ARCOLEO, Giorgio
www.sapere.it
Giurista italiano (Caltagirone 1848-Napoli 1914).
Allievo, con G. Fortunato e A. Gaspary, della “seconda scuola” del De
Sanctis, passò poi agli studi giuridici. Docente di diritto
costituzionale nelle università di Parma e di Napoli, sostenne la
necessità di superare la rigidità della norma giuridica, tenendo conto
del mutare delle circostanze storico-politiche.
Deputato al Parlamento, fu più volte sottosegretario, e, dal 1902,
senatore. Tra le sue opere: Crispi (1905), Forme vecchie, idee nuove
(1909).
www.treccani.it
DBI
Nacque a Caltagirone il 15 ag. 1848 da Gaetano e da Benedetta
Alessi. Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza
dell'università di Napoli, frequentò anche la
facoltà di lettere e fece parte di quella folta schiera di
giovani che si formarono alla scuola di Francesco De Sanctis.
Esordì con una esercitazione sulla maschera di Pulcinella (Un
filosofo in maschera),che fu pubblicata sulla Nuova Antologia
(agosto 1872), con una presentazione del grande critico, in cui si
illustrano il metodo della sua scuola e i pregi del saggio. Al
metodo del maestro rimase lungamente fedele, anche nelle sue
successive ricerche estese alle letterature straniere, che rivelano
il suo attaccamento alla tesi desanctisiana di una letteratura
moderna italiana ancora tutta da creare, la sua propensione per la
commedia e il romanzo in un'epoca fortemente dominata dal lirismo
carducciano, le sue tendenze di romantico verso il realismo e contro
il rinnovato neoclassicismo: Letteratura contemporanea in Italia
(1875); Canti del popolo in Sicilia (1878); La commedia e la vita di
oggi in Italia (1891); L'umorismo nell'arte moderna (1891; trad.
francese, Paris 1898; trad. tedesca, Dresden 1900); Il dolore
nell'arte (1907); La libertà nell'arte (19o8); Il grande
umorista (Swift)(1909); L'eloquenza nell'Ateneo: F. De Sanctis
(1912); Giovanni Boccaccio (1913).
Molti di questi lavori furono conosciuti prima sotto forma di
conferenze, come anche tante altre pagine, tra letteratura politica
e diritto, dalle quali può ricavarsi il pensiero
dell'Arcoleo.
Durante :il suo primo soggiorno napoletano e fino ai primi del 1875
curò, con lo pseudonimo di Omega, la rubrica teatrale del
Piccolo; in periodo più tardo collaborò anche al
Fanfulla,alla Nuova Antologia e alla Rivista Minima di Salvatore
Farina.
Dopo il 1875 dedicò gran parte della sua attività agli
studi di diritto pubblico: ebbe così presto la cattedra di
diritto costituzionale, prima a Parma, poi contemporaneamente a
Palermo e a Napoli. Preferì quest'ultima sede e vi
insegnò fino alla fine della sua vita. Appartengono alla sua
attività di studioso del diritto: Gli equivoci nelle forme
rappresentative (1875); Sul senato moderno (1877); Riunioni ed
associazioni politiche (1879); Il bilancio dello Stato e il
sindacato parlamentare (1880); Il gabinetto nei governi parlamentari
(1882), premiato dall'Accademia reale di Napoli come la migliore
pubblicazione di diritto pubblico nell'ultimo quinquennio; Le
inchieste Parlamentari (1883), una delle prime monografle italiane
apparse nel campo del diritto parlamentare.
Nel 1890 uscì la prima edizione del suo Diritto
costituzionale che ebbe due riedizioni nel 1903 e nel 1907, oltre a
numerose altre ristampe.
Con quest'opera l'A. tese a riassumere tutta la sua dottrina e
sostenne, in opposizione al rigorismo giuridico, che la costituzione
"è insieme un sistema ed una storia" che non solo si collega
alle discipline giuridiche e politiche, ma anche alle sociali, alle
quali hanno dato origine e impulso le profonde trasformazioni dello
Stato e della società. Il secolo decorso aveva lasciato in
eredità lo sviluppo e l'assetto delle forme rappresentative
ma al secolo nuovo spettava - secondo l'A. - un compito più
arduo, ma altrettanto necessario: quello di risolvere i problemi
sociali in modo da rispondere ai bisognà di tutte le classi.
Considerò perciò lo Statuto non più come un
documento sacro e inviolabile s, ma come un indice, una forma
estrinseca, sottoposta evoluzione dei fatti e delle idee. E
ciò gli consentì di poter sottoporre a serrata critica
gli eccessi e le deficienze del sistema rappresentativo rivendicando
la urgente necessità di profonde riforme che migliorassero il
cento degli organi costituzionali e permettessero di integrare le
forme politiche con le riforme sociali.
La politicizzazione dei suoi interessi scientifici aveva origine,
oltre che dalla adesione a un certo realismo di tipo desanctisiano,
dall'impegno col quale aveva assunto, per la XV legislatura, la
rappresentanza del collegio di Caltagirone, che tenne fino alla XX
legislatura. Dal 1886 in poi tutta la sua produzione letteraria e
scientifica tese verso la realizzazione di una certa unità
d'interessi politici: l'adeguamento delle strutture giuridiche alle
nuove condizioni della vita sociale e politica.
Sul piano strettamente parlamentare appartenne al centro-sinistra:
esordì, infatti, il 27 febbr. 1886, con un discorso di
appoggio alla esposizione finanziaria del ministro Magliani, che
ebbe qualche risonanza. Poco dopo fu per questo designato a far
parte della commissione per il bilancio e fu, dal, 1887 al 1891,
relatore del bilancio della Pubblica Istruzione. Con il primo
ministero Di Rudini divenne sottosegretario all'Agricoltura e
Foreste, ma, passato il titolare on. Chimirri al dicastero di Grazia
e Giustizia, restò a reggere il ministero di Agricoltura
assieme al presidente del consiglio che ne aveva assunto l'interim.
Prese pertanto parte attivissima alle discussioni sugli Istituti di
emissione (e sulla questione della Banca Romana), che allora
dipendevano, per la tutela e la vigilanza, dal ministero di
Agricoltura e Foreste. Dal 1896 al 1898 fu prima sottosegretario
alle Finanze e poi agli Interni durante il secondo ministero Di
Rudinì. Ma votò contro il decreto legge Pelloux del
marzo 1900, declinando allo stesso tempo, in segno di protesta, il
mandato parlamentare. Tornato nel 19o2 al parlamento, in
qualità di senatore, redasse, per incarico dello Zanardelli,
la relazione premessa al progetto ministeriale della legge sul
divorzio, che venne presentato il 26 novembre 1902 e respinto dalla
Camera.
Dedicò gli ultimi anni della sua vita politica alla riforma
del senato.
Nel 1906, dietro sua proposta, fu costituita, a similitudine di
quanto vigeva nell'altro ramo dei parlamento, una commissione
permanente pel regolamento interno dell'Assemblea.
Il 28 giugno 1910, questa commissione dietro sua relazione, propose
di riformare cinque punti del regolamento che concernevano: le
nomine nei seggi dell'ufficio di segretario della presidenza e delle
commissioni, con l'applicazione dei voto limitato per garantire le
minoranze; il controllo sui decreti registrati con riserva,
conferendo alla commissione il compito di esprimere, per mezzo del
relatore, una risoluzione da sottoporre al voto dell'assemblea; la
soppressione del divieto di 09111* allusione alle cose dette o fatte
nell'altra Camera; la preferenza, nel concorso di diverse domande,
alla votazione per appello nominale; ed infine le proposte di
urgenza, stabilendo per la loro votazione il metodo dello scrutinio
segreto. Nelle sedute dei 10 e 2 luglio 1910 il senato
approvò queste riforme, che in pane sussistono nell'attuale
regolamento. Tre anni dopo, il 7 marzo 1913, furono approvate altre
modificazioni proposte dalla commissione, sempre su relazione
dell'A. del 21 febbr. 1913,e cioè: l'aumento dei numero dei
membri della commissione di finanza e, riforma di più vasta
portata, il deferimento dei disegni di legge d'indole politica non
più ai singoli uffici, ma agli stessi riuniti in adunanza
plenaria, con la nomina a scrutinio segreto di cinque commissari per
la costituzione dell'ufficio centrale. Il 2o dic. 1913fece ancora
approvare ulteriori disposizioni a favore della commissione di
finanza e di quella per la verifica dei titoli dei nuovi senatori.
Oltre a queste riforme, che miravano a migliorare l'esercizio della
funzione legislativa e ad accrescere il prestigio del senato come
corpo politico, altre e numerose modifiche, specialmente intorno
all'allargamento della base elettorale, l'A. auspicò e per il
Senato e per la Camera dei deputati. Ma la perdita della vista non
gli consentì di sostenere il ritmo della sua intensa
partecipazione alla vita politica e culturale. Chiuse la sua opera
propugnando la sua fede nel sistema rappresentativo e sostenendo
l'esigenza di adeguare le istituzioni statutarie alle nuove
condizioni della vita politica e sociale.
Morì a Napoli il 7 luglio 1914.