Bodin Jean
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Pensatore politico ed economista francese (Angers, Anjou, 1530 ca. -
Laon, Aisne 1596). Docente di diritto romano all’univ. di Tolosa,
nel 1561 si trasferì a Parigi per esercitarvi l’avvocatura
libera, alla quale ben presto rinunciò per porsi come
procuratore generale al servizio del re. Entrato nella vita politica
(1571) come maitre de requetes e consigliere di Francesco
d’Alençon, aderì al partito dei
«politici», che, stanchi delle guerre di religione,
volevano una politica di tolleranza: con tale ispirazione
scriverà (1593) il dialogo Heptaplomeres (inedito fino al
1857), opera nella quale B. sostiene l’idea della tolleranza
religiosa e della religione naturale. La sua difesa del demanio
regio e l’opposizione alle persecuzioni religiose tuttavia lo
tagliarono fuori dalla politica attiva e lo costrinsero a passare il
resto della vita a Laon come procuratore del re.
Tra le sue opere minori si ricordano: Methodus ad facilem
historiarum cognitionem (1566; trad. it. Avviamento alla conoscenza
storica), in cui sostenne la riforma dello studio del diritto
attraverso quello della storia; Reponse aux paradoxes de Mr. de
Malestroict (1568; trad. it. La risposta ai paradossi di
Malestroict), che è un precorrimento del mercantilismo, e La
demonomanie des sorciers (1580; trad. it. Demonomania degli
stregoni), guida teorico-pratica per il giudice incaricato di
istruire processi di stregoneria, opera di mentalità ancora
prettamente medievale.
Ma il suo nome è legato soprattutto a Les six livres de la
Republique (1576; trad. it. I sei libri dello Stato), nei quali pose
con grande rigore giuridico le basi teoriche dello Stato di diritto
e fissò il concetto di sovranità come summa in cives
ac subditos legibusque soluta potestas: la sovranità è
assoluta, senza limiti che non siano quelli imposti dalle leggi di
Dio e di natura. Tuttavia la confusione fra la sovranità e la
forma concreta di governo in cui essa si attua condusse B. a
esaltare la monarchia come l’unica forma di governo in cui la
sovranità possa attuarsi veramente, nella sua
indivisibilità, e a fornire così alla monarchia
assoluta una forte giustificazione di diritto. Secondo F. Ferrara la
moderna scienza economica ha origine dall’opera di B., che contiene
il nucleo della teoria quantitativa della moneta.
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Jean Bodin (Angers, 1529 – Laon, 1596) è stato un filosofo e
giurista francese.
Biografia
Avvocato del parlamento parigino, e consigliere alla corte di re
Enrico III, visse nella travagliata epoca della riforma protestante
e delle successive guerre di religione.
Fu tra i massimi teorici e sostenitori del Assolutismo monarchico ed
è ritenuto il teorico del concetto moderno di
«sovranità».
Opera
Methodus ad facilem historiarum cognitionem
In quest'opera Bodin si rivela un precursore di Montesquieu su un
tema come la ricerca nella storia dello spirito delle leggi e
compone un abbozzo di quella teoria dei climi che sarà
ripresa poi dal suo connazionale. Bodin richiede dagli storici del
diritto una buona formazione storica e giudica la storia stessa come
la migliore preparazione alla politica.
Résponse à M. de Malestroit
Bodin esamina il fenomeno inflazionistico che turbava il commercio
di quei tempi, ne indica l'origine nella "abbondanza d'oro e
d'argento" in circolazione (miniere di Potosì in America) e
si dichiara a favore della libertà di commercio.
Les Six Livres de la République
Il 1576 è un anno estremamente fecondo per il giurista
francese, sia sul piano pratico, con l'elezione a deputato del terzo
stato di Vermandois agli Stati Generali di Blois, dove prende
posizione per la riconciliazione e per la pace religiosa, che su
quello teorico: pubblica infatti un'opera di teoria politica di
straordinario valore: Les six livres de la République (I sei
libri dello Stato). Quest'opera viene scritta in volgare francese, e
non in latino, di modo che possa essere letta da tutti. A tal
proposito, Bodin si esprime così: «Ho intrapreso questo
mio discorso sullo Stato (...) in lingua volgare, sia perché
la sorgente della lingua latina è ormai esaurita (...) sia
per essere compreso meglio da quelli che sono veri Francesi».
È un'opera che ricerca un consenso ampio e ha carattere
d'urgenza: scrive infatti Bodin, usando l'antica similitudine tra lo
Stato e l'imbarcazione, che «ora che la tempesta si è
messa a tormentare il vascello del nostro Stato con tale violenza
che i capitani e i piloti sono tutti ugualmente stanchi e sfiniti
dalla diuturna fatica, è necessario che i passeggeri stessi
intervengano a prestare soccorso. Per "salvare la barca" dello
stato, non basta un discorso oratorio, semplicemente brillante,
"poiché né le malattie degli uomini né quelle
degli Stati si curano con lo splendore delle parole».
Occorre invece approfondire la questione generale del potere: a chi
deve appartenere il massimo potere in una situazione in cui gli
interessi privati e di fazione rischiano di travolgere tutto? Per
rispondere a tale domanda, occorre un'opera di teoria politica.
Questo intendono essere I sei libri dello Stato. Il trattato di
Bodin affronta un concetto determinante, che fonda la gestione
unificata del potere da parte dello Stato, in una società che
si vuole coesa e ordinata: la sovranità. «Per
sovranità - scrive Bodin - si intende quel potere assoluto e
perpetuo ch'è proprio dello Stato».
Bodin in questo modo stabilisce il fondamento giuridico che
garantisce la totale autonomia della dimensione pubblica rispetto a
quella privata, giustifica perciò la necessità di una
suprema autorità che si ponga al di sopra dei sudditi.
Per Bodin «la monarchia pura assoluta è lo stato
più sicuro e, senza confronto, il migliore di tutti».
La democrazia invece oltre a disperdere il potere è anche
rischiosa per via del progetto egualitario che l'accompagna
(«non c'è odio più grande né vi sono
inimicizie più radicali di quelle che si creano tra gli
uguali»). «Lo Stato è il governo giusto di
più famiglie e di ciò che è loro comune, con
potere sovrano». La comunità politica è quindi
un governo giusto, cioè ordinato, conforme a certi valori
morali di ragione, giustizia; lo Stato si identifica nel governo, il
governo giusto è quello che soddisfa il bene dei cittadini e
contemporaneamente anche il bene dello Stato, bene comune e
individuale convergono; la famiglia è il punto di partenza,
la cellula madre e il modello della comunità politica ben
ordinata, è una componente naturalistica, la prima
istituzione.
La sovranità è la forza coesiva,
unificatrice della comunità politica, lo Stato non esiste se
non c’è un potere sovrano la sovranità. Il potere
sovrano è perpetuo, la sovranità cioè ha una
durata ininterrotta e non limitata. Bodin, contrario a qualunque
tipo di governo misto, distingue i vari tipi di governo ed esclude
categoricamente la possibilità di dividere le prerogative
della sovranità per costituire uno Stato aristocratico o
popolare, le prerogative della sovranità sono indivisibili.
La monarchia è il governo naturale, la forma di Stato in cui
la sovranità assoluta risiede in un solo principe, è
solo nella monarchia che la sovranità assoluta con le sue
prerogative indivisibili trova una garanzia di durata e un appoggio
vigoroso. Solo la monarchia infine assicura maggiori garanzie alla
scelta delle competenze. La monarchia di Bodin non è
però un sistema tirannico, al di sopra delle leggi del
sovrano si trovano infatti le leggi di natura, riflesso della
ragione divina. Il sovrano deve rispettare quindi la libertà
naturale dei sudditi e la loro proprietà.
Bodin si difende
dall'accusa di assolutismo nella dedica dell'edizione latina della
Rèpublique, ricordando di avere chiaramente evidenziato i
Limiti del potere sovrano: Il diritto divino e naturale, le leggi
fondamentali del regno concernenti la trasmissione del potere
sovrano, il diritto di proprietà dei capi famiglia, le stesse
leggi del sovrano laddove richiamino norme appartenenti ai due
diritti superiori, le obbligazioni assunte con patti e giuramenti
anche nei confronti dei propri sudditi e degli stranieri e il dovere
di impartire giustizia guardando al modello supremo rappresentato
dal governo divino del mondo.
Non si tratta di una sovranità
illimitata, senza leggi morali, è una monarchia assoluta ma
non arbitraria, che permette anche un consiglio permanente, gli
Stati generali e provinciali come organi di consultazione, ma anche
corporazioni, comunità, forme di associazione intermedia tra
lo Stato e i sudditi, che non devono sconfinare nella sfera
dell’autorità del sovrano.