Brocchi Virgilio
treccani.it
enciclopedia online
Scrittore italiano (Orvinio, Rieti, 1876 - Nervi 1961). Nei suoi
numerosi romanzi e racconti, i più raggruppati in cicli, un
socialismo idealeggiante, un po' alla De Amicis, tempera di
ottimismo e di languidezze sentimentali l'originaria cupezza degli
schemi naturalistici. È narratore piano, di facile
comunicativa, donde la sua fortuna presso il pubblico. Opere
principali: L'isola sonante, 1911; Mitì, 1917; Il posto nel
mondo, 1920; Il destino in pugno, 1923; Netty, 1924; Fantasia di
mezza estate, 1940; Il suggello di Satana, 1948.
*
DBI
di Renato Bertacchini
Discendente da nobile e cospicua famiglia di
Bassano del Grappa, nacque il 19 genn. 1876 da Ippolito e da Emilia
Lanza a Orvinio (Rieti). Studente di ginnasio a Crema, quindi di
liceo a Cremona, frequentò l'università di Padova,
dove si laureò, poco più che ventenne, in lettere e
filosofia. Vinti alcuni concorsi, grazie a diversi saggi di critica
storico-letteraria e artistica (Un novelliere del sec. XVII,Gir.
Brusoni, Padova 1897; Il Padovanino, Venezia 1900), fu per qualche
mese professore di storia all'istituto tecnico provinciale di
Vicenza. Cominciò così quella vita nomade di
insegnante, che per circa una quindicina di anni lo vide professore
di lettere a Modica in Sicilia, a Macerata nelle Marche, più
tardi a Bologna, dove ebbe colleghi G. Rocchi e A. Albertazzi, e
infine a Milano, dove già insegnava nel suo stesso istituto
Alfredo Panzini. Furono anni di una vita oscura, pressata dal
bisogno, anni divisi tra l'arte e la scuola, tra i doveri delle
lezioni e gli abbozzi di un romanzo. Non abbandonò
l'insegnamento nemmeno quando assunse nella Giunta comunale di
Milano, presieduta dal socialista Caldara, l'assessorato della
Istruzione superiore e delle Belle Arti, e insieme, per tutta la
durata della prima guerra mondiale la presidenza dell'Ufficio di
assistenza morale ai soldati malati e feriti.
Il B. abbandonò invece prestissimo la sua attività di
critico storico-letterario, per dedicarsi interamente alla
narrativa. A diciannove anni aveva già scritto Il fascino
(Catania 1899). A venticinque, mentre era professore all'istituto
tecnico di Modica, pubblicò per i tipi dell'editore catanese
Giannotta Le ombre del vespero (1901), rimettendoci le trecento lire
richieste come contributo per la stampa. Di questi due primi libri,
usciti poi anche a Milano, vietò successivamente la ristampa.
In seguito a curiose vicende, raccontate più tardi in
Confidenze (Milano 1946), l'editore Emilio Treves pubblicò a
Milano nel 1906 il suo primo romanzo non ripudiato, Le Aquile, che
in successive ristampe superò il sessantesimo migliaio. Si
trattava di un quadro mosso di accento rovettiano più che
fogazzariano, che metteva a fuoco talune scene della vita
provinciale veneta, nel torbido e inquieto '98, mescolando
romanzescamente, con ingenua premura, casi d'amore, episodi di vita
mondana e fermenti politici. Questo romanzo segnò il
principio della fortuna del B. come narratore. Nel 1912, quando da
poco era uscita L'isola sonante (Milano 1911), un notevole articolo
di E. janni apparso sul Corriere della Sera e il premio Bagutta
(l'unico premio al quale il B. abbia concorso in tutta la sua lunga
e operosa carriera) confermarono questa prima notorietà.
L'isola parla di una borgata immaginaria del Cremonese
prevalentemente socialista, dove fervono e si impaludano le trame
pettegole, gli intrallazzi e le meschinerie di una ristretta vita
provinciale in piena atmosfera giolittiana. Su uno sfondo piuttosto
esagitato di contrasti economici e di lotte politiche, tra scioperi
rossi, contromisure cattoliche, mene clericali e rivalse giacobine,
tra urti violenti ora seriamente intesi e descritti e ora
tragicomici di "podrecchiani" e di "paolotti", mentre si chiudono i
cotonifici, si avviano processioni per scongiurare il maltempo, si
minaccia fuoco al comune, su questo sfondo di diritti e doveri, di
agitazioni, scioperi e brogli elettorali, si snodano le vicende di
due preti modernisti e innamorati. Uno dei quali, don Stringari, a
un certo momento, butta via la tonaca e prende moglie; l'altro
invece, don Rangoni, trova la forza di staccarsi dall'umile e devota
Gesuina, alla quale pure vuol bene, accetta la dura rinunzia e si
incammina per la via che lo condurrà ai più alti
fastigi della gerarchia sacerdotale. Borgese, recensendo il romanzo,
parlò di un B. che "pensa con Oriani e sente con Fogazzaro",
ammettendo per altro che i propositi di modernismo religioso e
civile di don Stringari e don Rangoni sono ben lontani dall'impegno,
dalla determinatezza di propositi, sia pure utopistici, di un
Daniele Cortis e di un Benedetto Maironi. Meglio descritti e
più felicemente riusciti se mai altri personaggi, come il
prevosto e Tommasone Valdari, una vigorosa e volitiva figura di
bottegaio anticlericale.
L'isola sonante, oltre ad essere una testimonianza delle condizioni
politico-sociali dell'epoca, soprattutto per quanto riguarda
l'azione clericale nell'Italia settentrionale, rivela la formazione
e le idee dominanti del B. in questo periodo. Socialismo in politica
("il socialismo fu per me una religione"), positivismo alla Roberto
Ardigò in filosofia; e in religione un modernismo
mistico-utopistico, derivato in parte dal Fogazzaro del Santo.
A proposito tuttavia del socialismo del B., un socialismo piuttosto
evangelico, deamicisiano e turatiano, si deve tener conto di questa
sua precisazione (sull'Italia che scrive, VI [1923], p. 77): "Alcuni
per esaltarmi, altri per deprimermi, hanno detto che io ho
abbandonato le vie tradizionali, per accogliere nel romanzo la
politica e avvivarla della mia fede nella palingenesi sociale. Non
è vero: non ho mai né sognato, né preteso di
rifare Balzac o Zola o Victor Hugo: non ho scritto romanzi meramente
politici o sociali; solo ho voluto studiare come una sincera fede
politica possa trasformare e colorare l'istinto fondamentale della
vita, e la passione che di quell'istinto è l'espressione
più veemente: l'Amore". A questi ideali socialisti,
abbracciati per la carica umanitaria e passionalmente redentrice che
potevano contenere, a questi propositi di democrazia evangelizzante
e nonostante tutto ottimistica, si ispira l'intero ciclo de "L'isola
sonante", distribuito in quattro volumi: L'isola sonante appunto che
inaugura il ciclo, La bottega degli scandali (Milano 1916), Sul
caval della morte amor cavalca (ibid. 1920), Il lastrico
dell'inferno (Verona 1920).
Un ulteriore allargamento e una defifinitiva stabilizzazione della
popolarità del B. si ebbero con Miti (Milano 1917) e Ilposto
nel mondo (ibid. 1920), primo volume quest'ultimo della tetralogia
del Figliuol d'uomo,Il destino in pugno (Milano 1923), La rocca
sull'onda (ibid. 1926) e Il tramonto delle stelle (ibid. 1928). Il
B. abbandonò così l'insegnamento, attività
dalla quale decise di staccarsi anche per ragioni morali.
Scrisse infatti il B. (sull'Italia che scrive, cit.): "Sapevo che
alla letteratura non bisogna domandare né ambiziose
soddisfazioni, né agiatezza; per non esser tentato di
sacrificarne l'austerità al bisogno di guadagnare per vivere,
volli chiedere il pane all'insegnamento. Ma anche l'insegnamento fu
per me un ministero sacro; quando venne il giorno in cui vidi la
scuola affondata nella melma delle basse condiscendenze e della
trafficante svogliatezza, la lasciai accorato, come il sacerdote che
abbandona l'altare, poiché ha perduto la fede. E continuai a
servire - male, ma con umiltà e lealmente - al mio povero
sogno".
Insieme con l'insegnamento, abbandonò anche la vita politica,
pur restando fedele ai suoi antichi ideali. A cominciare dal 1924 si
ridusse a vivere con la moglie e la figlia nella sua villa della
"Serenetta", a Sant'Ilario Ligure, una specie di buon ritiro, aperto
sul mare. Di qui, impegnato in un assiduo e fervido lavoro,
interrotto da frequenti corse a Milano, si mosse solo durante
l'estate, per vivere alcuni mesi in montagna, a Courmayeur,
Chamonix, a Zermatt, sulle Dolomiti e a Cortina d'Ampezzo; e per
continuare, sempre con la famiglia, i viaggi all'estero.
Alla "Serenetta", con paziente e artigianale serenità, il B.
scrisse anno per anno quasi tutti i suoi libri: romanzi, novelle,
ricordi. Una produzione metodica e vastissima, che supera i
cinquanta volumi, tra i quali ricorderemo il cic già citato
del Figliuol d'uomo, incentrato intorno alla onesta e simpatica
figura di Pietro Barra, un giovane forte, dotato di buon senso e di
sana volontà, che riesce dal nulla a crearsi la propria
fortuna di ricco industriale; i quattro volumi celebrano le
qualità fattive e le conquiste della laboriosa borghesia
lombarda, nel quadro della vita inquieta e febbrile delle fabbriche.
Interessante anche il romanzo Casa dei pazzi casa di santi, che
passando dalle colonne del Mondo milanese (dove apparve a puntate)
alla Biblioteca di Treves prese il nuovo titolo di Secondo il cuor
mio (Milano 1919). Uscito durante il periodo della guerra, questo
romanzo - che tentava d'allargare l'orizzonte, introducendo
situazioni e problemi nuovi (meglio forse di quanto non facessero in
quello stesso periodo Salvator Gotta e Lucio D'Ambra) - fu invece
respinto, investito e sommerso dalla taccia di "nefando
disfattismo", "caporettismo", e "tradimento". Accuse per le quali il
B. dovette subire un processo; assolto, volle pubblicata la
relazione dettagliata della vicenda alla fine del libro, che fu
dedicato ai suoi avvocati.
Il protagonista del libro è Gigi Leoni, un artista, un
"sacerdote" votato all'arte della scultura, che allo scoppio del
conflitto mondiale si arruola volontario, dopo giorni e giorni di
crisi del dubbio e angosciosa perplessità. Se gli altri
combattenti, per una loro fede "sia pure disumana, avrebbero patito
la fame, il gelo, i disagi tremendi" per essere "dilaniati dalla
mitraglia, schiantati dalla morte", egli, trattenuto dal comando
divino di non uccidere e dalla solitudine gioiosa della sua arte,
rimarrà assente, neutrale, lontano dal teatro di guerra nella
pace dell'Australia (dove si è recato esule, per espiare un
suo colpevole amore)? Ma appartarsi, peggio ancora che protestare e
resistere, sarebbe come ridurre la lezione del cristianesimo a una
misura di ignavia, equivarrebbe alla mari-canza di fraterno amore
verso il prossimo. E allora Gigi Leoni decide di arruolarsi.
Tuttavia la sua coscienza gli impone un solo dovere, al quale egli
sente di non poter rinunziare: il dovere "di non giurare e di non
uccidere" e di scegliersi di conseguenza un compito ugualmente
pericoloso, quello del portaferiti. A questo posto di rischio e di
carità lo sorprende appunto la morte, durante un'azione
eroica intrapresa generosamente per salvare il suo capitano ferito.
Un altro ciclo, I casti libri delle donne che mi hanno amato,
comprendente Nétty,La storia di un'umile vita (Milano 1924) e
Rosa mystica (ibid. 1931), assieme a Confidenze (ibid. 1946), si
ispira a ricordi autobiografici e di famiglia, presenta ritratti,
sempre un poco ottocenteschi, di donne amate e perdute (la soave
Nétty, così ridente e rassegnata, con la sua anima
umile e fresca che trionfa del destino e degli anni), rievoca
memorialisticamente figure dell'arte e personaggi della
realtà: il ricordo di Mitì, del fratello Valerio e
delle dolci sorelle, di Antonio Fogazzaro e di Emilio Treves, di
Giovanni Pascoli e di Alfredo Oriani.
Non mancano altri cicli, come L'ansia dell'eterno (che comprende
Ilvolo nuziale, Milano 1932) e i sette Romanzi del piacere di
raccontare, tra i quali spicca Gagliarda (ibid. 1947). Piacevoli
anche i volumi di novelle La coda del diavolo (Milano 1915), L'amore
beffardo (ibid. 1915) e Fragilità (Roma-Milano 1922). Da non
dimenticare alcuni libri per ragazzi, scritti con fresca grazia e
cordiale delicatezza: La storia di Allegretto e Sirenella, in tre
volumi: Alba,Santa natura e Piccoliamici (Verona 1920);
Zebrù. Storia di un cane,il grande amico di Allegretto e di
Sirenella (Milano 1948); Partecipazio. Storia di un cane che ha
molto giudizio e di un ragazzino che non ne ha (Torino 1956).
Fecondo e inesauribile fino all'ultimo, morì nella sua villa
di Sant'Ilario, sulle alture di Nervi, il 7 apr. 1961.
Se fece difetto in genere il consenso della critica, al B. non
mancò certo la larga e fedele simpatia del pubblico. Un ampio
giro di pubblico, oggi si direbbe "non qualificato", che senza
badare troppo agli scoperti influssi fogazzariani e rovettiani,
senza adombrarsi per il diffuso e minuto cronachismo (anzi se mai
godendone, come incentivo di lettura), e per la vena soverchiamente
ottimistica che percorre le pagine prefabbricando le situazioni, i
personaggi e gli stessi dialoghi, amò piuttosto ritrovare nei
libri del B. una garbata fluenza e facilità di lettura, una
mdubbia correttezza e poeticità di dettato, soprattutto in
certe ariose descrizioni di paesaggio e d'ambiente.