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Trento, Concilio di Concilio universale, riunito per tentare la
riconciliazione con i protestanti, stabilire il controllo da parte
della Chiesa sull'ortodossia cattolica e riformare la vita del
clero.
Le diverse fasi
La storia del Concilio fu alquanto complessa a causa delle
implicazioni politiche che esso comportava, del permanente stato di
guerra tra Francia e Impero e delle forti resistenze curiali. La
convocazione del Concilio, fortemente voluta dall'imperatore al fine
di cercare un accordo con i protestanti, era avversata dalla Santa
Sede che temeva di non potervi esercitare il proprio diretto
controllo. L'assemblea fu convocata la prima volta nel 1537 a
Mantova e una seconda volta a Trento nel 1542, dove i padri
conciliari riuscirono finalmente a riunirsi solo nel dic. 1545.
Questa sede fu scelta al confine tra l'Italia e l'Impero proprio per
sottolineare la volontà di trovare un compromesso con il
mondo riformato. Tuttavia i contrasti tra il papa e l'imperatore
bloccarono i lavori dell'assemblea, che fu spostata da Trento a
Bologna nel 1547 per volere di Paolo III e infine sospesa nel 1549
in seguito alle proteste imperiali. Nel 1551 il Concilio fu
riconvocato a Trento da Giulio III, ma l'anno dopo fu nuovamente
interrotto a causa di altre guerre. Durante il pontificato di Paolo
IV Carafa (1555-59) esso subì una battuta d'arresto e si
assistette a una svolta autoritaria della Chiesa di Roma con
l'intensificarsi dei processi inquisitoriali e del controllo sulla
circolazione dei libri. Il Concilio concluse i lavori solo nel
1562-63 con l'elezione al soglio pontificio di Pio IV (1559-65). Nel
corso di queste sessioni vi fu sempre una preminenza di vescovi
italiani su quelli spagnoli, imperiali e francesi, i quali ultimi
parteciparono solo all'ultima convocazione. Nessun rappresentante
del mondo riformato vi prese parte.
I decreti del Concilio
Il Concilio approvò nelle prime riunioni i decreti
riguardanti le dottrine controverse e, in seguito, alcuni importanti
provvedimenti di riforma volti a riorganizzare e rafforzare le
strutture ecclesiastiche (→ Controriforma).
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Dizionario di Storia (2011)
Trento, Concilio di
Concilio universale, fra i più importanti della Chiesa
cattolica (1545-63). A premere per la convocazione di un concilio
era stato soprattutto Carlo V, già nel tempo di Clemente VII:
per il suo disegno imperiale la pacificazione della Germania e la
riforma della Chiesa risultavano essenziali. Il papato e la Curia
opposero, finché poterono, resistenza al progetto, per timore
che riapparissero le istanze conciliariste e per le temibili, dal
loro punto di vista, conseguenze di una riforma dottrinale e
disciplinare: lo fecero differendone di continuo la convocazione, ma
anche favorendo tentativi di riforma senza concilio, quale quello
che nel 1536-37 portò all’elaborazione del Consilium de
emendanda ecclesia. Fu la Pace di Crépy (1544), che impegnava
Carlo V e Francesco I a favorire la convocazione di un concilio e a
rispettarne le decisioni, a obbligare Paolo III all’organizzazione
dell’assise nella città imperiale di Trento.
I lavori iniziarono nel dic. 1545, sotto la guida dei legati
pontifici e senza la partecipazione dei protestanti. Subito si
discusse se il concilio dovesse iniziare a trattare di riforma
disciplinare della Chiesa, come chiedeva, con altri, Carlo V, o di
questioni dottrinarie, come auspicava il papa. Si decise che le due
prospettive dovessero coesistere, ma Paolo III riuscì a
imporre da subito le deliberazioni sulla dottrina, il che gli
consentì di scavare un solco che impedisse qualsiasi tipo di
intesa col mondo riformato (e differisse i rischiosi provvedimenti
disciplinari). Alla tradizione storica della Chiesa romana fu
così attribuita la stessa rilevanza della Sacra Scrittura;
venne condannata la dottrina della giustificazione per fede e
ribadita l’efficacia dei sette sacramenti.
I dissapori con Carlo V spinsero il papa a trasferire nel marzo 1547
il concilio a Bologna col pretesto di una epidemia. La contestata
decisione portò a una sospensione dell’assise che durò
fino al maggio 1551, quando i lavori ripresero a Trento senza troppa
convinzione per interrompersi il 28 apr. 1552. La nuova sospensione
durò 10 anni: nel 1555 la Pace di Augusta aveva intanto
risolto in modo spregiudicato la crisi religiosa in Germania, e papa
Paolo IV era contrario al concilio.
L’assise tornò a riunirsi a Trento il 18 genn. 1562 dopo una
lunga trattativa tra papa Pio IV, la Francia, la Spagna e l’impero.
Tra grandi contrasti, anzitutto legati alle diverse concezioni della
Chiesa, quella papocentrica e quella dovuta a una visione
episcopalista, si dettarono norme sull’ordinamento delle diocesi
ribadendo tra l’altro l’obbligo della residenza per i vescovi (non
dovuta però de iure divino, il che consentiva ai papi di
accordare dispense), elencando i loro doveri e prescrivendo infine
l’erezione dei seminari per la formazione del clero (15 luglio
1563). Vennero regolati i sinodi provinciali e diocesani, che
dovevano tenersi a intervalli regolari e ravvicinati ed essere
accompagnati da visite nelle diocesi. La notizia della malattia del
papa affrettò la conclusione dell’assemblea, che fu
proclamata il 4 dic. 1563.
I canoni del concilio, che in pratica furono recepiti senza
condizioni solo nella Penisola Italiana, non furono pubblicati
se non nel 20° sec.: solo una speciale congregazione poteva
consultarli e interpretarne il contenuto.
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Controriforma La vasta azione svolta dalla Chiesa cattolica nel
16° sec. e in parte del 17° per restaurare una più
intensa, viva, sincera e disciplinata vita religiosa, realizzando
quella «riforma nel capo e nelle membra», già
discussa nei concili del 15° sec. e resa ancor più
urgente dal dilagare della Riforma protestante nel 16° sec. (v.
fig.).
Religione
La C. operò nel campo del dogma e in quello della disciplina
ecclesiastica, tra il clero e il laicato, con mezzi religiosi,
politici, giudiziari, sul terreno culturale e su quello delle armi;
agì con particolare intensità tra il quinto e il nono
decennio del 16° sec., ma la sua opera si protrasse sino a che,
con la pace di Vestfalia (1648), apparvero ormai decise le sorti
religiose d’Europa e tracciati i confini territoriali fra le
confessioni.
Sul terreno dogmatico, l’opera della C. si concentra particolarmente
nell’attività del Concilio di Trento (1545-63) volta a
fissare il dogma cattolico nei punti in cui il protestantesimo aveva
rinnegato principi tradizionali, o interpretato in modo nuovo la
Sacra Scrittura e i Padri della Chiesa. In particolare il Concilio
di Trento fissò il dogma del peccato originale e quello della
giustificazione per la fede e per le opere, condannando il principio
luterano della giustificazione per la sola fede, indipendentemente
dalle opere, e affermando il valore del libero arbitrio persistente
anche dopo il peccato originale. Anche nel campo della riforma
disciplinare il concilio svolse opera essenziale, dando norme per la
scelta e l’azione dei cardinali e dei vescovi e condannando il
nepotismo. Fuori dal concilio, i papi diedero infinite disposizioni
volte a evitare il continuarsi di mali, per lo più da
lunghissimo tempo deplorati, ma ai quali non si era mai riusciti a
porre riparo. Ai papi si affiancarono ecclesiastici eminenti come s.
Carlo Borromeo, s. Alessandro Sauli, i beati Paolo Burali d’Arezzo e
Giovanni Giovenale Ancina, il cardinale Gabriele Paleotti e altri.
Grandi artefici dell’intera opera riformatrice furono i nuovi ordini
religiosi, principalmente la Compagnia di Gesù, e poi
teatini, somaschi, barnabiti, ospedalieri di s. Giovanni di Dio,
ministri degli infermi, chierici regolari della Madre di Dio,
chierici regolari minori, scolopi. A questa fioritura di nuovi
ordini religiosi si accompagnò la riforma degli antichi:
sorsero così i cappuccini, i carmelitani scalzi, i romitani
scalzi di s. Agostino. Nel complesso con la Controriforma, i diritti
della gerarchia diedero luogo a un’organizzazione sempre più
forte e disciplinata; il primato papale affermò con sempre
maggiore fermezza i suoi attributi.
Caratteristica della religiosità della C. fu, nel campo
morale, una maggiore benignità, un senso più vivo e
una valutazione più estesa di tutte le condizioni
psicologiche degli atti umani. Lo spirito di mortificazione della
carne rimase parte essenziale della pietà cattolica, ma
scomparvero o si attenuarono certe forme di aspra e pubblica
penitenza. Aumentò anche grandemente la cura per il
miglioramento del costume degli ecclesiastici, l’attività
sociale e benefica del clero: l’importanza del sacerdozio, che era
stato elemento vitale sin dagli inizi della Chiesa cattolica, ne
risultò ancora accresciuta, anche se qualche laico assurse a
figura di primo rango nella vita della Chiesa, così come
molti ecclesiastici i quali ebbero in essa un’importanza senza alcun
rapporto con la loro posizione gerarchica.
La C. lottò contro l’eresia, non soltanto attraverso un’opera
polemica in difesa dei principi cattolici, ma soffocando con mezzi
repressivi ogni focolaio di eresia nei paesi cattolici. Quest’opera
fu in particolare modo affidata all’Inquisizione. Connessa
all’operato di questa, fu l’attività di prevenzione, che si
esplicò soprattutto nel campo librario con la censura
preventiva (sottoposizione all’imprimatur) e repressiva (istituzione
dell’Indice dei libri proibiti).
A tutte le attività in cui si concretizzò la C. va
aggiunta quella politica e militare, che la Chiesa non poté
realizzare da sola, ma che non cessò fin dall’inizio di
raccomandare agli Stati, incoraggiando le imprese volte a vincere
sui campi di battaglia gli eretici e a sgominarne le coalizioni. La
storia della Controriforma comprende pertanto quella delle guerre di
religione. La Germania fu il loro campo principale, dalla formazione
della lega di Smalcalda alla pace di Vestfalia. Infine, è da
menzionare l’opera delle missioni, specialmente gesuitiche, che
portarono il cattolicesimo non solo fra gli indigeni dell’America
Meridionale, ma in Etiopia, in India, in Cina, in Giappone. Nella
stessa direzione di riconquista ed espansione della Chiesa cattolica
si accentuarono gli sforzi verso l’unione delle chiese e il
‘recupero’ dei cristiani ortodossi, con conseguente impegno,
religioso e militare, per l’allontanamento dei Turchi dall’Europa
centrale e dai Balcani.
Arte
Nell’ambito dell’arte il concilio di Trento si pronunciò in
maniera piuttosto generica: riallacciandosi alle decisioni del
Secondo Concilio di Nicea, ribadì la liceità e
validità delle immagini sacre e ne affidò agli
ecclesiastici la disciplina e il controllo. La politica figurativa
della C. si volse, perciò, soprattutto a combattere le
licenze e gli abusi nel campo iconografico, insistendo sull’esatta
aderenza ai fatti della storia cristiana e alle verità
teologiche, sfrondati da ogni elemento proveniente da tradizioni
apocrife o popolari, e spinse a evidenziarne i valori edificanti.
Questo rigido atteggiamento comportava anche l’eliminazione di
elementi profani e un particolare controllo sulla decenza delle
immagini: esemplari, a questo proposito, possono essere il processo
intentato nel 1573 dal tribunale dell’Inquisizione a Paolo Veronese
che nella Cena in casa Levi (Venezia, Gallerie dell’Accademia) aveva
introdotto cani, nani, buffoni non menzionati dal testo biblico e
sconvenienti a un episodio sacro, e ancor più gli aspri
attacchi cui fu sottoposto il Giudizio universale di Michelangelo
nella cappella Sistina per l’indecenza dei nudi, per l’introduzione
di figure come quella di Caronte, per la raffigurazione degli angeli
senza ali ecc. Ma accanto a questa rigida posizione, che trova
espressione in uno dei due dialoghi pubblicati nel 1564 da G.A.
Gilio (Degli errori e degli abusi de’ pittori circa l’historie) e,
in maniera più profonda e sistematica, nell’opera di G.
Paleotti (Discorso intorno alle immagini sacre e profane, 1582), e
all’analogo atteggiamento nei confronti della musica (il
contrappunto, gli improvvisi o il diminuendo, che rendevano
incomprensibili le parole, furono eliminati, come anche furono
epurati i motivi popolari sui quali spesso si cantavano le parole
della messa), nel panorama artistico e religioso della C. trovarono
spazio movimenti e personalità di carattere completamente
diverso: grazie all’opera dei gesuiti e soprattutto a tipi di
organizzazione quale quella degli oratori, si coltivarono nel campo
delle arti figurative, della musica e del teatro, espressioni che
facendo leva sul sentimento risultarono più efficaci e
coinvolgenti strumenti di propaganda. Nell’ambito della politica
della C. va ancora ricordato l’unico testo che con scrupolosa
meticolosità affronti il problema dell’architettura sacra: le
Instructiones fabricae et supellectilis ecclesiasticae che s. Carlo
Borromeo pubblicò nel 1577.