Cattolici intransigenti

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Per cattolici intransigenti, in contrapposizione con cattolici liberali, si intendono i fautori di quella linea di pensiero che, specialmente a partire dal terzo decennio del XIX secolo e per tutto il secolo, contraddistingue parte del clero e del laicato cattolico.

Di fronte al concetto di libertà moderna del liberalismo, che ritrova una formulazione teorica nella rivoluzione francese, e che si svilupperà con sempre maggiore costanza ed in modo inarrestabile nel corso dell'Ottocento, l’atteggiamento del mondo cattolico non eterodosso è stato quello di un netto rifiuto: in sé il liberalismo è perverso, dunque le sue dottrine sono da rigettarsi in blocco. Caratteristiche generali Un forte conservatorismo

Non nuovo di quest'epoca, ma che ora trae dagli orrori della rivoluzione francese nuovo stimolo. Inoltre c'era la constatazione dei mali sociali causati dalla rivoluzione con il rovesciamento dell’ordine antico.

La difesa del potere temporale 

L'intransigentismo italiano si rivelò soprattutto nella difesa del potere temporale e nella lotta contro le leggi anticlericali. Il potere temporale veniva difeso con due motivazioni principali: la Chiesa necessita di beni materiali per la sua sussistenza e la libertà spirituale del Papa richiede la piena indipendenza da ogni autorità temporale . Un certo spirito manicheo 

Era poi vivo in molti ambienti ecclesiastici e non, un certo spirito manicheo, che porta a considerare cattivo tutto ciò che non è ancora elevato all’ordine soprannaturale; che divide semplicisticamente il mondo in buoni e cattivi (distinzione che compare spesso nell’Ottocento nel carteggio della Segreteria di Stato). Ogni proposta degli avversari della Chiesa cattolica o di coloro che ne erano solamente lontani sono considerate sotto una luce sfavorevole, anche quando non contengono nulla contro la fede e i costumi. Questa mentalità è evidente in tutti i campi: - le filosofie dell'Ottocento sono "aberrazioni dell'uomo abbandonato alle vertigini del suo orgoglio"; - le innovazioni tecniche sono guardate con diffidenza; - l'uguaglianza e la promozione delle classi meno abbienti e la diffusione dell’istruzione sono pericolosissime.

Critica al liberalismo 

Gli intransigenti muovevano una critica serrata alle lacune ed agli errori del liberalismo, ossia: la ragione umana come unico criterio di verità, l'indifferentismo sistematico, il misconoscimento della rivelazione, lo Stato fonte di tutti i diritti della persona umana, la religione ridotta a funzione sociale. Questi errori minavano la fede soprattutto nelle masse ed erano accompagnati da una politica che ledeva gravemente i diritti e la libertà della Chiesa. Difesa delle strutture cristiane della Società.

Nel campo pratico gli intransigenti si preoccupavano della difesa delle strutture cristiane della società. Ma la preoccupazione di difendere la dimensione religiosa e cristiana della società, comprensibilissima, era concretizzata spesso con una tattica discutibile e storicamente errata. Gli intransigenti infatti non concepivano altra forma di società cristiana che non fosse quella dell'ancien régime. Si continuò così: - a difendere una società organizzata gerarchicamente - a concepire una società religiosamente unita, in cui la fede cattolica era considerata l'unico e solo fondamento dello Stato - a vedere i diritti civili e politici subordinati alla fede e alla pratica religiosa - ad opporsi all'emancipazione civile e politica degli acattolici, all'effettiva promozione del proletariato, alla libertà di stampa, al regime parlamentare, ad un maggior distacco fra Stato e Chiesa, all'indipendenza degli Stati (in base al principio che, in caso di conflitto tra le tendenze nazionali e i diritti dei sovrani, prevalgono questi ultimi).

Secondo Andrea Riccardi l'intransigenza cattolica «è stata qualcosa di più che una serie di battaglie contro nemici esterni; ha realizzato una ricomposizione profonda della Chiesa dopo la sua emarginazione dai quadri istituzionali. L'intransigenza resta un modo di ricostruire e rafforzare la Chiesa e non solo di opporsi al mondo moderno.»

Alcuni esponenti del cattolicesimo intransigente Joseph de Maistre Félicité Robert de Lamennais (periodo «intransigente» 1809-1826) Alberto Monroy Stagno d'Alcontres Pietro Stagno Monroy d'Alcontres

L'intransigenza in Italia durante la Restaurazione e il Risorgimento In genere la cultura italiana conservatrice subisce l'influsso del primo Lamennais e di Joseph de Maistre. Questi è ripreso dai teologi per affermare l'azione riformatrice della Chiesa e l'infallibilità papale; le opere del bretone sono diffusissime (almeno fino al 1829, quando Lamennais passa al campo opposto).

Troviamo intransigenti tra il clero (il gesuita poi teatino Gioacchino Ventura di Raulica, l’abate Baraldi, il domenicano Jabalot), tra l'aristocrazia (Cesare Taparelli d’Azeglio, padre di Luigi, Massimo e Roberto, Clemente Solaro della Margarita, a lungo ministro di Carlo Alberto, il deputato Ignazio Costa della Torre, Antonio Capece Minutolo principe di Canosa, ecc.) e nell'alta borghesia professionale ed universitaria (soprattutto nel centro-nord della penisola). Non va dimenticato l'arcivescovo di Torino, Luigi Fransoni.

Mezzi di comunicazione intransigenti:

periodici: (Ventura a Napoli, 1821), Giornale ecclesiastico di Roma (Jabalot, Ventura, 1825), Memorie di religione, morale e letteratura (Baraldi a Modena, 1822), Pragmatologia cattolica (Lucca dal 1822), L'amico d’Italia (D’Azeglio a Torino, 1822-1829). Dopo il 1830 molti di questi chiudono, ma se ne aprono altri più radicali: La voce della Ragione (Pesaro, 1832-1839), La voce della verità (Modena, 1831-1841); L'Armonia (Giacomo Margotti a Torino) opuscoli teoricamente inconsistenti, utopici: I pifferi di montagna di Antonio Capece Minutolo, i Dialoghetti sulle materie correnti nell’anno 1831 e Le illusioni della pubblica carità di Monaldo Leopardi.

Caratteristiche dell'intransigentismo italiano:

opposizione al liberalismo: principio generale è che si può accettare la libertà per tutti quando i cattolici sono in minoranza, mentre ove essi sono in maggioranza non si può accettare la libertà (dei culti specialmente); ci si oppone alla Restaurazione non perché antistorica, ma perché è un compromesso fra vecchio e nuovo, perché non è un puro ritorno all'antico;

necessità della religione come base dell'ordine sociale: la religione ha una funzione sociale (riprese le idee del De Maistre) ed è l'unico fondamento dello Stato (affermazione detta proprio in un periodo in cui si stava lentamente attuando una nuova base dell'unità politica, l'identità di interessi politici dei cittadini); difesa di una società ufficialmente cristiana e gerarchica: affermazione cioè del principio di uno Stato cattolico che discrimina i cittadini secondo le confessioni; da qui l'opposizione all'emancipazione degli ebrei, diffidenza verso l'istruzione di Stato;

diffidenza e condanna di molte innovazioni: ferrovie, illuminazione a gas, scuole magistrali (per insegnare un metodo); legittimismo: ogni rivoluzione è illecita, fosse pure quella dei Greci contro i Turchi. Lo stesso Risorgimento italiano viene comparato alla rivoluzione francese, vista in chiave antireligiosa e venne chiamato di conseguenza, con accezione negativa, Rivoluzione italiana.

ultramontanismo e antigiansenismo: il primo spiega il progressivo rafforzamento del potere papale almeno inizialmente per un moto dal basso.

Lo stesso Collegio dei cardinali era diviso fra gli zelanti, intransigenti, e i politici, propensi ad una conciliazione con il mondo moderno.