Bodrero Emilio
www.treccani.it
Storico della filosofia e uomo politico italiano (Roma 1874 - ivi
1949); deputato al parlamento (1924-34) per due legislature,
senatore dal 1934 al 1944, fu (1925-28) sottosegretario
all'Educazione nazionale. Prof. di storia della filosofia a Messina
(1914-15) e poi (1915-40) a Padova, dal 1940 di storia e dottrina
del fascismo a Roma, si è occupato del pensiero antico, e
particolarmente dei presocratici: Il principio fondamentale del
sistema di Empedocle (1905), Eraclito (1910), Protagora (2 voll.,
1914).
*
DBI
di Armando Rigobello
Nacque a Roma il 3 apr. 1874 da Vittorio e da Paola Papa. Laureatosi in
giurisprudenza nel 1895, entrava nell'amministrazione dello Stato, come
impiegato della Corte dei conti. Nel 1900 conseguiva la laurea in
filosofia e nel 1901 quella in lettere.
Dedicatosi agli studi di filosofia antica, si interessò particolarmente
al pensiero presocratico. L'analisi dei contenuti speculativi del
pensiero greco non andava in lui disgiunta da un solido approccio
filologico, stimolato in ciò dalla frequentazione di una cerchia di
appassionati cultori del mondo classico, da A. De Bosis e E. Romagnoli
a L. Valli. L'attenzione del B. si rivolse soprattutto alle figure di
Empedocle, Eraclito e Protagora. Nel 1905 usciva a Roma il suo lavoro
su Il principio fondamentale del sistema di Empedocle e nel 1910 a
Torino il saggio su Eraclito, che sollevò, a seguito di un aspro
giudizio del Gentile (sulla Critica, VIII [1911], pp. 291-94),
strascichi polemici sulle colonne della Voce (III [1911], nn. 8, 9 e
10), della Rassegna contemporanea e delle Cronache letterarie, ad opera
del Croce e del Graziussi, da un lato, di Picardi, Bontempelli e
Romagnoli, dall'altro. Il Protagora (Bari 1914) è in due volumi: uno
illustra la vita e il pensiero del sofista, il secondo ne fornisce i
testi, ossia ne raccoglie i frammenti e le testimonianze e contiene una
nuova traduzione e il commento dei due dialoghi platonici che con
Protagora hanno relazione: il Protagora e il Teeteto.
La riflessione filosofica del B. sulle origini della filosofia greca si
inscrive entro una generale tematica storiografica che dal naturalismo
presocratico porta all'antropologia socratica e infine all'idea di Dio.
Una dialettica dell'Assoluto che, nelle sue interne contrapposizioni,
apre la via all'ulteriore accoglimento del messaggio cristiano.
L'attività scientifica portò il B. all'insegnamento universitario: dopo
aver conseguito nel 1914 la libera docenza in storia della filosofia,
nel 1915 vinceva il concorso per la cattedra all'università di Messina.
Appartengono a questo periodo una serie di lavori che si muovono
nell'area culturale del mondo ellenico: dello stesso anno sono
l'edizione e traduzione italiana di alcune opere di Luciano di
Samotracia, Timone, Icaromenippo, Dialoghi delle cortigiane (Genova
1913) e i Giardini di Adone (Roma 1913), un volume ove spesso è ripresa
la forma greca del dialogo. Lo stesso taglio letterario hanno il
Congresso dei filosofi e la Consolazione della filosofia (San Casciano
1908), che ricordano appunto nella forma i Dialoghi dei morti di
Luciano. Quest'ultimo volume si chiude poi con il Panegirico
dell'aviatore, in cui i motivi della mitologia greca si incontrano con
l'entusiasmo e l'attivismo quasi dannunziano degli anni immediatamente
precedenti la grande guerra.
Attiva fu del resto la partecipazione del B. alle polemiche culturali e
politiche del primo quindicennio del '900. Nel 1903 iniziava la sua
collaborazione a Il Regno, a cui seguiva la sua adesione al
nazionalismo. E l'esperienza nazionalistica rimase nel B., anche in
seguito, ferma alle premesse "letterarie" e "mitologiche" di quei primi
anni di vita del movimento. Nel gennaio 1909 era tra i fondatori della
rivista Il Carroccio con Giulio De Frenzi, Maurizio Maraviglia,
Vincenzo Picardi, Ercole Rivalta, Franco Savorgnan. Su quelle colonne
l'ermetica chiusura alle esperienze intellettuali del tempo si rivelava
nell'arida manipolazione della tradizione culturale italiana, al di là
degli stessi spunti nietzschiani e della tematica nazionale del Barrès.
Ne è una testimonianza tra le altre l'entusiastica riproposizione del
classicismo carducciano svolta dal B. in polemica con La Voce
(Leservitù intellettuali, in Il Carroccio, 15 apr. 1910).
Del resto il processo di puntualizzazione del programma nazionalista
che data dal congresso fiorentino dell'Associazione nazionalistica
(1910), l'analisi sociale e politica, le possibili soluzioni di potere
che esso prendeva a impostare lo posero subito in aperto dissenso. Nel
congresso di Roma (20-22 dic. 1912) sottoscriveva l'o.d.g. di P. Arcari
e L. Valli, che si contrapponeva a quello di E. Corradini e di R.
Forges Davanzati, mettendo in luce come quest'ultimo conducesse "a fare
del nazionalismo una tendenza conservatrice... travolgendolo nella
lotta di classe" (Arcari, App., p. 19).
Il "programma" dissidente doveva poi essere svolto nel 1914 sull'Azione
di Milano, diretta da P. Arcari e da A. Caroncini, e che fu fino al
1915 l'organo dei liberali nazionali. Collaboravano del resto a questa
rivista, tra gli altri, G. Boine, G. Amendola, A. Anzillotti, A.
Casati, dando all'iniziativa un'apertura politica che in connessione
con la campagna interventista si fondava sul presupposto di "rafforzare
lo spirito nazionale".
Il B. portò nelle vicende belliche l'entusiasmo delle sue convinzioni.
Arruolatosi volontario nel 1915, fu prima osservatore di trincea poi
bombardiere e infine, promosso sul campo al grado di capitano, passò al
comando di un reparto di arditi. Per operazioni al fronte venne
decorato di tre croci di guerra, tre medaglie di bronzo e una d'argento.
Quello che per il B., negli anni precedenti al conflitto, era stato un
distacco voluto dall'impegno ideologico, nel primo dopoguerra fu
superato, sotto la spinta dell'esperienza di guerra, non tanto dalla
riflessione, quanto dalla partecipazione attiva alle vicende pubbliche.
Nel 1924 fu eletto deputato nelle file del fascismo. Già nel 1921 del
resto, sulle colonne dell'Idea nazionale, era stato fra i primi ad
aderire senza riserve alla prospettiva di fusione tra nazionalisti e
fascisti (Gaeta, pp. 216 e 242, n. 23).
Dopo l'ottobre 1922 ricoprì varie cariche pubbliche: fu segretario
federale di Padova (novembre 1923, 1924), deputato al Parlamento (27ª e
28ª legislatura), sottosegretario di Stato per la Pubblica Istruzione
con il ministro Fedele (nov.1926-luglio 1928), vicepresidente della
Camera dei deputati (nov. 1929-dic. 1933), presidente della
Confederazione nazionale professionisti e artisti (nov. 1930-dic. 1933)
e membro del Consiglio nazionale delle Corporazioni, delegato alla
Società delle Nazioni, senatore del Regno dal 1º marzo 1934.
Passato nel frattempo alla cattedra di storia della filosofia
all'università di Padova, di cui fu inoltre rettore, divenne membro di
numerose Accademie italiane, presidente della Società Italiana Autori
ed Editori, vicepresidente della Società Filosofica Italiana, e ancora
tra l'altro presidente della Sezione filosofica della Società per il
Progresso delle Scienze, dello Studio Fiorentino di Politica Estera,
presidente della Società Italo-Americana, dell'Istituto Cristoforo
Colombo, della Federazione Internazionale delle "Sociétés des gens de
lettres".
Due aspetti tra gli altri è opportuno mettere in luce della
partecipazione del B. alla vita del regime. Ebbe una parte di primo
piano nei provvedimenti contro la massoneria, come estensore
dell'o.d.g. approvato dal Consiglio nazionale del P.N.F. del 5 agosto
1924 e intervenendo alla Camera sul medesimo argomento il 16 maggio
1925. Già nel 1925 del resto aveva curato la pubblicazione a Milano di
una Inchiesta sulla massoneria.
Merita anche attenzione la presa di posizione del settembre 1923 contro
alcuni aspetti della politica scolastica di Giovanni Gentile, in
particolare contro la limitazione numerica delle scuole statali e
contro l'esame di Stato. Il B. vedeva nella ispirazione idealistica
della riforma qualcosa di "teorico, universale, generico e cerebrale"
che contrastava con le premesse nazionalistiche del regime. La polemica
verteva anche sulla limitazione delle scuole statali vista come un
effettivo incremento dell'insegnamento confessionale. In questo
atteggiamento il B. era coerente con il suo antidealismo filosofico e
con il suo atteggiamento religioso che gli aveva fatto avversare fin
dalle origini gli ideali etico-politici del Partito popolare.
L'attività pubblica distolse il B. da una più ampia attività
filosofico-letteraria. Tuttavia in questo secondo periodo vennero alla
luce varie opere che si estendono al di là del mondo greco cui era
diretta la ricerca precedente, per investire tematiche teoretiche più
generali e prese di posizioni storico-politiche, o - in senso ampio -
di politica culturale e di filosofia della storia. Al mondo greco sono
ancora dedicati i volumi: Talete greco e Talete fenicio (Padova 1923) e
L'aurora della filosofia (Padova 1939). In questi lavori si pone, come
elemento nuovo, l'indagine dei rapporti tra filosofia e religione
nell'ambito della prima filosofia greca per individuarne poi gli
sviluppi successivi. La religione al finire del medioevo ellenico è
vista come stimolo per la sua revisione critica e quindi per il sorgere
della filosofia. Quest'ultima ebbe il compito di procedere, attraverso
la critica della mitologia, a una sempre più purificata e quindi
spirituale concezione della Divinità, fino all'Uno di Plotino. Il
rapporto religione e filosofia, che aveva dato origine al pensiero
presocratico, viene capovolto: nell'età ellenistica la religione emerge
dai limiti critici rivelantisi costitutivi della filosofia. La
religione aristocratica dei filosofi cederà poi il passo al messaggio
popolare cristiano, dopo esserne stata la premessa intellettuale.
Tra le altre opere di questo periodo ricordiamo: I limiti della storia
della filosofia (Roma 1919); Italia nuova ed antica (Bologna 1919); i
due volumi delle traduzioni delle Deche di Tito Livio (Milano 1928, in
parte tradotte da lui, in parte sotto la sua direzione); La fine di una
epoca (Bologna 1933); Studi, saggi ed elogi (Padova 1939).
Le particolari vicende in cui si svolse la vita del B. spiegano anche
l'ondeggiare costante della sua personalità culturale tra la ricerca
rigorosa e la saggistica, tra l'indagine storiografica e la retorica
celebrativa, tra la puntualità del filologo e le sintesi libere e
prospettiche, tra il professore di filosofia e il saggista impegnato
nella vita politica. Il B. rappresentò, fedele alle sue origini
culturali classiche, una voce di dissenso nei confronti dell'idealismo,
in modo non dissimile da Erminio Troilo. Ma mentre il Troilo si oppose
all'idealismo in nome di un realismo assoluto, egli vi si oppose in
nome di uno spiritualismo a forte coloritura etica ed estetica, in
armonia con una ricca sensibilità religiosa e insieme storicistica.
Vasto è pure il suo contributo alla pubblicistica fascista. Nel 1940
era passato dall'università di Padova alla cattedra di storia della
dottrina del fascismo nella facoltà di scienze politiche di Roma. Nel
dopoguerra venne messo permanentemente fuori ruolo; ritiratosi dalla
vita pubblica, continuò a dedicarsi ai suoi studi di filosofia greca e
alla saggistica letteraria. Nel gennaio 1949 aveva pubblicato, su
Sophia, l'ultimo scritto: Nostalgia dell'Ottocento.
Il B. moriva a Roma il 29 novembre del 1949.