Luigi Bertelli

Wikipedia

Luigi Bertelli (Firenze, 19 marzo 1858 – Firenze, 27 novembre 1920) è stato uno scrittore e giornalista italiano, autore delle avventure di un popolare personaggio d'inizio Novecento: Gian Burrasca. È più noto con lo pseudonimo di Vamba (il nome del buffone di Cedric il Sàssone nel romanzo Ivanhoe di Walter Scott).

Biografia

Bibliofilo appassionato, fu giornalista e educatore efficace. Scrisse testi in prosa e in poesia per l'infanzia, nonché vivacissimi (e sboccati) sonetti in vernacolo fiorentinesco, che molto apprezzò Ardengo Soffici.

Nel 1895 pubblicò Ciondolino, storia con intenti didattici di un bambino che viene trasformato in formica.

Fondò nel 1906 il Giornalino della domenica, che continuò le pubblicazioni fino al 1924, divenendo celebre tra le famiglie borghesi.

Nella rivista per ragazzi apparivano le firme dei più famosi scrittori del tempo (Giovanni Pascoli, Gabriele d'Annunzio, Grazia Deledda, Edmondo De Amicis) e i più raffinati illustratori (Umberto Brunelleschi e Filiberto Scarpelli).

Sulle sue pagine pubblicò in 55 puntate - tra il 7 febbraio 1907 e il 17 maggio 1908 - Il giornalino di Gian Burrasca.
L'opera venne poi edita in volume dall'editore Bemporad nel 1911.

La sua attività vernacola ebbe inizio nel periodo della collaborazione con Il Fanfulla della Domenica, quando risiedeva a Roma. Stuzzicato dai suoi colleghi in una discussione sull'incapacità dei fiorentini di tradurre in letteratura la loro cultura popolare, come avevano fatto il Belli a Roma, il Porta a Milano, il Di Giacomo a Napoli, Vamba raccolse la sfida facendosi autore di sonetti fiorentineschi, che furono molto apprezzati da Ardengo Soffici. Dei pochi che restano colpisce la sboccata vivida arguzia.

Morì il 27 novembre 1920 e fu sepolto nel cimitero di San Miniato, sopra Firenze.

Opere

    Guida teorico-pratica per i funzionari di p.s. per i sindaci e segretari comunali e per gli aspiranti alla carriera di p.s., Genova, Stab. Artisti Tipografi, 1876.
    Vittorio Emanuele II, I re d'Italia. Sua vita, Genova, Reg. stab. Lavagnino, 1878.
    In morte di Vittorio Emanuele II primo re d'Italia avvenuta nel 9 gennaio 1878, Vignola, Tip. di Antonio Monti, 1879.
    Primo libro di Lettura conforme ai programmi ministeriali, Mantova, Stab. Tip. Lit. Mondovì, 1891.
    Intorno al centro delle regioni della Flora. Appunti di viaggio del capitano Marco Lussa esploratore, Firenze, Tip. Barbera, 1894.
    Ciondolino. Libro per ragazzi, Firenze, Bemporad & figlio, 1895.
    Il Figlio dʼOtello ossia un fatto di cronaca del 1300 o giù di lì. Cattiva azione, Roma, Tip. Giuridica, 1897.
    L'onorevole Qualunqui e i suoi ultimi diciotto mesi di vita parlamentare. Album, Roma, Tipografia cooperativa sociale, 1898.
    Novelle lunghe per i ragazzi che non si contentano mai, Firenze, Bemporad & figlio, 1905.
    Il giornalino di Gian Burrasca, rivisto, corretto e completato da, Firenze, Bemporad & figlio, 1912.
    La storia d'un naso, Firenze, Bemporad & figlio, 1912.
    Le scene comiche, Firenze, Bemporad & figlio, 1913.
    I bimbi d'Italia si chiaman Balilla. I ragazzi italiani nel Risorgimento nazionale, Firenze, Bemporad & figlio, 1915.
    Il giardino. Letture per le scuole elementari maschili e femminili, con Giuseppe Fanciulli, Firenze, Bemporad & figlio, 1915.
    Resistere per esistere, Firenze, Bemporad & figlio, 1915.
    L'epitaffio di Francesco Giuseppe. 18 agosto 1830 - 21 novembre 1916, Milano, Casa Editoriale Italiana, 1916.
    Jessie White Mario, Firenze, Bemporad & figlio, 1916.
    Il segreto della vittoria, Firenze, L'arte della stampa, 1916.
    Un secolo di storia italiana. (1815-1918), Firenze, Bemporad & figlio, 1919.

***

www.treccani.it

DBI

di Mario Barsali

BERTELLI, Luigi (Vamba). - Nato a Firenze il 19 marzo 186o da Enrico, impiegato e possidente, e da Giuseppina Rossi, frequentò le scuole degli scolopi. Mortogli il padre nel 1873, il B., terminati gli studi, s'impiegò presso le ferrovie della Rete adriatica, e fu destinato a Rimini e poi a Foggia. Cominciava a collaborare al quotidiano romano Capitan Fracassa con corrispondenze illustrate che, nel 1884, lo fecero chiamare dal direttore L. A. Vassallo (Gandolin) a far parte della redazione. Iniziò così per il B. quella carriera di impegnato giornalista politico e di caricaturista che lo vide pungentemente satirico, ma sempre corretto, e ispirato da idee mazziniane, laiche e progressiste. Firmava con lo pseudonimo di "Vamba", dal nome del buffone dell'Ivanhoe di W. Scott, ma anche - amò far credere - dal nome di un re visigoto. Lo pseudonimo adombrava così una doppia natura, ironica ed eroica.

Nel 1887 il B. aveva raccolto in almanacco (Il Barbabianca, Roma) una serie di articoli satirici e di caricature, suoi e dei colleghi, pubblicati sul giornale contro il Depretis. Lo stesso anno, con l'avvento al potere del Crispi, il Capitan Fracassaera diventato filo-governativo. E il Vassallo, col B., con E. Faelli e L. Lodi, abbandonò il giornale per fondare, sempre a Roma, il quotidiano Don Chisciotte della Mancia (20 dic. 1887-7 apr. 1892), garbatamente d'opposizione, cui seguirà poi, sempre diretto dal Vassallo e col B. tra i collaboratori, il Don Chisciotte di Roma (15 ott. 1893-9 dic. 1899).

Per tecnica e stile, il B. occupa un posto notevole nella storia della stampa e della satira; senza dubbio, un posto eminente nella pubblicistica repubblicana. Il suo successo nasceva dalla capacità di caratterizzare in modo ridicolo, immediato ed oggettivo, quegli atteggiamenti che contrastavano con i suoi ideali etico-politici. Le caricature, di vena personale pur se di derivazione gandoliniana, possedevano una vis comica che accentuava la loro funzione di divulgazioni grafiche di contenuti ideologici, e che nasceva dall'immediato aderire, attraverso l'estrema semplificazione del segno e la deformazione in funzione satirica, alla polemica contro persone e situazioni.

Una serie di macchiette a punta di penna - gli ormai celebri "pupazzetti" - e di articoli, intitolata Tra i pesci (raccolta poi in volume, Roma s. d.), era dedicata alla "frittura di tutti i contemporanei": tra i molti presi a bersaglio, che andavano da Leone XIII (Aringa communis) a Crispi (Capone crispius), l'unico a salvarsi era F. Cavallotti (Cavalluccio marino).

Il B. fece parte della redazione del romano Il Pupazzetto (gennaio 1886-novembre 1990), il brioso mensile illustrato diretto dal Vassallo, e ne redasse anche alcuni numeri per intero. Collaborò - particolarmente con caricature - al Carro di Tespi, il settimanale romano di critica teatrale che, direttore E. Boutet, uscì tra il novembre 1889 e l'agosto 1891. Intanto il Cavallotti trattava per ottenere, nel 1889, il controllo del Corriere italiano di Firenze, e convinse il B. a tornare nella città natale per dirigere il giornale e farne un organo della democrazia. Il tentativo fallì però presto. Il B. uscì dal Corriere italiano, non volendo sottostare a controlli e vincoli, e fondò invece a Firenze L'O di Giotto, "giornale chiaro e tondo", sempre di ispirazione radicale e collegato al gruppo Cavallotti.

Il primo numero comparve il 19 nov. 189o, cambiando però veste il 25 dicembre; uscì a Firenze fino al marzo 1891, poi dal 29 marzo di quell'anno (a. II, n. 14) al 25 dic. 1892 seguitò a Roma. Spigliata la parte letteraria, vivace la critica teatrale e gli avvenimenti mondani, la satira politico-sociale investiva tutto e tutti. Rimasero celebri le puntate su "l'onorevole Qualunquo Qualunqui", emblema del conservatorismo vacuo e opportunista. Il B. non si poneva tanto obbiettivi di polemica antiparlamentare, quanto di satira del "regime", del possibilismo e del malcostume politico, con una motivazione tipica della sinistra repubblicana e radicale. Le puntate furono poi raccolte dal B. nel volume L'onorevole Qualunqui e i suoi ultimi diciotto mesi di vita parlamentare (Roma 1898).

A Roma il B. fece parte del Folchetto (23 dic. 1891 - 12 nov. 1894), di cui fu anche gerente responsabile dal febbraio 1892 al marzo 1893, giornale d'opposizione, portavoce del malcontento per la confusa situazione politica, la cui origine era attribuita a uomini ritenuti liberali ma rivelatisi ciechi per il timore del progresso e delle idee democratiche. Un'altra collaborazione, specie come illustratore dei primi numeri, fu da lui data alla Domenica italiana (dicembre 1896 - ottobre 1897), settimanale romano di amena letteratura e varietà; e un'altra ancora al fiorentino Burchiello (febbraio 1897 - ottobre 1898). Nel dicembre del 1899 il Don Chisciotte di Roma, fondendosi con il Fanfulla,dava luogo, sempre a Roma, al quotidiano Il Giorno (1o dic. 1899 - 1° genn. 1901), cui il B. collaborò con i celebri soldatini. Nel 1901 a Firenze (dove si era già trasferito nel luglio 1893) fondò con S. Alessandrini - e poi di fatto diresse - il Bruscolo,"giornale politico settimanale del popolo" (3 marzo 1901 - 3o apr. 1905), un periodico cittadino e regionale, vivace e critico, di osservanza repubblicana.

Se la verve umoristica non aveva subito appannamenti, le idee politiche e gli entusiasmi mazziniano-radicali del B., fin dal periodo dell'Odi Giotto, si rivelavano sempre più insufficienti e, dalla stampa, facevano sempre meno presa, sull'inquieta realtà italiana. La sua polemica progressivamente perdeva capacità di incidere sull'opinione pubblica, isterilendosi a livello municipale in vacue dispute contro i liberali fiorentini, contro il socialismo locale, e contro quello nazionale cui rimproverava un eccessivo ministerialismo. Il B. veniva smarrendo entusiasmo e fiducia nel suo lavoro. Già da alcuni anni però gli era venuto maturando un altro ideale: l'educazione della gioventù.

Si era formato una famiglia, e forse anche la quotidiana rivelazione della paternità lo spinse a passare definitivamente alla letteratura per ragazzi. Sin dal 1893, del resto, egli aveva pubblicato a Firenze un libro per ragazzi, Ciondolino, piacevole e scorrevole, interessante anche didatticamente. Narrava la storia di Gigino, disubbidiente e svogliato, che invidiava le formiche libere di bighellonare. Trasformato in formica, doveva imparare quali fatiche e obblighi imponessero a quegli insetti le leggi dei formicaio. Il libro, è stato osservato, è il primo romanzo di divulgazione scientifica della letteratura italiana per ragazzi; sotto una forma divertente e fantastica, assolveva bene ai suoi intenti. Ma è anche valido sul piano della didascalia morale e civile, dove gli insetti-personaggi e il protagonista acquistano una funzione di esempio e di ammaestramento. Infatti la conversione dal giornalismo "per grandi" a quello "per ragazzi", dall'azione politica a quella pedagogica, non costituì per il B. un ripudio dei suoi ideali di laico e radicale: si trattava di un loro diverso orientamento, quasi del passaggio ad un modo più lungimirante di realizzarli e verificarli.

Il B. aveva avversato la politica triplicista e colonialista, il trasformismo che degradava la costituzione delle maggioranze parlamentari. Dalle trascorse lotte patrie non erano rimaste eredità di caratteri fondati sui doveri politici ed etico-sociali, ma destrezze, personalisimi e conformismo. I giovani, perciò, dovevano essere rimessi in contatto con i grandi ideali nazionali, si doveva soprattutto scardinare quell'abito conformistico e "qualunquistico" che soffocava, nell'ambiente stesso della famiglia e della scuola, i doveri e gli ideali della gioventù. Proprio in questa azione formativa etica e civica, che ricorse prevalentemente a un realismo demistificatorio e metaforico, consiste l'importanza storica del Bertelli. Le motivazioni politiche del B. si erano venute raccogliendo intorno al nucleo dell'irredentismo. Ma questo tema, che entrerà sempre più largamente nei suoi scritti per la gioventù, esasperandosi poi con la guerra mondiale, non è sufficiente a caratterizzarli come opere di propaganda nazionalistica: per il B. è ancora valida la distinzione tra nazionalismo imperialistico - che avversò - e patriottismo di tipo risorgimentale e mazziniano. Gli scritti del B. vanno inquadrati nell'ambito di una storia dell'educazione in Italia. Qui egli si affianca piuttosto, per i suoi intenti di educazione umana e integrale, per i nuovi e più spontanei modelli di comportamento giovanile che contribuì a creare e a diffondere, a quel vasto processo di revisione critica che, pur su altri e particolari argomenti, pedagogisti ed educatori d'avanguardia affrontavano in Italia.

Nel 19o6 usciva a Firenze il Giornalino della Domenica, settimanale, fondato e diretto dal B. ed edito da E. Bemporad. Non era il primo periodico per ragazzi, ma fu certo quello che lasciò tracce e innovazioni più profonde, assicurando al B. fama molto più duratura di quanta gliene avessero mai procacciata i giornali "per grandi". Il primo numero uscì il 24 giugno. Curato e piacevole nella stampa, con illustrazioni a carattere prevalentemente umoristico, ma anche con la novità della riproduzione fotografica, il settimanale si proponeva un'educazione più genuina, la formazione civica dei giovani, che affrontava con una persuasione aliena da ogni paternalismo, stimolando, in modo allora inconsueto, la critica e l'emulazione, presentando tutte quelle informazioni sulla vita civile e sociale della nazione fin'allora riservate agli adulti. Numeri interi, o le "pagine rosa" (fuori testo), furono così dedicate al Carducci, a Garibaldi, al De Amicis, al Capuana, o alle gare aviatorie, a sottoscrizioni per i terremotati di Reggio e Messina, a favore della Associazione Trento e Trieste, ecc.

Un'idea delle novità d'indirizzo possono darla alcune tra le rubriche: "Chiacchiere artistiche con i miei lettori" di F. Scarpelli; "Dal libro dei perché" di Mastro Sapone (G. Fanciulli); "Il cantuccio degli enigmisti" di Fra Bombarda (A. Romualdi ); "Propositi e spropositi di lingua" di G. Mazzoni; "Scienza gaia" di Don Radice (E Guidotti); "Corrispondenza" di Ceralacca (A. Valori).

Oppure, alcune tra le iniziative della direzione: i concorsi dei disegni e dei componimenti, un'esposizione di arte infantile, una mostra dell'aviazione, addirittura una gara di aeromodellismo.

Il buon livello della collaborazione risulta anche da un elenco parziale dei nomi: I. Baccini, G. Borsi, R. Bracco, P. Calamandrei, L. Capuana, A. Chiappelli, E. R. Corcos, E. De Amicis, G. Deledda, S. Di Giacomo, R. Fucini, D. Garoglio, P. Mantegazza, M. Moretti, A. Negri, U. Ojetti, G. Pascoli, D. Provenzal, M. Saponaro, M. Savi Lopez, C. Tumiati. Tra gli illustratori compaiono E. Anichini, D. Betti, U. Brunelleschi, U. Finozzi, A. Mussino, P. Nomellini, A. Rubino, F. Scarpelli, A. Terzi. Tra gli pseudonimi diventati famosi, oltre a quelli ricordati, sono "L'Amico Ciliegia" (F. Mastrigli), "Jack La Bolina" (A. V. Vecchi), "Omero Redi" (E. Pistelli) e le sue Pístole d'Omero.

Era un periodico, anche per il prezzo (cent. 25), destinato a quei ragazzi che sarebbero stati i futuri quadri dirigenti della nazione. Il B. seppe guidare la simpatia e l'entusiasmo dei lettori costituendo la "Confederazione giornalinesca", poi detta "del Girotondo" (proclama sul n. 26 del 19o8). In questo modo ampliava la funzione formativa ed educativa del suo periodico, cominciando ad abituare il futuro cittadino alle forme della vita civica dei "grandi": se per partito si intende l'associazione volontaria a una determinata concezione programmatica della vita civile, organizzata per attuarla, il B. riuscì, tra il Giornalino e la "Confederazione", a costituire un vero e proprio "partito dei ragazzi".

Come una piccola repubblica, la "Confederazione" aveva un presidente (il B.), un parlamento (presidente il Fanciulli), un governo centrale, prefetture nelle città maggiori (comprese Trento e Trieste), sindaci e assessori (assessorati della Beneficenza, della Pace pubblica, dello Sport, ecc.), ambasciatori nei paesi stranieri. Sempre con una completa uguaglianza tra ragazzi e ragazze. Esistevano inoltre le "leghe" o "ordini", continuamente incrementate, stimolo a quell'attività parascolastica che era allora una novità nel campo pedagogico: "artistica", "degli stenografi", "degli enigmisti", "dei filatelici", "dei fotografi", "sportivi", "zoofili", ecc. I "grilli" (così si chiamavano gli abbonati) corrispondevano tra loro, collaboravano al Giornalino che lasciava loro una rubrica e le "pagine rosa", ed ebbero un loro foglio mensile aggiuntivo, Il Passerotto, "gazzettinodella maturità presente e futura diretto da Omero Redi" che uscì dal 4 ag. 19o6 al n. 6 del giugno 1910 (e riprese poi dal marzo 1919 al dicembre 1920).

Il Giornalino visse fino al 23 luglio 1911 (a. VI, n. 30). L'insufficiente tiratura del settimanale, e la continua passività che ne determinò la cessazione, fondamentalmente dipesero dalle riserve e ostilità per il tono nuovo ed anticonformista, dal prezzo alto e dalla concorrenza, a partire dal , 27 dic. 19o8, del Corriere dei Piccoli che costava meno della metà (cent. 1o). Sul periodico, dal 17 febbr. 1907, cominciò a uscire a puntate il Giornalino di Gian Burrasca, pubblicato poi in volume a Firenze nel 1912.

Narrava le avventure di Giannino Stoppani, la sua disattitudine irrequieta (di qui il soprannome) ad accettare le tradizionali norme di comportamento, a capire la vita politica e sociale dei "grandi", conformista, contraddittoria, insincera. Le prime puntate erano state un ricalco, presto abbandonato, che E. Modigliani aveva liberamente ridotto da The Story of a Bad Boy di T. Bailey Aldrich e che poi pubblicò presso Bemporad col titolo Memorie di un ragazzaccio (Firenze 1911).

Il libro è importante sia per l'aspetto formale della stesura e delle illustrazioni, sia per le acute intuizioni psicologiche e pedagogiche. La stesura è commisurata al mondo giovanile cui si indirizza: è immediata, calcata, vivacemente descrittiva di scene e caratteri. Le illustrazioni sono strettamente aderenti al testo, un visivo commento psicologico: esemplificazione di quel convincimento del B. che il disegno infantile dovesse essere incitamento all'osservazione e mezzo d'espressione (questa concezione fu accolta nella scuola solo nel 1923, con la riforma Gentile, opera - per le scuole elementari - di G. Lombardo Radice). Il B. descriveva un ragazzo vivace, coi pensieri e gli atteggiamenti propri dei ragazzi in generale; le conseguenze delle sue sventatezze erano messe in luce, insieme con l'incapacità a migliorarlo dei metodi educativi usuali, a base di formalismo, soggezione, imposizioni non spiegate, rispetto per l'apparenza.

L'aspetto divertente e umoristico del racconto nasceva dalle tinte caricate e improbabili delle stesse monellerie e delle situazioni; nel medesimo tempo quella deformazione satirica, la contrapposizione tra la normalità ed il suo distorcimento, tra gli assunti ideali e politici degli adulti ed il loro agire opportunistico, davano immediata evidenza a ciò che era sbagliato nel comportamento del protagonista e degli altri personaggi: la vis comica accentuava l'efficacia demistificatoria ed educativa. Il quotidiano adattamento e inserimento del ragazzo nella vita della famiglia, della scuola e della società, apparivano - in suggestiva aderenza alla accesa fantasia ed affettività giovanile - con i suoi strappi di indocilità e contraddizioni, con quel senso di incomprensione da parte dei "grandi", con quel desiderio di originalità, nei quali il ragazzo si riconosceva, si sentiva capito, e finiva perciò per accogliere spontaneamente la nuova e più mediata forma di guida del Bertelli.

E' probabile, come è stato proposto (Michieli, Vamba,pp. 29, 146), che siano stati stesi tra il 1905 ed il 1913 i seguenti quattro volumi, pubblicati però in date diverse. La Storia di un naso (Firenze 19o6)è la vicenda in ottave delle fantastiche disgrazie che il suo gran naso - per il vizio delle dita - fa capitare a Maso: un'idea che si sgomitola attraverso successivi ampliamenti. Più piani, didascalici, sono le strofe e i versi vari delle Scene comiche (ibid. 1913), illustrate da Scarpelli e Finozzi. Di tono più intimo sono le poesie della Cronaca della settimana (ibid. 192o), illustrata da Anichini e Brunelleschi, dove il B. parla dei suoi figli. Infine le Novelle lunghe per i ragazzi che non si contentano mai (ibid. 1920), una libera rielaborazione da una raccolta francese di contes, sono quasi una sintesi dei precetti morali del B.: la bellezza fisica non vale nulla in confronto alla bontà, il coraggio vince quando è dalla parte della giustizia, la superbia è umiliata e l'inganno è punito, la povertà supera gli ostacoli quando si accompagna al senso del dovere e all'ingegno, ecc.

Il profondo senso dell'incompiutezza dell'opera del Risorgimento, il principio di nazionalità, il problema ancora vivo delle frontiere e dell'unità patria, che agitavano la corrente repubblicana e in genere l'opposizione radicale, e che erano state la molla del B. giornalista politico, e poi educatore civico col Giornalino, lo spinsero a pubblicare per i giovani anche appassionati libri di storia civile (Per la storia della Giovine Italia…, Firenze19o5; I bimbi d'Italia si chiaman Balilla. I ragazzi italiani nel Risorgimento nazionale,ibid. 1915; Jessie White Mario, ibid. 1916; Un secolo di storia italiana. 1815-1918,ibid. 1919; ecc.) e libri di lettura per le scuole elementari (Il giardino,scritto in collaborazione con G. Fanciulli, ibid. 1914-15; Come l'Italia diventò nostra, ibid. 1922).

Il clima poi di discussioni roventi e di polemiche tumultuose, che tra la guerra di Libia e il dopoguerra dilacerarono gli Italiani, è il quadro che spiega, in omaggio ai suoi principi di "sincerità prima di tutto" e di educazione dei ragazzi alla vita civile, altri scritti di propaganda politica accesa ed aperta (dall'Epitaffio di Francesco Giuseppe, in formato di album, stampato il 22 nov. 1916, a Il segreto della vittoria, uscito a Firenze nel 1916, a Resistere per esistere, ibid. 1917; ecc.). Pieno di entusiasmo per l'impresa di Fiume, il B. la esaltò dalle pagine del Giornalino,che, sostenuto da E. Somigli, aveva ripreso a Roma (a. VII, 22 dic. 1918) e che proseguì fino alla fine del 1920. Da Trieste, dove si trovava per un raduno di abbonati, il B. si recò a Fiume su invito di D'Annunzio, rimanendovi dal 18 ottobre all'8 dic. 1919. Dopo vari giri di propaganda per il Prestito nazionale, nell'estate del 1920 cadde ammalato.

Morì a Firenze il 27 nov. 1920.