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Gli Arditi furono una specialità della fanteria del Regio
Esercito durante la prima guerra mondiale. La specialità fu
brevemente ricostituita durante la seconda guerra mondiale con
l'attivazione del 10º Reggimento Arditi (15 settembre 1942 -
settembre 1943) e le sue tradizioni furono ereditate a partire dal
1975 dal 9º Battaglione d'Assalto Paracadutisti Col Moschin
(poi Reggimento, dal 1995)
Gli arditi nella prima guerra mondiale
Esperimenti anticipatori
Un'idea anticipatrice dell'Ardito può essere fatta
lontanamente risalire al 1914, quando in ogni reggimento del Regio
Esercito venne creato un gruppo di esploratori addestrati ad agire
dietro le linee nemiche.
I primi nuclei di Arditi nacquero e si addestrarono a Manzano
(Udine), in località "Sdricca", dove tuttora si celebra una
commemorazione ed una rievocazione l'ultima domenica di luglio.
La vulgata popolare vuole riconoscere come antesignani degli Arditi
anche i componenti delle cosiddette "Compagnie della morte",
pattuglie speciali di fanteria o del genio adibite al taglio o al
brillamento dei reticolati nemici, facilmente riconoscibili per
l'uso di corazze ed elmetti principalmente del tipo "Farina".
L'impiego della bombarda in questo ruolo rese del tutto inutili i
sacrifici dei componenti queste unità.
In seguito, gli Arditi divennero un corpo speciale d'assalto. Il
loro compito non era più quello di aprire la strada alla
fanteria verso le linee nemiche, ma la totale conquista di
quest'ultima. Per fare ciò, venivano scelti i soldati
più temerari, che ricevevano un addestramento molto
realistico, con l'uso di granate e munizionamento reale, e con lo
studio delle tecniche d'assalto e del combattimento corpo a corpo.
Operativamente, gli Arditi agivano in piccole unità
d'assalto, i cui membri erano dotati di "petardi Thevenot", granate
e pugnali, utilizzati in assalti alle trincee nemiche. Le trincee
venivano tenute occupate fino all'arrivo dei rincalzi di fanteria.
Il tasso di perdite era estremamente elevato.
Tra le battaglie più sanguinose, vi fu quella sul Piave.
Quando ormai anche la Brigata Sassari (di cui era nota la
determinazione) si era data per vinta, centinaia di Arditi vennero
fatti sbarcare da una sponda all'altra del fiume. La maggior parte
di loro non giunse all'altra riva.
Nel dopoguerra si volle sostenere che l'idea dell'Ardito fosse stata
una creazione del capitano Cristoforo Baseggio che nell'ottobre 1915
venne posto al comando di una unità denominata "Compagnia
volontari esploratori", che operava in Valsugana. Questa circostanza
venne a più riprese e veementemente contestata dai vertici
dell'associazione arditi e dai maggiori memorialisti..
L'unità contava 13 ufficiali e 400 soldati di truppa scelti
su base volontaria e provenienti da vari reparti del settore della
15ª Divisione. Il reparto fu completamente distrutto
nell'attacco al Monte Osvaldo nell'aprile del 1916.
Nel 1916 il Comando Supremo decise di premiare con la qualifica di
militare ardito chi si fosse distinto per decisione e coraggio, con
l'espresso divieto di creare unità speciali. Il distintivo,
da portarsi al braccio sinistro, era il monogramma reale VE, ed era
pensato esclusivamente come premio e come indicazione del soldato da
portare ad esempio. Questa fu tuttavia la genesi nell'immaginario
del vocabolo "Ardito".
Costituzione e impiego
Nel 1917 a seguito di proposte e studi da parte di giovani ufficiali
stanchi della stasi e dell'inutile massacro della vita di trincea,
si arrivò alla sperimentazione di un'unità
appositamente costituita presso la 48ª Divisione dell'VIII
Corpo d'armata, comandata dal capitano Giuseppe Bassi e il suo
sergente Longoni Giuseppe, Giuseppe Bassi fu inoltre autore di una
innovativa nota sull'impiego delle pistole mitragliatrici Fiat 15
/OVP - Officine Villar Perosa. Va fatto presente che già nel
marzo 1917 il Comando Supremo aveva inviato una circolare
informativa circa la costituzione presso l'esercito austroungarico
di unità speciali.
A seguito di valutazione positiva si decise di istituzionalizzare la
nascita della nuova specialità, ma dissidi
sull'equipaggiamento e sull'addestramento fecero slittare l'inizio
dell'attività al 29 luglio 1917, quando lo stesso re Vittorio
Emanuele sancì la nascita dei reparti d'assalto.
I neonati reparti d'assalto si svilupparono quindi come corpo a
sé stante, con una propria divisa ed un addestramento
differenziato e superiore a quello dei normali soldati, da
impiegarsi a livello di compagnia o di intero battaglione.
L'esercito tedesco, mediamente molto meglio addestrato, era stato
però il primo ad adottare il concetto di truppa di
élite con le Stoss Truppen e poi con le Sturmtruppen. La sede
della scuola d'addestramento venne fissata a Sdricca di Manzano
(Udine) ed il comando affidato allo stesso maggiore Bassi. In
seguito alla scuola di Sdricca (e alle altre create all'uopo)
vennero brevettati anche gli arditi reggimentali (niente a che
vedere con i "militari arditi" del 1916), la cui istituzione fu poi
ufficializzata nel 1918 con apposita circolare.
I primi reparti vennero creati nella 2ª Armata, e al momento di
Caporetto risultavano costituiti 27 reparti (o più
probabilmente 23), anche se quelli effettivamente impiegabili in
combattimento furono molti di meno. Quelli dipendenti dalla 2ª
e dalla 3ª armata erano alle dipendenze del comando d'armata,
mentre gli altri erano alle dipendenze dei comandi di corpo
d'armata, soprattutto nel caso delle fiamme verdi e degli altri
reparti operanti in ambiente alpino, Solo i reparti della 2ª
armata erano già stati utilizzati ampiamente e provati in
azione (almeno 3 battaglioni su 6 avevano operato come unità
organiche, mentre gli altri probabilmente solo come compagnie),
mentre quelli della 3ª (probabilmente 3 battaglioni) erano ad
un livello elevato di preparazione e di addestramento, gli altri
invece si trovavano ancora in addestramento, talvolta anzi i reparti
alpini erano stati addestrati secondo standard inferiori a quelli
della 2ª e 3ª armata, che disponevano di un campo
d'addestramento apposito, ed un comando unico per le truppe aridte,
si può dire che ancora nel tardo 1917 la specialità
non era ancora stata ben compresa dagli alti comandi al di fuori di
queste due armate (G. Rochat, Gli Arditi della Grande Guerra.
Origini, battaglie e miti, Gorizia, 1990, pp. 52 e ss.). I primi sei
reparti della 2ª Armata combatterono la battaglia di Udine e
protessero la ritirata sui ponti di Vidor e della Priula, rimanendo
le ultime unità a passare il Piave. Nell'inverno del 1917
vennero sciolti, ricostituiti e riaddestrati arrivando a 22 reparti
operativi, per diventare al maggio 1918 di nuovo 27 (più un
reparto di marcia per ogni armata), assegnati ai corpi d'armata.
Nel giugno del 1918 venne costituita una Divisione d'assalto con
nove reparti al comando del maggior generale Ottavio Zoppi, divenuta
poi Corpo d'armata d'assalto con dodici reparti su due divisioni. Al
Corpo d'armata d'assalto vennero assegnati anche sei battaglioni
bersaglieri e due battaglioni bersaglieri ciclisti, nonché
supporti tattici e logistici adeguati. I reparti prelevati dai corpi
d'armata per costituire le divisioni vennero ricostituiti tanto che
a fine guerra si contavano i dodici reparti d'assalto (più
due di marcia) inquadrati nel Corpo d'armata d'assalto, e
venticinque reparti indipendenti assegnati alle armate[9]
Gli arditi furono tra gli artefici dello sfondamento della linea del
Piave che permise nel novembre del 1918 la vittoria finale sugli
eserciti austroungarici.
Poco dopo il termine della guerra, nel gennaio del 1920, tutti i
reparti furono sciolti per motivi di riorganizzazione e di politica
interna al Regio Esercito.
[...]
Gli arditi e il fascismo
Fra le due guerre gli arditi si riunirono nell'Associazione
Nazionale Arditi d'Italia (ANAI), fondata dal capitano Mario Carli,
poi tra i membri del cosiddetto "fascismo delle origini", lo stesso
che scrisse assieme a Marinetti l'articolo Arditi non gendarmi. La
maggioranza degli arditi aderì al movimento fascista, anche
se l'adesione non fu unanime, come risulta dall'esperienza degli
Arditi del Popolo (frangia secessionista romana dell'ANAI, schierata
politicamente sulle posizioni del socialismo massimalista). Venne
fondata la FNAI (Federazione Nazionale Arditi D'Italia) il 23
ottobre 1922 da Mussolini che aveva sciolto l'ANAI considerata poco
affidabile per il fascismo e nella FNAI confluirono un gran numero
di Arditi. Nel 1937 Mussolini donò a Roma la Torre dei Conti
presso via dei fori imperiali (allora via dell'impero) alla FNAI che
lì rimase fino al 1943. Nel 1938 nella torre fu allestito un
mausoleo dove ci sono tutt'ora conservate le spoglie del generale
degli arditi Alessando Parisi morto quell'anno in un incidente
stradale e presidente della federazione dal 1932.
Gli arditi parteciparono attivamente all'impresa fiumana sotto la
guida dell'ispiratore del colpo di mano che portò alla presa
di Fiume, Gabriele d'Annunzio. Una volta occupata la città,
venne instaurata la "Repubblica del Carnaro" e D'Annunzio
rivendicò apertamente l'italianità della città
di Fiume. Venne promulgata, come carta costituzionale del nuovo
stato, la Carta del Carnaro. Tra i principali ispiratori del
contenuto della Carta vi fu il sindacalista rivoluzionario Alceste
De Ambris, anche lui con passato di Ardito. Il 25 dicembre 1920 (il
cosiddetto Natale di Sangue) le truppe regolari dell'esercito
italiano guidate dal generale Caviglia posero termine alla fugace
esperienza della Repubblica del Carnaro dopo brevi scontri. Il
Presidente del Consiglio Giolitti aveva ordinato l'operazione
perché temeva i possibili risvolti internazionali negativi
che sarebbero potuti scaturire dal prosieguo dell'impresa fiumana,
nonché il fatto che il consolidarsi dello stato dannunziano
avrebbe potuto comportare gravi conseguenze per il regime liberale
italiano.
Si noti inoltre che il generale Capello, ispiratore e fondatore del
corpo, fu emarginato prima e incarcerato poi dal fascismo (che lo
considerava connivente con l'attentato Zamboni a Mussolini), e
dall'esercito (che, correttamente, lo considerava uno dei massimi
responsabili del disastro di Caporetto, avendo disposto le sue
truppe in maniera offensiva e non difensiva). Come lui molti altri
"padri" dell'Arditismo, che non erano confluiti nel fascismo, furono
emarginati, a vantaggio di figure, magari meno importanti, ma di
sicura fede fascista o aderenti al fascismo pre marcia. Si noti
inoltre che l'esercito italiano abolì il corpo nel 1920,
abolizione che fu mantenuta dal fascismo mussoliniano, prodigo di
riconoscimenti ed onori all'arditismo ma poco propenso a reinserire
un corpo scelto irrequieto, indisciplinato (e costoso)
nell'esercito.
Gli Arditi del Popolo
La sezione romana dell'associazione Arditi d'Italia dette vita, in
contrapposizione al forte ma non ancora consolidato movimento dello
squadrismo fascista, agli Arditi del Popolo, gruppo paramilitare con
connotazioni antifasciste che ebbe adesioni fra anarchici,
comunisti, socialisti. I comunisti ne costituivano l'ala
maggioritaria, erano presenti anche componenti repubblicane come ad
esempio Vincenzo Baldazzi che fu uno dei capi, e talvolta, come
nella difesa di Parma, anche militanti del partito popolare, come il
consigliere Corazza ucciso a Parma dai fascisti negli scontri.
Nacquero nell'estate del 1921 per opera di Argo Secondari, ex
tenente delle "Fiamme nere" (arditi che provenivano dalla fanteria)
di tendenza anarchica. La consistenza certa di queste formazioni
paramilitari fu di 20.000 uomini iscritti, per un totale di circa
50.000 uomini con simpatizzanti e partecipanti alle azioni, tra i
quali reduci di guerra, alcuni di loro su posizioni neutrali o
antifasciste.
L'evento forse di maggior risonanza fu la difesa di Parma dallo
squadrismo fascista nel 1922: circa 10.000 squadristi fascisti,
prima al comando di Roberto Farinacci, poi di Italo Balbo, dovettero
rinunciare a "conquistare" la città dopo 5 giorni di scontri
contro un consistente gruppo di socialisti, anarchici e comunisti,
comandati dai capi degli Arditi del Popolo (350 arditi del popolo
presero parte allo scontro contro i fascisti) Antonio Cieri e Guido
Picelli. I morti tra i fascisti furono 39, tra coloro che
resistettero 5.