si presenterà più volte nel corso della sua vita. Il 12 agosto 1843 Fedor termina gli studi ed ottiene il diploma, il grado di ufficiale e un modesto impiego come cartografo in un distaccamento di Pietroburgo. Comincia in questo periodo la sua passione per il gioco: pur nelle situazioni più disperate è capace di giocare e perdere migliaia di rubli, dannandosi l'esistenza per far fronte ai debiti, alle cambiali e agli usurai.

Nel 1844, destinato a una missione in una lontana fortezza, preferisce ritirarsi dal servizio presso il comando d'Ingegneria militare. A 23 anni è così scrittore a tempo pieno. Nel gennaio 1846 esce il suo primo racconto Povera gente: il manoscritto, prima di essere stampato era stato letto dal critico Belinskij, il quale, colpito dalle doti del giovane scrittore non esitò a paragonarlo ad un nuovo Gogol. Il consenso di Belinskij gli apre le porte dei circoli culturali più esclusivi della capitale. L'anno successivo esce Il sosia il cui risvolto psicologico non piace altrettanto e i sostenitori del primo racconto, fra cui lo stesso Belinskij, raffreddano l'entusiasmo. Fedor, però, trova nel giovane Valerjan Majkov, critico tra i più apprezzati, uno strenuo difensore. Fedor conosce anche Michail Petrasevskij, convinto sostenitore del socialismo utopistico di Fourier, che lo invita a frequentare il suo salotto dove si discutono nuove questioni sociali ed economiche. Dostoevskij frequenterà le riunioni assiduamente, attratto dall'idea di una società pacifica e dominata dall'amore; egli non è, né mai sarà, un rivoluzionario, ma sogna provvedimenti che possano abolire la servitù della gleba, la censura, la disuguaglianza, l'oppressione, la povertà. Lo stesso anno esce il racconto La padrona. Nel 1848 escono sulla rivista "Otecestvennye zapiski" (Quaderni patriottici) i racconti Un cuore debole, Polzunkov, Le notti bianche, L'eterno marito.

Il 25 aprile 1849, alle cinque del mattino, Dostoevskij viene arrestato e imprigionato nella fortezza di Pietro e Paolo con l'accusa di far parte di una società segreta sovversiva guidata da Petrasevskij. Il 16 novembre è condannato alla pena di morte mediante fucilazione, esecuzione che all'ultimo momento, come era uso a quei tempi per esaltare la grandezza dello zar, viene commutata in condanna ai lavori forzati in Siberia. Nella fortezza di Omsk Dostoevskij passa quattro anni a contatto con detenuti di ogni genere, provenienza, estrazione, ognuno con una storia diversa; tutto materiale che verrà utilizzato per Memorie da una casa di morti. Nel 1854, terminata la pena, viene mandato a Semipalatinsk, non lontano dal confine cinese, come soldato semplice. Là si innamora della moglie di un doganiere del luogo e dopo la morte di questo prende la donna, Marija Dmitrevna, come sposa. Nel novembre 1854 giunge a Semipalatinsk A.E.Vrangel', il nuovo procuratore, con il quale Dostoevskij stringe una salda e sincera amicizia. Alla morte dello zar Nicola I, nel 1855, sarà lo stesso Vrangel' ad adoperarsi per permettere a Dostoevskij di tornare a Pietroburgo. Nel 1859 viene congedato per motivi di salute, si trasferisce a Tver, quindi a Pietroburgo, sempre, però, sotto la sorveglianza della polizia segreta.

Nel 1860 inizia sulla rivista "Russkij mir" (Il mondo russo) la pubblicazione delle Memorie da una casa di morti. Nel gennaio 1861 esce il primo numero della rivista "Vremja" (Il tempo), pubblicata dal fratello Michail e di cui Fedor diventa il principale collaboratore. È un mensile di grosso formato dove si tratta oltre che di letteratura, anche di questioni filosofiche, economiche, finanziarie. Su di essa viene pubblicato a puntate Umiliati e offesi. In questo periodo entra in contatto con due personaggi che, oltre a diventare collaboratori del giornale, saranno per Fedor fraterni amici: Apollon Grigorev e Nikolaj Strachov. Nel 1862 viaggia molto all'estero. Conosce Apollinarija Suslova, con la quale intreccerà un legame che durerà parecchi anni. Nel 1863 pubblica Note invernali su impressioni estive. Il 24 maggio, per un articolo troppo astratto e poco prudente di Strachov sulla questione polacca, la sua rivista viene chiusa dalla censura. Raggiunge la Suslova a Parigi, con la quale parte per l'Italia. Il rapporto fra i due è turbolento, tra violente scene di gelosia e tragiche perdite al gioco nei casinò di mezza Europa.

Nel 1863 i fratelli Dostoevskij redigono una nuova rivista, "Epocha" (Epoca), in cui appare la parte iniziale dei Ricordi del sottosuolo. A distanza di tre mesi l'una dall'altro muoiono la moglie, da tempo malata, ed il fratello Michail, per una fulminea malattia, che lo lascia in gravi difficoltà finanziarie per l'edizione della rivista. Dopo poche settimane, per un colpo apoplettico muore anche Apollon Grigorev, l'amico definito da Fedor come "l'uomo più autenticamente russo". L'ultimo numero di "Epocha" sarà quello del 22 marzo 1865, in cui appare il racconto umoristico Il coccodrillo. Inizia a scrivere Delitto e castigo, ma brucia il manoscritto. Nel 1865 firma con l'editore F.Stellovskij un contratto, per il quale dovrà consegnargli entro il primo novembre dell'anno successivo un nuovo romanzo, pena la pubblicazione fuori diritti da parte di Stellovskij di tutte le sue opere. Comincia a scrivere Delitto e castigo, e per velocizzarne la stesura assume una stenografa, Anna Grigorevna Snitkina, che sposerà nel 1867.

Nel 1866 esce a puntate sul "Russkij vestnik" (Il messaggero russo), Delitto e castigo. Lo stesso anno termina Il giocatore. Dal 1867 al 1872 fa un secondo viaggio, caratterizzato dalle difficoltà finanziarie e dalle perdite al gioco. Nel gennaio 1868 inizia sul "Russkij vestnik" la pubblicazione a puntate de L'idiota. Gli nasce una figlia, Sonja, che muore due mesi dopo. Nel 1869 nasce la figlia Ljubov. Nel 1871 inizia la pubblicazione a puntate de I demoni. Nasce il figlio Fedor. Nel 1872 diventa capo-redattore di una rivista conservatrice "Grazdanin" (Il cittadino), presso cui cura una rubrica intitolata Diario di uno scrittore. La collaborazione, però, dura poco. Nel 1875 esce L'adolescente e gli nasce il figlio Aleksej. Nel 1878 muore il figlio Aleksej, per un gravissimo attacco di epilessia. Nei mesi disperati che seguono incontra spesso il filosofo Vladimir Solovev e con lui si reca al monastero di Optina, centro di spiritualità russa, dove incontra lo starec Amvrosij, prototipo dello starec Zosima de I fratelli Karamazov; all'amico filosofo confiderà il tema del suo ultimo libro: "La Chiesa come autentico ideale sociale".

L'anno successivo il "Russkij vestnik" inizia la pubblicazione a puntate del romanzo I fratelli Karamazov, che vedrà la luce in volume alla fine del 1879. L'8 giugno 1880, in occasione dell'inaugurazione del monumento a Puskin, pronuncia un famoso discorso sul grande poeta discorso che suscita grandi entusiasmi: “Solo i russi sono dotati, come Puskin, di simpatia universale, solo essi sono in grado di penetrare nell'anima degli uomini di tutti i paesi e di elevarsi alla concezione dell'unione universale di tutti i popoli. Puskin illuminò la strada della storia russa come una chiara luce-guida e profetizzò il suo sviluppo ulteriore mostrando a tutti il cammino salutare di un legame con il popolo.” Il 28 gennaio 1881 muore a Pietroburgo, per il peggioramento dell'enfisema polmonare da cui è affetto. Viene sepolto nel cimitero del convento Aleksandr Nevskij, accompagnato da una folla immensa.

OPERE

Dostoevski esordì in letteratura con il romanzo breve Povera gente (1846), che ottenne l'appoggio del potente critico Belinskij e di Nekrasov. Il romanzo mostra già l'attenzione pietosa di Dostoevski per la sofferenza dell'uomo degradato socialmente e incompreso nella sua bontà. Steso in forma epistolare, ha due soli protagonisti: l'anziano impiegato Makar Devuskin e la sua lontana parente, la giovane Varen'ka. Essi abitano l'uno di fronte all'altro, ma non osano incontrarsi per paura dei pettegolezzi, e per questo si scrivono. Poveri e infelici, si raccontano i loro problemi quotidiani. Varen'ka con la sua triste infanzia, il suo amore per lo studente Prokrovskij morto di tisi. Gli manda libri. Da varie allusioni si comprende che Varen'ka nel passato è stata sedotta da un certo Bykov. Devuskin pieno di debiti si mette a bere, riprende coraggio quando uno dei suoi capi gli regala una somma sufficiente per trarlo d'impaccio. Ma intanto Varen'ka ha accettato di sposare Bykov, sperando così di poter aiutare il vecchio amico. Le sue ultime lettere sono solo febbrili richieste di commissioni per il corredo, che l'amico segue come in sogno trovando il coraggio di esprimerle la sua disperazione solo quando Varen'ka sta per partire.

Nello stesso anno uscì il secondo romanzo, Il sosia (1846) uscito poi in edizione definitiva nel 1865-1866, storia di uno sdoppiamento psichico a causa del quale il protagonista viene progressivamente travolto nell'incubo di un altro se stesso. Protagonista è Ivan Petrovic Goljadkin, impiegato statale oppresso dalla solitudine e dal senso della propria mediocrità. Scivolando lentamente nella follia, tenta disperatamente di costruire una immagine di se stesso che stupisca i suoi conoscenti: un se stesso sicuro, ricco, intrigante. Vagamente conscio del suo stato mentale, ha consultato senza risultato il medico Rutenspitz. Innamorato di Klara Olsufjevna figlia di un superiore, un giorno si presenta non invitato a un ballo a casa di lei, ma non viene ricevuto. Da quel momento Goljadkin comincia a vedere, palpabile e reale, il suo sosia, un maligno e ipocrita doppione di se stesso, che trama contro di lui e con il quale ha deliranti colloqui. Attirato con un tranello in casa di Klara, colleghi e superiori lo consegnano a Rutenspitz perché lo porti in manicomio.

Seguirono altri racconti, che non ebbero la stessa fortuna. Tra essi Le notti bianche (1848), che reca come sottotitolo «romanzo sentimentale», storia gentile e patetica di un sogno vissuto a occhi aperti, l'innamoramento di un giovane sognatore di una fanciulla incontrata per caso, sullo sfondo di una Pietroburgo romantica. Racconto sentimentale ma anche allucinato.

Al ritorno dall'esilio pubblica due altri romanzi: Il villaggio di Stepancikovo, e Il sogno dello zio. Sono opere in cui intreccia umorismo grottesco e critica di costume. Rievoca il periodo trascorso ai lavori forzati nelle Memorie da una casa di morti (1861-1862), testo di estrema intensità.

Nel 1862 pubblica il romanzo Umiliati e offesi, sofferta indagine sulle virtualità dell'anima umana, così spesso soffocate o tradite. Narratore è Ivan Petrovic, detto Vanja, un giovane scrittore in cui Dostoevski raffigura se stesso esordiente. Orfano, è stato allevato in provincia dagli Ichmenev insieme alla loro figlia Natascia. Mentre Vanja studia a Pietroburgo, Alioscia figlio del principe Valkorskij di cui Ichmenev è amministratore, frequenta assiduamente la bella Natascia. Per separarli, il principe Valkorskij non esita a rovinare Ichmenev, che è costretto a trasferirsi in città. Vanja si fidanza con Natascia, ma ricompare inatteso Alioscia: per lui, seducente quanto ignaro di scrupoli, Natascia abbandona fidanzato e famiglia. Alioscia la lascia ben presto, accettando la fidanzata propostagli dal padre, la bella ricca e intelligente Katja. In circostanze romanzesche, Vanja ha accolto in casa sua un’orfanella, Nelly. Più tardi si scopre che Nelly è figlia di Valkorskij, il quale ne ha sedotta e poi abbandonata la madre. Nelly, epilettica, muore dopo aver fatto riconciliare con la sua ardente bontà Ichmenev con la tradita Natascia.

Nel 1865 stampò Memorie del sottosuolo, storia della fallita redenzione di una prostituta, tormentosa disamina dell'inconscio e dell'insufficienza dell'intelletto a giustificare se stessi e il prossimo, e a comprenderli. Il romanzo è scritto in prima persona: è un lungo monologo diviso in due parti. Nella prima parte, "Il sottosuolo", il protagonista rivolgendosi a un ipotetico interlocutore, parla di se stesso, della propria educazione, della formazione del proprio carattere, del complesso di qualità e difetti da lui definito «sottosuolo», che costituiscono la personalità nascosta a tutti, affiorante solo dopo una dettagliata analisi. Nella seconda parte, "A proposito della neve fradicia", il narratore ripercorre alcuni episodi della sua vita, dove con più evidenza gli si è manifestato il «sottosuolo». La solitudine e la malinconia lo spingono a seguire, non desiderato e non invitato, alcuni compagni di studi a una cena. Umiliato dal loro atteggiamento, oltraggiato pubblicamente, vendica l'offesa subita su Liza, una puttana incontrata in un bordello. Le fa un quadro del destino degradante e spaventoso che l'attende, tra debiti, malattie e percosse. Dopo qualche giorno Liza ricompare con la nostalgia di una vita pura. Accolta con volgarità e violenza, rimane lo stesso, convinta della sofferenza profonda dell'uomo che la maltratta. Egli la caccia, mettendole in mano per umiliarla un biglietto da cinque rubli. Liza fugge: solo dopo la sua scomparsa il narratore scopre il biglietto sul tavolo, testimonianza della sua meschinità e della profonda dignità di Liza.

Nel 1866 apparve Delitto e castigo, che si chiude con il pentimento e l'espiazione del protagonista, accortosi della disumanità della propria astratta morale di «individuo superiore». Siamo a Pietroburgo, e lo studente Raskolnikov cerca una via d'uscita dalla miseria, anche per aiutare la madre e la sorella Dunja che vivono poveramente in provincia e lo mantengono mandandogli quello che Dunja guadagna come istitutrice presso la famiglia Svidrigajlov. Raskolnikov è dominato dall'idea della libertà cui ha diritto l'uomo superiore. Non esita a uccidere, dopo aver progettato minuziosamente il delitto, una vecchia usuraia e la sua mite sorella Elisavjeta per derubarle. Un concorso di circostanze svia le indagini, ma dal giorno del delitto Raskolnikov diventa l'implacabile giudice di se stesso. Raskolnikov è combattuto tra il ricordo dell'uccisione e il timore ossessivo di venire scoperto. E' assalito da accessi di delirio. Il suo ignaro amico Razumichin, onesto e ottimista, cerca invano di dargli sollievo. Nell'ansia di avere notizie sulle indagini, ma anche per provare la sua superiorità, Raskolnikov gioca d'astuzia con la polizia sfidandola. Il giudice Porfirij finisce per sospettare la sua colpevolezza ma lo lascia andare libero, ben calcolando che finirà lui stesso per consegnarsi nelle sue mani. Nei suoi vagabondaggi Raskolnikov incontra molti relitti umani, come lui tesi a uscire dalla loro degradazione. L'impiegato ubriacone Marmeladov, la tisica Katerina Ivanovna sua moglie che, per fame, ha spinto la figliastra Sonja alla prostituzione, Sonja stessa la cui dolcezza di vittima finirà per dominare Raskolnikov. Ma da loro, per cui prova amore e pietà, lo separa l'atto commesso. Sonja, ricevendo la confessione di Raskolnikov, gli indica il valore della vita umana secondo il Cristo. Lo spinge, anche se ribelle in cuor suo, a costituirsi. Solo in Siberia, accanto a Sonja che lo ha seguito, Raskolnikov si libera dal senso di sconfitta che gli grava addosso. Attorno a Raskolnikov è nel romanzo tutto un mondo di diseredati e peccatori: sua sorella Dunja che per aiutare la famiglia è disposta a sposare il danaroso e abietto Luzin. Svidrigajlov che perseguita Dunja e, dopo aver appreso la confessione di Raskolnikov, tenta di ricattare la ragazza: respinto, si uccide. Tra tutti questi peccatori, l'unico veramente sordido e meschino è Luzin, che cerca di far accusare falsamente Sonja di furto per mettere in cattiva luce lei e Raskolnikov di fronte alla madre e a Dunja.

Nell'ottobre 1866 riuscì a finire di dettare in poco tempo il romanzo breve Il giocatore (1867), onorando un contratto-capestro con l'editore Stellovskij. Il romanzo è centrato sul demone del gioco, di cui lo stesso Dostoevski fu afflitto. Romanzo impietoso, senza speranza. Il protagonista è un giovane precettore, che a causa della sua ossessione, rovina la propria vita. Gli dice l'amico inglese, mister Astley: «vi siete fatto di legno [...] non solo avete rinunciato alla vita, agli interessi vostri e a quelli della società, ai doveri di un cittadino e di un uomo, ai vostri amici (e di amici ne avevate), non solo avete rinunziato a ogni altro scopo tranne che a quello di vincere al gioco, ma avete anche rinunciato a tutti i vostri ricordi. Vi ricordo in un momento ardente e intenso della vostra vita: ma sono sicuro che avete dimenticato tutte le vostre migliori impressioni di allora. I vostri sogni, quelli di adesso, i vostri quotidiani desideri non vanno oltre al pair et impair, rouge et noir, ai dodici numeri medi e così di seguito [...]». Attorno al personaggio principale, la realtà di parassiti, di deboli, visti con occhi spregiudicati e lucidi. Esiste anzi una specie di voluttà nell'analisi cinica, da parte del protagonista, che è parte integrante del suo 'destino' di rovina. A vivacizzare il romanzo, la comparsa della vecchia Antonida Vassìlevna, capace di giusta diretta intuizione, che però anche lei cade vittima del demone del gioco.

Nel periodo trascorso viaggiando all'estero, scrisse L'idiota (pubbl. 1868- 1869), storia della sconfitta di un uomo «assolutamente buono». Protagonista del romanzo è il principe Myskin, ultimo erede di una grande famiglia decaduta. Lui è una creatura spiritualmente superiore, in cui la generosità d'animo e la candida fede nel prossimo si accompagnano a una totale inesperienza di vita, e a una specie di paralisi della volontà. Durante il ritorno in patria, dopo un lungo soggiorno in Svizzera dove ha curato una malattia nervosa, gli è compagno di viaggio Rogozin. Rogozin è un giovane esuberante e violento, che gli narra il suo folle amore per la bella Nastasja Filippovna. Giunto a Pietroburgo, Myskin va dal generale Epancin, un suo parente. Apprende che il segretario del generale, Ganja, vorrebbe sposare Nastasja Filippovna, attirato più che altro dalla dote che un passato amante e benefattore le ha destinato, e dalle relazioni di costei. La sera della decisione irrompe in casa di Nastasja Filippovna, Rogozin che offre una cifra pari alla dote di lei purché rifiuti Ganja e diventi la sua amante. Myskin, misteriosamente attratto dalla donna si dichiara pronto a sposarla per sottrarla a quel mercato umiliante. Nastasja commossa ma incredula, fugge con Rogozin. Di Myskin si innamora la giovane e aristocratica figlia del generale Epancin, Aglaja. Tra le due, Myskin sceglie Nastasja, sognando di strapparla una seconda volta a Rogozin. Conscia dell'assoluta e profonda bontà del principe, Nastasja esita a lungo. Sentendosi indegna di lui si abbandona a Rogozin che però intuisce la verità di quella scelta: geloso, la uccide. Chiamato dall'omicida come unico testimone del delitto, Myskin di fronte al corpo dell'uccisa ripiomba in una definitiva follia. Tornato in Russia, Dostoevski pubblicò nel 1873 I demoni, romanzo centrato sulla problematica del nichilismo, dell'atto gratuito e dell'assenza di dio. Piotr Verciovenski è il capo di un'organizzazione nichilista. Egli lega indissolubilmente i suoi seguaci alla causa rivoluzionaria con una serie di delitti. Piotr è ideologicamente guidato da Nikolaj Stavrogin, personaggio intelligente, misterioso, demoniaco, privo di qualsiasi direzione morale, circondato da una devozione quasi mistica. Egli ispira idee alle quali è il primo a non credere. La sua vita è piena di morbose assurdità: il matrimonio non consumato con una povera storpia quasi demente, lo stupro di una bambina che poi si uccide. Piotr prepara un nuovo delitto. Vittima designata è Sciatov, prima seguace di Stavrogin e poi convertitosi improvvisamente alla fede ortodossa. Per coprire il delitto Piotr obbliga il rivoluzionario ateo Kirillov, deciso a un suicidio gratuito e dimostrativo, a scrivere una lettera prima di compiere l'atto definitivo, in cui si accusa dell'omicidio di Sciatov. Si susseguono altri delitti, che terrorizzano la borghesia liberale pronta prima a accogliere per leggerezza e snobismo, poi a disconoscere con orrore i «demoni». La serie culmina con il suicidio di Stavrogin che si impicca nella soffitta del suo appartamento.

Nello stesso 1873 Dostoevski iniziò a pubblicare sul reazionario «Il Cittadino» il Diario di uno scrittore che, a partire dal 1876 e fino al 1881, apparve come rivista a sé stante. Il "Diario" includeva oltre che articoli di critica letteraria, morale, polemica sociale ecc., anche dei racconti tra cui sono da ricordare: Il fanciullo presso Gesù (1876), e La mite (1877).

Nel 1875 apparve L'adolescente, ritratto di un giovane che vince la propria solitudine e l'astio verso gli altri abbracciando gli ideali di un mistico populismo cristiano. Protagonista è il giovane Arkadij Dolgorukij, figlio illegittimo del proprietario terriero Versilov, e di una donna di condizione servile Sofja Andreevna, che Versilov, benché già sposato, ha strappato al buon marito Makarij Ivanovic. La sottomessa e dignitosa Sofja vive molto poveramente. Lei ha avuto dall'amante, spesso assente e sempre infedele, due figli: Arkadij e Lisa. Lisa è cresciuta accanto alla madre. Arkadij da bambino è stato messo in pensione presso un francese rozzo e crudele, Monsieur Touchard. Conscio della proprio condizione di bastardo, Arkadij aspira a una rivincita che gli sembra possibile solo con il potere e l'isolamento; ma prima deve accumulare una grossa fortuna. Volontà e fermezza sono le virtù cui aspira, indispensabili per raggiungere il suo obiettivo. Risparmia sul piccolo stipendio che gli passa Versilov, si assoggetta a duri sacrifici materiali. Ma non ha fatto i conti con se stesso. Il primo segno di cedimento verso l'«idea» avviene quando Arkadij dà metà dei risparmi per soccorrere la piccola Rinoscka, una neonata trovata moribonda presso la porta della casa dove abita. Seguono altri cedimenti. In Arkadij poi agisce una disperata ammirazione per Versilov, che ama e disprezza allo stesso tempo. A causa di questi sentimenti, si trova legato al destino burrascoso di Versilov. Costui è uomo sensuale, elegante, intelligente, tragicamente diviso tra la passione per l'altera Katerina Nikolaevna ricca e nobile, e l'affetto compassionevole e pieno di rimorso verso Sofja Andreevna. C'è un giro vorticoso di ricatti e intrighi, in cui il denaro gioca sempre il ruolo principale. Emerge in questo gioco l'abietta figura di Lambert, ex compagno di scuola di Arkadij. Katerina si fidanza con il barone Rioring. A casa di Sofja muore Makarij Ivanovic, quasi santo nella sua consapevole mitezza e rimprovero vivente per Versiolv. Tutto questo sconvolge Versilov fino alla follia. Arkadij è definitivamente distratto dai suoi sogni di forza e potenza dalla catastrofe del padre cui ha partecipato, inconsapevole burattino di Lambert. Sullo sfondo altri conflitti: Lisa la sorella di Arkadij rimane incinta di un principe Sokolskij che, imprigionato per truffa, impazzisce. Anna figlia legittima di Versilov decide di sposare, a freddo e per interesse, un vecchio principe, un altro Sokolskij.

Nel 1879-1880 è l'ultimo romanzo di Dostoevski, I fratelli Karamazov. Si contrappongono qui l'odio tra padre e figli, e la purezza e la fede di una creatura innocente. Fiodor Karamazov ha tre figli: Dmitrij, Ivan e Alioscia. Ha anche un figlio illegittimo, l'epilettico Smerdjalov, che tiene in casa come un servo. Fiodor è un vecchio libertino cinico e dissoluto, poco amato dai figli. In particolare Dmitrij detto Mitja lo odia perché è innamorato di Gruscenka, una bella mantenuta che il vecchio grazie al suo denaro vuole fare sua. Ivan invece è un raffinato intellettuale e filosofo dell'ateismo. Il più giovane Alioscia è novizio nel convento di padre Zosima, che lo guida sulla via della perfezione spirituale, ma lo obbliga a ritornare nel mondo che ha bisogno della sua carità cristiana. Poco dopo il vecchio Karamazov viene trovato ucciso. Tutti i sospetti cadono su Mitja, difeso solo dalla generosa Gruscenka. Anche Ivan crede nella colpevolezza del fratello, fino al giorno in cui Smerdjakov gli confessa di essere lui l'assassino, plagiato dalle teorie atee dello stesso Ivan. Subito dopo la confessione Smerdjakov si impicca. Ivan non può provare al processo la verità delle sue rivelazioni. Mitja viene condannato ai lavori forzati. Ivan cade in preda al delirio intellettuale. Alioscia con la sua purezza, pur troppo senza poter far niente, guida un gruppo di ragazzi raccolti in fraterna solidarietà, verso una vita migliore.