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I fabbricanti di prove
Fin dagli albori della storia, certa politica ha fatto
ricorso alla menzogna, alla contraffazione documentale, alla
disinformazione, ha imbastito intrighi e complotti immaginari per
liquidare singoli avversari o addirittura interi movimenti e Paesi.
Statisti fedifraghi se ne sono serviti per rafforzare, agli occhi
del popolo, la "ragion di Stato", soprattutto quando non esistevano
ragioni plausibili per legittimare i loro abietti propositi, quasi
sempre, sfociati in tragedia.
Una di queste sicuramente è stata la sanguinosa e illegale
repressione del movimento dei Fasci dei lavoratori siciliani,
decretata il 3 gennaio 1894, da Francesco Crispi, capo del regio
Governo e ministro dell’interno, sulla base di "prove" totalmente
false, costruite a tavolino dagli apparati polizieschi, che il capo
del governo non si peritò di "sbattere in faccia" agli
oppositori socialisti e radicali, nel corso degli infuocati
dibattiti parlamentari che precedettero e seguirono la dichiarazione
di "stato di assedio" della Sicilia.
In pratica, il siciliano Crispi fece quello che il piemontese
Giolitti (suo predecessore) rifiutò di fare: reprimere senza
valide motivazioni un movimento popolare, di natura mutualistica e
sindacale, reo soltanto di rivendicare nuovi patti agrari e
più umane condizioni di lavoro nelle miniere.
Riemerge, in questo caso, la vena di un conservatorismo reazionario,
al limite servile, inesauribile nella tradizione politica siciliana
che ancor oggi produce sia per il mercato (politico) locale sia per
l'esportazione.
Per Crispi e per gli agrari quel movimento doveva risultare
eversivo, portatore di un disegno insurrezionale mirante a
scardinare l'integrità territoriale del giovane Stato
unitario, tale cioè da giustificare lo stato d’assedio e
l’applicazione del codice penale militare, in forza del quale
sospendere le libertà civili, arrestare, condannare, esiliare
e "giustiziare" i dirigenti, compresi i deputati in carica.
In pochi giorni, zelanti funzionari fornirono al governo le "prove"
del grave complotto, ovvero due assurde montature: 1°) il
"Trattato internazionale di Bisacquino", che sarebbe stato
sottoscritto fra rappresentanti del governo francese e dello zar di
Russia e l’on. De Felice Giuffrida, capo dei Fasci, da esponenti
degli anarchici e da emissari del Vaticano, mirante a staccare la
Sicilia dall'Italia per porla sotto la protezione della Francia e
della Russia alla quale sarebbe stato concesso un porto della
Sicilia sud-orientale; 2°) un "proclama insurrezionale"
sequestrato ad un pastaio di Petralia Soprana, col quale
s'invitavano ad insorgere "gli operai, figli dei Vespri ... Quando
le campane della Matrice e del Salvatore suoneranno ..."
Per attuare il progetto repressivo fu incaricato il generale Morra
di Lavriano, cui vennero conferiti pieni poteri e 60 mila soldati
(in aggiunta a decine di migliaia già presenti sull'isola),
il quale eseguì l'incarico con una spietatezza degna di
miglior causa, accanendosi contro masse inermi con metodi brutali e
cruenti che produssero 112 morti fra i lavoratori e una sola vittima
fra le forze dell'ordine ...
La repressione dei fasci siciliani ha segnato, in maniera infamante,
la vicenda umana e politica dello statista riberese. Tuttavia, gli
storici non sembra vi abbiano dato un peso adeguato: taluni l'hanno
minimizzata, talaltri, addirittura, sottaciuta, forse a causa di un
malinteso patriottismo sicilianista.
Massimo Ganci, nel suo "Il caso Crispi", ne addebita la causa
"all'ombrosa emotività di Crispi il quale vedeva trame e
nemici laddove non esistevano ..."
Un po' poco per motivare quella tremenda responsabilità che
costò la vita a centinaia d'inermi lavoratori, di giovani e
di donne, mandò in carcere e in esilio migliaia di dirigenti
e di personalità progressiste, sconquassò la
realtà sociale di decine e decine di comuni e soffocò
sul nascere il primo, vero movimento emancipatore della Sicilia
post-unitaria che, con la liquidazione dei Fasci, perderà
tutti gli appuntamenti con la storia del progresso sociale e civile
dell’Italia.
E qui mi fermo, poiché il mio intento non è quello di
avventurarmi nella critica storica, ma quello di rievocare un
avvenimento cruciale di un passato non tanto remoto che ci
può aiutare ad interpretare il nostro, opaco presente; di
raccontare, sulla base dei resoconti parlamentari e d'alcuni organi
di stampa dell'epoca (da cui ho tratto le citazioni virgolettate),
la fabbricazione delle famose prove che supportarono il discorso di
Crispi, del 28/2/1894, alla Camera dei deputati.
Ecco alcune perle: "Le relazioni con lo straniero erano pure
avviate; ma le definitive decisioni furono prese in un convegno
tenuto in dicembre a Marsiglia ... Fu stabilita la insurrezione per
la metà di febbraio, ma fortunatamente mancò in alcuni
la virtù della pazienza ... Si faceva correre la voce che una
guerra sarebbe scoppiata nel 1894, si parlava dell'invasione del
Piemonte; di flotte vincitrici nel Mediterraneo, dell'autonomia
siciliana (sic!), ed anche di un porto da darsi alla Russia, che
assumerebbe la protezione dell'isola nostra."
Questo a proposito del "Trattato di Bisacquino", mentre per
denunciare la mancata insurrezione di Petralia Soprana lesse il
testo del "proclama" sequestrato al pastaio: "Operai! Figli del
Vespro! Ancora dormite? Corriamo al carcere a liberare i fratelli.
Morte al Re, agli impiegati. Abbasso le tasse. Fuoco al municipio e
al casino dei civili. Evviva il fascio dei lavoratori! Quando le
campane della Matrice e del Salvatore suoneranno, assieme corriamo
armati al castello, ché tutto è pronto per la
libertà."
Presto si scoprirà la ridicola infondatezza del famoso
"Trattato internazionale di Bisacquino", così chiamato non
perché sottoscritto nel piccolo comune del palermitano, ma
perché inventato, di sana pianta, dall’ispettore napoletano
Sessi, delegato di pubblica sicurezza a Bisacquino. La questione fu
portata in Parlamento anche da Felice Cavallotti il quale, nella
seduta del 23/4/1894, dopo aver ricordato ad un imbarazzato Crispi
"quando Francesco Crispi, nel 1877, a proposito dello stato
d’assedio in Sicilia, denunziava i falsi rapporti dei questori e dei
prefetti ..." ironizza sul "famoso trattato fra l’imperatore di
Russia, il Presidente della Repubblica francese e l’onorevole De
Felice (che, di lì a poco, a causa di questo fantomatico
trattato verrà condannato a 18 anni di carcere n.d.r.),
conchiuso coll’intervento diplomatico del delegato di Bisacquino"