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s. m. [der. di calligrafico]. – Termine adoperato dapprima (1922) da
G. A. Borgese per indicare la tendenza stilistica degli scrittori
contemporanei a dare eccessiva importanza all’esteriorità
formale, trascurando o curando poco il contenuto, ed entrato poi nel
linguaggio della critica letteraria e artistica e del giornalismo,
durante le polemiche sorte intorno al neorealismo, per designare
l’atteggiamento e il gusto a esso opposti, cioè il
formalismo.