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Étienne Bonnot de Condillac (Grenoble, 30 settembre 1715 –
Beaugency, 3 agosto 1780) è stato un filosofo, enciclopedista
ed economista francese. Contemporaneo di Adam Smith e d'ispirazione
liberale, è stato un esponente di spicco del sensismo, ma
viene ricordato anche per il suo contributo alla psicologia, alla
gnoseologia e alla filosofia della mente.
Vita
Nacque a Grenoble da una famiglia di giuristi, e, come il fratello
maggiore, il famoso scrittore politico, abate di Mably, prese
l'ordine sacro e divenne abate di Mureau.
In entrambi i casi la professione era solo nominale, e l'intera vita
di Condillac, con l'eccezione del periodo in cui fu tutore alla
corte di Parma, si dedicò ai suoi studi. Le suo opere furono
Saggio sull'origine delle conoscenze umane (1746), Trattato sui
sistemi (1749), Trattato sulle sensazioni (1754), Trattato sugli
animali (1755), un completo Corso di studi (1767-1773) in 13 volumi,
scritti per il giovane Duca Ferdinando di Borbone, nipote di Luigi
XV, Il commercio e il governo, considerati l'uno relativamente
all'altro (1776), e due lavori postumi, la Logica (1781) e
l'incompleto Linguaggio dei calcoli (1798).
Nei primi giorni a Parigi venne in contatto con la scuola di
Diderot. L'amicizia con Rousseau, che durò fino alla morte,
può essere dovuta in primo luogo al fatto che Rousseau era
stato insegnante privato nella famiglia dello zio di Condillac, M.
de Mably, a Lione. Grazie alla sua naturale attenzione e
riservatezza, le amicizie di Condillac con i filosofi contemporanei
non danneggiarono la sua carriera; egli comprese certamente la
scelta della corte francese di mandarlo a Parma per educare il duca
orfano, un bambino di sette anni, nel 1758.
Nel 1768, dopo il suo ritorno dall'Italia, fu eletto
all'Académie française, ma non partecipò alle
riunioni dopo la sua elezione. Spese gli ultimi anni ritirandosi a
Flux, una piccola proprietà che acquistò vicino a
Beaugency, e vi morì il 3 agosto 1780.
Opere e pensiero
Condillac fu sia un importante psicologo sia un divulgatore in
Francia dei principi di Locke, che fu apprezzato e riconosciuto
soprattutto da Voltaire e Brissot . Nell'esporre il suo sensismo
empirico, Condillac dimostrò di essere uno dei pensatori
migliori del suo periodo e della sua nazione, per lucidità,
sintesi, ponderazione. Il suo pensiero, tuttavia, nell'analisi della
mente umana, vertice della sua ricerca, mancò di trattare la
parte attiva e il lato spirituale dell'esperienza umana.
Il suo primo libro, il Saggio sull'origine delle conoscenze umane,
rimase fedele al suo maestro inglese. Egli accettò, con
qualche modifica, la deduzione di Locke che la nostra conoscenza
derivi da due sorgenti, la sensazione e la riflessione, e usò
come principio cardine per la dimostrazione di questa tesi
l'associazione delle idee. Il suo libro successivo, il Trattato sui
sistemi, fu una vigorosa critica a quei moderni sistemi che erano
basati su principi astratti o su ipotesi non verificate. La sua
polemica, che fu legata allo spirito di Locke, fu diretta contro le
idee innate dei cartesiani, dell'occasionalismo di Malebranche, del
monadismo di Leibniz e dell'armonia prestabilita e, soprattutto,
contro la concezione della sostanza enunciata nella prima parte
dell'Etica di Spinoza.
Trattato sulle sensazioni
Il suo più importante lavoro è il Trattato sulle
sensazioni, nel quale si libera della tutela di Locke e del suo
particolare psicologismo. Era stato condotto, ci dice lui stesso, in
parte dalla critica di Mademoiselle Ferrand, alla dottrina di Locke,
per la quale i sensi ci danno per la conoscenza intuitiva degli
oggetti, come ad esempio accade per l'occhio che individua
naturalmente gli oggetti, le forme, le posizioni e le distanze. Le
sue discussioni con Mademoiselle Ferrand lo convinsero a considerare
le questioni su cui era necessario studiare i nostri sensi
separatamente, per distinguere precisamente quali idee avevamo di
ogni senso, per osservare come i sensi si formano, e come un senso
influisce sull'altro. Il risultato, era sicuro, ci mostra come tutte
le facoltà umane e le conoscenze sono trasformate in
sensazioni, con l'esclusione di qualsiasi altro principio, come la
riflessione.
Il piano del libro si sviluppa con l'autore che immagina una statua
organizzata nel suo interno come l'uomo, animata da un'anima che non
ha mai ricevuto nessuna idea, nella quale nessun senso-impressione
è mai penetrato. Egli libera i suoi sensi uno per uno,
iniziando dagli odori, che contribuiscono per primi alla conoscenza
umana. Con la prima esperienza dell'odore, la coscienza della statua
è interamente occupata da questa esperienza; e questa
occupazione è attenzione. L'odore-esperienza della statua
produrrà piacere o dolore; e il piacere o il dolore
diventeranno il principio-padre che, determinando tutte le
operazioni della sua mente, lo innalzeranno a tutta la conoscenza a
lei possibile. Il passo successivo sarà la memoria, che
è l'impressione prolungata del suo odore-esperienza
sull'attenzione. "La memoria non è altro che un modo di
sentire". Dalla memoria nasce il confronto: la statua sperimenta,
per esempio, l'odore di una rosa, mentre si ricorda quello del
garofano; e "il confronto non è nulla di più che
prestare attenzione a due cose contemporaneamente". Confronti e
giudizi diventano abituali, sono contenuti nella mente e sono
organizzati, in modo da formare il principio base dell'associazione
delle idee. Dal confronto del passato con le esperienze presenti,
rispetto al piacere che donano, nasce il desiderio; il desiderare
determina il funzionamento delle nostre facoltà, stimola la
memoria e l'immaginazione, e provoca passioni. Le passioni, poi, non
esistono, ma sono solo sensazioni modificate.
Queste indicazioni bastano a mostrare l'andamento generale
dell'argomento nella prima sezione del Trattato sulle sensazioni.
Per mostrare lo svolgimento del trattato sarà invece
sufficiente citare le intestazioni dei rimanenti capitoli: "Delle
idee dell'Uomo limitate al Senso dell'Odore", "Della limitazione
dell'Uomo nel senso dell'udito", "La combinazione di Odore e Suoni",
"La sensazione di se stessi, e la sensazione combinata con l'Odore e
i Suoni", "I limiti dell'Uomo nel senso della vista".
Nella seconda sezione della trattazione, Condillac concede alla sua
statua il senso del tatto, che prima lo informa dell'esistenza degli
oggetti esterni. In un'analisi molto attenta ed elaborata, distingue
i vari elementi del nostro tatto-esperienza del proprio corpo, il
contatto degli oggetti estranei al proprio corpo, l'esperienza del
movimento, l'esplorazione della superficie con le mani: segue lo
sviluppo delle percezioni della statua delle dimensioni, delle
distanze e delle forme. La terza sezione si occupa della
combinazione del tatto con gli altri sensi. La quarta sezione si
occupa dei desideri, delle attività e delle idee di un uomo
isolato che prende possesso di tutti i sensi; alla fine vengono
riportate delle osservazioni su di un "ragazzo selvaggio" che viene
trovato vivere tra gli orsi nelle foreste in Lituania.
La conclusione di tutto il lavoro è che nell'ordine naturale
delle cose tutto ha la propria sorgente nella sensazione, ma questa
sorgente non è egualmente distribuita in tutti gli uomini;
gli uomini differiscono notevolmente nel grado di chiarezza con cui
essi la sentono; e, concludendo, quell'uomo non è niente ma
è cresciuto; tutte le facoltà innate e le idee devono
essere spazzate via. L'ultimo verso suggerisce la differenza che
è stata fatta a questa maniera della psicologia dalle moderne
teorie dell'evoluzione e dell'ereditarietà.
Trattato sugli animali
Condillac sostiene che negli animali le abitudini considerate
naturali sono in realtà dovute all'esperienza (cioè
acquisite), quindi l'istinto può essere assimilato
all'intelligenza. Egli attribuisce agli animali tutte le
facoltà umane e confuta così la teoria cartesiana
dell'automatismo degli animali. Condillac infatti nega che la
sensibilità degli animali sia diversa da quella degli esseri
umani: «Se le bestie sentono, sentono come noi».
Corso di studi
I lavori di Condillac sulla politica e sulla storia, contenuti
perlopiù nel suo Corso di studi, offrono pochi spunti di
interesse, eccetto per la dimostrazione della sua vicinanza al
pensiero inglese: egli non ha avuto il calore e l'immaginazione per
essere un buono storico. Nella logica, argomento sul quale scrisse
molto, ebbe meno successo che nel campo della psicologia. Procede
con molte ripetizioni, ma con pochi esempi concreti, con la
supremazia del metodo analitico; sostiene che il ragionamento
consiste nella sostituzione di un'affermazione con un'altra che sia
identica; espone la scienza come un linguaggio ben costruito,
un'affermazione che nel suo Linguaggio dei calcoli cerca di
dimostrare con l'esempio dell'aritmetica. La sua logica ha in
effetti buoni e cattivi punti che noi ci potremmo aspettare di
trovare in un sensazionista che non conosce la scienza ma la
matematica. Egli rigetta l'impianto medievale del sillogismo; ma si
preclude dal suo punto di vista dal capire il carattere attivo e
spirituale del pensiero; né ha avuto quell'interesse nella
scienza naturale e nell'apprezzamento del ragionamento induttivo che
fu la base del principale merito di J.S. Mill. È abbastanza
evidente che la psicologia anti-spiritualistica di Condillac, con la
sua spiegazione del personalità come un aggregato di
sensazioni, conduce direttamente all'ateismo e al determinismo. Non
c'è, tuttavia, motivo di interrogarsi sulla sincerità
con cui ripudiò entrambe le conseguenze. Quello che dice
sulla religione è sempre in armonia con la sua professione; e
ha rivendicato la libertà di esserlo nella dissertazione che
ha poco in comune con il Trattato sulle sensazioni con il quale
è collegato. Il comune rimprovero del materialismo dovrebbe
certamente non essere fatto contro di lui. Lui ha sempre asserito la
sostanziale realtà dell'anima; e nelle parole iniziali del
suo Saggio, «Comunque se noi saliamo in paradiso, o se
scendiamo all'inferno, noi non usciremo mai da noi stessi – è
sempre nostra la possibilità di percepire», noi
ritroviamo quel soggettivismo che costituisce l'elemento centrale
della filosofia di Berkeley.
La sua eredità
Legate com'erano alla scuola di Locke, le idee di Condillac hanno
avuto molto effetto sul pensiero inglese. Negli argomenti legati
all'associazione delle idee, la supremazia del piacere e del dolore,
e con la spiegazione generale di tutto il contenuto mentale come
sensazioni o come sensazioni modificate, la sua influenza può
essere avvicinata a quella di Mill, di Bain e di Herbert Spencer.
Oltre a tutte le proposizioni che vengono enunciate, Condillac fece
un lavoro notevole nella direzione di avvicinare la psicologia alla
scienza.
Il suo metodo, comunque, della ricostruzione immaginaria è
abbastanza lontano dal modo di pensare inglese. Malgrado le sue
proteste contro l'astrazione, l'ipotesi e la sintesi, la sua
allegoria della statua è uno dei più alti livelli
gradi di astrattismo, ipotetico e sintetico. James Stuart Mill si
fermò molto sullo studio delle realtà concrete, mise
Condillac nelle mani di suo figlio più giovane indicandolo
come esempio del pericolo da evitare nel campo della psicologia. Uno
storico moderno (Catherine Hobbs) confrontò Condillac con i
filosofi dell'Illuminismo scozzese e con il pensatore
pre-evoluzionista Lord Monboddo, che aveva una fascino simile con
l'astrazione e le idee.
In Francia, la dottrina di Condillac, così congeniale col
tono della filosofia del XVIII secolo, regnò nelle scuole per
oltre cinquant'anni, scavalcata solo da chi, come Maine de Biran,
diceva di non avere fatto un resoconto sufficiente dell'esperienza
cognitiva. Agli inizi del XIX secolo, gli albori romantici della
Germania si erano diffusi in Francia, e il sensazionismo, il
sensismo venne sostituito dallo spiritualismo eclettico di Victor
Cousin.
La collezione di opere di Condillac fu pubblicata in 23 volumi nel
1798 e altre due o tre volte successivamente; l'ultima edizione
(1822) contiene una dissertazione introduttiva di A. F. Théy.
L'Enciclopedia metodica contiene un articolo molto lungo su
Condillac (Naigeon). Dettagli biografici e critiche al Trattato sui
sistemi si trovano nell'opera di J. P. Damiron Memorie utili ad una
storia della filosofia nel diciottesimo secolo, tomo III; una
critica completa è quella di V. Cousin nel Corso di storia
della filosofia moderna, ser. I, tomo III. Consultare anche F.
Rethoré Condillac o l'empirismo e il razionalismo (1864); L.
Dewaule, Condillac e la psicologia inglese contemporanea (1891).
***
Enciclopedia filosofica Bompiani, vol. 4
di S. Moravia
Filosofo francese n. a Grenoble il 30 sett. 1714, m. a Flux
(Beaugency) il 3 ag. 1780, fu uno dei principali esponenti del
movimento illuministico.
Compiuti regolari studi religiosi, fu ordinato sacerdote (per questo
è spesso menzionato come l'abate Condillac). Non era però uomo di fede,
e da essa fu presto distolto dalla frequentazione degli ambienti
intellettuali parigini, ove stavano rapidamente emergendo i nuovi
principi del pensiero dei lumi. A Parigi era stato portato da un
fratello maggiore, Mably, destinato anch'egli a una brillante carriera
intellettuale (Condillac si chiamava in realtà Bonnot; derivò il
nuovo nome da quello di una proprietà acquistata dal padre nel 1770).
Nella capitale strinse rapporti organici coi principali philosophes del
gruppo dell'Enciclopédie. Non ne condivise però mai le posizioni
filosofiche e politiche più avanzate, restando sempre un moderato.
I suoi principali interessi furono subito per i problemi della conoscenza. Ad essi dedicò alcune delle sue opere più note: l'Essai sur l'origine des connaissances humaines ( 1746) e il Traité des sensations (1754), cui va pure aggiunto il Traité des Systèmes (1749).
Il loro successo fu assai grande, e gli valse la nomina a membro della
prestigiosa Accademia di Berlino nonché un invito a Parma come
precettore del figlio della duchessa Luisa di Borbone. A Parma, dove si
fermò ben nove anni (dal 1758 al 1767), stese una vastissima quantità
di appunti legati alla sua attività didattica, poi confluiti in un Cours d'études in sedici volumi comprendenti un Art d'écrire, un Art de penser, un Art de raisonner, un Dictionnaire des synonimes, un'Histoire generale des hommes et des empires (divisa in un'Histoire ancienne e in un'Histoire moderne, e completata da un saggio teorico De l'étude de l'histoire scritto insieme al fratello Mably).
Terminata per la stampa già nel 1773, quest'opera enciclopedica fu
pubblicata nel 1775 (mentre a Parma vide la luce solo nel 1782 per
problemi di censura ecclesiastica).
Fin dal 1768 Condillac era tornato a Parigi. Presto, però, preferì ritirarsi in campagna, dove sistemò il Cours d'études e scrisse gli ultimi lavori: un'importante Langue des calculs (pubblicata postuma nel 1798) e un altrettanto notevole Le commerce et le gouvernement considérés relativement l'un à l'autre ( 1776).
Tra gli scritti minori sono da ricordare una Dissertation sur la liberté (pubblicata in appendice al Traité des sensations) e un Traité des animaux ( 1755).
La prima ragione del grande rilievo di Condillac nell'illuminismo
francese è che egli fu il principale diffusore e prosecutore, in
Francia, dell'empirismo di Locke. Come il filosofo inglese, anche
Condillac critica ogni gnoseologia d'ispirazione innatistica, fondando
invece l'origine e lo sviluppo delle conoscenze umane sull'opera dei
sensi. Questi recano i dati dell'esperienza esterna al centro, interno
e attivo, dell'anima, che li elabora secondo precise leggi
logico-naturali. Di conseguenza, la gnoseologia di Condillac consta
idealmente di due fasi: una propriamente empiristica, riguardante la
genesi e il contenuto delle sensazioni; l'altra di carattere piuttosto
logico-analitico e linguistico, riguardante l'organizzazione formale
delle vere e proprie conoscenze e la loro espressione attraverso il
linguaggio più idoneo e rigoroso possibile.
La dottrina di Condillac fu denominata sensualisme- in italiano
sensismo, in inglese, spesso, sensationalism. Le sue matrici e la sua
struttura d'assieme dipendono molto, come si è detto, dal pensiero
lockiano. Purtuttavia un attento confronto tra i due filosofi permette
di cogliere anche importanti differenze. Locke ha una visione molto
più realistica dei processi cognitivi. Per lui, che non a caso era di
formazione medica, le sensazioni sono il prodotto dell'opera di
funzioni ancorate all'organizzazione anche fisica dell'uomo. Tali
funzioni appaiono in più modi attive e interagenti, così come lo sono
le strutture corporee che le fondano. Inoltre Locke ammette pure
l'esistenza di un sesto senso, operante all'interno dell'organismo
umano. Niente di tutto ciò in Condillac.
La sensibilità è considerata da lui una proprietà non tanto del
corpo quanto dell'anima (che il philosophe si guarda bene dal
sottoporre a discussione). La genesi e la dinamica delle sensazioni
vengono illustrate senza alcun riferimento a correlati
fisiologico-nervosi, che pure il grande scienziato svizzero Haller
aveva da poco studiato in modo estremamente innovatore e importante.
Infine qualsiasi tipo di sensi interni viene respinto: per Condillac
essi assomigliano troppo a quegli «istinti» cari al pensiero
scolastico di cui non possediamo, cartesianamente, idee chiare e
distinte. Critico, in quest'ultimo caso, della 'vecchia' filosofia,
Condillac le è invece per più versi vicino quando afferma che i
processi della conoscenza, se sono certo nutriti dai dati recati dai
sensi, avvengono peraltro là dove ha sede l'anima. Essi risultano
inoltre organizzati, lo si è già accennato, da una raison spirituale
che opera in modo molto più generale e accentuato di quanto non
avvenisse nell'Essay on Human Understanding lockiano.
Insomma, come non sfuggì già ad alcuni contemporanei, il sensismo
di Condillac divergeva considerevolmente dall'empirismo di Locke. Nel
primo operava in effetti, più di quanto non si creda comunemente,
l'influenza del pensiero cartesiano. Certo, nel Traité des systèmes
(una delle opere più efficaci e felici dell'intera letteratura
philosophique) le concezioni generali di Descartes, e con esse quelle
di Spinoza e Leibniz, erano state brillantemente demolite. Ma la
critica di Condillac riguardava molto più il loro contenuto metafisico
e, appunto, systématique, che non determinate idee e, ancor più, la
lezione metodologica. A quest'ultimo proposito anche Condillac, come
Descartes, crede fortemente nel principio delle idee chiare e distinte
e nelle procedure formali-analitiques,
non a caso assai presenti nelle sue opere maggiori e poi riprese da
molti suoi più o meno autonomi allievi, a cominciare dagli ideologi.
A Descartes (e non lo si ricorda abbastanza) risale anche il
principio-metafora centrale dell'opera più celebre di Condillac, il Traité des sensations.
Tale principio-metafora è quello della statua. Per spiegare il modo in
cui si producono le sensazioni umane. Condillac paragona l'uomo a una
statua. Questa acquisirà le varie sensazioni (la prima attribuita a
modo d'esempio alla statua è il profumo di una rosa ad essa
opportunamente accostata) ciascuna da sola, indipendentemente dalle
altre, secondo un determinato ordine sequenziale: prima l'odore, poi
la visione ecc. Portate dai sensi al loro centro di partenza, esse
verranno ricombinate insieme dall'anima (Condillac, si badi, compara
l'uomo non, come spesso si dice, a una statua ma a una statua animata),
fino a costruire la percezione-conoscenza globale dell'oggetto - nel
caso esemplificato nel Traité la percezione-conoscenza della rosa. Ora
bisogna dire che la tesi della riconducibilità dell'essere umano a una
statua, più precisamente a «statua di terra» dotata di un'anima era
stata elaborata proprio da Descartes nel suo breve saggio L'homme.
Indipendentemente da questioni di connessione filologica tra i due
testi, la parentela appare assai importante in sede concettuale. Essa
aiuta anzitutto a comprendere l'implicita valenza teorica della statua
di Condillac, e quindi dell'uomo che viene ad essa paragonato.
L'inventore della metafora, Descartes, è lo stesso filosofo che in altri testi - in particolare nelle Passions de l'âme
- aveva elaborato quell'interpretazione integralmente meccanicistica
dell'essere umano che poi verrà impiegata da altri per assimilare
quest'ultimo a una «macchina». Pertanto la statue doveva avere qualche
somiglianza con la machine. Tale somiglianza va probabilmente
individuata nella loro comune natura inerte - che è precisamente quanto
verrà contestato sia a Descartes e ai meccanicisti sia a Condillac da
alcuni ideologi di fine secolo, a cominciare da Cabanis. In
particolare l'inerzialità della statua (e dell'essere ad essa
comparato) è accresciuta dal fatto, già prima accennato, che Condillac
paragona in verità l'uomo non a una statua ma a una «statua animata-».
Ciò sembra significare che una statua ut sic doveva apparire al
philosophe un oggetto troppo mécanique, troppo privo di facoltà viventi
e dinamiche per poter giustificare l'avvicinamento di essa all'uomo.
Per questo Condillac le aggiunge, appunto, un'anima - e proprio
all'anima vengono affidate, occorre sottolineare, tutte le funzioni
mentali dell'essere umano.
In sede filosofica e psico-antropologica le conseguenze di ciò sono
assai precise. Consistono nel fatto che le operazioni attive-complesse
dell'uomo vengono affidate, già a partire dalla sensibilità,
esclusivamente a un principio meta-corporeo e meta-empirico. Che è
proprio quanto viene sostenuto nel Traité des sensations,
un testo nel quale risulta delineata, in ultima analisi, una dottrina
idealmente suddivisa tra una concezione dell'esperienza almeno
inizialmente sensista e una teoria della conoscenza (e dell'uomo)
ancora fondata, nonostante cete apparenze, sul tradizionale dualismo
anima-corpo.
Un'ulteriore conferma di ciò sta nell'altra tesi del Traité (qualche
volta un po' trascurata dagli studiosi) secondo cui la conoscenza
viene detta prodursi nell'anima «in occasione» (à l'occasion) dei
messaggi sensoriali. Un principio che pare esprimere un debito non poco
significativo nei confronti di Malebranche, attestante di nuovo la
posizione per più versi conservatrice assunta da Condillac in ambito
gnoseologico.
Un taglio decisamente moderno ha invece la tesi del philosophe per
cui l'opera delle funzioni mentali e la genesi sia delle passioni sia
delle stesse conoscenze sono connesse ai principi del piacere e del
dolore: «Se piacere e dolore sono l'unico principio dello sviluppo
delle nostre facoltà [...], le nostre conoscenze e passioni sono
effetti del piacere e del dolore che accompagnano le impressioni dei
sensi».
Non è forse un caso che vari studiosi, mettendo per un momento da
parte le opere più note di Condillac, abbiano guardato con nuovo
interesse e attenzione ad altri suoi testi. Ad esempio nell'amplissimo
Cours d'études - abbozzato,
come si è accennato, a Parma e poi completato dopo il ritorno in
Francia - vi sono molte parti assai significative. Di notevole
rilievo appaiono, in particolare, sia le indagini storiografiche
svolte da Condillac sia (e ancor più) l'atteggiamento estremamente
positivo da lui assunto nei confronti della storia in quanto tale,
della sua importanza per l'educazione e il sapere dell'uomo e delle
questioni metodologico-epistemologiche che un suo studio serio
comporta.
Un valore filosofico non inferiore hanno poi le riflessioni di Condillac sulla logica, consegnate soprattutto a una Logique pubblicata nel 1780. In questo caso l'autore del Traité des sensations
veniva a trovarsi all'interno di un dibattito teorico di vaste
dimensioni, e ancora assai aperto. Da un lato sussistevano in più modi
le dottrine scolastiche tradizionali, per le quali la logica si
configurava come l'articolazione categoriale della stessa ontologia
del mondo - articolazione che occorreva riesprimere in sede formale
secondo un'architettura concettuale ed espressiva estremamente
complessa. Da un altro lato si profilavano invece posizioni di opposta
ispirazione, per le quali la logica aveva a che fare con
l'organizzazione del sapere e del discorso umano concepiti in una
prospettiva essenzialmente pratica (legata cioè agli obiettivi
perseguiti nelle concrete indagini e programmi di ricerca). Ma se
quest'ultima interpretazione della logica era almeno in parte fondata,
allora essa andava liberata (a tacere del resto) da una sua concezione
in qualche modo al singolare, per essere costituita invece al plurale
- cioè come «molte» logiche nessuna delle quali poteva pretendere a uno
statuto di oggettività e universalità assoluta.
Condillac sembra per più versi consapevole della grande
problematicità e delicatezza di tali questioni. Il rifiuto delle
posizioni di ascendenza lato sensu scolastica è netto. Più sfumato,
invece, il suo atteggiamento nei confronti dell'altra alternativa
evocata sopra. Per certi aspetti, presenti anche nelle sue riflessioni
sul linguaggio, egli appare sensibile a istanze che si potrebbero
definire pluralistiche o pragmatiche (anche se questi termini moderni
non appartengono al suo lessico intellettuale). Per altri aspetti la
sua ambizione philosophique si collega a un assunto di assai diverso
orientamento: quello secondo cui i principi logici, benché assai vari
in sede applicativa, derivano in ultima istanza tutti da un'unica
matrice, la cui validità è data dal suo coincidere con la natura stessa
del pensiero. Respinta in ambito ontologico-metafisico,
l'oggettività/universalità della logica viene così recuperata in una
sede che si potrebbe definire, entro certi limiti, psicologica.
Per Condillac, come per vari altri philosophes, la natura, ben lungi dall'identificarsi solo con l'oggettività del mondo esterno, può esprimere anche un diverso ordine: quello, appunto, del pensiero (qui svincolato da presupposti connessi con l'esistenza di un'àme più di quanto non fosse nel Tratte des sensations) in quanto prodotto delle funzioni intellettive governate - come tutto quanto si dà nell'esperienza - da vis naturelles non modificabili da eventi o situazioni contingenti.
Assai importante è pure la riflessione di Condillac sul linguaggio.
Qui egli riprende e sviluppa una duplice tematica parimenti assai
sentita nel pensiero illuministico: da un lato quella della natura e
delle funzioni del linguaggio medesimo, dall'altro quella
dell'organizzazione dei dati linguistici in sede grammaticale e
sintattica. Sotto il primo profilo egli offre una concezione molto
ampia e innovatrice del linguaggio. Il suo merito iniziale è di
considerarlo come un veicolo anzitutto espressivo e comunicativo. Da
questo punto di vista Condillac vi include con molta apertura teorica
anche i mezzi in apparenza più semplici ed elementari, quali le grida
più inarticolate e i gesti puramente corporei. L'insieme di tali mezzi
è chiamato il linguaggio dei «segni naturali». Ad esso viene aggiunto
un altro e più noto linguaggio, quello dei cosiddetti «suoni
articolati». Con tali suoni l'uomo è in grado, per il padre del
sensismo, di dare nomi alle cose - nomi che, su tracce lockiane,
vengono assai modernamente definiti «arbitrari» (cioè connessi non
tanto a una pratica univoco-necessaria quanto a una relativa libertà di
scelta e d'uso da parte degli uomini), finalizzati a istituire
relazioni complesse e diversificate sia delle cose tra loro sia tra i
vari esseri umani. Una delle prove della (pur relativa) libertà e
«culturalità» di questo tipo di linguaggio è che esso appare
suscettibile d'essere modificato e perfezionato in relazione ai bisogni
e agli interessi degli uomini. Generalmente tale perfezionamento si
identifica con un processo di graduale astrazione, che consente di
usare un linguaggio sempre più unitario e costante per designare una
vasta molteplicità di dati e fenomeni.
Il rilievo di questa funzione linguistica del punto di vista
cognitivo è per Condillac così forte ed efficace da spingerlo ad
affermare che, sotto un certo profilo, la scienza è essenzialmente
«una lingua ben fatta». Data tale prerogativa del linguaggio, non
sorprende che il philosophe abbia concentrato in qualche scritto la
propria attenzione sui linguaggi epistemologi-camente più elaborati e
raffinati. È il caso, in particolare, del linguaggio matematico al
quale, riprendendo tesi di ascendenza cartesiana, Condillac
attribuisce nella sua Langue des calculs particolari proprietà
cognitive e formali. La filosofia del linguaggio di Condillac appare
moderna soprattutto per queste ultime tesi, nonché per la già notata
l'accentuazione della pluralità dei veicoli e delle funzioni
linguistiche e per l'enfasi sui fini comunicativo-sociali di essi.
Invece il principio dell'«arbitrarietà del segno» (già adombrato in
Locke) appare ancora distante dalle concezioni primo-novecentesche a
tale riguardo (si pensi a de Saussure) in quanto Condillac, pur avendo
separato i segni linguistici dai fatti reali, sembra sottoporre i primi
all'assai vincolante legislazione naturelle che governa la vita
psichica.
Questioni teoriche non toto coelo diverse da quelle cui si è appena
accennato sono presenti nella riflessione economica di Condillac,
espressa soprattutto nella notevole opera, già ricordata sopra, Le Commerce et le Gouvernement considérés relativement l'un à l'autre
( 1776). In essa il philosophe critica radicalmente la stretta
connessione tra il concetto di valore e la natura teorizzata dalla
fisiocrazia e da Turgot. A suo avviso, il valore non possiede un
referente di genere naturel. Esso si fonda invece sulla «stima» di un
determinato bene calcolata dal venditore e dal compratore. Tale stima
dipende non già da qualità oggettive (tanto meno naturali) del bene,
bensì da considerazioni soggettive di utilità, nonché dai bisogni e
desideri (pur essi soggettivi) di determinati individui.
Questi e altri principi eserciteranno una forte influenza sulle
concezioni economiche dell'idéologue Destutt de Tracy e
dell'importante economista (anch'egli esponente del movimento
idéobgique) Jean-Baptiste Say.
In sede economico-sociale e politica Condillac si schierò a favore
del principio di libero scambio, assunse precise posizioni in tema di
salari e imposte e criticò, a differenza di altri philosophes,
l'egualitarismo sociale.