Apologetica
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Dizionario di filosofia (2009)
L’arte, la metodologia e la scienza dell’apologia, specie nella
filosofia (anticamente l’a. fu parte della dialettica) e più
ancora nella religione. In tale ambito, mirando a difendere la
verità contro l’errore, a sostenere una credenza e i suoi
seguaci contro obiezioni di avversari, si può dire propria
delle religioni rivelate, che presentano una concezione totale del
mondo e dell’uomo nei suoi rapporti con Dio, e che quindi offrono,
come oggetto di fede, un complesso di ‘verità’ con una
oggettiva regola di ‘ortodossia’ (giudaismo, cristianesimo,
islamismo). In partic., si parla di a. nella storia del
cristianesimo, indicando con essa tutti i tentativi di dimostrazione
(di ordine morale, scientifico, storico, ecc.) e difesa della fede,
della sua origine, credibilità, autenticità e
superiorità rispetto alle altre religioni. Nelle singole
confessioni cristiane, l’a. non è diretta solo verso i non
cristiani, ma anche verso gli appartenenti ad altre confessioni,
sempre allo scopo di dimostrare la verità di una di esse
contro le altre. Nel cattolicesimo, un prevalente orientamento di
pensiero considera l’a. una scienza per il suo oggetto e il suo
fine: essa è la conoscenza certa, filosofica e storica del
fatto della rivelazione, dimostrata con argomenti oggettivi validi
per tutti. Da questo punto di vista l’a. diventa una preparazione o
proemio alla scienza teologica vera e propria, ed è stata
chiamata anche teologia fondamentale, teologia generale o
propedeutica, e introduzione alla teologia.
Nascita dell’apologetica cristiana.
L’a. si sviluppò nel cristianesimo fin dalle origini, anzi
nei primi tempi divenne quasi un genere letterario a sé,
poiché il cristianesimo nascente sentì con particolare
urgenza la necessità di difendersi contro obiezioni di dotti
e persecuzioni organizzate e, successivamente, contro
l’incredulità e lo scetticismo.
Dei primi apologisti greci si
hanno a volte scarsi frammenti e i nomi (Quadrato, Aristone di
Pella, Milziade, Apollinare di Ierapoli, Melitone di Sardi), a volte
opere intere (in un certo senso, l’anonima Lettera a Diogneto; le
apologie di Aristide, s. Giustino, Taziano, Ermia, Atenagora,
Teofilo di Antiochia). Tra il 2° e il 3° sec. compaiono i
primi apologisti latini, Minucio Felice e Tertulliano, quindi s.
Cipriano e Arnobio e, all’inizio del 4°, Lattanzio, in cui si
nota, accanto alla confutazione del paganesimo, lo sforzo di
assimilare e salvare il buono della cultura classica: sforzo
già apparso in alcuni greci, per es., s. Clemente
Alessandrino, Origene (apologista nella confutazione di Celso),
Eusebio di Cesarea (Praeparatio e Demonstratio evangelica). Tuttavia
con la fine delle persecuzioni acquistò maggiore importanza
la confutazione teorica del paganesimo (e anche del giudaismo; oltre
la lotta contro l’eresia, non mai cessata): in ciò si
segnalarono s. Atanasio, s. Giovanni Crisostomo, s. Cirillo
d’Alessandria, s. Epifanio, Teodoreto tra i greci, e, tra i latini,
s. Girolamo, in qualche modo Prudenzio, e s. Agostino.
Contro le
accuse dei profani che denunciavano il cristianesimo come il
principale responsabile della fine dell’impero romano, Agostino
rispondeva indicando nella storia del mondo la lotta continua tra le
due città – terrestre e celeste – e il necessario trionfo
finale della Civitas Dei. L’a. si allargava a una visione
complessiva della storia e da questa traeva motivo per la difesa
della verità cristiana. Agostino affidava così al
Medioevo uno schema storiografico che resterà fondamentale;
ma oltre a questo, con le sue opere su singoli problemi dogmatici e
in particolare con la polemica antimanichea (l’a. medievale
cercherà sempre di collocare le eresie contemporanee negli
schemi delle prime eresie del cristianesimo), Agostino offriva agli
scrittori medioevali esempi e metodi per un’a. cristiana.
L’apologetica medievale.
Nel Medioevo, se non si imponeva più in maniera prepotente la
polemica antipagana, forte continuò a essere la polemica
contro il giudaismo come, più tardi, contro l’islamismo (l’a.
si rivolse contro gli ebrei con Leonzio di Neapolis, 7° sec., e
Anastasio Sinaita, 7°-8° sec., in Oriente; e in Occidente,
con Isidoro di Siviglia, Fulberto di Chartres, Pier Damiani, Pietro
il Venerabile, e soprattutto con Raimondo Martini, il cui Pugio
fidei, rivolto anche contro i musulmani, divenne la base di tutta la
successiva a. antigiudaica; contro i musulmani si ricordano le opere
apologetiche di s. Giovanni Damasceno, Niceta di Bisanzio, in
Oriente; Ricoldo di Montecroce, Nicolò da Cusa, il convertito
spagnolo Giovanni Andrea Abdallah, in Occidente).
Ma a. è
anche molta della letteratura che si è soliti chiamare
teologica, soprattutto per quei trattati in cui larga è
l’utilizzazione di tecniche logico-filosofiche (come, per es., nelle
opere di Anselmo e Abelardo): come non è possibile – fino a
tutto il 12° sec. e per certe correnti scolastiche anche nei
secoli seguenti – la distinzione tra filosofia e teologia,
così non è possibile isolare l’a. dal più largo
contesto di problemi discussi e dei metodi di speculazione
filosofico-religiosa. Una più netta distinzione tra a. e
teologia sarà possibile quando sarà stata elaborata –
nel corso del 13° sec. – una distinzione tra filosofia e
teologia (in cui filosofia è la filosofia di Aristotele): si
aprirà allora la possibilità di una dimostrazione di
alcune fondamentali verità cristiane attraverso l’uso
sistematico della «ragione naturale»; esempio di questa
nuova a. è la Summa contra Gentiles di Tommaso d’Aquino.
Più connessa invece a considerazioni di ordine non solo
teologico-religioso, ma anche affettivo e morale, è l’a. di
altre scuole, come quella agostiniana-francescana che ha le sue
massime esperienze nei programmi di R. Bacone e Lullo per una
riforma religiosa e la conversione degli infedeli.
Dal Rinascimento all’età moderna.
Nel Rinascimento, mentre continuano i temi e i problemi aperti dalle
varie correnti della filosofia e della teologia – quindi anche
dell’a. – scolastica, il rinato platonismo avvia – soprattutto con
Gemisto Pletone e Ficino – un’a. tendente a identificare la
verità cristiana con la pia philosophia che è andata
maturando fin dai tempi più antichi attraverso scuole diverse
(prisca theologia), avvicinando per più aspetti il
cristianesimo a una sorta di religione naturale; non a caso motivi
di questa a. platonica, filtrati attraverso la scuola di Cambridge,
sfoceranno più tardi in temi schiettamente deistici e quindi
anche in un’a. che intendeva dimostrare i fondamenti conformi a
ragione di una religione naturale in cui il cristianesimo storico
poteva difficilmente riconoscersi.
Frattanto le guerre di religione,
se avevano alimentato la polemica e quindi l’a. a sostegno delle
tesi avverse (proponendo, accanto alle vecchie impostazioni
aristotelico-scolastiche, forti così in campo cattolico come
in quello protestante, la necessità anche di un’a. storica
che discutesse le fonti della rivelazione e la storia del
cristianesimo e della Chiesa), avevano anche messo in crisi la
fiducia nelle possibilità di portare argomenti razionali a
sostegno di peculiari verità cristiane, aprendo la via sia a
un atteggiamento decisamente fideistico, sia a posizioni
d’indifferentismo religioso da cui era possibile uscire solo con
scelte di carattere extra-razionale, fondate sul costume, sulla
tradizione, ecc. (si ricordi la posizione di Montaigne nella sua
Apologie de R. Sabunde, 1634).
Inoltre la crisi della filosofia
aristotelica – cui si appoggiava ancora nel Cinque e Seicento l’a.
cattolica e protestante – mise in crisi anche l’a. scolastica che da
quella filosofia aveva mutuato le sue fondamentali strutture; di qui
l’accentuazione, proprio nel Seicento, di un’a. che punta su motivi
extra-razionali e s’ispira ad Agostino, appoggiandosi sul sentimento
o su più intime esigenze dell’animo umano (si ricordi
l’esemplare sforzo apologetico di Pascal). Inoltre, pur perdurando
il prevalere di certe strutture aristoteliche nell’a. ufficiale
(facendo tuttavia largo spazio anche a discussioni apologetiche di
ordine storico, come in Bossuet; ben più consapevole era
tuttavia l’impegno storico di R. Simon), si venivano tentando a.
aperte a filosofie nuove: si ebbero a. cartesiane e leibniziane, e,
nel 18° sec., anche «illuministiche» e liberali
soprattutto fra i teologi protestanti (per lo più invece
analoghi tentativi furono condannati dall’autorità
ecclesiastica cattolica).
Molta influenza sull’a. ebbero il
romanticismo (si pensi, sul piano filosofico, a Schleiermacher; nel
campo letterario a F.-R. Chateaubriand), e, più
specificamente, la filosofia kantiana e idealistica, soprattutto
hegeliana. La critica della ragione ‘matematica’ e i limiti imposti
dal kantismo alle sue pretese metafisiche si ripercuotono sul piano
apologetico-religioso con la valorizzazione di argomenti
extra-razionali, mentre la ragione storica hegeliana influiva nel
senso di un’a. storica e anche storicistica; ciò soprattutto
nel campo protestante, ma anche nel campo cattolico, dove l’opera di
J.A. Möehler e di J.H. Newman è molto indicativa.
Ma se
l’a. protestante, sia quella ‘liberale’ sia quella più
rigidamente ‘teologica’, veniva rinunciando a dimostrazioni
‘razionali’ per accentuare piuttosto altri elementi dell’assenso
religioso, l’a. cattolica, sotto l’influenza del neotomismo,
riprendeva in pieno l’impegno ‘dimostrativo’ della scolastica
aristotelica; di qui, sempre in campo cattolico, la reazione di
altri ambienti, che, sotto l’influenza del pragmatismo e
dell’immanentismo, avviavano altri metodi apologetici come la
filosofia dell’azione di Blondel, il pragmatismo religioso di Le
Roy, e una sorta di storicismo alla Newman con A. Loisy:
orientamenti diversi che sfociarono nel modernismo.