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Critico letterario (Narbona 1888 - fucilato dai Tedeschi nel 1944 a
Buchenwald). Della sua attività di critico elegante e
accurato (XXe siècle, 1924; Du côté de Marcel
Proust, 1929; Inquiétudes et reconstructions, 1931, ecc.)
rivolse gran parte alla divulgazione della letteratura italiana in
Francia, specie dopo il suo lungo soggiorno a Firenze, quale
segretario generale dell'Institut Français: Le roman italien
contemporain (1909); Panorama de la littérature italienne
(1925); Panorama de la littérature italienne contemporaine
(1928); Essai sur l'évolution littéraire de l'Italie
de 1870 à nos jours (1930), ecc. Tradusse in francese il
teatro di Pirandello e contribuì alla "scoperta" di Italo
Svevo. Tentò anche, con un certo successo, la prosa
narrativa: Le premier de la classe* (1921); La grenouille et les
trois nourrices (1920), ecc.
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Benjamin Crémieux, i primi della classe a volte sono dei mostri
di Stenio Solinas - 17/10/2008
Alla vigilia della Prima guerra mondiale il ventisettenne Henri
Alain-Fournier pubblicò un romanzo, Le Grand Meaulnes, che esplorava il
crinale fra l’adolescenza e il mondo degli adulti, la sete d’avventura
che nel momento in cui raggiunge il suo scopo di fatto l’ha perduto,
l’ansia di diventar grandi restando però bambini, al termine della
quale c’è soltanto la perdita dell’innocenza e il rimpianto per ciò che
sarebbe potuto essere.
Alla fine della Prima guerra mondiale il trentenne Benjamin Crémieux
pubblicò un romanzo, Le premier de la classe, in cui i temi del Grand
Meaulnes erano ben presenti, ma di mezzo c’era stata la carneficina
bellica alla quale, a differenza di Fournier, Crémieux era
sopravvissuto, e i sogni infantili di gloria e di grandezza avevano
assunto le tinte del delirio di onnipotenza e di distruzione, un
assoluto di cui Fournier non aveva fatto a tempo a vedere l’abisso, ma
che ora a Crémieux faceva orrore.
Nel corso del Novecento il romanzo del primo ebbe giustamente una
fortuna straordinaria, cui la giovane morte dell’autore, avvolta per di
più nel mistero (ucciso nella prima settimana di combattimenti, il suo
corpo non fu mai ritrovato), aggiungeva il malinconico fascino che
circonda l’opera prima perfetta eppure incompiuta. Quanto a Crémieux,
la sua attività negli anni Venti e Trenta di critico brillante finì con
lo schiacciare il fulminante esordio di Le premier de la classe, e
l’essere quella l’unica e mai più ripetuta sua prova narrativa relegò
il romanzo fra l’esercizio di stile e il divertissement seppure tragico
e colto. Ebreo d’origine, Crémieux nel ’43 entrò nella Resistenza che
stava per compiere i 55 anni: arrestato, fu deportato a Buchenwald,
dove morì l’anno successivo.
Adesso l’editore Aragno traduce per la prima volta in italiano questo
libro dimenticato anche in patria (Il primo della classe, pagg. 266,
euro 12) e lo fa per la cura attenta e felice di Giovanni Pacchiano. La
«scoperta» di Crémieux segue di alcuni mesi la pubblicazione integrale,
per la stessa casa editrice, del Journal dei fratelli Goncourt, piccolo
monumento della storia letteraria francese e attesta un gusto
editoriale sicuro e controcorrente.
Torniamo da dove siamo partiti, ovvero la somiglianza-differenza fra Le
Grand Meaulnes e Il primo della classe. Lì dove c’era un eroe romantico
perso e preso nei suoi sogni di avventura, qui c’è una sorta di piccolo
mostro perso e preso nei suoi sogni di grandezza. Il tredicenne Jean
Rigaud è più giovane del diciassettenne Augustin Meaulnes, ma lo
sovrasta per senso dell’assoluto e per disprezzo del genere umano, ne è
paradossalmente il fratello maggiore che aspira a farsi largo nella
società. Il lettore avverte l’innocuità dell’uno e la pericolosità
dell’altro, ed è consapevole che crescendo il divario rimarrà lo
stesso: da grande Augustin sarà probabilmente un delinquente
sentimentale, incapace di rapportarsi con l’altro da sé femminile, e
Jean un delinquente morale incapace di rapportarsi con le regole della
civile convivenza.
Jean eccelle in tutto, è il più bravo, il più forte, il più
intelligente, ma brandisce questa sua unicità come un’arma, se ne serve
per meglio installarsi sul piedistallo dove ogni cosa gli è permessa...
Intelligentemente Crémieux lo lascia ragazzino, con tutti cioè i
tremori, le paure, le timidezze dell’età, ed è proprio questo a
renderlo ancora più affascinante nella sua mostruosità, perché
l’egoismo e il superomismo convivono con tenerezze e rossori, errori di
giudizio e esaltazioni infantili...
Sia Fournier sia Crémieux raccontano una psicologia che nelle parole
del secondo è «il mondo dell’eroe disadattato, di quello che gli
psichiatri hanno chiamato schizoide, dell’uomo per cui la vita reale
possiede meno realtà di quella che immagina, desidera o inventa. Lo
schizoide resterà il tipo fondamentale espressivo della psicologia (o
della psicosi) del dopoguerra». Il sogno di Meaulnes, tuttavia,
appartiene ancora a un’età dove pur con la sua crudeltà l’adolescenza
mima e sublima modelli alti, laddove Rigaud è raccontato attraverso gli
occhi di chi nel carnaio del ’14-18 ha visto andare in pezzi la
cavalleria della guerra e quindi della vita stessa, ha misurato il
disprezzo per quest’ultima e l’animalità che ne fa parte. Il
protagonista del Primo della classe anticipa I ragazzi terribili di
Cocteau, l’eroe esaltato del Diavolo in corpo di Radiguet, laddove
Meaulnes, tutto sommato, va ancora a braccetto con il Fabrizio del
Dongo di Stendhal.